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Terremoto L’Aquila: il ricordo

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La mia esperienza su FB mi ha portato anche a conoscere le tante Mamme dei ragazzi mancati tragicamente durante il terremoto in Abruzzo: autentiche Mamme Coraggio pronte a rinnovare le loro iniziative  nel ricordo delle loro splendide creature.

Anche quest’anno uniamoci alla fiaccolata cittadina del L’Aquila con un lume alla nostra finestra.

Oggi pensiamo anche

agli effetti sui bambini a 2 anni dal sisma

Cosa dicono gli esperti 

Sindrome Postraumatica da Stress: questa è la patologia della quale stanno ancora soffrendo, a due anni dalla tragedia del  terremoto,  i bambini aquilani.

I valori in questione sono emersi a seguito di una ricerca promossa dall’Ordine dei Ministri degli Infermi Camilliani, sostenuta dalla Caritas, e realizzata grazie agli specialisti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, e ai pediatri dell’Abruzzo.

Nella fattispecie, psicologi ed esperti hanno somministrato dei questionari a circa 2.000 bambini dell’area colpita dal sisma del 6 Aprile 2009. I piccoli sono stati suddivisi in due fasce d’età: 3-5 anni (500 soggetti), e 6-14 anni (1500 soggetti).

Dai risultati dei test, è emerso che i sintomi della Sindrome Postraumatica da Stress sono stati riscontrati prevalentemente nella seconda categoria di bambini: i più piccoli (3-5 anni), infatti, a parte alcuni casi sporadici, hanno registrato meno effetti traumatici, probabilmente anche in virtù della loro tenera età al momento dell’evento.

Più del 7% della fascia 6-14 anni (il 7,1%, vale a dire oltre un centinaio sul campione di 1.500 bambini), ha mostrato di rivivere spesso gli attimi vissuti alle 3 e 32 di due anni fa.
A tale Sindrome sono inoltre associati altri problemi, come il senso di impotenza e una forte paura.
Oltre l’11% del campione analizzato ha anche mostrato segni di ansia legati all’evento sismico. Poco meno di 8 bambini su 100 hanno invece evidenziato dei disturbi legati all’affettività, come fragilità e cambiamenti dell’umore e problemi connessi al contesto ambientale.

I risultati dell’inchiesta appena realizzata verranno utilizzati per cercare di curare i bambini colpiti fin da ora, per evitare ulteriori ripercussioni negli anni futuri; inoltre, il metodo utilizzato per lo studio in questione, verrà applicato anche per la popolazione cilena, anch’essa colpita da un grave terremoto il 27 febbraio del 2010.  

DOCUMENTO: 

Consulenza di Michele Pellegrini, psicologo e psicoterapeuta a contratto presso il servizio di psicologia dell’Ospedale Pediatrico Giovanni XXIII di Bari, esperto in psicologia dell’emergenza

In che modo comportarsi con i bambini che hanno vissuto il terremoto in prima persona? Come aiutarli ad affrontare la paura?
Innanzitutto, bisogna tentare di congiungere i nuclei familiari, quando possibile. Quindi, è essenziale non lasciare i bambini da soli. Farli giocare e aiutarli a esprimere le loro emozioni, in base alla loro età e maturità. Con quelli molto piccoli i mezzi più adatti sono il gioco e il disegno. Con i più grandicelli (di 6-7 anni) si possono utilizzare favole, storie oppure si può invitarli a raccontare. Con quelli di 8-9 anni, si può provare anche a chiedere di ricordare immagini, odori e suoni legati ai momenti drammatici. Nei campi attrezzati con le tende alcuni volontari si sono mobilitati con attività di clawnerie: può essere utile far partecipare i bambini, a patto che non occupino tutta la giornata. È essenziale, infatti, che riprendano contatto con l’esperienza vissuta e che, in questi momenti, vengano affiancati dai grandi.

Per quelli che si sono dovuti trasferire nelle tende perché hanno perso la casa, come aiutarli ad adattarsi alla nuova situazione?
Può essere di grande aiuto personalizzare il luogo in cui stanno. Attaccando, ad esempio, dei disegni vicino al letto, una macchinina di carta o una bambola, realizzati con materiali di recupero. Questi oggetti possono rassicurare molto i bambini.

Alcune mamme, per il trauma, hanno perso il latte. Come sostenerle?
Un evento di questa portata può creare un blocco nella produzione del latte. Le mamme non devono preoccuparsi eccessivamente ed essere fiduciose che l’alimento ricomparirà. L’importante, comunque, in questi casi, è mantenere lo stesso comportamento affettivo con il bambino al momento del pasto: abbracciarlo allo stesso modo quando gli si dà il biberon e guardarlo negli occhi, come quando gli si offriva il seno.

Con i bambini abruzzesi che non sono stati toccati dalla tragedia e quelli italiani che vedono le immagini drammatiche in tivù in che modo comportarsi?
Aiutandoli ad esprimere le proprie emozioni, come per i piccoli coinvolti direttamente in un evento tragico e imprevedibile. Sempre tenendo conto della loro età e maturità.

La questione più delicata: chi ha avuto uno o più lutti in famiglia quale atteggiamento deve mantenere con i piccoli?
È essenziale spiegare ciò che è successo, utilizzando un linguaggio adatto alla loro età e maturità. Il fatto di non riuscire a trovare una spiegazione per la scomparsa di una persona cara, infatti, va ad aggravare il trauma subìto. In questi casi, quindi, è meglio evitare di raccontare “storie”, come spiegare che un amico scomparso è partito per un viaggio. I piccoli si rendono conto della gravità della situazione e se anche l’intenzione è quella di proteggerli, si rischia, così facendo, di peggiorare la situazione. Il piccolo potrebbe sviluppare fantasie negative e pensare di perdere le persone che ha intorno pur stando in un contesto sicuro. Per questo, è bene essere sinceri.

Come comportarsi coi piccoli quando arriva una nuova scossa di terremoto?
Bisogna cercare di stargli accanto finché la scossa non si conclude. Tentare, poi, di rassicurarli facendogli notare che questa volta è stata meno intensa e più breve. Dire loro che non c’è nulla da temere perché la tenda (o il rifugio in cui ci si trova) è sicuro e non può crollare.

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Edda CattaniTerremoto L’Aquila: il ricordo

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