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Sopra l’arcobaleno

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Giunge molto gradita questa riflessione inviata dalla Mamma di Vera

Da qualche parte….sopra l’arcobaleno

Condivisione della sofferenza

 

Da qualche tempo,   il titolo che ho dato a questa riflessione,  mi accompagnava nei momenti  di silenzio e di  abbandono. Ed è proprio guardando l’arcobaleno dopo qualche piovasco, che ho dato spazio alla mia fantasia…

Non posso  fare a meno di immaginare un posto, un luogo, una dimensione oltre la nostra, dove chi ci ha preceduto  dimora,  nella pace e nella felicità più assoluta. Mi affascina pensare al prosieguo della vita, a quello che noi saremo, a quando nuovamente ci incontreremo,  con coloro che abbiamo  amato.  

Sull’onda di questi pensieri, ha preso forza il desiderio di continuare a raccontarmi. Voglio  parlare del cambiamento interiore, della trasformazione avvenuta in me e nei miei famigliari. Quel cambiamento che  produce spesso  la dipartita  del bene più prezioso che ha un genitore, che è il proprio figlio.

Vera, nostra figlia,  da alcuni anni non è più fra noi e abbiamo imparato a misurare il tempo  in riferimento al prima e al dopo la sua dipartita. Uno spartiacque importante che ha determinato un mutamento radicale delle nostre vite. Tanto dolore,  ma anche tanto arricchimento,… poi. Oggi, a distanza di anni, lo posso affermare…Difficile da comprendere per chi non ci è passato. Difficile da spiegare ai più.  

Faccio un salto nel passato e mi rivedo, quando una mattina, qualche tempo dopo il  trapasso di Vera, incontrai una mamma al camposanto, provata dal mio stesso dolore. Era visibilmente  sofferente, ripiegata su se stessa; portava male la sua età anagrafica. Tanti anni erano già passati dalla dipartita di suo figlio, ma l’impressione che dava,  era di una perdita recente. Durante il colloquio ricordo che mi disse che la sofferenza  l’aveva fatta chiudere in se stessa (è una tentazione nascosta nelle pieghe del dolore) e che,   per un minimo di elaborazione del lutto ci sarebbero voluti  almeno dieci anni!  Li per li , mi impressionai! Dieci anni,… terribile, pensai! Anche se ero abbastanza consapevole che,  sarebbe stata una di quelle ferite che,   anche se un giorno si fosse un po’ rimarginata, avrebbe comunque lasciato la cicatrice.

Fu in quel momento che promisi a me stessa, nel ricordo di mia figlia,  che ce l’avrei messa tutta per tentare di farcela! Allora non immaginavo il percorso che avrei fatto, le certezze e le consapevolezze che avrei raggiunto. Ma in cuor mio mi ripromettevo che ci sarei riuscita. Ebbi compassione di quella mamma addolorata. Rappresentava tutto ciò che non avrei voluto diventare  io. Una via d’uscita ci dovrà pur essere, pensai!  Se il dolore esiste, ci dovrà  essere  anche il suo rimedio. Non si può continuare a vivere senza un barlume di speranza, rischiando di spegnersi giorno dopo giorno. A volte,  tendiamo ad esorcizzare il dolore nei modi che producono solo rimedi apparenti e superficiali, poiché nel profondo tutto resta uguale, senza un vero percorso che tenda a rafforzare e rivitalizzare la propria vita. Gesù stesso ha condiviso la nostra esperienza  di dolore,  arrivando a sentire il peso della nostra sofferenza sulle sue spalle innocenti e l’ha condivisa portandola  sino alla morte, ma  innestando nel nostro lutto il germe della redenzione e la speranza della vita eterna.

Ancora oggi,  quando  penso  a questa mamma, mi dico che sono stata tanto fortunata nel mio percorso, nella mia ricerca, anche se sono consapevole che ci ho messo tanto di  mio in quello che è stato un continuo  peregrinare, che  ha portato me e la mia famiglia, a raggiungere piccoli , ma importanti obbiettivi e traguardi.

Ho già raccontato di  Vera, della nostra famiglia, del nostro percorso, della ricerca continua di colei che ora vive quella dimensione che è vita nuova.  E’ l’altra faccia di quel continuum, dove niente muore, ma tutto si trasforma.  Perché come afferma Rilke: “ La morte è l’altra faccia della vita, solo diversa,  rispetto quella che è rivolta verso di noi.” Ho raccontato di  quanto conforto e sostegno abbiamo ricevuto,  con il dono di bellissimi messaggi  e segni, da parte di nostra figlia e non solo,  che ci hanno fatto comprendere che comunicare si può, quando la forza trainante è l’Amore. La ricerca viene fatta affidandoci a Dio,… e la ricerca ci porta a cercare con più forza , Dio stesso.

Quello che ne deriva è uno stato di grazie e di pace. Stati d’animo che si raggiungono e si vivono,  dopo che, un tumulto di sensazioni e di pensieri,  non sempre positivi,  lasciano il posto a sentimenti più pacati e rasserenanti. E’ un cammino lungo e tortuoso l’elaborazione del lutto!  Bisogna tanto  lottare, tanto chiedere, tanto affidarsi, tanto fidarsi. Ci si trasforma pian piano, è una continua evoluzione. Poi  ci si riscopre  cambiati.  Pensieri e atteggiamenti  sono diversi da quelli di un tempo. Ci si sente altre  persone,…spesso  migliori.

 E ti  rendi conto che la tua non è più rassegnazione. Non è più solo accettazione. Ma  può diventare  molto di più:  condivisione.  Anzi, l’accettare è condividere!  Ecco, devo ammettere che ,  in questo momento della nostra vita, la condivisione  è  una  cosa  importante. Cos’è la condivisione se non percorrere  un tratto del tuo cammino,  con i tuoi “simili”? Se non procedere verso  obbiettivi che ci accumunano con  quelli di altre persone , che  hanno le nostre stesse  difficoltà, desideri  e affinità? La condivisione consente un  procedere meno faticoso, nell’impegno delle  proprie risorse. Si mettono a disposizione degli altri,  fatiche, obbiettivi, progetti.  Quando ti sembra di arrancare ecco che qualcuno ti aiuta, ti tende la mano e non ti permette di affondare. A volte è una mano tesa quando stai per affogare. E quando hai ricevuto aiuto, devi solo attendere. Arriva il tuo momento di dare. Qualcuno ha detto che ci si sente poveri e in difficoltà non quando si riceve, ma quando non si ha il coraggio di dare.

Condivisione, quindi. ..Ho capito che la condivisione è importante sotto tutti gli aspetti. Certo è più facile condividere nella gioia, nel benessere, quando le cose vanno a gonfie vele. Spesso le persone che frequentavamo prima non ci vanno più bene, perché non ci possono capire.  La partecipazione al lutto da parte di amici e congiunti, a volte si  verifica in modo meno intenso ed attivo.  Succede che,  le persone che hanno subito la perdita,  si trovano frequentemente a dover vivere  in solitudine  questa esperienza. Ma dopo un lutto non ci si può chiudere a tutto…,  bisogna saper trovare , da questa esperienza di dolore, nuova linfa per rimettersi in gioco. Ed è proprio  nel   partecipare alla sofferenza degli altri, nel condividere, che  si trova lo scopo per continuare,  facendo in modo che il dolore diventi  un veicolo purificatore per vivere la vita con nuovo  coraggio. Dobbiamo essere testimoni  per aiutare e le nuove conoscenze acquisite devono diventare doni da poter elargire…

La cosa migliore per  attraversare  positivamente  il processo del lutto  è entrare in  rapporto con un gruppo di riferimento. Quando questo non avviene , arriva spesso la malinconia e la depressione.

Un noto psicoterapeuta raccontava che,  quando il lutto non viene elaborato correttamente permane una condizione di “lutto strisciante”. In quanto  i processi del lutto non sono conclusi, ma sospesi. Il ritrovamento di un gruppo può essere il primo passo per affrontare un lutto sospeso e la condizione malinconica che ne è conseguita.

 Continua questo psicoterapeuta : Non tutti sanno  “soffrire” il dolore. Alcune persone subiscono il dolore ma non sono in grado di soffrirlo. Un’altra via seguita da chi non sa come “soffrire” il dolore,  è quella di essere costantemente angosciati. Quando una persona impara a distinguere il dolore dall’angoscia, compie un passo estremamente significativo, perché presto si rende conto che il dolore è parte della vita, mentre l’angoscia è soprattutto manifestazione di conflitto e nevrosi. Per condividere il dolore è essenziale esprimerlo in modo vivo e contemporaneamente dargli una forma precisa. Esprimere il dolore non significa gridare. Gridare può aiutare a fronteggiare, alleviare e gestire temporaneamente il dolore e soprattutto l’ansia. Per stabilire una condivisione, però, questo non basta; il dolore deve  essere espresso in modo adeguato. L’espressione adeguata del dolore, sostituisce l’ espressione immediata, con un’altra che contiene un potenziale elevato di comunicazione  e di relazione. Il dolore allora acquista un “calore segreto” che lo rende più condivisibile.”

 Quindi, condividere significa “ mettere insieme i cocci”. La condivisione del dolore è un modo per alleviarlo, attraverso la consapevolezza di non essere soli. E’ difficile fare i conti con il vuoto che la morte lascia dietro di se…ma insieme si può.

La condivisione di una sofferenza, in particolare di un lutto  è condivisione vera, sentita , partecipata. Ci si confronta. Anche il soggetto più debole, più in difficoltà si sente rinfrancato dal suo simile che dimostra più forza. Vale sempre il detto:  “Se ce la fa lui, ce la posso fare anch’io.”  Il lutto rimane morte e disperazione  se non è illuminato da una parola più grande dell’uomo: la certezza della  risurrezione.  I nostri figli in particolare, diventano i nostri maestri spirituali e ci accompagnano, mentre noi nella preghiera , ci rivolgiamo a loro che sono vivi in Dio: è un dialogo ininterrotto in Lui, un dialogo fondato sull’amore che va oltre la morte.

La condivisione dopo un dolore è stimolante. Mette in discussione le tue capacità, va a toccare anche la tua autostima, la tua forza interiore. Condividere fa aumentare  la propria  consapevolezza. E la consapevolezza nella vita di una persona, diventa essenziale per vivere meglio.

Nella  vera condivisione poi,  l’egoismo viene messo da parte . Si scopre una nuova forma di genitorialità . Si diventa generosi di nuovo amore  e si va verso chi ha bisogno , con  amore rinnovato. La condivisione porta alla pace di se stessi, con gli altri e con Dio. Porta a sperare,  a sognare nuovamente  con il pensiero sempre rivolto a Dio. Un frate ha detto: “Solo in Dio sono sicuri i nostri sogni! E con Dio non ci si sente più foglie secche, ma foglie rivitalizzate con nuova linfa. Nel cammino non ci si ferma solo alla ricerca della consolazione, che pure è fondamentale per andare avanti, ma con la grazia dello Spirito ci si addentra nel mistero di Dio. Si impara a conoscere Dio e il suo Regno dove ora vivono i nostri cari scomparsi.”

Come si può condividere? Lo si può fare in diversi modi. Per intraprendere un viaggio all’insegna della speranza,  ritengo che  il modo più importante è la condivisione della spiritualità, dando spazio alla preghiera,  che è la “benzina “ dell’anima. Altro motivo di condivisione è l’anelito di ogni persona: dare nuovo senso alla vita. Diceva Dietrich Bonhoeffer  che le cose penultime acquistano significato delle cose ultime: è l’eternità che da senso al tempo. L’aspettativa del “dopo” è l’interrogativo  di tutti. Ha detto un sacerdote durante un’omelia: “  La morte di Gesù diventa il lasciapassare verso la dimora definitiva. Nella morte non scompariamo in un luogo ignoto e buio, bensì andiamo in un luogo famigliare, dove Egli stesso ha detto : “ Io vado a prepararvi un posto.”  Gesu’ ha fatto il viaggio di andata e ritorno; in questo viaggio nella casa del Padre ha preparato la nostra definitiva dimora.

 E’ stato fatto notare che l’interpretazione che  Gesù dà della propria morte , vale in un certo senso anche per la morte delle persone alle quali siamo legate da amicizia e amore.  Quando le persone a noi care ci lasciano, portano nella dimora eterna una parte di noi. Tutto ciò che abbiamo condiviso con loro, gioia e dolori, amore e sofferenza, tutti i discorsi fatti, le intimità vissute: morendo portano tutto nella casa che preparano per noi, per condividere, domani, tutto il vissuto positivo per l’eternità.”

C’è  una bella immagine del monaco benedettino Anselm  Grun, il quale fantastica paragonando il suo cammino a un sentiero che attraversa un prato e deve poi guadare un fiume. In merito scrive: “Arrivo a un ruscello e per poterlo saltare meglio, getto  prima dall’altra parte il mio zaino. I morti con i quali ho condiviso la mia vita, hanno già portato con se il mio zaino oltre la soglia della morte. Perciò posso confidare che mi sarà più facile, morendo, saltare di là del ruscello e arrivare là dove troverò il mio zaino, le cose importanti del mio cammino esistenziale. I morti decorano la dimora eterna con ciò che di mio hanno già portato oltre la soglia.”

 E un altro saggio ha scritto:” La vicenda umana è un’avventura chiusa tra due giardini: quello dell’Eden, all’origine, e il Paradiso celeste, quello dell’altra riva. La vita è un’avventura tra due giardini posti sotto il segno della bellezza e della gratuità.”  Riporto anche  ciò che ha scritto un teologo: “L’incontro  con Dio non è un riposo eterno, bensì una vita straordinaria e mozzafiato, una tempesta di felicità che ci trascina, ma non in qualche luogo, bensì  sempre più a fondo nell’amore della beatitudine di Dio.”

Ecco quindi, a mio avviso, la base spirituale su cui  far partire e far  fiorire altre forme di condivisione. E quando   c’è una buona  base spirituale,  ogni progetto può iniziare  e svilupparsi. Per esperienza, posso dire di aver conosciuto varie realtà, ma dove manca la base spirituale, spesso la condivisione ha vita breve, in quanto non viene sostenuta da qualcosa di forte, paragonabile alle fondamenta di una  casa.

Oggi, posso affermare  con  piena soddisfazione,  di appartenere ad un gruppo denominato di “primo soccorso” che,  una volta al mese accoglie  nel suo ambito  persone provate dal dolore. La parola di Dio è sempre presente, così’ anche l’attenzione ed il conforto verso i nuovi arrivati. Portiamo la nostra esperienza, diamo testimonianza del nostro vissuto,  delle nostre reazioni,  delle nostre emozioni, del nostro cammino di speranza.  Nel momento del dolore, un gesto di vicinanza affettiva è recepito come dotato di un particolare carattere d’autenticità. La persona sofferente avverte che chi lo compie le sta diventando molto caro. Il sentimento, spesso, trova corrispondenza e può divenire  molto ingente e profondo.

Quando nei nostri incontri,  non ci sono persone nuove da sostenere,  ci raccontiamo, facciamo nuovi progetti. Organizziamo  anche  un  paio di  convegni  l’anno,  con relatori che arricchiscono le nostre conoscenze su temi che riguardano la crescita interiore e affrontano il tema della vita oltre la vita. Alcuni di noi hanno la possibilità di partecipare ai convegni a livello nazionale, dove il tema dell’esistenza umana,  il suo traguardo e la ricerca dell’uomo,  sono materia di approfondimento.

Da poco,  il nostro gruppo sta  percorrendo una nuova strada. Abbiamo felicemente aderito, ( e qui le vie del Signore sono veramente infinite , poiché nuove persone si stanno di volta in volta aggiungendo) ad incontri spirituali,  presso un convento, sotto la guida di un frate  carismatico , che ci delizia con la celebrazione della S. Messa,  dell’Adorazione Eucaristica , delle profonde catechesi e  delle meditazioni guidate. Per concludere poi con un momento di convivialità, che ci vede fraternamente partecipi.

 Stiamo da poco aderendo anche ad un progetto missionario.  Dove ci porterà tutto questo? Noi ci affidiamo al Signore, dandogli la nostra disponibilità.  L’importante è non rimanere fermi,  non rimanere chiusi e apatici, non lasciarsi indurire dal dolore…ma aprire le porte del cuore. Facciamo in modo che la sofferenza ci metta le ali…, affinchè le ferite  del dolore diventino luce per gli altri. Poiché  a  volte  ci troviamo proprio  a sperare  con quelli che disperano…

La condivisione ci porta a ricordare più che mai , coloro che non vediamo con gli occhi fisici, ma che sentiamo presenti più di prima… più di sempre. E che continuano il percorso a fianco a noi, con nuove spoglie, non più dolorose.

Coloro  che un giorno incontreremo nuovamente  lassù,  da qualche parte…sopra l’arcobaleno.

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Edda CattaniSopra l’arcobaleno

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