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…Lene continua…

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…e Lene continua

 

Vi siete mai chiesti come si fa a sapere quando una canzone, un’opera, un quadro, una storia, un racconto, sia finito? Non ci sono regole… te lo senti dentro nello stomaco.. senti volare le farfalle nello stomaco e volano fino alla fine del corpo, ti fanno arricciare le dita dei piedi fino quando qualcosa a cui ti sei dedicato con amore e con passione non sia completato. Noi due stiamo costruendo insieme il nostro capolavoro. Qualcosa che è iniziato proprio nel momento in cui sei morta. inutile addolcire la pillola, la verità è questa. ora siamo a metà tra la fine e l’inizio, tra la vita e la morte.. come in un brodo primordiale di emozioni. Il nostro corpo è una perfetta combinazione di alta ingegneria informatica con interazioni meccaniche ed idrauliche e queste perfette combinazioni ci consentono di PENSARE. Ecco, io e te insieme stiamo costruendo qualcosa di geniale.. di unico, stiamo mostrando al mondo cosa significa abbattere le barriere della morte e attraversarle, renderle superflue. Noi stiamo attraversando i confini del tempo.. stiamo costruendo qualcosa di unico.. stiamo trasformando l’ordinario in straordinario. Nella definizione di genio si legge: Il genio è «chi supera gli schemi e proietta il pensiero oltre i limiti del possibile»; è «colui che ha capito tutto, o quasi, della vita. E… nonostante ciò continua ad amarla». Il genio «anche da grande rimane un bambino malinconico» ed è «chi ti porta dove non sei mai stato». E nonostante ciò continua ad amarla… è quello il punto essenziale. Qualcuno ha scritto che errare è umano e perseverare è diabolico. Io voglio preservare nel tuo esistere attraverso me. Mi accosto alla definizione che i Romani hanno dato di genio, per loro era il demone buono, l’angelo custode, colui che guidava e accompagnava l’uomo durante il suo cammino su questa terra e fino alla morte donava le proprie capacità cognitive al suo protetto al fine di trasformare, modificare e ricreare la realtà. Alla morte poi il “genio” si perdeva nell’oceano dell’immateriale per volare in questo cosmo di imperfezioni.. tu sei il mio genio…. per te e per tua siurel… questa canzone.. non so se ho scelto la canzone giusta per trasformare il mio dolore in gioia, ne tantomeno conosco la differenza tra il vero ed il falso, non chiedetemi se ci siano differenze sostanziali negli esseri umani, per me siam tutti uguali… non riesco ad afferrare le sfumature di colore che si annidano dietro ad ogni pensiero.. che sia esso portato in musica o in immagini.. ma so.. che questa è la nostra forma espressiva migliore.. non la più alta.. la migliore.. poi un giorno guarderemo il mondo dalla nostra stella e scopriremo che abbiamo fatto qualcosa di talmente piccolo ed inutile che ci ha permesso di cambiarlo per renderlo migliore, l’importante è… non fermarsi mai di giocare con la vita. Il tuo papà

 

Edda Cattani…Lene continua…
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Ma si può perdonare?

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Ma si può perdonare?

Non possiamo dimenticare… è il simbolo della violenza sui bambini.

 

Disponiamoci con la lettura della riflessione odierna di fra Benito:

“.. ci sono umiltà che ingrandiscono un uomo .. e poteri che lo rimpiccioliscono .. e penso a quanto diceva l’Abbé Pierre a una Comunità che amo: “.. preoccupatevi di avere sempre nella vostra fraternità un vetro rotto ..” .. sì, perché se si conserva un vetro rotto, segno di inadeguatezza, e non si teme di mostrarlo, chi ci passerà accanto non ci sentirà chiusi in un’isola di perfezione .. e magari sentirà di poter essere accolto ..

.. dedicato alla parrocchia e al paese in cui vivo .. e ai bambini che rompono i vetri dell’oratorio o di case per ricordarci quanto siamo inadeguati .. e aprire così un pertugio per chi da fuori può portarci qualcosa di nuovo ..”

Beato fra Benito che si diletta ad accarezzare questi piccoli monelli “inadeguati” che rompono i vetri e che noi continuiamo ad amare perché sappiamo che non possiamo inquadrarli in uno sterile manuale di regole.

Purtroppo nella società di oggi, presa dai suoi mille problemi, dai suoi ritmi frenetici non sempre si usa tale delicatezza parlando dei minori e molti sono coloro che hanno tralasciato o forse non hanno voluto vedere cose che lasciano segni e ferite non solo nel corpo ma anche nell’anima.

La violenza è una cosa che nessuno dovrebbe provare o vedere né tanto meno negli occhi di giovani innocenti senza colpa, ma se ancora non abbiamo, non abbiamo imparato a rispettare i nostri simili, ancor più questa ignoranza diventa grave quando si oltrepassano i diritti dei piccoli innocenti.

Ci raggiunge oggi la notizia che è mancato, dopo un lungo periodo di disabilità e sofferenza, il papà del piccolo Tommaso Onofri una delle tante indimenticabili vittime di un terribile episodio di violenza, giunta alla cronaca e alle nostre famiglie, esterrefatte per la brutalità dell’evento.

Viene da chiedersi se meriti di essere chiamato “uomo” colui che ha commesso un atto di tale efferatezza e se chi ha compiuto tale gesto meriti di essere dimenticato o quanto meno “perdonato”…

Contrariamente alla via del mondo, non c’è perdono senza pentimento, e sta a ragione, perché se non c’è ammissione di aver sbagliato, allora non ci può essere perdono perché la risposta ricevuta sarà: “Per cosa?”

Eppure il Signore richiede che noi perdoniamo chi ha trasgredito contro di noi. Come può questo essere riconciliato con il riconoscimento di torto e la giusta retribuzione per quel peccato?

Ciò nonostante spesso i nostri bambini devono sopportare quotidianamente abusi dagli adulti che il più delle volte sono loro parenti stretti, vicini, amici, persone quindi insospettabili che si celano dietro una maschera crudele e divengono indifese vittime di irresponsabili assassini.

Bisogna abbandonare quindi l’idea che ad abusare dei minori siano degli sconosciuti grandi e grossi che incutono paura. Alle volte la violenza viene perpetrata nelle scuole, addirittura negli asili nido e da parte di coloro a cui i piccoli sono stati affidati da genitori che li ritenevano tutelati.

Spesso, oltre le ferite fisiche queste atrocità possono lasciare segni ben più gravi, che sono quelle che lasciano nelle menti dei ragazzi.

Non so quanto si potrà porre rimedio a queste piaga della società; è da ingenui però pensare che le leggi o la tanta declamata “giustizia” basti per offrire ai bambini una protezione perché sono state emanate tante leggi ma il problema persiste tuttora.

Ed ecco perché oggi dedichiamo questa pagina web al piccolo Tommy e al suo Papà che non ha saputo perdonarsi di non avere riconosciuto in un amico, collaboratore entrato nella sua casa, il volto dell’assassino!

 

Vola Tommy ora, vola in alto con il tuo Papà… liberi finalmente entrambi!!!

Edda CattaniMa si può perdonare?
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Verso di me

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Verso di me

albero
(Giovanni 1,29-34)
II Tempo Ordinario 

Alessandro Dehò

E poi Giovanni lo vede arrivare e il mondo attorno è come se cessasse di essere. Solo lui e quel Dio che cammina al contrario, solo il Battista e questo Messia che fa quasi paura. Perché sta camminando verso l’uomo? Perché non si ferma? Perché è proprio verso di me che sta camminando? Perché l’ho aspettato da una vita e ora vorrei fermarlo? Giovanni parla di Gesù e noi sentiamo, con lui, la densità delle domande contenute in quel pugno di parole: “Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui”. Quel cammino è disarmante, segno di una storia che, se la lasci arrivare, poi è difficile fermare. Quello che aveva preparato il Battista era lo spazio, il vuoto: il battesimo e il suo profetico vivere avevano liberato la scena da idoli, da feticci, da indebite attese, da immagini infantili di Dio ma adesso. Adesso la scena veniva presa da questo Gesù e non se,brava esserci nulla in grado di fermarlo e il timore saliva perchè il Battista capiva che quello che stava succedendo era definitivo.

Anche noi vorremmo scappare quando ci accorgiamo di essere davanti a una scena così. Succede quando riusciamo a renderci disponibili alla vita, quando levighiamo a sufficienza le nostre resistenze e paure e riusciamo ad alzare gli occhi contro il fluire della vita stessa, quando decidiamo di vivere fino in fondo, quando ci sentiamo pronti a reggerne l’urto. Succede quando ci liberiamo dalle illusioni e dalle pretese e ci sentiamo pronti ad accogliere la nostra storia con coraggio e disponibilità. Lo decidiamo, solo che poi il Signore ci cammina davvero incontro a dirci che è proprio dove siamo che possiamo fare esperienza di Lui. Che la vita di morte e rinascita è possibile proprio a partire da quella mediocrità che ci troviamo intorno e dentro. Che amare non dipende dal contesto ma dal nostro coraggio. E allora vorremmo scappare. E ci chiediamo cosa significhi davvero amare. E vorremmo che lui la smettesse di venirci incontro.

“Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo”. A chi stava parlando Giovanni? A se stesso. Perché intorno non c’era nessuno. Era a se stesso che stava regalando immagini buone a giustificare il lasciarsi invadere dalla forza del vangelo. In cosa l’avrebbe cambiato? Come sarebbe diventato il Battista dopo il cammino di Gesù dentro la sua vita? In agnello sacrificale. Perché agnello era proprio Gesù. L’agnello di Isaia, muto e obbediente, condotto al macello, resistenza di umanità in un mondo di disumanità. L’agnello, che con Gesù cambierà profondamente di significato. Non più un uomo che sacrifica a Dio delle vittime innocenti ma un Dio che diventa vittima innocente e sacrificio per l’uomo. Perché sacrificare è rendere sacra la vita e la vita la rendi sacra solo amando, solo rimanendo umano, solo smettendo di cercare colpevoli e accettando l’arte del perdono. È la vita di Gesù, è quello stile che sta camminando incontro al Battista, incontro a ciascuno di noi quando ci illudiamo di essere pronti.

Gesù viene ancora, viene oggi, viene ad ogni istante, non è il capro espiatorio lasciato andare nel deserto a portarsi vie le nostre responsabilità ma è agnello che viene a portarci la responsabilità di scegliere una vita mite e umile, una vita umana anche dentro gli spazi disumani della violenza e della morte.
Fa paura questo Messia che ci cammina incontro perché se hai fatto spazio, e il Battista era una vita intera che preparava questo momento, il Messia non lo fermi e la vita rischia davvero di essere travolta.

Noi preferiamo andare verso Dio. Perché scegliamo noi quando e come e perché. Andare verso il Messia solo quando serve e a determinate condizioni. Quando Giovanni alza lo sguardo e vede quel cammino comprende che l’unica condizione rimasta è quella della resa totale o della fuga. Della resa incondizionata o della strenua difesa. Lasciarlo entrare sarebbe stato inaugurare un nuovo definitivo inizio.

“Io non lo conoscevo”, Giovanni sembra piangere. Capisce che le parole che aveva speso per preparare l’incontro, parole che sembravano così definitive e chiare in verità erano acerbe. Gridavano insicurezze e bisogni di rivalsa sul mondo. Che la grandezza non è la forza, la grandezza vera di questo Messia si scopre nella sua radicale umanità, nel suo restare umano anche quando il tradimento, la violenza e la morte sono scagliate con rabbia contro di lui. Quando lui non fuggirà e lascerà che il mondo gli cammini dentro. Che paradosso, la grandezza di Dio si scopre nella Sua fedeltà all’umano.

Giovanni capisce che non lo conosce ancora. Che credeva di aver capito tutto del Messia e invece non aveva capito niente. E deve decidere se scappare o restare, sapendo che restare significa sentire il peso del Suo cammino dentro il cuore, significa provare a diventare come lui.

Credo ci siano dei momenti nella vita in cui questa scelta brucia forte, rischiosa e drammatica. Restare fedeli all’umano oppure adeguarsi e impedire al Vangelo di camminare dentro le nostre storie? Credo ci siano dei momenti anche molto feriali: quando parlano male di noi, davanti all’odio di un amico… mi adeguo e attacco, disumanizzandomi o provo a far camminare il Vangelo dentro la mia storia scegliendo, comunque di custodire la mia e altrui umanità?

“Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo”. Sta parlando a se stesso Giovanni, sta provando a credere che quella resistenza ad alto prezzo, quella fedeltà all’umano che Gesù sta raccontando, è come colomba che scende dal cielo a rimanere in terra. Come il volo dello Spirito in Genesi prima di posarsi sulla Creazione. Come il volo della colomba di Noè prima di posarsi su un mondo riemerso. È sempre questione di battesimo, pensa. Sia il mondo che l’uomo si sono immersi nelle acque e sono riemersi, ora la colomba cerca vite su cui restare.

Il Vangelo di oggi non parla del battesimo di Gesù, parla del Battesimo definitivo di Giovanni e dell’uomo. E che sia un canto alla libertà lo si capisce dal finale. “Io ho visto e ho testimoniato che questi è il figlio di Dio”. Nessuna voce qui ad aprire i cieli, nessuna voce a scendere dall’alto accompagnata da ali di colomba, nessun Dio a confermare la divinità del Messia, in Giovanni la voce è umana, è la voce dei testimoni. La scelta di restare, per Giovanni, non è altro il tentativo di diventare testimone.

Ho visto un mondo violento e incostante, inospitale e ingiusto ma ho scelto di testimoniare che può esserci ancora un pezzo di terra, un pezzo di umanità che può essere casa per lo Spirito. E allora rimango e lascio che lui, la vera Colomba, si posi su di me.

 

Edda CattaniVerso di me
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Canto il sogno del mondo

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Canto il sogno del mondo

Sono andata alla messa; silenziosa come sempre, mi sono nascosta dietro a una colonna per manifestare a Dio il mio sconforto e la mia delusione. Abano è una cittadina turistica e intorno a me sfilavano persone in abiti eleganti, anche se di tutte le estrazioni sociali. Fra me e me pensavo: “Povero Signore, non è cambiato nulla attraverso gli anni… la messa è un dovere e una passerella, ma chi veramente sta parlando con te? E tu qui aspetti e ci guardi con tenera dolcezza…”

Nel fare la comunione non avevo nulla da dichiarare né da chiedere che Lui già non sapesse e me ne sono uscita, portandolo con me dentro al cuore. Ho passeggiato a lungo in una cittadina deserta, perché a quell’ora la gente è a tavola, mentre io non sono attesa da alcuno nella mia casa. L’aria era gelida, sferzante… eppure, davanti alla fontana della piazza centrale c’era un anziano che suonava una melodia con il cappello delle offerte in  terra. Mi è venuto di getto di lasciar scivolare una carta in quella manifesta indigenza e sono passata oltre. L’uomo mi ha richiamata costringendomi a tornare sui miei passi… mi voleva dare un’immaginetta. Ecco, questa è stata la mia comunione, le mie povere briciole di pane che ho condiviso e che hanno dato un sorriso alla mia domenica.

Allora con Padre Turoldo:

 

Canto il sogno del mondo

Ama
saluta la gente
dona
perdona
ama ancora e saluta.

Ama
Dai la mano
aiuta
comprendi
dimentica
e ricorda
solo il bene.

E del bene degli altri
godi e fai godere.

Godi del nulla che hai
del poco che basta
giorno dopo giorno:
e pure quel poco
–se necessario-
dividi.

E vai, vai leggero
dietro il vento
e il sole
e canta.
vai di paese in paese
e saluta tutti
il nero, l’olivastro
e perfino il bianco.

Canta il sogno
del mondo
che tutti i paesi
si contendano
di averti generato.

David Maria Turoldo
“Il grande male”
Ed. Mondadori

 

 

 

Edda CattaniCanto il sogno del mondo
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Solo una madre

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SOLO UNA MADRE

Non si può dimenticare chi hai considerato “madre” anche se sono passati gli anni e tante situazioni sono mutate.

Anniversario 8 gennaio

Anche questa  pagina web vuole essere  un ricordo per te, Mamma Maria, che mi hai dato la possibilità di conoscerti , con il tuo esempio mi hai arricchito e che so, anche ora, continui a seguirmi… come tanti altri, in quel soffio d’aria che mi circonda, nel mio cercare di trasmettere, con il mio modesto modo di essere, la speranza necessaria, a tante Mamme come te!

La conoscevo da tempo e ne avevo ammirato, emozionata, l’abnegazione, la determinazione, l’accettazione della sofferenza, la dignità e il silenzio… immagini di una madre che ha perso una figlia bambina, agli albori della sua vita coniugale.

Sono stati lunghi anni nell’attesa di questa ricongiunzione, una comunione d’anime vissuta con quei pochi che non l’hanno abbandonata… eppure quel cordone ombelicale non si era mai spezzato… L’ho pensata tante volte simile alla madre di Cecilia del Manzoni, una figura esemplare di una sfera superiore, avvolta da un senso di spirituale regalità, riuscita a sottrarsi alla incalzante degradazione fisica. Anche lei, simile a  quell’immagine, scolpita nelle memorie fra i corpi ormai senza vita ammucchiati nei carri, ha voluto mostrare come la morte non si fa portatore di una totale vittoria quando viene contrastata dall’innocenza delle vittime e dalla pietà dei sopravvissuti.

Ho spesso pensato, guardando Mamma Maria,, ormai accartocciata nella sua poltrona, completamente disabile, a come,  avrà “tutta ben accomodata, co’ capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l’avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio…” la sua piccola Carmela… Pur non disdegnando di fronte al male posto in ogni forma, penso che questa madre non si sia lasciata sopraffare, ma, che attraverso gli anni, pur passando da episodi tristi ad altri più lieti dell’esistenza, non abbia mai perso la speranza attendendo quel momento nella condizione di chi “s’affaccia a quella porta, entra sotto la volta e rimane un momento a mezzo del portico”.

 

Ho pensato ancora a Mamma Maria simile alla protagonista di un articolo ricevuto:

“Solo una madre.

Una donna, il cui destino si è incrociato con quello di altre donne, in un reparto di Oncologia Pediatrica, scrive…

E’ alle madri che ho incontrato, conosciuto, sfiorato con lo sguardo che voglio dedicare il mio pensiero. Vi ho incrociate tante volte quando arrivavo in ospedale, di corsa, come al solito, di buon mattino. Vi ho a malapena osservate in quelli che ora mi sembrano lontani giorni di ottobre e di novembre. Accecata da una gioia inaspettata, di cui ero gelosa e orgogliosa al tempo stesso, sono passata nei corridoi bianchi tante volte e non ho mai guardato i vostri occhi. Ma qual bianco d’ospedale è diventato poi per me, come per voi, un’attesa, uno spazio indefinito, una sospensione dell’anima. All’improvviso, nella mia vita, sono piombati frustrazione, dolore, angoscia; poi più nulla. E’ da quel momento che ho iniziato a vedere. I vostri gesti sicuri, dolci e precisi al tempo stesso. I vostri passi, che percorrono distanze brevissime, immense come galassie. I vostri corpi, forti come querce, piegati come canne al vento. Il vostro mondo è tutto lì, in quei corridoi. E la vostra felicità è il sorriso di una speranza che non osate chiedere. Il vostro amore è unico, inafferrabile, inesprimibile. E’ quello di cui solo una madre è capace e che finalmente conosco anche io.”

Edda CattaniSolo una madre
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I mercatini della Befana

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I mercatini della Befana


Giorno della Befana e, all’uscita dalla messa, faccio un giro intorno alla strada pedonale e trovo il mercatino con ogni sorta di oggetti. Mi viene spontaneo soffermarmi, ho bisogno di vedere, di scoprire, di distrarmi dai tanti impegni. C’è una tazzina con piatto decorata in oro e blu cobalto, simile a quella che ho ammirato qualche giorno fa a Villa Pignatelli a Napoli. Chissà … può essere anche questa appartenuta a una collezione di  nobile famiglia, perdutasi nei meandri delle tante storie o è semplicemente un “tarocco”?

Mi sovviene della vetrina della nonna, in legno vecchio, ma contenente il “suo” tesoro: calici di cristallo verdi decorati ai bordi con sfumature dorate, tazzine avorio con angioletti dipinti a deliziose gradazioni, bricchetti di tante e varie dimensioni e i piatti dei giorni della festa. Chissà che fine avranno fatto quelle piccole cose, forse scampate alle distruzioni della grande guerra, ormai residui in numero dispari e spaiate! Le guardavo allora con occhi stupiti e come le ho riviste a Napoli, le osservo ora e, con loro mi passano tante memorie, dolci pillole e ricordi che mi fanno star bene. 

Con questo sentire propongo una riflessione:

 “Le cose che contano di più non dovrebbero mai essere alla mercé delle cose che contano di meno” Goethe

 

Un professore di filosofia, in piedi davanti alla sua classe, prese un grosso vasetto di marmellata vuoto e cominciò a riempirlo con dei sassi, di circa 3 cm. di diametro. Una volta fatto chiese agli studenti se il contenitore fosse pieno ed essi risposero di sì. Allora il professore tirò fuori una scatola piena di piccoli sassi, li versò dentro il vasetto e lo scosse delicatamente. Ovviamente i sassolini si infilarono nei vuoti lasciati dai vari sassi grandi.

Ancora una volta il professore chiese agli studenti se il vasetto fosse pieno ed essi, ancora una volta, dissero di sì. Allora il Professore tirò fuori una scatola piena di sabbia e la versò dentro il vasetto. Ovviamente la sabbia riempì ogni interstizio.

“Ora” dice il professore “voglio che voi riconosciate che questa è la vostra vita. I sassi sono le cose importanti: se ogni altra cosa dovesse mancare, la vostra vita sarebbe comunque piena. I sassolini sono le altre cose che contano. La sabbia rappresenta le piccole cose. Se voi riempite il vaso prima con la sabbia non ci sarà piu’ spazio per i sassi più grandi né per i sassolini. Lo stesso è per la vita; se spendete tutto il tempo e le energie per le piccole cose non ci sarà spazio per le cose importanti. Fissate le vostre priorità il resto è solo sabbia”.

Alla fine il professore tirò fuori il suo bicchiere di the verde e lo versò dentro il vaso di vetro… Nonostante il recipiente fosse già pieno il the si infilò ovunque e riempì il vaso fino all’orlo. 

La morale di questa storia è quindi: “Non importa quanto piena sia la vostra vita, c’è sempre spazio per una gradevole tazza di the con i vostri amici”.

Questa è una storia che rispecchia bene il mio modo di vedere la vita. Non ci sono parole più belle e semplici per descriverla.


 

Edda CattaniI mercatini della Befana
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La Sagrada Familia

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La Sagrada Familia

E’ domenica e, come al solito, sono venuta alla messa nella chiesa vicina.Vedere una comunità così protesa e attenta mi ha fatto meditare a lungo su quanto il sacerdote ha proposto ai presenti: la storia della Sagrada Familia come metafora del cammino di una comunità cristiana. Una comunità sempre in costruzione in cui il progettista è Dio e il cui animatore è lo Spirito Santo è infatti motivo di riflessione e incoraggiamento.

Non dobbiamo mai dimenticare che la sinergia – grazia di Dio e collaborazione degli uomini – è il segreto della vita di una comunità cristiana come leggiamo alla fine del Vangelo di Marco: “Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano” (Me 16,20).

 

Chi non ha sentito parlare della chiesa della Sagrada Familia di Barcellona e del suo progettista – Gaudi – che vi lavorò dal 1883 al 1926, anno della sua morte?

Secondo il progetto che aveva in mente doveva essere grandiosa: mai visto niente di simile in terra spagnola. La Sagrada Familia doveva essere qualcosa che non aveva confronti, una chiesa grande, aperta a rutti. Gaudi era un grande credente la cui fede sfociava in contemplazione della bellezza di Dio.

Egli diceva: “Nei templi greci e nel loro recinto sacro potevano entrare solo i sacerdoti. Nei templi di Roma aveva accesso solo l’augure. La chiesa cristiana invece deve essere grande perché è aperta a tutti, accoglie e raccoglie l’assemblea dei figli di Dio”.

Quando morì, investito da un tram, nel 1926, aveva costruito appena la facciata della natività: una delle tre facciate.

E soltanto 4 torri-guglie delle 18 che aveva ideate.

La Sagrada Familia poteva rimanere un’opera incompiuta come è accaduto a molte altre imponenti costruzioni, pensiamo alla basilica di Santa Giustina in Padova. Invece è andata diversamente: la vera opera di Gaudi è nata proprio in quel momento in cui lui è scomparso.

Dopo di lui la grande sfida si metteva in marcia: costruire non la cattedrale, ma il popolo che vuole la cattedrale come progetto di Dio.

Infatti i lavori non si bloccarono anzi proseguirono in un lungo passa-bandiera di architetti, capomastri, capocantieri, tagliatori di pietre, ceramisti, giù giù fino ai semplici muratori e a questo si aggiungevano le elemosine di tutti i giorni, in un lungo elenco fatto di monetine, peseta, donazioni,… Venivano da Barcellona a vedere la cattedrale, poi da tutta la Spagna, poi da tutto il mondo. Anche oggi tutti i turisti che arrivano a Barcellona non rinunciano a vederla: ha due milioni di visitatori l’anno.

La sua forza e la sua bellezza sono costituite dal suo essere in perenne costruzione, dal suo non fermarsi: non importa quando sarà compiuta.

È la chiesa del dono, esempio massimo di quanto possa la volontà degli uomini quando si uniscono, partecipano e si donano in totale apertura al disegno di amore di Dio.

 

 

E a tal proposito queste sono le  parole di Papa Francesco:

“Paolo non dice agli ateniesi: ‘Questa è la enciclopedia della verità. Studiate questo e avrete la verità, la verità!’. No! La verità non entra in un’enciclopedia. La verità è un incontro (…) Io ricordo quando ero bambino e si sentiva nelle famiglie cattoliche, nella mia: ‘No, a casa loro non possiamo andare, perché non sono sposati per la Chiesa, eh!’. Era come una esclusione. No, non potevi andare! O perché sono socialisti o atei, non possiamo andare. Adesso – grazie a Dio – no, non si dice quello, no? Non si dice! C’era come una difesa della fede, ma con i muri: il Signore ha fatto dei ponti .. I cristiani che hanno paura di fare ponti e preferiscono costruire muri sono cristiani non sicuri della propria fede, non sicuri di Gesù Cristo”.

 

(papa Francesco, omelia della messa mattutina a Santa Marta )

 

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Buone Feste Famiglia!

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Buon Anno Famiglia!

Oggi si parla di famiglia. La nostra storia si ripete e prosegue con queste alternanti vicende di vita e di rinascita. E’ la festa della Sacra Famiglia!

Forse in molti ne hanno perduto la dimensione di solennità e di mistero, ripiegando su aspetti decisamente più secondari ed esteriori, soprattutto quando distaccati dal contenuto religioso.

Tuttavia, il Natale riesce ancora e sempre a mantenere il suo più intimo significato, di attesa della luce nel buio, del faro nella notte, del fuoco nel freddo.

Dio ha compiuto in un certo senso scelte “controcorrente”, nel realizzare il progetto della venuta sulla terra di suo figlio. Gesù infatti, non è apparso dal nulla e da solo, già adulto, né la sua apparizione è stata accompagnata da eventi naturali incredibili e sconvolgenti. Anzi Gesù è nato da una donna, Maria; ha avuto un Padre, Giuseppe, che si è fatto garante presso di Lui della sicurezza e della serenità di una casa che lo accogliesse. Egli è nato sapendo già tutto e disponendo delle sue capacità subito e in modo completo, ma ha avuto bisogno di crescere in una famiglia che lo amasse e lo aiutasse a maturare sia la coscienza di chi fosse, sia la tenuta psichica e morale necessaria per compiere la volontà del Padre.

In questo giornate che seguono il Natale cerchiamo di rendere le nostre Famiglie quei luoghi santi e privilegiati in cui si formano uomini e donne autentici, coraggiosi e tenaci, e tentiamo di essere degni di una tale bellezza con la grazia dello Spirito santo e l’accompagnamento di Maria, madre di tutti.

 

Papa Francesco e la Famiglia!

“In questa prima domenica dopo Natale, mentre siamo ancora immersi nel clima gioioso della festa, la Chiesa ci invita a contemplare la Santa Famiglia di Nazaret”. Inizia così l’Angelus di Papa Francesco della prima domenica dopo Natale. “Il messaggio che proviene dalla Santa Famiglia è anzitutto un messaggio di fede – ha continuato il Pontefice -. Nella vita familiare di Maria e Giuseppe Dio è veramente al centro, e lo è nella Persona di Gesù. Per questo la Famiglia di Nazaret è santa. Perché? Perché è centrata su Gesù. Quando genitori e figli respirano insieme questo clima di fede, possiedono un’energia che permette loro di affrontare prove anche difficili, come mostra l’esperienza della Santa Famiglia, ad esempio nell’evento drammatico della fuga in Egitto: una dura prova”.

“Il Bambino Gesù con sua Madre Maria e con san Giuseppe sono un’icona familiare semplice ma tanto luminosa. La luce che essa irradia è luce di misericordia e di salvezza per il mondo intero, luce di verità per ogni uomo, per la famiglia umana e per le singole famiglie. Questa luce che viene dalla Santa Famiglia ci incoraggia ad offrire calore umano in quelle situazioni familiari in cui, per vari motivi, manca la pace, manca l’armonia, manca il perdono. La nostra concreta solidarietà non venga meno specialmente nei confronti delle famiglie che stanno vivendo situazioni più difficili per le malattie, la mancanza di lavoro, le discriminazioni, la necessità di emigrare” ha concluso Bergoglio.

Gesù è Colui che avvicina le generazioni. È la fonte di quell’amore che unisce le famiglie e le persone, vincendo ogni diffidenza, ogni isolamento, ogni lontananza. Questo ci fa pensare anche ai nonni: quanto è importante la loro presenza, la presenza dei nonni! Quanto è prezioso il loro ruolo nelle famiglie e nella società! Il buon rapporto tra i giovani e gli anziani è decisivo per il cammino della comunità civile ed ecclesiale. E guardando a questi due anziani, questi due nonni – Simeone ed Anna –salutiamo di qua, con un applauso, tutti i nonni del mondo”

 

 

 

 

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Newsletter n.31

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Newsletter n.31 del 27 Dicembre 2016

DOPO L’ANNO DELLA MISERICORDIA

MISERICORDIA

Con l’Immacolata si è concluso il Giubileo e Papa Bergoglio ha voluto concluderlo con la lettera apostolica:

Misericordia et misera sono le due parole che sant’Agostino utilizza per raccontare l’incontro tra Gesù e l’adultera (cfr Gv 8,1-11). Non poteva trovare espressione più bella e coerente di questa per far comprendere il mistero dell’amore di Dio quando viene incontro al peccatore: «Rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia». Quanta pietà e giustizia divina in questo racconto! Il suo insegnamento viene a illuminare la conclusione del Giubileo Straordinario della Misericordia, mentre indica il cammino che siamo chiamati a percorrere nel futuro.”

papa teresa

Poi la  nostra attesa del Natale…

Nell’attesa, un ricordo, un dono … da condividere perché è un invito alla speranza.

” Se il vento non spazzasse tutto ciò che trova l’aria per voi diventerebbe spessa irrespirabile. Ma lui giunge per pulire e spazza via portando da una porte all’altra ogni vostro dolore o pensiero. La neve candida scende e rende pace nei cuori, mentre la pioggia lava dopo la tempesta di vento. Ci sono momenti difficili da affrontare, momenti pieni di dolore e di fatiche. In voi non sempre giunge il momento bello, lo chiudete, lo sigillate come fosse un tesoro da non far vedere. Custodito gelosamente, come quasi a esserne gelosi che qualcuno possa portarlo via. Condividete ogni vostro pensiero, rendetelo vivo e fate saper a chi no sa che un tempo abbiamo sorriso e non pianto. Gioite di ciò che il giorno regala, tendete la vostra mano, non lasciate che la catena dell’amore si spezzi, siate voi i primi a urlare a tutti un lieto giorno. Non dovete vivere chiusi in ricci pronti a pungere a chi cerca una carezza o un sorriso. Non dovete sempre mettere dinnanzi a voi insidie create per recare disarmonia. Nella notte del Santo Natale accendete tutti una candela fate sapere a noi tutti che siete guariti da un dolore che non conosce medicina se non quella dell ‘amore, l’unica i in assoluto. Pace a voi tutti Pace e Amore.” (V.S.) ………

 

auguri20091

Come ogni anno sono giunti i vostri affettuosi auguri sempre tanto graditi e con essi alcune pagine che desidero condividere.

Buon Anno allora Cari Amici a Voi tutti e ai Vostri Cari per un sereno 2017 !!!  

Buon Anno tutti: a coloro che sono stati tormentati da catastrofi quali il terremoto che ha sconvolto la nostra gente, ma anche a chi ha perso la vita per la violenza degli uomini. Rivolgiamo un saluto a chi spera ancora nel bene della pace, agli ammalati, ai bisognosi, a chi è in cerca di un lavoro. Un abbraccio a chi ha bisogno di una parola tenera, a coloro che non sanno perdonare  e a chi è provato dalla quotidiana fatica e dallo sconforto.

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E arriviamo all’Epifania come “manifestazione” di uomini veri, uomini come Giuseppe che ha condotto per mano Maria:

“…uomini innamorarti dell’uomo, uomini che non accusano, che non scaricano mai le responsabilità addosso a un colpevole. Uomini capaci di prendersi cura della vita anche quando la vita sorprende e non rispetta le attese. Uomini che si compromettono fino in fondo.” (A. Dehò)

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Da questo sito internet è nata la pagina FB che ogni giorno è seguita da tanti di voi che possono anche commentare direttamente gli articoli pubblicati.

 Dopo un periodo di pausa si sono aggiunti tanti nuovi amici che danno risposta alla nostra ansia di sapere e di ricercare e anche persone di fede diversa.

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Anche in questo blog vi è un invito a scrivere e a commentare… anche perché avrete notato un rinnovamento nei contenuti e nell’immagine.

Continuate anche a seguire gli incontri mensili della nostra associazione che propone, come ha fatto nel recente convegno, tante tematiche di spessore che hanno riscosso molto interesse.

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Siete voi, a voler dare ancora la fiducia nel riparare gli strappi, a scegliere cosa leggere e a dire cosa fare.

Il mio invito vi arrivi con le parole del nostro amico fra Ben//

“.. ecco, voglio ringraziare tutte e tutti coloro che mi hanno mandato un segno di amicizia e di augurio .. e che non sono riuscito a ‘raggiungere’ per quantità e pigrizia – la pigrizia è virtù quando intorno il mondo ti gira frenetico e rumoroso – .. in tanti modi e parole e abbracci e sorrisi e sguardi curiosi e messaggi vicini e lontani, mi avete testimoniato che anche piccoli frammenti d’amore e d’affetto possono far entrare il tempo nella felicità .. e tutto questo mi fa sentire come il Figlio del Grande Gabbiano .. il figlio di un’infinita idea di libertà .. “un grumo di pensiero” .. che nasce .. e vola .. ecco: “.. il gabbiano Fletcher per un attimo li vide come veramente erano, e sorrise: non soltanto gli piacevano, li amava ..”.

cose belle

A voi la possibilità è di rispondere e farlo direttamente, o sotto gli articoli dopo esservi registrati (ma se ricevete queste news dovreste esserlo) o scrivendo al sito:info@acsss.it per richiamare l’attenzione su quanto è di vostro gradimento.

Chiudo… saluto e vi aspetto tutti… con questi versi (di una nota ‘amica’ che ci fa sentire ancora in questa aria di festa…)  di una cara amica:

Musiche di cornamusa, 

scroscio di auguri mentre la notte passa
lucine sfavillanti ad illuminare la notte
voci festanti che riempiono le ore
mentre le ginocchia si piegano
adoranti il mistero
e quel silenzio dentro
ammutolisce ogni voce
e si fa culla
di quell’Amore
che ancora attende
di vivere nella mia
e in altrui vite
nel bacio alle ferite
di una umanità che geme.

Nina Vazzano

nascita

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Edda CattaniNewsletter n.31
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Tempo d’Avvento

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Tempo d’Avvento

L’Avvento è il tempo dell’attesa, di preparazione all’incontro con il Signore che viene, è il tempo in cui attendiamo e invochiamo quel Regno di amore e di pace che il Padre ha preparato per noi.  Il Natale è la festa che ci fa rivivere il fatto che il Figlio di Dio è venuto a condividere la nostra vita umana affinché noi potessimo condividere con Lui la sua vita divina. E “Condividere” è l’atteggiamento e l’impegno che vogliamo tutti avere.

 

Prepariamoci con il cuore dei bambini che non è solo “attesa dei regali”, ma innocenza… stupore… davanti all’”inaspettato” da Colui che  tutto ci viene donato.

 

Oggi è la prima domenica di Avvento.

 

Avvento vuol dire attesa della nascita di Gesù.  Questo periodo è di quattro domeniche e in esso tutti noi che ci consideriamo cristiani ci prepariamo al Natale. Il colore liturgico di questo periodo è il viola, eccetto la terza domenica di Avvento in cui facoltativamente possono essere indossati paramenti rosacei. Nella Liturgia di Avvento non si recita il Gloria, ma si mantiene l’Alleluia.

 

I miei nipotini al catechismo hanno preparato il calendario dell’avvento che fa parte di quello più grande (una grande striscia a colori diversi) che è il calendario liturgico.

 

La corona dell’Avvento è fatta con sempreverdi che stanno a significare la continuità della vita: il lauro significa la vittoria sulla sofferenza;  il pino, l’agrifoglio e il tasso rappresentano l’immortalità;  il cedro forza e guarigione.

 

Le quattro candele rappresentano le quattro settimane di avvento.

La prima candela si chiama Candela del Profeta. Ci rammenta che molti secoli prima della nascita del bambino Gesù, uomini saggi chiamati profeti predissero la sua venuta.

La seconda candela, chiamata Candela di Betlemme, ci ricorda la piccola città in cui nacque il nostro Salvatore.

La terza candela è chiamata la Candela dei pastori, poiché furono i pastori ad adorare il bambino Gesù e a diffondere la lieta novella.

La quarta candela è la Candela degli Angeli per onorare gli angeli e la meravigliosa novella che portarono agli uomini in quella notte mirabile.

 

 

In giardino ho un grande agrifoglio che è anche un simbolismo cristiano: le foglie acuminate sono come la corona di spine come in una leggenda inglese si racconta che la stessa croce fosse di agrifoglio. La corona che è un cerchio rappresenta  l’eternità di Dio che non ha nè inizio nè fine, l’immortalità dell’anima e la vita eterna in Cristo. Quando si usa il decoro delle pigne e delle noci simbolizzano la vita e la risurrezione.

 

 Così, come i bimbi, preparo il mio Avvento e sono certa che i miei Cari, dalla Gerusalemme Celeste, mi seguiranno con amore!

 

 

Edda CattaniTempo d’Avvento
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