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Insieme a San Leopoldo

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Insieme a San Leopoldo

 

L’invito di Maria, Mamma di Vera, è sempre un piacere a cui rispondere, come pure il ritrovarsi insieme con Padre Roberto al Santuario di san Leopoldo a Padova.

 Già lo scorso anno avevo avuto il piacere di questa condivisione che era stata soprattutto la scoperta di una comunità amica, ma anche di tante particolari storie vicine nel nostro cammino esperienziale.

 

Sono ritornata con il desiderio di quel raccoglimento in quell’atmosfera tutta particolare che, all’interno delle nostre esistenze tormentate e affaticate, non sempre riusciamo a trovare.

 

Questa volta vorrei però non dilungarmi sulle mie impressioni, ma riportare tutto quanto Padre Roberto ha inteso comunicare ai presenti con le sue stesse parole, le sue espressioni in un ambiente in cui la musica soffusa, i canti, le preghiere erano espressione del Paradiso…

 

 

 

 

l'amore autentico non ragiona, non pone limiti, non calcola, non ricor­da il bene che ha fatto e le offese che ha ricevuto, non pone mai con­dizioni.
 
Gesù ha frequentato cattive compagnie! Amico dei pubblicani e dei peccatori …
Chiamato un mangione e un beone.
Gesù ha amato i piccoli numeri, mentre la gente ama la massa, la grande folla: Lui va alla ricerca della Maddalena, della Sama­ritana, dell'Adultera…
Ha fatto "fiasco" nella vita: la "carta magna" di Gesù – le beati­tudini – appare come un fallimento: beati i poveri, gli oppressi, gli afflitti, i perseguitati, ecc. (Lc 6, 20). Gesù ama tutto questo: chi lo segue deve essere matto come lui!
Quanti insuccessi nella sua vita: cacciato dal suo paese è scon­fitto, perseguitato, rifiutato, condannato a morte…
Gesù, un professore che ha rivelato il tema dell'esame: sareb­be stato licenziato subito! Il tema dell'esame e il suo svolgimen­to è descritto a puntino da lui: verranno gli angeli, convocheran­no i buoni alla destra, i cattivi alla sinistra, e tutti saremo giudi­cati sull'amore (Mt 25,31 ss).
Gesù un Maestro che ha dato troppa fiducia agli altri. Ha chiamato gli apostoli quasi tutti illetterati, ed essi lo rinneghe­ranno. Nel tempo continuerà a chiamare gente come noi, pecca­tori. La via di Dio passa per i limiti umani: ha chiama­to Abramo, che non ha figli ed è vecchio; chiamato Mosè, che non sa parlare bene; chiama dodici uomini mediocri e ignoranti, e uno di essi lo consegnerà; e per chiamare i pagani sceglie un violento e un persecutore, Saulo; e nella Chiesa continua a fare così…
Gesù non aveva buona memoria, perché sulla Croce il buon ladrone gli chiede di ricordarsi di lui in Paradiso e Gesù non ri­sponde come avremmo fatto noi "fa' prima venti anni di purga­torio", ma dice subito di sì: "Oggi tu sarai con me in paradi­so" (Lc 23,43). Con la Maddalena fa la stessa cosa, e ugualmen­te con Zaccheo, con Matteo ecc. "Oggi la salvezza entra in que­sta casa" (Le 19,9), dice a Zaccheo. Gesù perdona e non ricorda che ha perdonato. Questo è il suo primo difetto. Gesù non conosceva la matematica: un pastore ha cento peco­re. Una si è smarrita: lascia le novantanove per andare a cercare quella smarrita e quando la incontra la porta sulle spalle per tor­nare all'ovile (Mt 18, 12). Se Gesù si presentasse all'esame di matematica sarebbe certamente bocciato, perché per lui uno è uguale a novantanove.
Gesù è non conosceva la logica: una donna ha perduto una dracma. Accende la luce per cercare in tutta la casa la dracma perduta e quando 1' ha trovata va a svegliare le amiche per fe­steggiare con loro (Lc 15, 8). Si vede che è veramente illogico il suo comportamento, perché sapendo che la dracma era comun­que in casa, avrebbe potuto aspettare la mattina seguente e dor­mire. Invece cerca subito, senza perdere tempo, di notte. D'altra parte, svegliare le amiche non è meno illogico. Anche la causa per cui festeggiare l'aver trovato una dracma – non è poi tanto logico. Infine, per festeggiare una dracma ritrovata dovrà spen­dere più di dieci dracme … Gesù fa lo stesso: in cielo il Padre, gli angeli e i santi hanno più gioia per un peccatore che si converte, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di pe­nitenza.
Gesù non fu un buon politico: di solito un politico alle elezioni fa propaganda e promesse: la benzina costerà meno, le pensioni saranno più alte, ci sarà lavoro per tutti, non ci sarà più inflazio­ne… Gesù, invece, chiamando gli apostoli, dice: "Chi vuoi veni­re dopo di me, lasci tutto, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 16,24). Seguirlo, dunque, per andare dove? Gli uccelli hanno un nido, le volpi una tana, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posa­re il capo… Seguire Gesù è un'avventura: fino all'estremità della terra, senza auto, senza cavallo, senza oro, senza mezzi, senza bastone, unicamente con la fede in Lui.
Non si intendeva di economia e di finanza, perché va a cercare quelli che lavorano alle tre e alle sei e alle nove e paga gli ultimi come i primi (Mt 20, Iss). Se Gesù fosse economo di una comu­nità o direttore di una banca, farebbe bancarotta, perché paga chi lavora meno come chi ha fatto tutto il lavoro.

 

Il mio Dio non è un Dio duro, impenetrabile,

insensibile, stoico, impassibile.

Il mio Dio è fragile.

E' della mia razza.

E io della sua.

Lui è uomo e io quasi Dio.

Perché io potessi assaporare la divinità

Lui amò il mio fango.

L'amore ha reso fragile il mio Dio. Il mio Dio ebbe fame e sonno e si riposò.

Il mio Dio fu sensibile, e fu dolce come un bambino.

Il mio Dio fu nutrito da una madre,

II mio Dio tremò dinnanzi alla morte.

Non amò mai il dolore, non fu mai amico

della malattia. Per questo curò gli infermi.

Il mio Dio patì l'esilio, fu perseguitato e acclamato.

Amò tutto quanto è umano, il mio Dio: le cose e gli uomini, il pane,

i buoni e i peccatori. Il mio Dio fu un uomo del suo tempo.

Vestiva come tutti,

parlava il dialetto della sua terra,

lavorava con le sue mani,

gridava come i profeti.

Morì giovane perché era sincero.

Lo uccisero perché lo tradiva la verità che era

nei suoi occhi.

Ma il mio Dio morì senza odiare.

Morì scusando più che perdonando.

II mio Dio è fragile.

Il mio Dio ruppe con la vecchia morale

del dente perdente,

della vendetta meschina,

per inaugurare la frontiera di un amore

e di una violenza totalmente nuova.

Il mio Dio gettato nel solco,

:        schiacciato contro terra,

tradito, abbandonato, incompreso,

continuò ad amare.

Per questo il mio Dio vinse la morte.

E comparve con un frutto nuovo tra le mani:

la Resurrezione. Per questo noi siamo tutti sulla via

della Resurrezione.

   Juan Arias

 

 

AMAMI COSI’ COME SEI

Conosco la tua miseria, le lotte e le tribolazioni della tua anima,

le deficienze e le infermità del tuo corpo; so la tua viltà, i tuoi peccati,

e ti dico lo stesso: "dammi il tuo cuore, amami come sei".

Se aspetti di essere un angelo per abbandonarti all'amore,

non amerai mai.

Anche se sei debole nella pratica del dovere e della virtù,

se ricadi spesso in quelle colpe che vorresti non commettere più,

non ti permetto di non amarmi. Amami come sei.

In ogni istante e in qualunque situazione tu sia,

nel fervore e nell'aridità, nella fedeltà e nella infedeltà,

amami… come sei…

Voglio l'amore del tuo povero cuore;

se aspetti di essere perfetto, non mi amerai mai.

Non potrei forse fare di ogni granello di sabbia

un serafino radioso di purezza, di nobiltà e di amore?

Non sono io l'Onnipotente?

E se mi piace lasciare nel nulla quegli esseri meravigliosi

e preferire il povero amore del tuo cuore,

non sono io padrone del mio amore?

Figlio mìo, lascia che Ti ami, voglio il tuo cuore. Certo voglio col tempo trasformarti

ma per ora ti amo come sei… e desidero che tu faccia lo stesso, lo voglio vedere dai bassifondi della miseria salire l'amore.

Amo in te anche la tua debolezza,

amo l'amore dei poveri e dei miserabili;

voglio che dai cenci salga continuamente un gran grido: "Gesù ti amo".

Voglio unicamente il canto del tuo cuore, non ho bisogno né della tua scienza, né del tuo talento. Un cosa solo m'importa, di vederti lavorare con amore.

Non sono le tue virtù che desidero; se te ne dessi, sei così debole che alimenterebbero il tuo amor proprio;

non ti preoccupare di questo. Avrei potuto destinarti a grandi cose;

no, sarai il servo inutile,

ti prenderò persino il poco che hai…

perché ti ho creato soltanto per amore.

Oggi sto alla porta del tuo cuore come un mendicante,

io il Re dei Re! Busso e aspetto;

affrettati ad aprirmi. Non nasconderti dietro alla tua miseria;

se tu conoscessi perfettamente la tua indigenza, morresti di dolore.

Ciò che mi ferirebbe il cuore sarebbe di vederti dubitare di me

e mancare di fiducia.

Voglio che tu pensi a me ogni ora del giorno e della notte; voglio che tu faccia anche l'azione più insignificante solo per amore.

Conto su di te per darmi gioia … Non ti preoccupare di non possedere virtù; ti darò le mie.

Quando dovrai soffrire, ti darò la forza.

Mi hai dato l'amore, ti darò di sapere amare

al di là di quanto puoi sognare …

Ma ricordati… amami come sei…

Ti ho dato mia Madre; fa' passare, fa' passare tutto dal suo Cuore così puro.

Qualunque cosa accada,

non aspettare di essere santo per abbandonarti all'amore, non mi ameresti mai… Va'…

Mons. Lebrun

 

Invocazione allo Spirito e imposizione delle mani

 

 

II Signore Gesù imponeva le mani sui bambini, pregando per loro (Mt m. 13-15): Nel testo parallelo Marco sottolinea il contatto fisico «Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse» (Me 10.13-16). L'imposizione, dunque, era anche contatto fisico. Molto spesso il gesto è accompagnato dalla realtà di una guarigione. Giairo chiede a Gesù: «La mia figlioletta è tigli estremi; vieni a imporre le mani perché sia guarita e viva» (Me 5.23). Gli presentano il sordomuto "pregando di imporli le mani» (Me 7,32); gli conducono il cieco di Betsaida «…pregando di toccarlo. Allora… gii impose le mani… sugli occhi ed egli ci vide chiaramente…» (Me 8.22-25). Era il gesto più ripetuto nelle guarigioni: «tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva» (Le 4.40).

Gesù ai suoi discepoli: «…imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Me 16.18). Anche Paolo, dopo la visione del Signore sulla strada per Damasco viene guarito da Anania precisamente con l'imposizione delle mani (Ai9.17). E poi a sua volta anche lui guarirà i malati imponendo le mani (Ai 28.8-9).

Imporre le mani sul capo di una persona significa anche invocare e trasmettere su di lei il dono dello Spirito santo per una determinata missione. È così con i battezzati di Samaria, che ricevono la visita degli apostoli per completare la loro iniziazione cristiana (Ai 8,17). Lo stesso per i discepoli di Efeso «E non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, scese su di loro lo Spirito Santo» (Ai 19,6).

Porre le mani sul capo di una creatura è abbracciare la sua vita. Il Padre usando le nostre mani, accarezza i suoi figli e posando lo sguardo su di loro dice: "Non temere, sono qua con te". Da questa esperienza di abbraccio e di amore, vengono le guarigioni e le liberazioni.

Chi impone le mani non esercita un potere personale e come servo inutile si rende stru-mento nelle mani di Dio perché possa compiere le Sue meraviglie. Nella preghiera di imposizione, non siamo chiamati a dare risposte, o a fare i guaritori, i "santoni" e nean-che a imporre la Parola di Dio o le nostre idee, ma ad essere canali trasparenti, attraverso i quali l'amore e la misericordia di Gesù raggiungono prima e in abbondanza, i cuori feriti.

Solo il Sacerdote può imporre le mani e benedire gli altri, solo le sue mani sono sacre, solo lui è un Altro-Cristo. Non fatevi mai imporre le mani sulla testa dai laici, da persone non consacrate.


 

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Edda CattaniInsieme a San Leopoldo

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  • Peter Versac - 17 marzo 2013 reply

    Grazie alle nostre amiche e a Padre Roberto per questa bella pagina di Verità. Riprendo la preghiera del cuore: “Gesù, pietà”. Pietà Signore per questi giorni che ci son dati, pietà per le nostre vite.
     Raccontava Padre David Maria Turoldo di un suo confratello che trascorreva diverse ore disteso con la faccia sul pavimento a braccia aperte in forma di croce, pregando semplicemente così: “Signore, aiuta le tue creature”.
    Credo anche nella sacralità di altre mani, gli Altri-Cristi: chi ha fame, chi ha sete, il forestiero, chi è nudo, gli ammalati, i carcerati. I più piccoli dei fratelli. Spesso, una di queste mani la porto sulla mia testa.

    Edda Cattani - 17 marzo 2013 reply

    Come te caro amico… ho spesso messo altre mani di Cristo sul mio capo! Grazie ancora e sempre per quanto ci dai!

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