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Tra Modena e Roma

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Fra Modena e Roma

Dopo anni di pausa quale relatrice ai Convegni di Fratelli uniti alla mia famiglia da ultraventennale conoscenza, dopo la dipartita di Mentore, ho avuto la possibilità di recarmi dapprima al “Centro Culturale l’Albero” diretto dall’amica Carla Castagnini dove, in apertura del Convegno e nella serata, ho portato la mia testimonianza di speranza nel contatto con i nostri Cari.

 

 

 

Una riflessione…. per noi tutti … genitori colpiti da una grave perdita…

Chi di noi non ha provato il dolore della malattia e della morte e spesso, disperato, distrutto da un lutto recente, annebbiato da una visione della vita e di un Dio che sembra volerci togliere le persone a noi più care ha invocato la morte come liberazione. Questi sentimenti li abbiamo provati tutti, ma se col tempo il dolore non è scomparso, molti di noi hanno accettato un disegno imperscrutabile a cui daremo risposta solo quando saremo liberi dai lacci che avvolgono la nostra materialità terrena.  Il senso della sofferenza non può essere spiegato, ma solo “trovato” cioè vissuto dall’interno ed un aspetto importante della condizione umana è proprio quello di ritrovarsi con altri che hanno vissuto la nostra stessa esperienza per cominciare a pensare non solo emotivamente.

Le Sue ferite, le nostre ferite.

Il senso della sofferenza va “trovato” e capito “dall’interno. Cristo ha fatto questo: egli che avrebbe potuto predicare, narrare il dolore e la morte, ha “raccontato” la sua stessa vita. Prima di lui dolore e morte erano segno di un limite, di imperfezione e bagaglio umano creaturale. Con Lui abbiamo la certezza di essere compresi nella nostra angoscia, nello smarrimento, nello sconforto e nella tristezza. Lui le ha provate tutte, come noi, come un qualsiasi uomo, come una qualsiasi madre: l’abbandono, l’incomprensione, la derisione, la nudità. Noi madri, scarnificate, derelitte, offese, abbruttite potremo tornare a vivere e a sorridere perché la vicinanza “dell’uomo dei dolori” ci aiuterà a rivedere tutta la nostra vita, a comprendere la sofferenza degli altri, a dare la giusta importanza alla relatività delle cose. In questa condizione potremo vivere con maggiore serenità e, siatene certi, saremo ascoltati. L’atteggiamento di chi spera è autenticità che richiama un dono ineffabile divino: quello della “provvidenza” che diviene carisma, luce e conforto. 

 

 La speranza e la comunicazione.

Sperare vuol dire attendere il momento che , opportunamente, arriverà per ciascuno di noi. Sarà un segno di modeste dimensioni, che altri non noteranno, ma che per noi sarà denso di quel contenuto noto a noi soli e che ci abbaglierà come Paolo sulla strada di Damasco. Prepariamoci ad ogni evento,  e percorriamo il nostro cammino non come gente che soffre di una malattia inguaribile, ma con lo spirito che si ritrova nella “Salvifici doloris” di Giovanni Paolo II° del 1984. Camminiamo per volere essere riscattati, con la spiritualità di chi non vuole vivere un  dolore alienante, ma nella prospettiva della salvezza e della risurrezione. Ricordiamo anche che la “comunicazione” con i nostri Cari esige “rispetto” verso coloro che potranno avvicinarci ad essa e verso i fratelli che , come noi, attendono una stilla di acqua benefica. Pensiamo ai nostri amati Figli che non conoscono più invidie, prevaricazioni, miserie e meschinità e chiediamo a loro stessi di venire a noi illuminandoci della loro Luce, abbracciandoci dell’aura benefica che li avvolge, facendosi riconoscere per la loro vicinanza.  Chiediamolo… e attendiamo … con carità e rispetto … per tutti.  

 

A Roma sono tornata dopo un anno, per vedere l’amico di sempre Filippo Liverziani, il fondatore del Convivio.  Con lui mi avvicinai al Movimento della Speranza quando lo conobbi, oltre un ventennio fa… lui che chiamavo “il patriarca dalla barba bianca”.

Eravamo a Baveno dove eravamo giunti in devoto pellegrinaggio, alla ricerca di quel conforto che non riuscivamo a trovare nel quotidiano. Erano presenti i pionieri Agnese Moneta, Mario Mancigotti, Laura Paradiso, Tonino Mascagna, Francesco Nigro, i coniugi Leardini, Paola Giovetti …

 

Non avremmo immaginato che qualche anno dopo, ci saremmo trovati fra i relatori per esporre quanto di nuovo era avvenuto all’interno della nostra famiglia e che io e mio marito tenevamo gelosamente custodito.

 

Tante volte qui a Roma al Convivio e al Movimento… Eravamo entrati a piccoli passi nella scoperta e nella ricerca di una  meravigliosa realtà che si apriva dinnanzi a noi e che pur ignorandola era raggiungibile “per un atto d’amore”.

 

Quest’anno sono tornata, forse per l’ultima volta. Il Prof. Liverziani, il mio smico e maestro sta molto male ed è stata scorsa l’ultima sua relazione, quasi un testamento spirituale. L’ho ascoltata letta da Gabriella Cominotto in devoto, religioso silenzio. Di questa metto solo il momento iniziale e finale, rimandandone la lettura al sito www.convivium-roma.it

 

 

Cari amici e amiche del Convivio,

ho la chiara impressione che ben si avvicini, almeno per me, il momento di approdare alla meta che ho perseguita, insieme a voi, per serie di anni di meditazioni e di studi.

 

La perfezione religiosa si ha nella totale sottomissione alla volontà divina. La perfezione umanistica si ha nell’associarsi nella maniera più efficace a quella divina iniziativa che vuole dar vita a un mondo migliore ed è tesa, al limite, a porre in essere una creazione perfetta.

Gli umani cooperano con Dio, il quale opera donandosi a loro in una misura che alla fine diviene integrale, totale. La cooperazione degli umani consiste nel farsi, per quanto possibile, recettivi al dono che Dio fa di Sé.

 

In questi segni possiamo vedere i gradini di una scala che ci consentirà in ultimo di salire alla perfezione infinita, alla felicità senza tramonto e senza confini.

Da entrambe le esperienze ne ho dedotto un’unica riflessione: andare ai Convegni, per elaborare un lutto aiuta… tanto… Non si cresce se ci si va con l’unico intento di ricevere un messaggio dalla medium di turno… Non si cresce tornando a casa con uno o più foglietti nella borsa… Quando si sia raggiunta la consapevolezza che i nostri Cari vivono e ci sono accanto ciò che conta è abbandonarsi all’amore del Padre… Lui saprà come consolarci!

"Dammi il supremo coraggio dell'amore,

questa è la mia preghiera,

coraggio di parlare,

di agire,

… di soffrire,

di lasciare tutte le cose,

o di essere lasciato solo.

Temperami con incarichi rischiosi,

onorami con il dolore,

e aiutami ad alzarmi ogni volta che cadrò.

Dammi la suprema certezza nell'amore,

e dell'amore,

questa è la mia preghiera,

la certezza che appartiene alla vita

nella morte, alla vittoria nella sconfitta,

alla potenza nascosta

nella più fragile bellezza,

a quella dignità nel dolore,

che accetta l'offesa,

ma disdegna di ripagarla con l'offesa.

Dammi la forza di Amare

sempre e ad ogni costo."

(K. Gibran)

 

 

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Edda CattaniTra Modena e Roma

2 comments

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  • Peter Versac - 10 marzo 2013 reply

    Pensare al prof. Liverziani è rileggere alcuni passi della Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi:
     [14]Ora il corpo non risulta di un membro solo, ma di molte membra.
    [15]Se il piede dicesse: «Poiché io non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe più parte del corpo … Se io dicessi: ”Poiché la/il mia/o cara/o non è più qui, non appartiene alla vita”, non per questo non farebbe più parte della Vita
     [17]Se il corpo fosse tutto occhio, dove sarebbe l'udito? Se fosse tutto udito, dove l'odorato? … Se tutto fosse un disperante vuoto, dove sarebbe la pienezza?
     [19]Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? … Se tutto fosse solo morte, dove la Comunione dei Santi?
    [21]Non può l'occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; né la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi»… Non possiamo tralasciare il bisogno di continuare a comunicare con coloro che ci precedono nel beatificante Benessere di Luce
     [22]Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie; … proprio perché sono nella Chiara Visione
    [26]Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. … Seguono ogni passo del cammino che c’è dato da fare. Il nostro benessere è il loro, così come la nostra sofferenza. E viceversa.
    Pensare al prof. Liverziani è ascoltare la sua testimonianza di “Vita corale”: ha irrigato diversi giardini e continua a produrre frutti. Raccolti curati e portati all’evolversi dalle mani di sempre nuovi operai, nella lucente, amorosa Vigna della Via-Verità-Vita.

    Edda Cattani - 10 marzo 2013 reply

    Grazie caro amico… invierò il suo commento a Bettina, la moglie del prof. Liverziani che lo assiste amorevolmente finché il Signore stabilirà per lui il momento del passaggio alla nuova Vita.

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