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Accondiscendenza e libertà

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ACCONDISCENDENZA E LIBERTA’

 TEMPO PER RIFLETTERE COME E PER CHI VUOLE…

 

 

Dopo il tempo della preghiera è il tempo della riflessione, del chiedermi cosa sto facendo della e nella mia vita, in cui la corsa mortificante mi fa sovente piombare in estenuanti cadute di  senso. Guardo le cose che ho in mano, uscita dall’ospedale con le carte degli esami clinici incerta sul da farsi… non so se valga la pena o no di leggerli: tanto nessuno mi chiederà com’è andata… e a me, sinceramente, la cosa non interessa più di tanto. Ho detto più volte, durante i tanti incontri a cui ho partecipato, che ciò che conta è raggiungere la “pienezza” dell’esistenza, adducendo il paragone dei vasi comunicanti o della botte piccola con il vino buono… Ma sono in grado di giudicare me stessa? Di chiedermi quanta pienezza io abbia raggiunto? Non mi sono mai fatta sconti forse perché la salita non è stata facile e lungo il cammino ho spesso incontrato ostacoli di ogni genere, ma ho anche accondisceso troppo.

 

L’accondiscendenza..

Conosco bene questa dinamica… il carattere si plasma dall’infanzia, forse è lì che dovrei cercare…

E mi torna in mente il grano “spigolato” quando andavo con mio babbo la sera a raccogliere le spighe che i contadini avevano lasciato cadere dai covoni … e poi con mamma si battevano sul tavolo della cucina per averne i chicchi e macinarli con il macina-caffè che mi piaceva girare con la lenta manovella … Poi quell’impastare il pane e metterlo al forno, con l’aggiunta di una mela tutta per me… Che buon profumo! E il giorno dopo, quando tutti erano al lavoro, come non dividerlo con le altre bambine della strada, povere quanto me, che mi guardavano con gli occhi  sgranati e le guance smunte ma sorridenti …

Il “pane spezzato” già fin d’allora … Quanto amore da donare … ma poi chi avrebbe capito che non ne restava altro per la settimana?

 

E’ così che si cercano le cause?   Amore non riconosciuto e, di riflesso, bisogno di crescere, di andare avanti da soli paura di perdere quel po’ che già si ha. Non amore quindi,ma dipendenza dall’amore … nasce tutto da questo processo,  da questa “mancanza essenziale”. Nella vita adulta poi, tutto si sposta e si maschera come forma di disponibilità eccessiva verso gli altri, e con l’incapacità di dire di no … si può anche diventar schiavi delle “elemosine” d’amore altrui.

Il vero passaggio è sempre dalla dipendenza d’amore all’amore indipendente, maturo … al non chiedersi più quanto ti verrà riconosciuto … e che la “pienezza” è proprio in questo dare. Dal rapporto dipendente a quello indipendente o vero amore.

 

Ti ho amato Signore, ti ho amato lungo tutto il corso della mia vita ed ho dato amore a tutti come una fonte inesauribile. Mi sono data senza nulla chiedere, magari aspettando qualche briciola d’amore … ma dietro l’angolo c’eri solo Tu ad aspettarmi, paziente e generoso, unico in grado di capirmi e di soddisfare la mia sete di Te.

 

Oggi uno strato sottile di disagio … Ieri mi sono posta qualche domanda e l’ho riportata qui per trovare conforto, cercare una “mano in fondo al mio braccio” e incrociare risposte, in questa piazza virtuale in cui tanti, come me, affronteranno le medesime mie situazioni … Il peso dell’accondiscendenza, nel corso dei fatti occasionali, alle volte diventa fallimento fino ad estremizzarsi in quello che riteniamo inganno … perché nell’essere accondiscendenti si può essere travisati ed anche giungere a tradire noi stessi ed i nostri ideali.

 

Sì, ma qual è il prezzo? Vediamo qualche circostanza … Sono stata accondiscendente con una collega, con un fratello, con un amico, ma quando ho avuto necessità di fiducia e appoggio, questi mi hanno girato le spalle e mi sono sentita strumentalizzata. Dopo aver dato tanto, in fondo chiedevo solo condivisione e rispetto … ma, in questo mondo fatto di egoismi, raggiri, imbrogli, frodi, plagi … chi può dare credito all’altro???

 

La fiducia può chiederla e donarla solo il Signore. Sono stata tradita e ingannata? Ho detto quello che pensavo, sì, perché pensavo fosse giusto? Anche se il mio è diventato, alla luce dei fatti successivi, un tradimento di un mio profondo ideale… vale la pena di ricominciare da capo? Perché? Come me, anche altri.

 

La risoluzione è insanabile?… unica strada possibile: rinunciare a tutto, ai sogni alle prospettive, alle attese, alle condivisioni a tutto ciò che Papa Francesco definisce “interessi mondani”. Lì non c’è il Signore, dice …

 

L’animo si scinde in due sentimenti differenti che a volte diventano delusione o rabbia, (brutto termine quest’ultimo… e non solo come termine …)!

 

1 . Il disagio, la rabbia per la propria debolezza e per la propria ingenuità, il tradimento fatto da un essere umano ad un altro essere umano, a prescindere dal grado di conoscenza;

2 . Il tradimento verso il proprio ideale.

 

Come andare avanti, come gestire questa situazione?

 

Da una parte resettare (termine moderno) con l’appiattimento … quello a cui Mentore dava adito con un “… non ti confondere!” nel senso di “lascia perdere” (altri sono stati ingannati e sono stati zitti)… Far parte del branco dei rinunciatari che nella vita azzerano tutto…

 

Questo atteggiamento, visto sotto un altro punto di vista, può essere anche definito la non-azione, i torti verranno ripagati, siedi sulla riva del fiume, il bruco e la farfalla eccetera eccetera … si può chiamare come lo si vuole, in base alla propria cultura di appartenenza o conoscenza …

 

Dall’altra parte emergere dall’intorpidimento, esporsi a rischi annessi e connessi … Prendere coscienza che qualcuno ha violato dei principi fondamentali può far drizzare la schiena e far compiere un atto di coraggio … ma può essere anche combattere contro il mulino a vento.

 

La delusione o disillusione: essere convinti della buona fede dell’altro e scoprire invece la malafede. Guardiamo questo racconto:

LE MAGICHE ROSE dalle MILLE E UNA NOTTE

 

 Il principe ritornando a palazzo sosta presso la casa di un saggio sufi e gli espone il suo tormento e la sua tristezza. Il saggio gli dice: “ Quando vuoi vendicarti di qualcuno lasci solo che quel qualcuno continui a farti del male. Prima di tornare al tuo palazzo devi liberarti dai ricordi che ti tormentano.” e gli narra di un giardino agli antipodi del mondo, dove crescono delle rose magiche il cui profumo ha il potere di dare l’oblio. Il principe parte con i suoi fidi e durante i mesi e poi gli anni capitano avventure insolite, incontri strabilianti, battaglie vinte e perse, paesi e costumi meravigliosi, finché dopo sette anni di viaggio, in cui ha perso la maggior parte della sua scorta, rimanendo solo con pochi amici, giunge al giardino e scorge il cespuglio dove fioriscono le magiche rose. Si avvicina al cespuglio ma, improvvisamente si chiede. “Perché devo sentire il profumo di queste rose?”  

 

Tornando a noi: come debbo comportarmi oggi? Da persona che protesta, che manifesta il proprio disappunto o quella che accetta?

 

Ad alcuni verrebbe da pensare che è semplice: meglio un giorno da leoni che cento da pecora e via dicendo … Usciamo allo scoperto e sbaragliamo tutto. Ci ho messo anni, decenni di vita, per modificare questo aspetto del mio carattere romagnolo che avrebbe sempre dato risposte d’impeto!

 

Ma l’umiltà allora? E di fronte agli ideali, siamo veramente, ma veramente, ma veramente tutti Gesù Cristo o per restare nel più umano-storico …Gandhi?

 

Io, personalmente, lo trovo veramente veramente, ma veramente difficile… o meglio: a dirlo no, ma a sentirlo … sarà anche possibile … come è accaduto ad altri (… intendo rispondere d’impulso, piuttosto che ragionarci sopra…)!  

 

A questo punto viene da chiedersi … Ma perché mi ci trovo dentro? Chi mi ha ficcato in questa situazione? Perché sì … mi sembrava di non essermela cercata … anzi!!! Ero in buona fede e percorrevo la mia strada in un sentiero pieno di lucciole in un campo di grano …. che poi sono diventate cavallette che sterminano il raccolto … Quanta volontà “di mio” c’è stata? E tu mio Dio dov’eri?

 

A fronte delle debolezze salta sempre fuori Dio come capro espiatorio. Ero tanto certa di sapermi gestire bene che in nome del mio “libero arbitrio” non gli ho proprio chiesto il consenso e nemmeno cosa mi consigliava di fare …. In fondo, avrò pensato, lui è Dio e avrà i suoi problemi da risolvere …

 

Le prime domande che mi pongo, a questo punto sono : “in cosa consiste il libero arbitrio e cosa significa esattamente”.

 

Molti di noi pensano che il libero arbitrio significhi ” poter fare quello che si vuole”.  In un certo senso è così, ma noi siamo in grado di deciderlo? Temo di no. A livello terreno, il libero arbitrio è semplicemente un’illusione in quanto siamo sempre vincolati e condizionati da tutto quello che ci circonda e dalle altre persone, inoltre siamo costretti a seguire leggi fisiche.  Desiderare e basta non serve a nulla, mentre avere la capacità di fare qualcosa sì.

 Una persona può desiderare di vincere al superenalotto, ma non può realizzare questo desiderio per propria volontà.  Il libero arbitrio ci dovrebbe permettere di fare ciò che vogliamo, con o senza l’aiuto di nessuno,  invece siamo condizionati da quello che noi chiamiamo “destino”. 

 

Già … l’avevo dimenticato … C’è anche da fare i conti con il “destino”. Proprio ieri sera ne parlavo con una madre a cui il figlio dice “… il mio destino non era il ‘passato’…” quasi ad eludere gli interrogativi della stessa sul perché delle cose.

 

Le scelte che  facciamo fanno parte di un “disegno” che cambia in continuazione, dipende dalle scelte che noi  effettuiamo; ma se il destino è già prestabilito che scelte facciamo?  Semplice, il destino che abbiamo in cuor nostro è quello che ci creiamo via via, con le nostre selezioni, anche se a volte, gli accadimenti sembrano venirci incontro senza lasciarci scampo.

Vorremmo negare ad un assetato, nel momento del bisogno, di attaccarsi alla brocca di acqua putrida? Le risposte che condizionano la nostra vita variano di conseguenza.

 

La madre che non capisce il perché della morte del figlio si rende conto che, sul piano fisico non si può parlare di libero arbitrio, che come abbiamo visto, non dà poi così tanta via d’uscita in quanto condizionato da fattori esterni che non possiamo sottomettere al nostro volere.

Al contrario, a livello intellettivo, emotivo, l’unico vero e proprio  libero arbitrio è quello delle conclusioni con le quali rispondiamo alle contingenze della vita.

 

Possiamo allora parlare di  un Dio clemente che lascia la libertà al suo “gregge” di scegliere la buona o la cattiva via, il bene o il male.

Grazie a Papa Francesco trovo esito a tutto il mio disquisire: “Non lasciatevi rubare la speranza … Chiediamo perdono a Dio … Non stancatevi mai di chiedere  perdono … Occupatevi dei poveri, dei piccoli, degli abbandonati …”!

 

Ed eccomi qua, con la mia busta degli esami in mano a prendere un caffè e una pastina in un bar anonimo davanti all’ospedale … Di qui passano tante persone, alcune di esse avrà in mano una cartella con esiti catastrofici all’interno … Io, tutto sommato non mi sento male … Sì parecchie notti in bianco, giorni di crisi encefaliche e poi aggiungiamo tutta una serie di “cosette” non facili da curare … ma ho un bel cappotto addosso, una macchina parcheggiata nel piazzale vicino, una casa confortevole che mi aspetta … e oggi pomeriggio ci sarà Simone ad impegnarmi con i suoi compiti e i suoi occhioni interrogativi che mi guardano e spesso non comprendono quanto gli vado spiegando …

 

Un anno fa è successo qualcosa che ha impresso alla mia vita una svolta decisiva: sono rimasta completamente sola. L’ultima pedina della mia famiglia se n’è andato dopo anni di sofferenza e solo allora ho capito che non potevo avere più nessuno che mi portasse in casa qualche sicurezza. Qualcuno potrà dire: “Ma come? Non l’avevi ancora compreso che da tempo dovevi darti una regolata!” Evidentemente no … in questa casa vuota contavo ancora sulla presenza di qualcosa o di qualcuno che avrebbe dato una mano… Via, via ora… via tutto…

 

In questo vuoto resti solo Tu Signore … Tu non te ne sei mai andato. Tu non mi hai tradito, tu non mi hai abbandonato … Oggi è giovedì santo e Papa Francesco laverà i piedi ai giovani del riformatorio … Quale grande esempio di disponibilità! E io guardo a chi mi tradisce, a chi mi manca di rispetto, a chi mi butta a terra con una spallata? C’è ben altro da fare, c’è tutto un mondo intorno a noi da accudire …

 

“Dove andremo Signore? Tu solo hai parole di Vita Eterna!” (Gv 6, 60-69)

 

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Canto il sogno del mondo

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Canto il sogno del mondo

Sono andata alla messa; silenziosa come sempre, mi sono nascosta dietro a una colonna per manifestare a Dio il mio sconforto e la mia delusione. Abano è una cittadina turistica e intorno a me sfilavano persone in abiti eleganti, anche se di tutte le estrazioni sociali. Fra me e me pensavo: “Povero Signore, non è cambiato nulla attraverso gli anni… la messa è un dovere e una passerella, ma chi veramente sta parlando con te? E tu qui aspetti e ci guardi con tenera dolcezza…”

Nel fare la comunione non avevo nulla da dichiarare né da chiedere che Lui già non sapesse e me ne sono uscita, portandolo con me dentro al cuore. Ho passeggiato a lungo in una cittadina deserta, perché a quell’ora la gente è a tavola, mentre io non sono attesa da alcuno nella mia casa. L’aria era gelida, sferzante… eppure, davanti alla fontana della piazza centrale c’era un anziano che suonava una melodia con il cappello delle offerte in  terra. Mi è venuto di getto di lasciar scivolare una carta in quella manifesta indigenza e sono passata oltre. L’uomo mi ha richiamata costringendomi a tornare sui miei passi… mi voleva dare un’immaginetta. Ecco, questa è stata la mia comunione, le mie povere briciole di pane che ho condiviso e che hanno dato un sorriso alla mia domenica.

Allora con Padre Turoldo:

 

Canto il sogno del mondo

Ama
saluta la gente
dona
perdona
ama ancora e saluta.

Ama
Dai la mano
aiuta
comprendi
dimentica
e ricorda
solo il bene.

E del bene degli altri
godi e fai godere.

Godi del nulla che hai
del poco che basta
giorno dopo giorno:
e pure quel poco
–se necessario-
dividi.

E vai, vai leggero
dietro il vento
e il sole
e canta.
vai di paese in paese
e saluta tutti
il nero, l’olivastro
e perfino il bianco.

Canta il sogno
del mondo
che tutti i paesi
si contendano
di averti generato.

David Maria Turoldo
“Il grande male”
Ed. Mondadori

 

 

 

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I mercatini della Befana

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I mercatini della Befana


Giorno della Befana e, all’uscita dalla messa, faccio un giro intorno alla strada pedonale e trovo il mercatino con ogni sorta di oggetti. Mi viene spontaneo soffermarmi, ho bisogno di vedere, di scoprire, di distrarmi dai tanti impegni. C’è una tazzina con piatto decorata in oro e blu cobalto, simile a quella che ho ammirato qualche giorno fa a Villa Pignatelli a Napoli. Chissà … può essere anche questa appartenuta a una collezione di  nobile famiglia, perdutasi nei meandri delle tante storie o è semplicemente un “tarocco”?

Mi sovviene della vetrina della nonna, in legno vecchio, ma contenente il “suo” tesoro: calici di cristallo verdi decorati ai bordi con sfumature dorate, tazzine avorio con angioletti dipinti a deliziose gradazioni, bricchetti di tante e varie dimensioni e i piatti dei giorni della festa. Chissà che fine avranno fatto quelle piccole cose, forse scampate alle distruzioni della grande guerra, ormai residui in numero dispari e spaiate! Le guardavo allora con occhi stupiti e come le ho riviste a Napoli, le osservo ora e, con loro mi passano tante memorie, dolci pillole e ricordi che mi fanno star bene. 

Con questo sentire propongo una riflessione:

 “Le cose che contano di più non dovrebbero mai essere alla mercé delle cose che contano di meno” Goethe

 

Un professore di filosofia, in piedi davanti alla sua classe, prese un grosso vasetto di marmellata vuoto e cominciò a riempirlo con dei sassi, di circa 3 cm. di diametro. Una volta fatto chiese agli studenti se il contenitore fosse pieno ed essi risposero di sì. Allora il professore tirò fuori una scatola piena di piccoli sassi, li versò dentro il vasetto e lo scosse delicatamente. Ovviamente i sassolini si infilarono nei vuoti lasciati dai vari sassi grandi.

Ancora una volta il professore chiese agli studenti se il vasetto fosse pieno ed essi, ancora una volta, dissero di sì. Allora il Professore tirò fuori una scatola piena di sabbia e la versò dentro il vasetto. Ovviamente la sabbia riempì ogni interstizio.

“Ora” dice il professore “voglio che voi riconosciate che questa è la vostra vita. I sassi sono le cose importanti: se ogni altra cosa dovesse mancare, la vostra vita sarebbe comunque piena. I sassolini sono le altre cose che contano. La sabbia rappresenta le piccole cose. Se voi riempite il vaso prima con la sabbia non ci sarà piu’ spazio per i sassi più grandi né per i sassolini. Lo stesso è per la vita; se spendete tutto il tempo e le energie per le piccole cose non ci sarà spazio per le cose importanti. Fissate le vostre priorità il resto è solo sabbia”.

Alla fine il professore tirò fuori il suo bicchiere di the verde e lo versò dentro il vaso di vetro… Nonostante il recipiente fosse già pieno il the si infilò ovunque e riempì il vaso fino all’orlo. 

La morale di questa storia è quindi: “Non importa quanto piena sia la vostra vita, c’è sempre spazio per una gradevole tazza di the con i vostri amici”.

Questa è una storia che rispecchia bene il mio modo di vedere la vita. Non ci sono parole più belle e semplici per descriverla.


 

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La Sagrada Familia

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La Sagrada Familia

E’ domenica e, come al solito, sono venuta alla messa nella chiesa vicina.Vedere una comunità così protesa e attenta mi ha fatto meditare a lungo su quanto il sacerdote ha proposto ai presenti: la storia della Sagrada Familia come metafora del cammino di una comunità cristiana. Una comunità sempre in costruzione in cui il progettista è Dio e il cui animatore è lo Spirito Santo è infatti motivo di riflessione e incoraggiamento.

Non dobbiamo mai dimenticare che la sinergia – grazia di Dio e collaborazione degli uomini – è il segreto della vita di una comunità cristiana come leggiamo alla fine del Vangelo di Marco: “Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano” (Me 16,20).

 

Chi non ha sentito parlare della chiesa della Sagrada Familia di Barcellona e del suo progettista – Gaudi – che vi lavorò dal 1883 al 1926, anno della sua morte?

Secondo il progetto che aveva in mente doveva essere grandiosa: mai visto niente di simile in terra spagnola. La Sagrada Familia doveva essere qualcosa che non aveva confronti, una chiesa grande, aperta a rutti. Gaudi era un grande credente la cui fede sfociava in contemplazione della bellezza di Dio.

Egli diceva: “Nei templi greci e nel loro recinto sacro potevano entrare solo i sacerdoti. Nei templi di Roma aveva accesso solo l’augure. La chiesa cristiana invece deve essere grande perché è aperta a tutti, accoglie e raccoglie l’assemblea dei figli di Dio”.

Quando morì, investito da un tram, nel 1926, aveva costruito appena la facciata della natività: una delle tre facciate.

E soltanto 4 torri-guglie delle 18 che aveva ideate.

La Sagrada Familia poteva rimanere un’opera incompiuta come è accaduto a molte altre imponenti costruzioni, pensiamo alla basilica di Santa Giustina in Padova. Invece è andata diversamente: la vera opera di Gaudi è nata proprio in quel momento in cui lui è scomparso.

Dopo di lui la grande sfida si metteva in marcia: costruire non la cattedrale, ma il popolo che vuole la cattedrale come progetto di Dio.

Infatti i lavori non si bloccarono anzi proseguirono in un lungo passa-bandiera di architetti, capomastri, capocantieri, tagliatori di pietre, ceramisti, giù giù fino ai semplici muratori e a questo si aggiungevano le elemosine di tutti i giorni, in un lungo elenco fatto di monetine, peseta, donazioni,… Venivano da Barcellona a vedere la cattedrale, poi da tutta la Spagna, poi da tutto il mondo. Anche oggi tutti i turisti che arrivano a Barcellona non rinunciano a vederla: ha due milioni di visitatori l’anno.

La sua forza e la sua bellezza sono costituite dal suo essere in perenne costruzione, dal suo non fermarsi: non importa quando sarà compiuta.

È la chiesa del dono, esempio massimo di quanto possa la volontà degli uomini quando si uniscono, partecipano e si donano in totale apertura al disegno di amore di Dio.

 

 

E a tal proposito queste sono le  parole di Papa Francesco:

“Paolo non dice agli ateniesi: ‘Questa è la enciclopedia della verità. Studiate questo e avrete la verità, la verità!’. No! La verità non entra in un’enciclopedia. La verità è un incontro (…) Io ricordo quando ero bambino e si sentiva nelle famiglie cattoliche, nella mia: ‘No, a casa loro non possiamo andare, perché non sono sposati per la Chiesa, eh!’. Era come una esclusione. No, non potevi andare! O perché sono socialisti o atei, non possiamo andare. Adesso – grazie a Dio – no, non si dice quello, no? Non si dice! C’era come una difesa della fede, ma con i muri: il Signore ha fatto dei ponti .. I cristiani che hanno paura di fare ponti e preferiscono costruire muri sono cristiani non sicuri della propria fede, non sicuri di Gesù Cristo”.

 

(papa Francesco, omelia della messa mattutina a Santa Marta )

 

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13 ottobre: due premi Nobel

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13 ottobre 2016

Una giornata con il nostro plauso a due grandi
TESTIMONI DEL CORAGGIO PREMIATI CON IL NOBEL
DARIO FO e BOB DYLAN

 

Fo

Ci ha lasciato il Premio Nobel per la Letteratura Dario Fo e nella stessa data Bob Dylan è il vincitore del Premio Nobel 2016 della Letteratura. La motivazione : “Per aver creato una nuova poetica espressiva all’interno della grande tradizione canora americana”. Lo ha comunicato il Comitato dei Nobel a Stoccolma. L’annuncio è stato accolto dal boato dei presenti in sala.

Sì, il coraggio perché questa società che esalta le imprese eroiche, soprattutto nella finzione ha bisogno di una quotidianità “coraggiosa”, capace di opposizione al male, di indignazione, di rifiuto del negativo, in poche parole di quel coraggio che siamo invitati riscoprire.
Un altro sentimento che ci hanno trasmesso è “l’entusiasmo”, straordinaria risorsa sociale e individuale, con un forte effetto di trascinamento sui più pavidi, in continua tensione al positivo, creatore di nuove formazioni sociali, vero attore della Storia insomma ma anche, più semplicemente, un sentimento che ci permette di vivere meglio e di ottenere i risultati desiderati, o per lo meno di non crollare definitivamente dopo sconfitte (inevitabili nella vita) e di resistere agli assalti negativi della fortuna, dei nostri avversari o, come avviene spesso, del caso.

 

 

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L’evento dell’anno

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‘… che l’amore paura dissolva ..’ .. come ci scalda il cuore sentirci amati, Signore .. è tutto ciò che ci occorre .. è l’essenziale della vita e della fede .. non ci abbandoni mai la certezza del Tuo amore, che è indifeso ma tenace, nascosto ma presente .. e che da sempre e per sempre sussurra ad ognuno di noi ‘non aver paura, io cammino accanto a te’ .. grazie, Signore, perché sai entrare nelle fessure delle nostre solitudini, delicatamente, trasfigurandole in crepe di luce, fino a far rinascere nei cuori abbandonati piccoli germogli di stupore, e sguardi innamorati pieni di desiderio ..(Fra Benito)

Iseo

L’ EVENTO dell’ ANNO!

IL PONTE GALLEGGIANTE SUL LAGO D’ISEO

// 18 GIUGNO – 3 LUGLIO 2016

Si può imparare anche da un evento pur non potendo parteciparvi: impariamo dunque a camminare sulle acque a volte tormentate della nostra vita e a guardare le cose dall’alto…ogni attraversamento arricchirà il nostro animo!

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É una STRAORDINARIA OPPORTUNITÀ! 

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The Floating Piers è il nome del progetto dato dall’ artista americano (newyorchese) Vladimirov Yavachev prevede la realizzazione provvisoria di un vero e proprio ponte/pontile, adagiato sulle acqua del lago d’Iseo e unirà per soli 16 giorni e per la prima volta nella sua storia, la sponda bresciana (Sulzano -BS ) del lago a Montisola (Monte Isola rappresenta l’ isola più grande presente all’ interno del lago di Iseo ma anche l’ isola lacustre più alta d’ Europa).
Dichiarazioni dell’ artista durante un incontro pubblico…come Christo: “Camminerete sulle acque. Sarà una passeggiata di tre chilometri, sentirete le onde sotto i piedi. La passerella sarà riciclabile: finiti i 16 giorni, sarà distrutta. «Ma quindi non rimane niente?». L’artista: «resterà nei vostri cuori».”

 

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Avere nuovi occhi

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Avere nuovi occhi

 

“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi e imparare a vedere con occhi diversi da quello che ciascuno vede e ciascuno è” (M.Proust)

 

E’ un aforisma che mi va a genio… poi Proust lo conosco … ma questa volta ha segnato il mio cammino in questi giorni di riflessione.

 

In cosa consiste per me “avere nuovi occhi”.  Essere in cerca di una chiave…magari quella di Sol, trovarla e usarla per udire le note spesso inudibili, quelle di uno “spartito” che non viene sempre considerato.

La chiamerei , la chiave della comunicazione.

 

Perché in questa citazione mi ci ritrovo? Mi ritrovo proprio perché la mia comprensione mi porta ad avere “nuovi occhi”, nel mio viaggio di scoperta che può rappresentare il mio nuovo cammino. Sono certa che quando il “mio” mondo giunga ad essere cambiato, i miei occhi vedranno molto, molto diversamente da prima.

 

Mi piacerebbe infine, non ritrovarmi sola, ma che le più varie sinfonie nelle persone che ho incontrato in questo “mio” mondo, anche con ritmi diversi e strumenti sconosciuti o rari, formassero solo una vera polifonia…

 

Si può pensare che questo sia un sogno ?

Eh, eh, senz’altro…ma questo è per me “avere nuovi occhi!”

 

 

“Spesso il male di vivere ha incontrato il mio povero cuore nel tempo” scrive Proust, che, possiamo dire con Leopardi, abbia un comune male di vivere, la tristezza e il loro povero cuore malandato attraverso il tempo.

 

Il punto comune della prosa di Proust e della poesia di Leopardi non è solo nel povero cuore, nel male di vivere, ma in quella volontà di non scambiare l’essenziale col transitorio, non confondere, ciò che conta da ciò che non conta, da ciò che non è importante.

E ciò che non è importante,  dobbiamo tenerlo in considerazione: non dobbiamo perderci, perdere il tempo dietro a ciò che non conta.

 

Ma che cos’è l’essenziale? Il sogno. E’ il sogno l’essenziale; sia in Proust che in Leopardi.

 

“Chi potrebbe”, infatti, “affermare tranquillamente di non esser che un tentativo nel vuoto, se non il sognatore di un tale sogno, tale sognatore particolare di un sogno specifico, che egli è il solo a poter raccontare in questi termini – e quel sogno è anche universale, è il sogno di tutti e di chiunque?”

 

Ci si conosce, allora, anche se si è lontani, anche se i corpi non si sono mai toccati e gli occhi mai incontrati, ci si conosce perché si sogna un sogno specifico che è anche universale; è il sogno di tutti che si sogna.

Ma che cos’è il sogno? Qual è, o meglio, che caratteristiche ha questo sogno specifico, individuale ma di tutti, universale?

Il problema del sogno è l’irrealizzabilità e, soprattutto, la solitudine: si sogna ma si è soli.

 

Quel sogno di cui si parlava prima è sì universale e di tutti, ma il sognatore, l’uomo, nel sognare è perfettamente solo.  E solo rimane perché, il sogno non si realizza, non può concretizzarsi, mai.

“Il sogno è oblio del mondo” è la prima caratteristica, il fattore primo, la spinta e lo start alla solitudine.

 

C’è un aspetto tremendamente pericoloso nel sogno: il mondo viene temporaneamente ‘cancellato’, dimenticato. Ci si isola, allora, dal mondo, da quella che tutti considerano la realtà e si è soli con il proprio sogno, “il sogno disgrega il soggetto”, lo spartisce, e questo non può durare più d’un attimo.

 

Insomma, alla fine di un viaggio, di un sogno, di una lettura, di una riflessione bisogna tornare. Ritornare, quindi, a questa realtà, non per ricevere indifesi i suoi attacchi al nostro ‘povero cuore’, ma certi che ora, alla fine del viaggio, il viaggiatore, il sognatore è tornato forte del suo sogno e sa, magari, in qualche modo, tenere a debita distanza, non lasciarsi del tutto invischiare, infangare dalla realtà.

 

A questo punto il sognatore conosce, forse, qualcosa che prima non aveva assaporato (non poteva) in questa misera realtà: il gusto di vivere.

 

Attivare lo sviluppo di tutte le capacità insite nell’essere umano, sincronizzando la propria parte femminile con quella maschile e divenendo canale per l’energia cosmica. Permettere la conoscenza e l’utilizzo di tecniche di meditazione e di rilascio emozionale per poter guarire i condizionamenti nascosti nel subconscio. Ritrovare la missione della propria Anima, attribuendo ad essa il vero e profondo significato della propria vita.

 

Ho sentito proporre la “benattia” in sostituzione del termine “malattia” e a tal proposito riportare l’aneddoto “Dio esiste? Risponde Albert Einstein?”

 

DIO ESISTE?

Durante una lezione, un professore lanciò una sfida ai suoi alunni con la seguente domanda:

“Dio creò tutto quello che esiste? “ ”Un alunno rispose con coraggio:” Sì, Lui creò tutto… “

“Realmente Dio creò tutto quello che esiste?” domandò di nuovo il maestro.

Sì signore, rispose il giovane.

Il professore rispose: “Se Dio ha creato tutto quello che esiste, Dio ha fatto anche il male, visto che esiste il male! E se stabiliamo che le nostre azioni sono un riflesso di noi stessi, Dio è cattivo!”

Il giovane ammutolì di fronte alla risposta del maestro, inorgoglito per aver dimostrato, ancora un volta, che la fede era un mito.

Un altro studente alzò la mano e disse: “Posso farle una domanda, professore?”

“Logico, fu la risposta del professore.

Il giovane si alzò e chiese:” Professore, il freddo esiste?”

“Però che domanda è questa?… Logico che esiste, o per caso non hai mai sentito freddo?”

Il ragazzo rispose: “ In realtà, signore, il freddo non esiste. Secondo le leggi della Fisica, quello che consideriamo freddo, in realtà è l’assenza di calore. Ogni corpo o oggetto lo si può studiare quando possiede o trasmette energia; il calore è quello che permette al corpo di trattenere o trasmettere energia. Lo zero assoluto è l’assenza totale di calore; tutti i corpi rimangono inerti, incapaci di reagire, però il freddo non esiste. Abbiamo creato questa definizione per descrivere come ci sentiamo quando non abbiamo calore ”.

“E,… esiste l’oscurità?”, continuò lo studente. Il professore rispose: “Esiste”.

Il ragazzo rispose: “Neppure l’oscurità esiste. L’oscurità, in realtà, è l’assenza di luce. La luce la possiamo studiare, l’oscurità, no! Attraverso il prisma di Nichols, si può scomporre la luce bianca nei suoi vari colori, con le sue differenti lunghezze d’onda. L’oscurità, no!… Come si può conoscere il grado di oscurità in un determinato spazio? In base alla quantità di luce presente in quello spazio. L’oscurità è una definizione usata dall’uomo per descrivere il grado di buio quando non c’è luce”. Per concludere, il giovane chiese al professore: “Signore, il male esiste?”

E il professore rispose: “Come ho affermato all’inizio, vediamo stupri, crimini, violenza in tutto il mondo. Quelle cose sono del male”

Lo studente rispose: “ Il male non esiste, Professore, o per lo meno non esiste da se stesso. Il male è semplicemente l’assenza di bene… Conformemente ai casi anteriori, il male è una definizione che l’uomo ha inventato per descrivere l’assenza di Dio. Dio non creò il male…

Il male è il risultato dell’assenza di Dio nel cuore degli esseri umani. Lo stesso succede con il freddo, quando non c’è calore, o con l’oscurità, quando non c’è luce“.

Il giovane fu applaudito da tutti in piedi, e il maestro, scuotendo la testa, rimase in silenzio.

Il rettore dell’Università, che era presente, si diresse verso il giovane studente e gli domandò: “Qual è il tuo nome?” La risposta fu: “Mi chiamo Albert Einstein”.

Dio è una realtà “non tangibile” ma abita nel nostro cuore impariamo ad ascoltarlo…

 

E’ questa la proposta di una nuova filosofia del vivere quotidiano, inglobando emozioni, sensazioni, percezioni, gesti, pensieri, azioni, abitudini, convinzioni spesso inconsce, che, vissute nella piena consapevolezza della Vita, portano ad una dimensione nuova dell’esistenza e ad un contatto con il divino che è in noi.

 

Lo scopo della vita è tornare all’Amore, in ogni momento e per realizzarlo ciascuno deve comprendere di essere responsabile della propria vita per quello che è. Noi siamo creatori del IO SONO, perfetto, come tutti e tutto, ma spesso siamo vittime di ciò che perfetto non è, cioè il ricordo come giudizio, rabbia, sensi di colpa. Abbiamo bisogno di perdono e come dice F.Oliviero dobbiamo chiederlo a Dio. Certamente il Padre d’amore non ha bisogno della nostra richiesta di perdono, ma se la richiesta ci porta ad una “pulizia” interiore riusciamo a vivere l’amore allo stato puro.

 

Ecco arrivati all’assioma: TUTTO E’ AMORE ma sta a noi ripulire i programmi della nostra esistenza per vivere in pienezza il dono della vita che ci è stato dato. Ognuno deve suonare il proprio strumento nella sinfonia della vita ed è allora che il mondo funziona e noi siamo in grado di emanare quella luce di cui c’è tanto bisogno.

 

Tutto quanto ho elaborato vorrà dire per me “avere nuovi occhi”? Lo spero … Non per nulla la consapevolezza del divino che è in noi faceva dire a Madre Teresa di Calcutta: “Non sono altro che una piccola matita nelle mani di Dio”:

 

 

 

 

Edda CattaniAvere nuovi occhi
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Chi ci darà l’amore?

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Mi piace riproporre pagine che già ci hanno aiutato a riflettere sulle vicende della vita e sugli accadimenti che ci hanno in qualche modo coinvolto. Questa pagina la dedico anche a tutti i nostri Cari che su FB trova tanti commenti di solidarietà e fratellanza:

 

 

 

Quaresima: tempo per cambiare

 

Mi piace iniziare con questa bella riflessione di un amico P.V.

"…Ricordo una piccola chiesa nella Bassa Padana che con una certa frequenza ospitò il mio sostare, all’inizio del tempo che mi vide emigrante. Sconsacrata durante l’occupazione francese, era stata adibita a ospedaletto per le truppe napoleoniche. Sotto quelle volte dalla francescana semplicità sembrava ancora di udire il vociare dei feriti e l’andirivieni dei soccorsi. L’unico segno visibile che risaltava dallo sfondo di quelle antiche e spoglie mura era un crocefisso di altezza naturale. Diverse erano le domande che mi frullavano in testa: “Ma che senso ha portare la mia vita ai piedi di questo corpo inerme e tumefatto, sconfitto e disonorato”? “Accostarci alla croce non ci pone ai margini della società”? “E la nostra fragilità, paura, il più delle volte non ci pone a guardar da lontano, da un margine di sicurezza”?…

   

Ecco, ancora oggi sento che quel crocefisso ACCOGLIE TUTTI E TUTTO. Ciò che avverto come pesi, perdono in pesantezza, iniziano un po’ a dissolversi  ai piedi di quella Presenza e costato l’inconsistenza del male.

 Mi colpì per lo sforzo al quale chiamava il nostro umano quotidiano, per la passionale verità che faceva chiarezza. E per la risposta che diede a quelle domande.

 

Preghiera dell’abbandono

Di Charles di Faucould

 

Padre mio,

io mi abbandono a te,
fa di me ciò che ti piace.
Qualunque cosa tu faccia di me
Ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto.
La tua volontà si compia in me,
in tutte le tue creature.
Non desidero altro, mio Dio.
Affido l'anima mia alle tue mani
Te la dono mio Dio,
con tutto l'amore del mio cuore
perché ti amo,
ed è un bisogno del mio amore
di donarmi
di pormi nelle tue mani senza riserve
con infinita fiducia
perché Tu sei mio Padre.

 

 

 

 

 

Edda CattaniChi ci darà l’amore?
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8 Marzo: Un inno alla Vita

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Lettera alle donne di Giovanni Paolo II

“Grazie” alla donna per il fatto stesso di essere donna!

“A voi, donne del mondo intero, il mio saluto più cordiale!”
Così iniziava il Grande Papa, Giovanni Paolo II, a parlare con tutte le donne del mondo nella lettera scritta in occasione della IV conferenza mondiale sulla donna che si è tenuta a Pechino.
E in quelle poche ma intense pagine, ha lasciato detto “grazie” a tutte le donne del mondo per ciò che rappresentano nella vita dell’umanità.
“Grazie” alla donna per essere donna-madre, che si fa “grembo dell’essere umano”. “Grazie” per essere donna-sposa, che unisce irrevocabilmente il suo destino a quello di un uomo, in un rapporto di reciproco dono.
“Grazie” alla donna-figlia e donna-sorella, che porta nel nucleo familiare e nella vita sociale le ricchezze e la sua sensibilità, la sua intuizione, la sua generosità, la sua costanza.
“Grazie” alla donna-lavoratrice impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica.
“Grazie” alla donna-consacrata, che si apre con docilità e fedeltà all’amore di Dio, aiutando la Chiesa e l’intera umanità a vivere, nei confronti di Dio, una risposta “sponsale”.
“Grazie” alla donna per il fatto stesso di essere donna!
Ma il grazie non basta, proseguiva S.S.. La storia dell’uomo ci racconta quanto è stato difficile il cammino della donna “misconosciuta nella sua dignità, travisata nelle sue prerogative, non di rado emarginata e persino ridotta in servitù”.
Non ha potuto essere quella che effettivamente è, e ciò “ha impoverito l’intera umanità di autentiche ricchezze spirituali”.
E si dispiaceva Giovanni Paolo II per tutto quel passato. Un passato che oggi può essere messo da parte, ricominciando un cammino, anche per tutta la Chiesa, dove la donna può sentirsi libera da ogni forma di sopruso e di dominio.
Lo stesso Cristo, andando al di là dei canoni vigenti del suo tempo, onorava la donna! Per lei aveva atteggiamenti di apertura, di rispetto, di accoglienza, di tenerezza.
Ma quanto è stato recepito il suo messaggio? Forse poco, forse niente un tempo. Forse niente anche oggi in determinati angoli della terra dove, senza tanti scrupoli, è condannata a morire solo perché ha fatto dono della vita.
Ancora un grazie a Giovanni Paolo II, per l’amore che ha dimostrato a tutte le donne del mondo e di aver ricordato agli uomini importanti della terra, che bisogna riflettere “sul genio della donna, non solo per riconoscervi i tratti di un preciso disegno di Dio che va accolto e onorato, ma anche per fare ad esso più spazio nell’insieme della vita sociale, nonché di quella ecclesiale”.

 

 

 

ODORE DI PIOGGIA

 
                       Durante tutto il periodo in ospedale, mentre lottava per la sua vita, Dio si era preso
     cura della piccola abbracciandola così spesso che il suo profumo era rimasto impresso
                                                                        nella memoria di Dana.           
 
      
                                                       Videoclip Odore_di_pioggia
 
Edda Cattani8 Marzo: Un inno alla Vita
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Lasciarsi amare

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LASCIARSI AMARE

E dopo la debolezza è  volonta’ di tornare a vivere

 

 

Non è facile accettare la propria debolezza, guardare le proprie fatiche, prendere in mano i propri limiti, ammettere di aver bisogno degli altri.

Non è facile con umiltà chiamare per nome le ferite della propria anima e farle medicare. Non è facile lasciare le proprie sicurezze, futili e a volte chiaramente posticce… ma ancora sicurezze.

Lasciarsi amare è la disponibilità a ricevere qualcosa che non si può ripagare. E’ riconoscere che non ‘si è meritato’ ciò che viene donato, ma che semplicemente qualcuno ci ama gratis; nonostante i nostri limiti, le nostre ferite, le nostre debolezze. Siamo amati in tutto, accolti per ciò che siamo, e proprio così aiutati a risollevarci e ripartire, a non compiangerci e fermarci.

Mi sembra espressiva questa immagine dello ‘spogliarsi’…

Svestirsi chiede di mettersi in balia di un altro, di lasciare la copertura del proprio rassicurante ‘look’ e mostrarsi come si è: si diventa vulnerabili, si deve superare la paura di ‘non piacere’. La nudità ha un impatto molto grande nella nostra interiorità……

Lasciarsi amare è un po’ spogliarsi interiormente, lasciare che qualcuno ci ami così per quello che siamo, e non per l’immagine di ciò che vorremmo essere. Lasciarsi amare è imparare a ricevere!

E’ scoprire di essere poveri, e che la propria povertà permette a un altro di condividere la propria ricchezza.

Lasciarsi amare richiede di farsi poveri e di far crescere in sé l’umiltà.

E’ la consapevolezza profonda della propria non autosufficienza.

E’ rimanere in attesa.

E’ rimanere nella disponibilità all’iniziativa di un altro.

 

 

Francesca Venturelli

Edda CattaniLasciarsi amare
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