Solidarietà Partecipazione

Bambini in ospedale

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Novembre: il mese della ricerca!

La tredicesima edizione della Giornata per la Ricerca sul Cancro avrà luogo come tradizione nel mese di novembre.

Avrà il duplice scopo di sensibilizzare il Paese attraverso la diffusione dei risultati ottenuti dalla ricerca oncologica e dei prossimi obiettivi nonché assicurare attraverso la raccolta di donazioni, nuovi fondi ai ricercatori italiani.

Tra gli innumerevoli appuntamenti che si susseguiranno nel corso della Giornata ricordiamo gli Incontri con la ricerca che si terranno, simultaneamente sabato 6 novembre in molte città in tutta Italia, nelle quali il pubblico sarà invitato a porre le proprie domande ai ricercatori.

Come da tradizione, la RAI darà voce alla ricerca con la staffetta televisiva che le tre reti organizzeranno per incentivare le donazioni in diretta.


Per tutti noi, un impegno solidale per tanti piccoli pazienti che hanno bisogno del nostro aiuto.


 

Anche questo settembre la nostra solidarietà con ABIO

 

25 SETTEMBRE 2010
SESTA GIORNATA NAZIONALE perAmore, perABIO
Appuntamento con i 5.000 volontari ABIO
in 100 piazze
per i diritti dei bambini in ospedale

 


ANCHE TU PUOI AIUTARCI A PORTARE IL SORRISO DI UN VOLONTARIO ACCANTO AD OGNI BAMBINO IN OSPEDALE!

Nelle città in cui operano, i volontari ABIO hanno organizzato delle postazioni per raccontare la loro attività al fianco dei bambini, degli adolescenti e dei genitori in ospedale.
Con un contributo minimo di € 7 riceverai un cestino di pere e aiuterai così l’Associazione ABIO della tua città ad organizzare i corsi di formazione, necessari per introdurre nuovi e preparati volontari al servizio in pediatria.

INSIEME PER I DIRITTI DEI BAMBINI IN OSPEDALE
Fin dalla prima edizione, grazie alla Giornata Nazionale ABIO molte persone hanno conosciuto ABIO e il servizio che ogni giorno i volontari prestano in oltre 200 pediatrie in tutta Italia: sostengono e accolgono infatti, in collaborazione con medici ed operatori sanitari, bambini e famiglie che entrano in contatto con la struttura ospedaliera. I volontari ABIO inoltre s’impegnano a sensibilizzare il pubblico sull’importanza dell’umanizzazione dell’ospedale: a partire dall’edizione 2008 è stata promossa la Carta dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti in Ospedale

Il documento, redatto da Fondazione ABIO Italia in collaborazione con la Società Italiana di Pediatria, evidenzia l'importanza di passare dal curare le malattie al prendersi cura dei bambini malati: porre attenzione al bisogno del bambino di essere accolto e curato nel rispetto delle sue esigenze, al diritto di essere ricoverati all’interno di un reparto pediatrico e in un ambiente a misura di bambino, al diritto di ricevere informazioni riguardo la diagnosi e di essere coinvolti nelle decisioni, il diritto al gioco e allo studio.

Dove trovo i volontari ABIO?

 

Esperienza di una terapista:  Sig.Lorenza Ellena

 

 

Torino- Ospedale Maria Vittoria Sede staccata S.Vincenzo 15.6.1981

 

        Dopo due anni di lavoro comincio ad intravedere più chiara la linea da tenere e che si manifesta via via l’unica che può condurre ad una vera e propria ri-abilitazione ed abilitazione dell’uomo dalla sua malattia.

Non ci sono stati casi clamorosi. A volte ho anche pensato che un buon esito ottenuto sia stato grazie alle infinite risorse insite nell’individuo e che, proprio perché ancora spesso sconosciute a noi operatori, possono portare di per sé  dei risultati strabilianti. Essendo tuttavia questa convinzione nata durante un momento ancora chiaro della linea da intraprendere, ho avuto modo di ricredermi.

Sento di dover iniziare questa specie di “ diario di bordo”da questa fondamentale constatazione. Qualsiasi tipo di intervento terapeutico, nel mio caso, la riabilitazione, è guidato, è pilotato addirittura dal nostro stesso comportamento iniziale, dalla nostra presa di coscienza, dalle nostre aspettative e dal “piede giusto” o “sbagliato” con il quale noi partiamo in questa avventura di intervento sull’uomo.

Qualsiasi tipo di patologia ci troviamo di fronte esiste un primo momento, l’impatto, durante il quale noi decidiamo “a priori”, se quella persona uscirà fuori dal suo handicap in un tal modo o nell’altro. Nella misura in cui dentro  noi stessi non abbiamo reciso traumi, sensi di colpa, paure, dettati dal nostro poco coraggio di vivere, non apporteremo certamente miglioramenti ma, rischieremo di far diventare il malato un pellegrino rassegnato a chiudere le imposte della sua vita al nuovo e al bello  che ancora lo possono attendere..

Ciò non dimostra già inizialmente che un fatto di per sé molto semplice: il terreno della riabilitazione è purtroppo l’approdo ad una spiaggia di ricerca, di approfondimento di metodiche, tecniche sofisticate ( pur sempre da conoscere per la propria professionalità scientificamente seria), stipendi da colmare.

In tutto ciò l’uomo come mezzo per raggiungere questi miti è destinato a coincidere con il numero di una cartella clinica ed una patologia con caratteristiche che interessano la nostra sfera riabilitativa e niente più.

Il terapista diventa il trait d’union tra una classe gerarchicamente più in alto nella piramide ospedaliera dei ruoli ed il malato con il suo entourage di parenti quando esistono o sovente il malato da solo con la propria malattia.

In tutta questa dinamica  di ruoli il terapista rischia di diventare il destinatario di un potere incontrollato, dopo i primi entusiasmi si dimentica dell’uomo e dell’uomo malato verso il quale all’inizio delle proprie scelte aveva rivolto il suo interesse.

Perché questa panoramica deludente? Perché se tutto ciò è realtà quotidiana del nostro rapporto di lavoro, è pur vero che esiste una molla dentro noi stessi tale da poter trasformare una realtà di dolore e di rifiuto di esso, in una fase di condivisione totale.

Ogniqualvolta io accolgo un uomo malato pienamente, in tutta la sfera motoria, intellettiva, emotiva, esperienziale, senza fare una scala di valori di esse, già ho compiuto il primo passo del mio iter riabilitativo.

Quindi: accoglienza, che significa prendere l’altro con sé nel suo insieme, senza etichette che lo dividano in compartimenti stagni.

Come una scintilla fa scoppiare un incendio, così succede nel malato.

Il malato accolto dall’operatore terapista scegli di vivere e non abbandonarsi ad un fatale destino. Sulla base del meccanismo del bio feed-back il mio stimolo suscita una risposta: l’accoglienza umana, e poi vedremo non solo umana, porta ad una scelta personalissima di vivere la malattia con occhi e volontà del tutto nuovi da parte del malato.

Quindi accoglienza prima fase  e scelta, secondo momento. Ora il malato dopo questi passaggi preliminari rispettosamente ed opportunamente guidati, si trova quasi senza accorgersene pronto ad iniziare il suo lavoro. Poiché  è lui stesso a lavorare in prima persona e al terapista va il compito di guida  e orientamento come una bussola che serve per tenere giusta la rotta. Egli stesso deve sentirsi la prima persona in causa, il motore cha fa andare avanti la macchina ed il mio comportamento deve rispettare questa ricerca a volte difficile dell’essere del malato altrimenti si cade nella deresponsabilizzazione e nella prevaricazione della volontà.

Ogni difficoltà che nasce diventa sotto la mia guida uno stimolo al superamento di ostacoli e mai deve sfociare nella delusione o peggio ancora frustrazione per non avere raggiunto la meta prefissata.  Ogni progresso, seppur minimo, deve fungere da incentivo e momento gratificante per non fermarsi a ciò che si è raggiunto.

All’inizio affermai l’importanza della globalità dell’individuo. Ne consegue che anche la sfera intellettiva ed emozionale resti coinvolta dalla novità apportata dalla riabilitazione. Quindi attenzione va rivolta ad ogni diminuzione o aumento dell’umore e del livello di autostima. E, se ci si trova di fronte ad una persona che più ne vuol sapere  della nostra volontà di vivere e trasmettere ciò al malato tramite il mezzo della fisioterapia, utile può essere valutare la possibilità di risposta che dev’essere sincera e coraggiosa.

Ma tutto ciò che viene dopo è una conseguenza di quella molla iniziale di cui parlai all’inizio. Qual è questa molla? Un’accoglienza non solo umana del malato bensì, paradossalmente divina, come di un ostensorio consacrato che racchiude un tesoro inestimabile e da pochi, soprattutto dagli operatori sanitari, tenuto in considerazione: il dolore incarnato del Cristo stesso sulla croce. E, una cosa ho sentito forte avvicinandomi fin dal primo  momento al malato: che io, in particolare con il mio lavoro, ero chiamata a fare da Cireneo nel portare quella croce perché come malato avesse la forza di arrivare al culmine della crocifissione e con il mio aiuto fisioterapico partecipasse qui in terra  ad una resurrezione del corpo tramite il miglioramento e le varie funzionalità acquisite.

Far arrivare il malato, con la mia vita, a trasformare la sua messa di dolore quotidiano in sacrificio eucaristico d’Amore offerto a Colui che gli donò la vita in riparazione del male dilagante sulla terra che tutto vorrebbe intaccare.

Invece così malato e terapista si diventa tutt’uno: una cosa sola per fare da barriera e diventare come un argine d’amore purissimo, purificato e purificante.

 

              

GIORNO DOPO GIORNO

Con ABIO sulle reti RAI dal 19 al 25 aprile, accanto ai bambini in ospedale

video clip miracoli click!

    Il mio piccolo Simone prima     e durante la lunga degenza

 

LA MALATTIA DI UN BAMBINO COLPISCE UN'INTERA FAMIGLIA

che in seguito dovrà intraprendere un lungo periodo di disagio

"giù le mani dai bambini colpiti da disabilità"

 

"E' inutile ripetere o soffermarsi su ciò che si prova intimamente è qualcosa che noi abbiamo il privilegio di conoscere ma che non riusciamo ad esprimere e, anche se riuscissimo, gli altri non capirebbero".

Dal primo documento programmatico dell'A.GE.DI. – Autunno 1986

 

 

 

 

Esistono "Angeli" anche in ospedale

La favola del dottor Nanza

"così si vince la paura dell'ospedale"

Grazie alla cooperativa "le Mani parlanti" e al progetto Giocamico, i piccoli pazienti sopportano operazioni ed esami. In alcuni casi le tecniche utilizzate sono così efficaci da evitare il ricorso all'anestesia. E' successo, negli ultimi 3 anni, a 752 piccoli (su 1448) sottoposti a risonanza magnetica senza essere sedati

di STEFANIA PARMEGGIANI  da "Parma Repubblica"

L'astronave è un po' vecchiotta e arrugginita. Che nessuno si stupisca per il rumore da ferro vecchio che fa quando scalda i suoi reattori. Può trasportare i viaggiatori in un mondo lontano, simile al fondo del mare e abitato da strane creature. L'esperienza è tale da meritare una foto. Che sarà nitida e chiara, perfettamente a fuoco. Il viaggiatore deve restare immobile come ordina il dottor Nanza, la mente del grande viaggio, impassibile dietro il suo quadro di comando, nervi tesi per scattare i clic migliori. L'avventura è cominciata tre anni fa all'Ospedale Maggiore di Parma e ha imbarcato 752 bambini che, grazie all'aiuto di psicologi e volontari, hanno eseguito uno degli esami diagnostici più paurosi  –  la risonanza magnetica  –  senza essere sedati. Statistiche alla mano, il 50% dei piccoli pazienti è riuscito ad evitare l'anestesia totale. Il dato è di quelli che fa scuola e così l'esperienza parmigiana, al centro di un convegno sull'imaging in neuropediatria, è stata già replicata in altre strutture ospedaliere italiane tra cui il San Raffaele di Milano.

FOTO Il viaggio dei piccoli pazienti

 

Sabato, nella sala congressi del Maggiore, prenderanno la parola i medici dell'Azienda ospedaliera-universitaria e dell'Usl, gli psicologi, gli psicoterapeuti e gli educatori della cooperativa "le Mani parlanti", che da tredici anni frequentano le corsie con il progetto Giocamico. Il loro scopo non è curare, ma aiutare i bambini a ridurre "lo stress da ospedale", a controllare il dolore durante i prelievi più complessi, l'ansia per gli interventi chirurgici o per gli esami diagnostici. "Utilizziamo  –  spiega il presidente della cooperativa Corrado Vecchi  –  tecniche ludiche, espressive e relazionali. Ci sono sette psicologi ed educatori che distraggono i bambini in attesa di interventi chirurgici o esami invasivi. E ci sono i volontari, circa 200, che sette giorni a settimana, sia di mattina che di pomeriggio, frequentano tutti i reparti in cui ci sono pazienti in età pediatrica. Giocano con loro per sfumare la distanza con la quotidianità di fuori".
 

Edda CattaniBambini in ospedale
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Alzheimer: la mia esperienza

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La memoria è un "dono" la cui perdita

 

diventa una grande menomazione.

 

Oggi, martedì 21 Settembre, si celebra la 17° Giornata Mondiale dell’Alzeimer che quest’anno ha come titolo “E’ tempo di agire insieme" e ruoterà attorno alla ricerca di un percorso teso all’umanizzazione dell’ammalato di Alzheimer e alla tutela dei suoi diritti, tanto da conferire dignità anche alle voci dei familiari.

La Giornata Mondiale rappresenta in tutto il mondo un momento molto importante di conoscenza e divulgazione di una malattia in costante crescita. Ormai circa 25 milioni di persone nel mondo soffrono di questa forma di demenza (con 4,6 milioni di nuovi casi l’anno) e in Italia i malati sono più di 500.000; purtroppo si stima che le cifre raddoppieranno nei prossimi vent’anni.

La malattia di Alzheimer non ha una terapia risolutiva e, spesso, finisce per "segnare" anche i familiari dei pazienti, dal momento della diagnosi lungo tutto il decorso della malattia.

 

 

 

Dalla mia dolorosa esperienza… un giorno come tanti…

La domenica si fa festa anche a “Casa Madre Teresa”: gli ospiti vengono vestiti con i loro capi più convenienti, le signore con collane colorate e gli uomini anche in giacca e cravatta. Poi si va in giardino a fare merenda, a volte si canta e qualcuno, ancora in grado di farlo, azzarda un contenuto passo di danza. Naturalmente questo aspetto piacevole e ricreativo è un’offerta che la buona disponibilità organizzativa offre a chi ancora è in grado di riceverlo; per alcuni, come è il caso del mio amato sposo, si può a mala pena, avventurarsi in una breve passeggiata in carrozzina, raccogliendo qualche ramoscello per farne un mazzetto odoroso.

Domenica scorsa era una domenica come le altre, ma in giardino c’era un’aria umida e un po’ ventilata per cui gli ospiti se ne stavano quasi tutti all’interno. Io ho preparato il mio Mentore e sono uscita in passeggiata; avevo in testa ancora le parole dette la sera prima da S.E. Mons.Mattiazzo, venuto a celebrare la S.Messa vespertina anche per ricordare il centenario della nascita e l’anniversario della morte della Cara Madre Teresa a cui è dedicata l’opera della nostra Casa. Mi avevano colpito, nel discorso del Vescovo, quelle parole “HO SETE! I’m thirsty” che la piccola suora aveva udito per un giorno intero, mentre si trovava in India a svolgere la sua funzione di maestra come religiosa albanese di fede cattolica. Il richiamo di Cristo a cui ella rispose aveva un significato: “Sto alla porta del tuo cuore, giorno e notte. Anche quando tu non stai ascoltando, anche quando tu dubiti che possa essere Io, Io sono lì. Aspetto anche il più piccolo segno di una tua risposta, anche l'invito sussurrato nel modo più lieve che mi permetta di entrare. Se ti senti senza importanza agli occhi del mondo, non importa affatto. Per Me non c’è nessun altro in tutto il mondo più importante di te. HO SETE DI TE. Io vengo – con il desiderio ardente di consolarti e di darti forza, di risollevarti e di fasciare tutte le tue ferite. Ti porto la Mia luce, per dissolvere le tue tenebre e tutti i tuoi dubbi.”

Fu questo il messaggio che ascoltò la piccola Suora che oggi fa sì che essa venga paragonata alla Teresa di Lisieux della “piccola via” di cui ella aveva preso il nome. Quale legame viscerale può unire Teresa di Lisieux e Madre Teresa di Calcutta? La sete di Gesù. Il grido di Gesù, menzionato a più riprese nei loro scritti, è stato determinante in ciascuna delle loro vite. Madre Teresa guardò l’umanità sofferente che vedeva oltre le mura del convento, a Calcutta e, con il solo aiuto della fede, di quelle parole “Ho sete”, è diventata fondatrice della congregazione religiosa delle Missionarie della Carità. Il suo lavoro tra le vittime della povertà di Calcutta l'ha resa una delle persone più famose al mondo. Ha vinto il Premio Nobel per la Pace nel 1979, e il 19 ottobre 2003 è stata proclamata beata da Papa Giovanni Paolo II°.

Con questi pensieri mi accingevo a percorrere il vialetto del giardino interno quando ho intravisto una sorta di cuscino bianco fra i rami contorti delle ortensie… ma quell’involto informe si muoveva e mandava qualche debole lamento. Ho lasciato la carrozzina in mezzo al sentiero e sono corsa a vedere di cosa si trattasse; un penoso presagio mi faceva pulsare le vene mentre cercavo di vedere attraverso il groviglio di rami, foglie, zanzare e terriccio a chi appartenesse quella forma umana. Al mio grido di aiuto erano, nel frattempo, accorsi altri parenti e gli operatori che dicevano: “ Ma è la G. Come è uscita da sola? E come è caduta così malamente?” Mentre veniva portata via con l’aiuto dell’infermiere, sentivo in testa quelle parole: “Ho sete!” e pensavo a queste povere creature, senza più autonomia, con brandelli di memoria che, a volte, sfuggono al controllo e si ritrovano in condizioni precarie di cui non avevano ravvisato la pericolosità. Gli occhi spaventati di G. dichiaravano, come Cristo “Ho sete”  e mi facevano ricordare che quando ero arrivata, di primo pomeriggio, proprio lei mi era venuta incontro e mi aveva chiesto un bacio. Chissà, nella sua mente forse aveva cercato qualcosa o qualcuno da cui andare per ricevere quell’affetto, quel gesto d’amore di cui queste creature hanno tanta necessità di espressione.

Tornando a casa, la sera, come al solito, ero più ricca dentro, perché lo Spirito Santo mi aveva nuovamente visitata facendomi partecipe e consapevole del Suo amore. “Vengo a te con la mia misericordia, con il mio desiderio di perdonarti e guarirti, e con un amore per te ben oltre quello che puoi comprendere – un amore grande come quello che ho ricevuto dal Padre ("Come il Padre ha amato me, cosi anch’io ho amato voi". Gv 15, 9). Vengo con il mio potere, cosi che tu lo possa portare ad ogni tuo fratello; con la mia grazia, per toccare il tuo cuore e trasformare la tua vita; ed offro la mia pace per placare la tua anima.”

“Coraggio, Mentore, andiamo avanti… non siamo soli!”





 

 

 

 

Edda CattaniAlzheimer: la mia esperienza
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Un Progetto e Musica per Lulù

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Niccolò Fabi, folla di amici e fan
al concerto per ricordare "Lulù"

 

Quando si tratta di 'BIMBI' noi ci siamo sempre, anche quando purtroppo la notizia è di quelle che non si vorrebbero mai dare.


La piccola Lulù, figlia del cantautore Nicolò Fabi, è volata via lo scorso venerdì. Una meningite fulminante. Aveva due anni.

Sulla sua pagina di Facebook Nicolò ha cercato di sfogare e condividere un po' del suo dolore.

 

100bimbi Nicolò Fabi

 

Centinaia di persone, con le coperte, i termos e i bambini, partecipano all'evento organizzato dall'artista nel giorno in cui sua figlia avrebbe compiuto due anni. Sul palco Jovanotti, Elisa, Silvestri e tanti altri: "Un'emozione incredibile"

 

MAZZANO ROMANO (Roma) –(di Katia Riccardi) Il logo sulla maglietta è un arcobaleno, un bersaglio pieno di colori. Le persone sono arrivate a centinaia, sotto il sole, dalle tre del pomeriggio: qui a Mazzano, alle porte di Roma, hanno portato borse termiche, i bambini, felpe per la sera, coperte per la notte. Sono pronte a passare la giornata davanti al palco tra le giostre, i palloncini, lo zucchero filato e la musica. Camminano tra gli alberi, si sdraiano sul prato per ascoltare la musica. Hanno risposto all'invito di Niccolò Fabi per festeggiare il compleanno della piccola Lulù, la figlia dell'artista scomparsa poco meno di due mesi fa e che oggi avrebbe compiuto due anni.

Dietro il palco, che è stato montato in tre giorni da tutti gli amici che Fabi è riuscito a riunire intorno a sé, si aggirano gli artisti. Non c'è nessuna telecamera, non entra nessun fotografo perché l'evento, come l'ha voluto Fabi, è nato per essere una festa senza trucco, una festa di compleanno gratuita in cui offerte libere serviranno a costruire un ospedale pediatrico in Angola.

Non c'è una scaletta definita: "Ancora non ho deciso che brano suonerò", spiega Samuele Bersani, "Jovanotti mi ha consigliato di suonare "Chicco e Spillo", perché dice che è un pezzo allegro e l'atmosfera di questa giornata è bella, calda, di gioia". Poi suonerà "Giudizi universali". Elisa è arrivata dopo aver preso un aereo: "Avevo paura di prenderlo ma sono felice di essere qui, bisogna essere tutti a disposizione quando si tratta di mettere in campo l'emozione. Quello di Niccolò è un esempio di grande forza ed è molto toccante che in pochissimo tempo sia riuscito a creare una cosa del genere. E' una persona con tanti amici e sono felice di essere qui".

"Niccolò mi ha mandato un sms con la notizia della tragedia quando io ero a Los Angeles", racconta Jovanotti. "Non ho avuto dubbi nel decidere di venire subito in Italia i musicisti si sono messi a disposizione e ringrazio Niccolò perché ci ha dato l'occasione di partecipare a un evento che ci connette con i valori fondamentali della vita". Per la sua performance, pur nel rispetto di un clima da "jam session", ha preparato una versione della "Donna Cannone" di Francesco De Gregori in chiave reggae e "Fango", un brano legato al ricordo del fratello scomparso.

Le persone applaudono ogni volta che un artista sale sul palco e sono in un rilassato silenzio nei momenti dei cambi. Tra gli artisti presenti dal primo pomeriggio c'erano Cristicchi, Silvestri, Tosca, Roberto Angelini, Marco Conidi, Luca Barbarossa e Neri Marcoré, Stefano Di Battista, Rita Marcotulli, Marina Rei, Paola Turci, Syria, Manuel Agnelli, Giovanardi dei La Crus. Nel corso della giornata suoneranno anche Claudio Baglioni, Gianni Morandi, Enrico Ruggeri, Fiorella Mannoia. Niccolò si esibirà per ultimo e chiuderà lui questa giornata che è stata esattamente come l'aveva sognata.

"Quando è successo questa cosa", racconta Daniele Silvestri, "io mi sono chiesto, tutti ci siamo chiesti, quanto saremmo stati in grado se fosse successo a noi, di affrontarla come sta facendo Niccolò, che è sempre stato circondato dagli amici e da tutte le persone che gli vogliono bene. Giorno dopo giorno è riuscito a creare un'unione e quello che sta succedendo oggi qui ne è la prova. Questo concerto vive in questa giornata ed è nato per vivere in una sola giornata. Per me è una emozione incredibile assistere a tutto questo". hello my angel hello kitty
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(30 agosto 2010)

 

Progetto Parole di Lulù

Una nuova pediatria per i bambini di Chiulo in Angola

Il contesto

Uscita solo nel 2002 da una guerra civile trentennale, l’Angola sta vivendo oggi un periodo, non facile, di ricostruzione. Nonostante le ricchezze derivanti da petrolio, gas e diamanti, è uno dei Paesi più poveri del mondo, collocato dall’Indice dello sviluppo umano tra gli ultimi posti, al 160º su 177 nazioni. In Angola i bambini costituiscono il 46% della popolazione e il tasso di mortalità infantile è il secondo più alto al mondo, con 260 decessi ogni 1.000 nati vivi, entro il quinto anno di vita (Rapporto Unicef 2007).
Il tasso di mortalità materna è stimato in 1.700 casi ogni 100.000 parti.
Il Paese ha un alto tasso di incidenza di malattie quali malaria, tubercolosi, malattia del sonno, oncocercosi, lebbra e malattie diarroiche e respiratorie. Tra queste la malaria è la prima causa di morbilità e mortalità e colpisce l’intera popolazione, in particolare i bambini sotto i 5 anni e le donne gravide. Circa il 35% di tutti i casi e il 70% di tutte le morti riportate annualmente per malaria (stimate attorno a 35.000), si verificano in bambini sotto i 5 anni.

Intervento
Nello specifico il progetto, per un impegno complessivo di 62.700 euro, consentirà:
> la riabilitazione della struttura fisica del reparto (rifacimento intonaci, partizione dove non presente, controsoffitti, pavimenti, tinteggiatura, infissi ecc.),
> l’equipaggiamento del reparto con 40 letti, comodini e materassi e 1 concentratore di ossigeno;
> l’acquisto e l’approvvigionamento di farmaci e materiali di consumo per 1 anno per il reparto di pediatria.
I lavori di riabilitazione saranno seguiti e supervisionati dallo staff di Medici con l’Africa Cuamm presente a Chiulo, composto attualmente da un chirurgo, un internista, un pediatra e un logista/amministrativo.

DONA SUBITO ricorda di scrivere nel campo causale "progetto parole di lulù"

CONTATTI
  Sede
  Medici con l'Africa
Cuamm
via San Francesco, 126
Padova Italy
t. 049 8751279 begin_of_the_skype_highlighting              049 8751279      end_of_the_skype_highlighting
t. 049 8751649 begin_of_the_skype_highlighting              049 8751649      end_of_the_skype_highlighting
f. 049 8754738
 

cuamm@cuamm.org

 

 

 

Edda CattaniUn Progetto e Musica per Lulù
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Trenta ore per la vita

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1 aprile 2010
Trenta Ore per la Vita 2010 con ABIO

Prenderà avvio, nel prossimo mese di Aprile, l'edizione 2010 di Trenta Ore per la Vita, la campagna di sensibilizzazione e di raccolta fondi che quest'anno sosterrà Fondazione ABIO Italia Onlus (Associazione per il Bambino In Ospedale), coinvolgendo inoltre direttamente le 64 Associazioni ABIO presenti in tutta Italia.

La campagna, che inizierà il 1° aprile, culminerà con una settimana di sensibilizzazione e di raccolta fondi realizzata all’interno dei palinsesti televisivi, radiofonici e multimediali della RAI dal 19 al 25 aprile per proseguire, con altri eventi ed iniziative in tutta Italia, fino al 15 settembre 2010. 

L’Associazione Trenta Ore per la Vita, con i progetti della campagna di raccolta fondi 2010 a favore di ABIO, si impegna a rendere meno traumatico l’impatto dei bambini e degli adolescenti con l’ospedale e, al fianco degli oltre 5 mila volontari ABIO, ad accompagnarli con un sorriso, insieme ai loro genitori, nel percorso di cura.

“Sappiamo che può essere un’esperienza molto difficile per un bambino o un adolescente entrare in ospedale e, oltre al distacco dalla sua casa e dalla sua famiglia, conoscere, forse per la prima volta, il dolore, la paura, l’angoscia. La malattia diventa un evento scioccante che modifica il ritmo e la qualità della sua vita e può lasciare il segno per sempre.” Queste le parole di Rita Salci, Presidente dell’Associazione Trenta Ore per la Vita Onlus.

“Un ospedale a misura di bambino è da sempre uno dei nostri obiettivi”, dichiara Regina Sironi, segretario generale di Fondazione ABIO Italia Onlus, “Grazie al sostegno dell’Associazione Trenta Ore per la Vita Onlus e grazie a tutti coloro che crederanno nei nostri progetti, i bambini e gli adolescenti di tutta Italia potranno ricevere il sorriso di un volontario ABIO ed essere ricoverati in ambienti pensati appositamente per loro”.

ABIO, Associazione per il Bambino in Ospedale ONLUS, è stata fondata a Milano nel 1978 per promuovere l’umanizzazione dell’ospedale. Da 30 anni i volontari ABIO si occupano di sostenere e accogliere, in collaborazione con medici e operatori sanitari, bambini e famiglie che entrano in contatto con la struttura ospedaliera. Fondazione ABIO Italia ONLUS coordina e promuove, sul territorio nazionale, l’attività delle Associazioni ABIO locali che con i loro 5.000 volontari offrono un valido e costante supporto ai bambini e alle loro famiglie.

 

Edda CattaniTrenta ore per la vita
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I “meninos” dell’Angola

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I MENINOS FETIÇEIROS DELL’ANGOLA

Questa proposta ci è segnalata  dalla Mamma di Vera, Sig.Maria Pizzolitto, che con altri genitori se ne occupa.

Frei Danilo, MISSIONARIO CAPPUCCINO e prima frei Giorgio Zulianello, hanno costruito un Centro di accoglienza a Mbanza Congo, con una cinquantina di ragazzi, cercando di trasmettere loro un po’ di speranza, gioia e voglia di vivere!

 

I bambini di Mbanza Congo

Una casa per i bambini di Mbanza Congo (il sogno di p. Giorgio)

I missionari Cappuccini hanno accolto decine di bambini orfani o abbandonati dalle famiglie perchè accusati di feitiçaria (stregoneria). Con l'aiuto di tante persone, cercano di garantire condizioni di sicurezza, istruzione e formazione a chi non ha avuto la fortuna di essere accolto e amato.
Dedicato a p. Giorgio Zulianello, morto in un incidente aereo il 28.06.2007.
– Durata: 6 min.
– Regia: Stefano Balbo
– Testi: Giuseppe Priante
– Produzione: (2007) Segretariato Missioni dei Cappuccini del Veneto e Friuli-V.G. –

 Proposta di sostegno

Se vuoi sostenere l’opera, l'evangelizzazione e i progetti dei missionari in Angola, rivolgiti a:

fr. Roberto Donà (direttore segretariato)
fr. Giuseppe Priante (coordinatore progetti)
Segretariato Animazione Missionaria

Piazzale S. Croce, 44 – 35123 PADOVA
Tel. 049.8803466  – Fax 049.8805526
Email
venezia.missioni@fraticappuccini.it

Puoi anche versare un contributo sul Conto Corrente Postale n. 14491351, intestato a:
SEGRETARIATO MISSIONI CAPPUCCINI
Piazzale Santa Croce, 44 – 35123 PADOVA

oppure in banca sul CONTO intestato a:
PROVINCIA VENETA FRATI MINORI CAPPUCCINI SEGRETARIATO MISSIONARIO CAPPUCCINI
codice IBAN:  IT45 U06225 12102 07400 399434P
c/o Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo (Agenzia Prato della Valle,  PADOVA)
 

Edda CattaniI “meninos” dell’Angola
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