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Solennità di TUTTI I SANTI

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 1 NOVEMBRE: Solennità di TUTTI I SANTI

(P. Santo Sessa dal Santuario della Madonna del Carmine)


Dal VANGELO SECONDO MATTEO (Mt 5,1-12)

nel Vangelo di oggi Gesù ci parla della vera Beatitudine-Felicità:

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte:
si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli.
Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

GESÙ VEDENDO MOLTA FOLLA SI MISE A INSEGNARE:
Gesù vede molta folla di poveri, affamati, bisognosi, ecc…
e si mette a insegnare, a dare Speranza a questi cuori afflitti.

BEATI VOI…:
quello di Gesù è un discorso sconvolgente e ‘rivoluzionario’:
come può essere ‘beato’ chi soffre, chi è povero…!?
Ma per Gesù non è beata la povertà o la sofferenza in se stessa,
ma è beato chi vive tutto ciò confidando in Dio che può tutto,
la sua beatitudine-felicità sarà nella ricompensa che Dio gli darà!
“Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno dei Cieli!”
A loro Gesù promette: “Il Regno è vostro!”
Non è una promessa fatta per il futuro. Il verbo è presente.
Il Regno appartiene già a loro. Loro sono beati fin da ora.

BEATI I POVERI IN SPIRITO…:

Non riguarda solo una povertà ‘materiale’ ma soprattutto ‘spirituale’,
la povertà di spirito è prima di tutto un atteggiamento interiore.
Povero in spirito è l’ANAWIM:
chi si affida e dipende totalmente da Dio
chi confida solamente in Lui, con fiducia totale.
L’Anawim, la povera per eccellenza è Maria:
“Ha guardato all’UMILTA’ (povertà-piccolezza) della sua serva…
ma GRANDI COSE ha fatto in me l’Onnipotente!”

● La seconda beatitudine parla di “afflitti” o “piangenti”,
di quanti attendono che Dio venga ad asciugare le loro lacrime:
solo Dio conosce il loro cuore, ascolta il loro grida e viene in soccorso.

● La terza beatitudine dice “Beati i miti”,
cioè coloro che si impegnano perché il mondo viva in modo fraterno.
Quante anime si spendono e hanno dato la vita per la Pace
per un mondo lacerato in cui possa esserci concordia e armonia!

● La quarta beatitudine ci dice che: “gli affamati e gli assetati della giustizia” saranno beati perché collaborano nella realizzazione del progetto di Dio….verranno sfamati e dissetati abbondantemente!

● “Beati i misericordiosi” è la quinta beatitudine.
Misericordiosi è un vocabolo che in ebraico non esiste al plurale
in quanto la misericordia è una virtù che appartiene solo al Signore
e in un sol caso è applicata al giusto (il Messia).
Possiamo essere misericordiosi verso tutti
solo se facciamo esperienza della Misericordia!

● La sesta beatitudine parla di ” Puri di cuore”,
di quanti sono semplici, integri, sinceri, autentici…
essi saranno beati perché sono i soli in grado di vedere Dio.

● La settima beatitudine dice che “quelli che fanno pace…”.
I pacifici non i ‘pacifisti’,
i portatori non di una pace ‘idealizzata’
ma i portatori di Gesù, vera e unica Pace!

● “I perseguitati” dell’ottava beatitudine
sono coloro che affidano a Dio la difesa della loro innocenza
che affidano la loro vita a Dio, come loro unico ‘rifugio’ sicuro.

LA VOSTRA RICOMPENSA È GRANDE NEI CIELI…:
non è facile vivere le Beatitudini
ma se la mèta è UNA GRANDE RICOMPENSA
se la mèta è il PREMIO che Dio ci darà PER SEMPRE
allora siamo incoraggiati a perseverare fiduciosi.

COSA DICE ALLA NOSTRA VITA CONCRETAMENTE…:
è difficile entrare in questa ‘logica’ e in questo linguaggio di Gesù,
ma sappiamo dai Santi e da persone che concretamente vivono
sulla loro pelle l’esperienza della povertà, sofferenza e ingiustizia,
offrendole e vivendole totalmente per il Signore, come siano
nella pace interiore e come vivano di una Gioia e Speranza
che solo la Fede sa donare…
Vivere le Beatitudini significa FIDARSI di Dio
nonostante la concretezza delle sofferenze che viviamo,
significa sentire di essere ‘più vicini’ a Cristo
che non ha scelto per sé la ricchezza e il successo,
ma la povertà, l’incomprensione e l’ingiustizia, fino a morire,
eppure risorgendo ha vinto ogni male dell’uomo e del mondo
e ci rende partecipi della Sua Vittoria se crediamo in Lui.
Non è facile ma se proviamo ci accorgiamo, già ora,
che ciò che Gesù promette nel Vangelo, si realizza oggi,
la fede non è illusione, è fiducia, è certezza…GIA’ ORA!!

PENSIERO SPIRITUALE: S. BERNARDO di Chiaravalle

«Che cosa ha trovato Gesù nella povertà
per amarla tanto e preferirla alle ricchezze?
O sbaglia Gesù Cristo o si sbaglia il mondo.»

 

 

Edda CattaniSolennità di TUTTI I SANTI
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Buon compleanno Lene!

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Una festa per Lene!

… e dolcetto scherzetto  …

per tutti i bambini!!!

Sei nata stanotte, nella “notte delle streghe “ mentre il vento ululava alla luna ma tu sei la stella piu dolce del cielo — you were born tonight and the wind was howling to the moon, but you were and you still are the brighter star in the sky.

Auguro una buona serata a tutti.. e mi raccomando.. dolcetto e scherzetto.. sennò che gusto c’è…. un abbraccione anche a Lene che stanotte verrà a farci un giro da stè parti, perchè le preparerò qualcosa di buono da mangiare .

your dad, il tuo papà

1 Novembre

Ecco, immaginate che stamattina pignone mi stava tenendo tra le sue “mani” èh si, pesavo solo 900 grammi, ecco perché il papà mi chiamava pulcetta o ranocchietta…. io volevo ringraziarvi tutte per i vostri splendidi messaggi che avete lasciato sulla mia bacheca, e nel contempo voglio lasciare un pensiero, lo stesso che ho lasciato al mio pignone quando piangeva di fronte alla mia tomba, gli dissi: non piangermi qui, questa non è casa mia, casa mia è il vento che ti accarezza il viso casa mia sono le stelle che illuminano i tuoi passi….. TVB

 

 

 

 

 

Halloween

 

Halloween (o Hallowe’en) è una festività che si celebra principalmente negli Stati Uniti, nord del Messico, e alcune provincie del Canada nella notte del 31 ottobre. Le attività tipiche di questa festa sono: dolcetto o scherzetto, partecipare a parate o sfilate in costume tipico, intagliare una tipica zucca di Halloween, o jack-o’-lantern, allestire falò, visitare attrazioni collegate a fantasmi e spiriti, fare scherzi, raccontare storie.

Nelle mie scuole i bambini, con le loro insegnanti di Lingua Inglese hanno sempre festeggiato la giornata di Halloween ed io ho collaborato con loro a costruire zucche dipinte, o scavate per mettere all’interno candele accese… Poi ci si travestiva con costumi sui quali banalizzare ogni immagine “horror”; quale occasione in più per  far tacere e ridicolizzare la simbologia delle “paure” profonde dei bambini.

 

 

 

 

Il simbolismo di Halloween include anche temi come la morte, il male, l’occulto o i mostri  mitologici. Nero e arancione sono i colori tradizionali di questa festa.

Il simbolismo di Halloween deriva da varie fonti, inclusi costumi nazionali, opere letterarie gotiche e horror (come i romanzi Frankenstein e Dracula) e film classici dell’orrore (come Frankenstein e La mummia). Tra le primissime opere su Halloween si ritrovano quelle del poeta scozzese John Mayne che nel 1780 annotò sia gli scherzi di Halloween in “What fearfu’ pranks ensue!”, sia quanto di soprannaturale era associato con quella notte in “Bogies” (fantasmi), influenzando la poesia Halloween dello scrittore Robert Burns. Prevalgono anche elementi della stagione autunnale, come le zucche, le bucce del grano e gli spaventapasseri. Le case spesso sono decorate con questi simboli nel periodo di Halloween.

           

 Per questo molti cristiani non ascrivono un significato negativo ad Halloween, vedendolo come una festa puramente secolare dedicata al celebrare “fantasmi immaginari” e a ricevere dolci. Infatti Halloween non costituisce una minaccia per la vita spirituale dei bambini: gli insegnamenti sulla morte e la mortalità e le credenze degli antenati celti possono essere una lezione di vita valida e una parte dell’eredità proveniente da varie culture. Ma c’è anche chi ritiene che Halloween abbia delle connessioni col paganesimo, perciò nelle scuole parrocchiali parrocchiali cattoliche si sorvola su questa opportunità giocosa e rigettano la festività, perché sono convinti che essa celebri il paganesimo, l’occulto, o altre pratiche e fenomeni culturali giudicati incompatibili con le loro credenze, o, addirittura, credono che si sia originata una celebrazione pagana dei defunti.

Fare “dolcetto o scherzetto” e travestirsi

 

 

Fare dolcetto o scherzetto è un modo per far la festa di Halloween per i bambini. I bambini vanno in costume di casa in casa chiedendo dolciumi come caramelle o qualche spicciolo con la domanda “Dolcetto o scherzetto?” La parola “scherzetto” è la traduzione dell’inglese “trick”, che si riferisce alla “minaccia” (“threat” in inglese) di fare danni ai padroni di casa o alla loro proprietà se non viene dato alcun dolcetto. In alcune parti della Scozia i bambini girovagano ancora travestiti. Con queste sembianze fanno qualche marachella, es. cantano o raccontano storie di fantasmi, per guadagnare i loro dolcetti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Edda CattaniBuon compleanno Lene!
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22 ottobre: Santo K.Wojtyla

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Giorno di Misericordia

Aggiornamento

 22 ottobre: oggi si festeggia

per la prima volta Giovanni Paolo II

Oggi, il calendario della Chiesa cattolica indica la memoria liturgica del beato Giovanni Paolo II. In altre parole, il “santo del giorno” di oggi è proprio il pontefice polacco scomparso nel 2005 ed elevato all’onore degli altari il primo maggio scorso. La data odierna è stata scelta nell’anniversario del primo giorno del pontificato di Giovanni Paolo II, il 22 ottobre 1978, giorno in cui celebrò la solenne messa in Piazza San Pietro per l’inizio di una missione che nel corso degli anni ha cambiato la storia. La memoria liturgica, da oggi in poi, sarà celebrata in tutto il mondo, in particolare dalla chiesa romana e da quella polacca, visto che il culto dei beati è una prerogativa delle chiese locali, anche se le conferenze episcopali di altri Paesi, tra cui quella italiana, hanno chiesto di potersi associare alla ricorrenza. In queste ore iniziative di preghiera sono previste dunque in ogni angolo d’Italia, anche a Sassari.

Intanto sul web circola la notizia di una seconda guarigione prodigiosa, avvenuta in Messico. Una giovane donna di origine cubana sarebbe la testimone dell’ultimo miracolo attribuito a papa Wojtyla: affetta da un tumore maligno alla gola, la donna racconta di essere guarita grazie all’intercessione del beato Giovanni Paolo II. A testimoniarlo le cartelle cliniche presentate dalla giovane, che parlano di una massa tumorale che le ostruiva la gola fino a non permetterle di mangiare. Dopo essersi affidata nella preghiera al papa, il tumore ha iniziato a regredire. Ora la donna è guarita completamente e la sua guarigione miracolosa, se confermata, potrebbe portare in breve tempo alla canonizzazione di Giovanni Paolo II.

Oggi è certamente una DOMENICA DI GRAZIA PARTICOLARE, perchè celebriamo 3 avvenimenti importanti: la ‘Domenica in Albis’, la Festa della Misericordia e la Beatificazione del grande Uomo e Papa Giovanni Paolo II.

Il Vangelo ci mostra un Gesù Risorto che DONA LA PACE….

+ DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI

 La sera di quel giorno, il primo della settimana…venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «PACE A VOI!».
Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «PACE A VOI! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo….

Oggi è la Festa della Misericordia: concretamente vuole dirci l’Amore con cui siamo stati amati in quella Morte in Croce, una Misericordia Infinita che non smette mai di amarci. E’ Gesù stesso a rivelarlo a Suor Faustina Kowalska:

“Questa festa è uscita dalle viscere della Mia Misericordia ed è confermata nell’abisso delle Mie grazie. Ogni anima che crede ed ha fiducia nella Mia Misericordia, la otterrà”.

•• E Giovanni Paolo II viene Beatificato in questa Festa voluta da lui, in un mese, Maggio, dedicato a Maria, e nel giorno di festa del lavoro…lui che ha lavorato da giovane, ma soprattutto è stato il grande e infaticabile ‘operaio di Dio’ per tutti gli uomini. Chiediamo la sua intercessione perchè tutto ciò che portiamo nel cuore, le fatiche, le prove, le sofferenze, i desideri e le attese,possano essere accolte ed esaudite da Dio passando attraverso il Cuore Immacolato e Materno di Maria, che tanto egli amava…   (Santo Sessa – Carmelitani Scalzi)

 

 

La mia Scuola intitolata al Beato Karol Wojtyla

Questo quadro con l’immnagine di KAROL WOJTYLA  è stata posta nell’atrio della mia Scuola il giorno della intitolazione

Ecco le immagini della cerimonia avvenuta il 13 maggio 2006:

 

Il Parroco, io come Dirigente Scolastico e il Sindaco

 Non mi fu facile ottenere l’intitolazione a pochi anni dalla morte del grande Papa per il quale ho sempre nutrito un profondo amore, ma oggi sono felice, con tutta la popolazione scolastica di avere fatto questa scelta. Inserisco il documento inviatomi dall’attuale Pontefice a conferma di quanto avvenuto.

 

 

 

Edda Cattani22 ottobre: Santo K.Wojtyla
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Auguri Figlio mio!

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Il 7 ottobre sei venuto a me!

…e mi è caro pensarti con questo stralcio…

 

Non pianger più. Torna il diletto figlio

 a la tua casa.

 

 Vieni; usciamo. Il giardino abbandonato

 serba ancóra per noi qualche sentiero.

 Ti dirò come sia dolce il mistero

 che vela certe cose del passato.

 

 Ancóra qualche rose è ne’ rosai,

 ancóra qualche timida erba odora.

 Ne l’abbandono il caro luogo ancóra

 sorriderà, se tu sorriderai.

 

 Ti dirò come sia dolce il sorriso

 di certe cose che l’oblìo afflisse.

 Che proveresti tu se fiorisse

 la terra sotto i piedi, all’improvviso?

 

 Perché ti neghi con lo sguardo stanco?

 La madre fa quel che il buon figlio vuole.

 Bisogna che tu prenda un po’ di sole,

 un po’ di sole su quel viso bianco.

 

Se noi andiamo verso quelle rose,

 io parlo piano, l’anima tua sogna.

 

 Sogna, sogna, mia cara anima! Tutto,

 tutto sarà come al tempo lontano.

 Io metterò ne la tua pura mano

 tutto il mio cuore. Nulla è ancor distrutto.

 

 Sogna, sogna! Io vivrò de la tua vita.

 In una vita semplice e profonda

 io rivivrò. La lieve ostia che monda

 io la riceverò da le tue dita.

 

 Tutto sarà come al tempo lontano.

 L’anima sarà semplice com’era;

 e a te verrà, quando vorrai, leggera

 come vien l’acqua al cavo de la mano.

Da “Consolazione” di G.D’Annunzio

 

 

 

Edda CattaniAuguri Figlio mio!
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Per ricordarti!

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Auguri Figlio mio!

 

 

 

Fu uno splendido autunno quello! A differenza degli anni precedenti vi furono giornate piene di sole; un buon auspicio per me che, godendo del congedo per maternità potevo dedicarmi interamente al mio bambino, nato proprio in quell’anno, il 7 ottobre, giorno della S.Vergine del Rosario, alla cui protezione avevo affidato la mia creatura.  

 

Nell’altalena dei ricordi pervade l’animo mio il momento della tarda mattinata, quando dopo aver terminato tutte le faccende domestiche, prendevo in braccio quell’involtino di lana calda e profumata da cui spuntava un visetto sorridente e guardandolo, parlandogli, con i termini non decodificabili che ogni madre usa, lo avvicinavo al mio seno per allattarlo.   In quell’istante, con quel rito sacro e arcano, una pace profonda, una dolcezza infinita mi avvolgeva: il divino e l’umano sembravano prendere corpo nella simbiosi di quell’atto di amore, mentre un raggio di sole, che penetrava attraverso le imposte socchiuse, ci illuminava entrambi, quasi a voler manifestare la mano benedicente del Creatore.  

 

Espressione della mia gioia interiore era la preghiera riconoscente: “…la mia mente esulta in Dio, mio Salvatore” mentre, con la mia partecipazione alla Creazione, mi sentivo vicina a Maria, Madre di tutti i viventi.   Quell’abbraccio profondo, intimo, spirituale, significava la continuità la stabilità del mio essere nel rapporto con la creatura da me nata: mio Figlio; legame forte, saldo, indissolubile che nessuna circostanza e nessuno mai avrebbero potuto spezzare.  

 

 “I figli sono frecce scagliate nell’universo”recita il poeta indiano Kahil Gibran. Quella creatura tanto amata avrebbe concluso il suo percorso terreno alla verde età di 22 anni. 

 

Fermarsi di tanto in tanto, alzare lo sguardo da ciò che ci tiene impegnati e fare delle riflessioni generali è molto importante, perché aiuta a vivere più pienamente la vita nella sua ferialità specialmente nel momento storico in cui ciascuno di noi è chiamato a percorrere delle scelte, quale è quella di essere genitori.  

 

In mezzo alla gente, fra la gente, la donna in particolare, a cui sono affidati i grandi ruoli di madre, di sposa, di educatrice, deve essere individuata come creatura privilegiata nel suo affrontare una condizione di vita che si presenta sempre più complessa; si deve rispettarne il suo “toccare con mano” il grande mistero della nascita, senza avere la pretesa di volere tutto comprendere e spiegare.  

 

Per consentire ad essa il riappropriarsi di questa dignità è necessario riconoscerle la peculiare condizione ed il suo ruolo, al di là degli aspetti consumistici che la presentano come simbolo dell’efficienza e della competitività senza dichiarare la valenza del grande progetto di cui è partecipe.   Si pone, a questo punto, il problema della donna e del suo completamento naturale, quale la maternità come profondità dell’evento di amore che si realizza nella coppia prima e nel rapporto madre-figlio poi.  

 

Amore, sessualità e concepimento di un figlio sono tappe obbligate di uno stesso discorso, ma l’evento miracolistico e il senso della sacralità si completano nell’atto dello sbocciare di una vita, perché esso è comprensivo del senso della vita stessa e dell’esistenza tutta.   Non solo la scienza dichiara questo, ma tutte le grandi religioni che accennano alla componente sacra dell’uomo che è in grado di riprodursi e si sente coinvolto nell’opera della creazione.  

 

 

 

Vorrei ricordare, a questo proposito, un esempio significativo riportatoci nelle Scritture: è il desiderio di Anna, colei che diverrà la madre di Samuele (1Sam 1, 1-2), per il dono di un figlio.   Anna è sterile e vive consapevolmente il suo stato di umiliante emarginazione, ma non perde il coraggio davanti al Signore, fino a giungere a fargli, con la sua supplica, una solenne promessa:   “Signore degli eserciti, se vorrai considerare la miseria della tua schiava e ricordarti di me e mi darai un figlio maschio, io te lo offrirò per tutti i giorni della sua vita.”   In questa promessa c’è un insegnamento sorprendente: Anna dice: “…concedimi un figlio ed io te lo ridarò. Sembra a noi che, posta in questi termini, la creazione avvenga per il concorso di una donna e di Dio. Anna non chiede un figlio per vezzeggiarlo e stringerlo al cuore per tutti gli anni della sua vita. Lo chiede per darlo e così riceve. Il Dio degli umili, degli afflitti, dei bisognosi si china verso di lei come si protende verso gli “anawim”, i poveri, “per rialzarli dalla polvere e proteggere il loro cammino”. 

 

La nascita di Samuele (nome che deriva dal verbo ebraico sha’al = domandare) premia la preghiera fiduciosa di Anna che innalza il suo inno di ringraziamento:   “Il mio cuore esulta nel Signore, la mia fronte s’innalza grazie al mio Dio…”   Questo canto ricorda il Magnificat di Maria, madre di Gesù si tratta di due donne a cui miracolosamente viene dato un figlio “come un dono”. Maria è la “vergine”, Anna è la “sterile”.   E Samuele, uomo straordinario, ultimo dei Giudici, realizzerà l’unità delle tribù di Israele.   Quanto grande deve essere stato il merito e quanta parte deve avere avuto nell’opera del figlio questa madre, sofferente, umile e disponibile ad offrire la propria creatura ancor prima che le sia stata data.   E immaginiamo come sarà stato forte il legame di Anna con suo figlio, Samuele, già destinato ad una missione così rilevante!  

 

 

Questa consapevolezza é in noi, già presente come immagine riflessa e tende a volere rendere tutt’uno la femminilità con la sacralità. Si sente perciò sacro il concepimento, la gravidanza, il parto, la nascita, come è sacra la vita del bambino che nasce e che non rimane, semplicemente, una condizione assegnata e registrata; è il fatto di esistere che diviene “progetto” e perciò scelta obbligata e percorribile.  

 

Quando una donna dice: “Aspetto un bambino”  è come se affermasse: “Io ho un figlio che vive da sempre dentro di me”. Il bambino che dovrà vedere la luce era già in noi, presente nella nostra coscienza disposta a generarlo, era nel pensiero della madre quando ha sentito il suo corpo come luogo adatto ad ospitare una vita.   La donna in attesa di un figlio ha pronta una culla nel suo cuore e nel suo seno. In essa dimora tutto il suo essere, il suo futuro, la sua speranza.  

 

E durante la gravidanza, la madre avvia un dialogo, una comunicazione, con quel bambino; questo accade, con sua “sorpresa”, quando riconosce il “meraviglioso” che sta accadendo nel figlio tramite la sua persona, anche al di là della sua intenzione.   La meraviglia crea una immagine promettente del mondo, perché essa riconosce il fatto straordinario che è premessa di quell’unione fisica, psicologica e spirituale, sopravvenuta dopo il concepimento.  

 

 

Sentiamo le espressioni usate in questa lirica da un poeta non noto, con cui viene sentita la maternità

   ” Istanti…forse secoli, in cui pulsa la coscienza   e il suo ritmo è gioia:  

gioia dentro, gioia fuori,   gioia ovunque.    

Cellule di vita, immense quanto l’universo,  

in esse tutto è presente: la notte dei tempi   e un futuro ciclico,

 meravigliosamente riassunti   in un istante cangiante.    

Energie sottili che vorticano in un centro,   che si individualizza e si nutre di sé espandendosi.    

Madre dentro, madre fuori, madre me, madre lei.  

Madre nella madre in un’esplosione a catena   che si espande al rallentatore   (o forse in istanti di sogno).     Lei diventa me, io ritornerò a lei.   

 Lei mi nutre dei suoi sentimenti e dei suoi pensieri;   i miei sentimenti e i miei pensieri torneranno a lei.     Come una vibrazione che percorre  un’unica coscienza  

come amore che effonde dall’indicibile.” 

Edda CattaniPer ricordarti!
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La festa dei nonni

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2 ottobre: Festa dei Nonni

I nonni ti vedono crescere, sapendo che ti lasceranno prima degli altri. Forse è per questo che ti amano più di tutti.

La Festa dei nonni è una ricorrenza civile introdotta in Italia con la Legge 159 del 31 luglio 2005, quale momento per celebrare l’importanza del ruolo svolto dai nonni all’interno delle famiglie e della società in generale.

Viene festeggiata il 2 ottobre, data in cui la chiesa cattolica celebra gli Angeli custodi.

 

Il brano dal titolo “Ninna Nonna”, scritto da Igor Nogarotto e Gregorio Michienzi, due autori astigiani (in arte I 2 Così), dal 2006 è stato ufficialmente riconosciuto come “Canzone Italiana dei Nonni”

 

 

Roma, 2 ottobre 2011 – Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha rivolto alle nonne e ai nonni d’Italia, nella giornata di festa a loro dedicata, un messaggio: “Celebriamo oggi la festa dei nonni, divenuta ormai un appuntamento fortemente sentito e ricco di iniziative per ricordare, nel segno dell’affetto e della riconoscenza, il loro insostituibile ruolo nella vita familiare.

I nonni, con il loro patrimonio di umanita’, saggezza ed esperienza, offrono quotidianamente generoso e prezioso sostegno alla crescita ed allo sviluppo dei piu’ piccoli, che seguono sin dalla nascita nel percorso educativo e formativo ed ai quali trasmettono conoscenze, tradizioni e valori della loro generazione.

Al peso e al ruolo assunti dagli anziani non puo’ non rispondere l’impegno nell’attuale contesto sociale da parte delle istituzioni e della collettivita’ a difendere e salvaguardare quei diritti che rappresentano una conquista fondamentale per la vita e la dignita’ della persona in quella fascia di eta’. Con questo auspicio e con sentimenti di vicinanza e di ideale condivisione dello spirito che anima questa giornata, rivolgo alle nonne e ai nonni d’Italia un caloroso saluto augurale”.

Per citare una bella frase di Maria Rita Parsi: ” I nonni sono coloro che vengono da lontano e vanno per primi, ad indagare oltre la vita; sono i vecchi da rispettare per essere rispettati da vecchi; sono il passato che vive nel presente ed i bambini sono il presente che vedrà il futuro

La psicologa Maria Rita Parsi a Cattolica 2012 

 

Edda CattaniLa festa dei nonni
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Il “Corpus Domini”

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Nel riproporre un articolo già pubblicato in occasione di questa grande festa dello “spezzare il pane”…

“ Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”

Il ritorno alle “origini”

…”Ecco io sono con voi fino alla fine dei tempi!”…desidero condividere l’emozione provata quando partecipai alla processione nel quartiere di questa cittadina ove abito, in fila con i miei nipotini vestiti con la tunica della Prima Comunione, mentre spargevano petali di rose precedendo il sacerdote con l’ostensorio di Gesù Eucarestia! Ho ricordato il mio abito bianco, la coroncina in testa e le tante persone che cantavano il “TANTUM ERGO SACRAMENTUM”. Si dice che l’innocenza porti provvidenza e proprio della “Provvidenza di Dio che ha ‘sì gran braccia …”  abbiamo bisogno in questi momenti disseminati di tristi vicende. A quel tempo, si usciva dalla guerra mondiale ed eravamo pieni di speranza … oggi forse, questa che è venuta a mancare. In una società in cui sono caduti i valori, in cui poco si prega, in cui prevale l’egoismo e la disperazione non trova sollievo, il candore dei piccoli innocenti può essere un segno di rinnovamento.

…quanta gioia questi bimbi…

A mezzogiorno il Santo Padre, nell’impartire la benedizione dell’Angelus in Piazza San Pietro, ha ricordato Gesù Eucarestia. Preghiamo quelle particole vere del “panino di Gesù” come lo chiamano i miei bambini, affinché ci portino a risollevarci, con determinazione, con la “forza” quale virtù di salvezza, come “olio benedetto” sulla nostra fronte ricevuto dallo Spirito Santo d’Amore! …e AUGURI a tutti … Buon “Corpus Domini”!

La domenica successiva alla Solennità della SS. Trinità si celebra la festa del Corpo e del Sangue del Signore. Prima della riforma liturgica era nota come festa del Corpus Domini (distinta dalla festa del Sanguis Christi celebrata in luglio). La festa del Corpus Domini trova le sue origini nella ambiente fervoroso della Gallia belgica – che San Francesco chiamava “amica Corporis Domini”. Solitamente in giugno, si tiene a Bolsena la festa del Corpus Domini a ricordo del miracolo eucaristico avvenuto nel 1263. Un prete boemo, in pellegrinaggio verso Roma, si fermò a dir messa a Bolsena ed al momento dell’Eucarestia, nello spezzare l’ostia consacrata, fu pervaso dal dubbio che essa contenesse veramente il corpo di Cristo. A fugare i suoi dubbi, dall’ostia uscirono allora alcune gocce di sangue che macchiarono il corporale (attualmente conservato nel Duomo di Orvieto) e alcune pietre dell’altare tuttora custodite in preziose teche presso la basilica di Santa Cristina in Bolsena. La solennità cattolica del Corpus Domini (Corpo del Signore) chiude il ciclo delle feste del dopo Pasqua e vuole celebrare il mistero dell’Eucaristia.

 “ Per la vita del mondo”: questa parola evangelica deve pulsare dentro di noi, come pulsava nel cuore di Gesù.

Chi si nutre del pane eucaristico diviene presenza discreta, è un credente, che si ricorda di fare del bene, cioè di dare tutto, ma nello stile di Gesù lasciandosi plasmare da Lui. E’ capace anche di silenzio, di ascolto; di quel silenzio che rende possibile l’ascolto e l’accoglienza delle parole di chi ci vive accanto, delle parole della fragilità e della debolezza, della malattia di chi ci vive accanto, della sofferenza e della morte, ma anche le parole dal significato alto.

E’ un credente capace di gratuità, la cui gioia non sta tanto nell’affermazione di sé ma nel portare “ vita” al mondo, nel testimoniare Gesù,  vita per l’uomo.

Chi si nutre del pane eucaristico è messo in grado di volere il bene dell’altro e di promuoverlo, sapendo che questo “pane” verrà a lui di ritorno…

 Dal mio percorso di vita…

Anch’io ho spezzato quotidianamente un pane al capezzale del mio sposo affetto da un male incurabile, cercando per lui  “amore incondizionato e perfetto”, “tenendolo curato oltre ogni sforzo perché non perdesse in dignità”

Nella mia ricerca di conferme mi viene inviato questo scritto:

…Ecco, voglio dirti semplicemente questo: il pane che hai spezzato per il tuo compagno, ritorna a te in questo tempo.

Ascolta cosa scrive Erri De Luca: “Valencia è una città spagnola sul Mare Mediterraneo. Una volta aveva un fiume che l’attraversava, il Guadalaviar, ma ora il suo corso è stato deviato. E’ l’unica città del mondo, che io sappia, che si sia sbarazzata di un fiume. Ci sono stato l’anno scorso in ferie, invitato da un editore che aveva tradotto un mio libro nella bella lingua del posto, la catalana. Ho percorso la città a piedi, la sola unità di misura che possiedo per conoscere i posti altrui. Ho visto mercatini puliti e lotterie, mura romane e lavori in corso, ma cercavo il fiume che non c’era più. Infine l’ho trovato, il letto vuoto, i ponti su di lui come se ci fosse ancora.

Al posto di una corrente che già sente il mare vicino, hanno piantato palme e costruito un lungo stagno con pesci rossi. Dall’alto del ponte vedevo quel parco sotto di me, dubitando del senno dei cittadini di Valencia. Presso la riva dello stagno un uomo anziano con un cane forse ancora più anziano passeggiava. Lo vidi avvicinarsi al bordo dell’acqua e cavare dalla sacca delle pagnotte vecchie. Pezzo a pezzo le gettò ai pesci. Restai a guardarlo, affascinato dalla monotonia dei suoi gesti. Non durò poco. Solo alla fine della provvista capii che stavo guardando il verso uno del capitolo undici di Kohèlet. “Manda il tuo pane sul volto delle acque.” Un uomo anziano nell’autunno del ’93 in una città spagnola eseguiva alla lettera l’invito, dando al verso il suo unico verso.

Compiva quel gesto di offerta tra sé e i pesci da molto tempo, ma quel giorno lo compiva anche per un muratore italiano pieno di Bibbia. Lo compiva perché potessi capire: potevo ben azzardarmi a cambiare la traduzione di un verso sacro, potevo pure avere ragione di farlo e di leggere: “in molti giorni lo ritroverai”, anziché “dopo”, purchè ricordassi che chi aveva letto quel verso altrimenti era stato ugualmente felice della sua lettura e di certo aveva offerto più pane di me. Così un uomo di una città remota, accompagnato da un cane e vicino a un fiume prosciugato, era un verso dell’Antico Testamento, lontano molte mattine, che tornava dopo molti giorni.

Per un gioco delle correnti il pane spezzato si allontanava dal lanciatore in direzione della sponda opposta, verso il mare, seguendo un fiume che non c’era più, secondo il suo verso”.

 “ G r a z i e !!!”

 

Edda CattaniIl “Corpus Domini”
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Festa della Pentecoste

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La discesa dello Spirito Santo,

ovvero della Profezia sulla Chiesa e sul mondo

Lo stesso giorno in cui la comunità giudaica celebrava il dono della Legge data da Dio a Mosé sul Sinai, in quella cristiana scendeva lo Spirito. Quel che guiderà i suoi passi non sarà più una legge esterna all’uomo, ma lo Spirito, forza di Dio che è intima all’uomo. Da quel momento il credente non sarà più colui che obbedisce a Dio osservando la sua Legge, ma colui che assomiglia al Padre praticando un amore simile al suo.(P.A.Maggi)

A tutti buona Pentecoste!

 


At 2,1-11; 1Cor 12,1-11; Gv 14,15-20

Non so quanti sanno che la Pentecoste, chiamata anche “festa delle settimane”, era una festa che gli ebrei celebravano nel bel mezzo del raccolto del frumento e come ringraziamento alla fine del raccolto dell’orzo. In alcuni ambienti giudaici, la Pentecoste (parola che deriva dal greco e significa “cinquantesimo giorno” dopo la festa dei pani azzimi, ovvero la Pasqua) assunse il significato di commemorazione dell’alleanza tra Dio e il suo popolo, avvenuta sul monte Sinai cinquanta giorni dopo l’uscita dall’Egitto.
Questo l’ho detto per farvi capire che il cristianesimo non ha eliminato di per sé ogni festa ebraica, ma ha dato ad essa un nuovo contenuto. Pensate alla Pasqua. Cristo ha scelto di morire proprio durante le festività pasquali ebraiche. Ha istituito l’Eucaristia nel mezzo della cena pasquale, seguendo per un verso il rito ebraico ma nello stesso tempo innestandovi la Novità della sua presenza sotto il segno del pane e del vino, raffiguranti il dono della sua vita nella morte che sarebbe avvenuta pochi giorni dopo. Non dico oltre perché entrerei in un mistero che non voglio banalizzare in due parole.
Comunque, una cosa deve risultare chiara. Il cristianesimo è in un certo senso in linea con l’Antico Testamento o, meglio, diciamo che è in linea con la migliore tradizione profetica. Parlare, dunque, della Pentecoste non è possibile senza tener conto di questa tradizione profetica. Già i profeti avevano parlato dello Spirito santo, naturalmente senza avere idee chiare, che saranno poi possibili con la venuta di Cristo. Il bello della profezia, ancora oggi, sta nel suo segreto che si rivela a poco a poco, a mano a mano si offrono le occasioni, e le occasioni bisogna anche favorirle. Se non altro, approfittarne quando si verificano.
I profeti parlavano in nome di Dio, e ci credevano pur ignorando i tempi di realizzazione della profezia che annunciavano e ignorandone addirittura la Novità. Con la venuta di Cristo tutto sarà più chiaro, anche se i più dotti del tempo e il popolino non avevano capito che le profezie si stavano realizzando. Ma neppure i cristiani capiranno in pienezza il messaggio di Cristo. La profezia è così: si realizza e rimane profezia, i suoi tempi non sono limitati, ma duraturi. Anzi, più la profezia è strepitosa, e meno si esaurisce nel tempo. Ho l’impressione che la Chiesa cerchi di bloccare la profezia e di fermarla nel tempo. E così ferma la Storia di Dio. I profeti fanno paura proprio perché annunciano cose che non si realizzano in toto nel tempo presente, così da poterle afferrare e chiudere in uno schema dottrinale. Si realizzano solo in parte; la profezia va oltre il presente, tende e spinge verso il futuro. Il presente per la profezia è dinamico, non statico. Si muove in continuazione in avanti. Progredisce. In meglio. Ecco la Profezia. A differenza della cultura dell’avere che vorrebbe darti più cose, subito, oggi. lludendoti di darti una felicità oltre l’oggi. Le cose si consumano, e consumano il presente, chiudendo la possibilità di un futuro.
Un discorso che mi piacerebbe continuare, ma leggo sul volto di qualcuno l’obiezione: che c’entra tutto questo con la Pentecoste?
Vorrei rispondere: secondo voi chi è lo Spirito santo? A parte il fatto che ancora oggi è uno sconosciuto, riscoperto solo da alcuni Movimenti ecclesiali (pensate al Rinnovamento nello Spirito) ma per farne una giustificazione direi misticoide per il loro estraniarsi da questo mondo. Lo Spirito santo al contrario non solo ci lascia realisti, con i piedi per terra, ma ci fa cogliere il cuore di ogni problema esistenziale, ci permette cioè di vivere intensamente su questa terra, in quanto esseri umani indivisibili. Indivisibili come esseri umani.
Il problema sta nel cogliere e nel vivere l’armonia del nostro io, e di sentirci parte dell’umanità e dell’universo. Uno Spirito che ci divide, da noi stessi e dal Creato e dall’Universo, non è lo Spirito di Dio, o lo Spirito di quel Cristo che si è incarnato proprio per riconciliare, non tanto con Dio (come ci hanno sempre fatto credere), ma con il nostro essere e con l’Universo intero. Il sacramento della riconciliazione, invece che essere ridotto alla Confessione dei peccati individuali, dovrebbe riguardare la fratellanza umana e del creato.
L’errore più grosso sta nel credere che lo Spirito santo divida l’anima dal corpo, per elevare l’anima umiliando il corpo. Così pure, l’errore sta nel credere che lo Spirito ci faccia vivere in un regno separato da questo mondo. Non parliamo poi della nostra totale o quasi indifferenza al fatto che siamo parte dell’Universo. Proprio perché viviamo su questa terra, a contatto con i problemi reali, è preziosa la presenza dello Spirito santo. Siamo bravi nell’usare espressioni come Spirito di libertà, Spirito di verità, Spirito di fratellanza, Spirito di unità ecc., e poi, appena siamo chiamati a dare verità, libertà, fratellanza a questo nostro mondo, allora lo Spirito evapora, si dissolve, svanisce nei nostri sogni ultraterreni.
Pensiamo solo allo Spirito di libertà. Che significa libertà? Anzitutto non c’è libertà senza liberazione. La libertà richiede spazi aperti, sgombri da ogni pregiudizio, da ogni chiusura, da ogni schematizzazione della verità. Liberazione anche dalla paura che blocca il processo di liberazione. Lo Spirito santo – l’ha detto Cristo – non sai da dove viene, dove va, dove cammina, dove si posa: non sopporta alcun freno, alcuna inibizione, non vuole spazi ristretti, calcoli, misure, compromessi.
Belle parole! Sì, belle parole, che leggiamo anche sui libri più cattolici. In realtà noi abbiamo paura dello Spirito Santo. Per questo facciamo finta che non esista o, se ne parliamo, stiamo attenti alla punteggiatura. Ogni tanto sentiamo il bisogno di una nuova Pentecoste. Sogniamo un altro Concilio. E poi? Tutto come prima, peggio di prima. Dopo anni e anni dall’ultimo Concilio che sembrava una grande ventata di freschezza evangelica, ora siamo ancora qui a soffocare in una Chiesa che si è ripreso tutto ciò che lo Spirito aveva spazzato via.

 Dal sito dongiorgio.it

I doni dello Spirito Santo sono regali

che Dio ci fa per affinarci di più a sé.

Troviamo questi doni enumerati nel Libro del profeta Isaia al capitolo 11 dove parlando del Messia che verrà il profeta dice che sarà ricoperto dello Spirito del Signore che è spirito di Sapienza ecc…

È interessante notare che nell’originale ebraico erano nominati solo sei doni, mancava la pietà, quando invece è stata preparata la versione greca chiamata dei 70 (circa un secolo prima di Cristo), essi introdussero anche la pietà perché nella lingua greca il termine timore di Dio non rendeva la pienezza di significati del corrispondente ebraico.

I 7 doni ci sono dati perché nello Spirito Santo portiamo frutti, noi che ora siamo innestati nella vite vera. I frutti dello Spirito santo li conosciamo da Galati 5,22-23.

Nella sequenza allo Spirito Santo diciamo: “Senza il tuo spirito non c’è nulla nell’uomo senza colpa”. Il Signore vuole darci questi doni ma tocca a noi aprirci. Nel Vangelo secondo Giovanni (7,37) è scritto: “Chi ha sete venga a me e beva, chi crede in me, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno. E diceva questo riferendosi allo Spirito Santo”. Abbiamo dunque la certezza di questi doni.

 Il dono della Sapienza

È l’esperienza gioiosa delle realtà soprannaturali. Ci da una conoscenza di Dio che non passa dalla conoscenza delle cose ma dalla condivisione della sua stessa vita. È fondamentale nella vita Cristiana, Risponde alle nostre esigenze di felicità. In Sapienza 8 abbiamo la sposa che offre tutte le gioie dell’intimità con Dio. È la gioia degli Apostoli dopo la Pentecoste. È l’anticipazione del Paradiso.

Sapienza 7,24-27: “Lei penetra in tutte le cose in virtù della sua purezza. È un aura del Dio potente e una pura effusione della gloria dell’Altissimo. Lei può tutto e rinnova tutto mentre lei rimane intatta. Passando in anime sante di ogni età produce amici di Dio e profeti”.

Sapienza 9,10: “Mandami la tua sapienza che sia con me e lavori con me perché io conosca ciò che piace a te”.

Matteo 5,13-16: “Voi siete il sale della terra e la luce del mondo. La vostra luce deve risplendere di fronte agli altri, essi devono vedere le vostre opere buone e rendere gloria al Padre dei cieli”.

La gente si sente attratta dal “Sapiente” perché sa che non è solo conoscenza quella che riceve ma stile di vita, capacità di approfondire le cose, provocazione ai valori veri della vita. Il sapiente capisce l’animo, le attese le speranze di chi gli sta di fronte.

Il sapiente non si allinea alle mode ma sa andare contro corrente e provocare la massa.

Un ragazzo ha visto una ragazza cento volte, ed essa era una delle tante, bruttina e noiosa. Ad un certo punto si innamora di essa e vede tutto in modo diverso, gode di averla vicina, tutto l’affascina in lei, cerca tutti i modi per stare con lei. Questo è l’effetto della fede in noi quando è arricchita dalla sapienza. Da questa nuova esperienza di Dio scaturisce anche un modo nuovo di vedere e valutare la vita e le cose. L’anima vede le cose con gli occhi di Dio e le valuta come le valuta Dio.

Frutto della sapienza è la contemplazione.

 Preghiamo: Donaci, Signore, lo Spirito di Sapienza, per contemplare le meraviglie del tuo amore, per riconoscerti nel creato, nel cosmo, nelle persone, in ogni essere vivente. Concedici di adorarti, come Maria, la Madre di Gesù, in Spirito e Verità. Amen. Alleluia.

 Il dono dell’intelletto

È la risposta al bisogno di conoscenza e verità. Ci fa comprendere in maniera chiara quello che la luce della fede ci fa comprendere in maniera crepuscolare. Nell’ultima cena Gesù dice: “Vi ho detto queste cose ma il Padre vi manderà lo Spirito Santo che vi insegnerà ogni cosa”. È indispensabile nell’Evangelizzazione e nella catechesi, sia per chi parla che per chi ascolta. Fa capire in profondità la Parola di Dio e fa gustare la bellezza delle realtà rivelate.

Salmo 119,104: “Attraverso i tuoi precetti io guadagno l’intelletto per cui odio le vie false”.

Pensate a tutti i dogmi della fede. “Ti ringrazio Padre perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”.

Il dono dell’intelletto coinvolge non solo la mente ma anche il cuore, la volontà, la passione, e persino l’azione.

Per gli antichi Ebrei della Bibbia, sede dell’Intelletto non è il cervello ma il cuore perché la conoscenza che si raggiunge col cuore è più profonda di quella fredda del cervello.

Non è puro calcolo, ma adesione. Intelletto, da intus legere. Chi conosce con l’intelletto non si ferma all’esteriorità e al momento ma sa cogliere le conseguenze delle cose e accettarle. L’intelletto è strettamente legato alla fortezza che gli darà la capacità di portare avanti le scelte.

Altra caratteristica dell’intelletto è quella di saper fare unità tra i diversi aspetti della fede.

Chi vive di intelletto sa che la vita è sempre un misto di vittorie e sconfitte, gioie e dolori. Si arriva a capire il modo di agire di Dio che è diverso dal nostro.

È un dono indispensabile quando si legge la Bibbia. Frutto dell’intelletto è la profezia.

 Preghiamo: Donaci, o Padre, il dono dell’intelletto, per scrutare il tuo Mistero, per essere profeti di verità in questo nostro tempo così difficile. Fa’ che le nostre menti e i nostri cuori si aprano alla conoscenza del tuo amore. Amen. Alleluia. 

 Il dono del Consiglio

Offre un discernimento intuitivo e sicuro nelle scelte che facciamo per conoscere la volontà di Dio. Pensate alla scelta vocazionale. Accresce la virtù della Prudenza. Fa sì che le nostre azioni siano degne di Dio; ci fa agire sempre per la gloria di Dio.

Matteo 6,25-34: “Quando pregate non fate come i pagani… quando digiunate … quando fate l’elemosina …”; “Guardate i Gigli del campo e gli uccelli del cielo”.

Qui si va al di là delle scelte legate solo ai doveri morali. Di per sé non si tratta di scegliere di seguire delle regole, quello è scontato. Non si tratta di scegliere tra un bene e un male, quello è scontato. Si tratta di scelte più impegnative che ci avvicinano a Dio.

Però è anche vero che al giorno d’oggi sorgono molteplici problematiche nuove per le quali non è più sufficiente applicare le regole vecchie alla lettera. Ad esempio tutte le problematiche dell’etica medica e scientifica.

Inoltre oggi è sempre più forte la problematica innalzata dall’incontro della società occidentale sempre più in crisi di valori religiosi e le culture diverse, per cui anche i valori tradizionali sembrano perdere o cambiare significato. Cosa vuol dire libertà, rispetto della vita, famiglia, ecc.? Fino a che punto il pluralismo è valore e non confusione? Dobbiamo ripartire da Babele per arrivare alla Pentecoste dove la diversità delle lingue scaturisce dall’unità dello Spirito.

Naturalmente, fondamento del consiglio è l’esperienza e siccome qui si parla di consiglio come dono di Dio è necessario far esperienza di Dio sia nella preghiera che nella coerenza di vita. Primo dovere di ogni consigliere è pregare.

Frutto del consiglio è soprattutto la riscoperta della propria vocazione e di quella degli altri: il così detto discernimento spirituale.

 Preghiamo: Abbiamo, bisogno, o Padre, del dono del Consiglio: per fare esperienza di te, per aiutare gli altri nel discernimento, per interpretare i fatti della nostra storia, per essere coerenti nella vita. Liberaci dalla confusione, dai pensieri sbagliati, dalle suggestioni del male. Donaci, o Padre, lo Spirito di Consiglio: per confortare, per illuminare, per esortare. Amen. Alleluia.

 Il dono della Fortezza

La Fortezza ci abilita a sopportare fatiche e sofferenze ma anche ad affrontare tentazioni e difficoltà. È lo spirito dei martiri, di coloro che sono ammalati da tempo e offrono queste sofferenze. Solo un amore grande riesce a superare tutte le difficoltà. “Non ci spaventino le prove o i dolori, a chi ama, Dio moltiplica i dolori. È dai dolori più grandi che sorgono le gioie più grandi”. “Vivere, palpitare, morire ai piedi della croce o in cima alla croce”. “Non domandiamo a Cristo che ci liberi dalle croci, sarebbe la nostra rovina, domandiamo che ce le aumenti, e ci dia la capacità di portarle con gioia con lui”.

Siracide 2,1: “Quando vieni a servire il Signore preparati per le prove. Sii retto di cuore e forte, non ti smarrire nel tempo dell’avversità”.

Salmo 46: “Dio è per noi rifugio e forza, aiuto sempre vicino nelle angosce”.

Matteo 10,16-33: “Vi mando come pecore in mezzo ai lupi. … Non preoccupatevi di cosa e come dovete dire, vi sarà suggerito in quel momento. Non sarete infatti voi a parlare ma lo Spirito del Padre”.

La troviamo sia tra le virtù cardinali che tra i doni dello Sp. S. Alla virtù si riferisce l’azione decisa della persona, al dono si riferisce la capacità di farsi guidare e plasmare dallo Spirito Santo nonostante le difficoltà. Il dono è quindi la completezza della virtù stessa.

Si ha di fronte il bene, con l’intelletto e il consiglio si sono fatte le scelte, ora si tratta di portarle a termine, di essere fedeli.

Si esprime più nella fedeltà del quotidiano anche se può arrivare alla grandezza del martirio.

È necessaria contro lo scoraggiamento, le tentazioni, l’egoismo, ma è necessaria anche nel cammino spirituale di santificazione, ne sono prova le così dette notti oscure attraverso le quali passarono i grandi mistici.

Frutto della fortezza è la gioia interiore.

 Preghiamo: Donaci, o Padre, lo Spirito di Fortezza, per vincere le suggestioni del male, per essere testimoni coraggiosi del Vangelo in un mondo che cambia e si allontana sempre più da te, dalla Verità, dalla Vita. Donaci la Fortezza, Signore, per non assimilarci alla mentalità di questo secolo, per rigettare ogni messaggio di morte (la vendetta, la guerra, l’eutanasia, l’aborto), per sopportare con fiducia e speranza le nostre sofferenze e infermità, le tribolazioni e le fatiche di ogni giorno. Amen. Alleluia.

 Il dono della Scienza

Dell’intelletto abbiamo detto che ci fa intuire le verità, la scienza ci da la capacità di vedere le cose come le vede Dio. Fa sì che possiamo vedere sempre tutte le creature con gli occhi della fede. Fa percepire con sensibilità viva la presenza del Creatore nelle creature e la presenza di Gesù in tutti gli uomini. È alla base della santità perché ci pone sempre alla presenza del Signore.

Salmo 49: “L’uomo nella prosperità non comprende è come gli animali che periscono. … Ma Dio potrà riscattarmi, mi strapperà dalla mano della morte. Se vedi un uomo arricchirsi non temere, se aumenta la gloria della sua casa. Quando muore con sé non porta nulla”.

Marco 12,38-40: “Guardatevi dagli scribi che amano passeggiare …”.

Marco 12,41-44: “L’obolo della vedova”.

Qui si rivolge il sapere umano che il dono della scienza sa cogliere e porre all’interno della scala di valori di Dio.

È capacità di conoscere e capire le cose e di usarle per il bene, per incamminarsi verso Dio. È un sapere che non può essere appreso solo sui libri ma diventa affinità con la materia, diventa vita.

In una cultura sempre più laica e atea che vuol escludere Dio perché di lui non ci sono prove scientifiche, la scienza si rilancia come strumento di cammino verso Dio, dando la capacità alla conoscenza umana di fare il salto verso l’assoluto e accettare quello che non possiamo comprendere. È quindi strettamente collegata con la Fede. Fa capire la limitatezza del sapere umano. È il dono dei filosofi cristiani, ma, più in generale di tutte le scuole cristiane.

Frutti della scienza sono ammirazione, stupore e riflessione.

 Preghiamo: Donaci Signore la Scienza: per vedere le cose come le vedi tu, per contemplarti in noi stessi, in ogni uomo e donna creati a tua immagine e somiglianza, per lodarti in eterno, per rendere ragione della speranza che è in noi. E, in modo più semplice, per alimentare lo stupore della vita, la nostra capacità di riflessione, di ragionamento. Donaci la Scienza, o Padre, per ritrovarti in tutte le cose che hai creato: perché anche la ragione ci porta a te e non solo la fede. Donaci la vera Scienza per comprendere che il mondo si salverà non con le scoperte scientifiche, né con i progressi della tecnica, ma con l’amore che viene da te. Amen. Alleluia. 

 Il dono della Pietà

La pietà ci fa sperimentare la tenerezza del Padre e ci fa sentire figli prediletti. “Come un bimbo sereno in braccio alla madre”. Ci da il senso della Divina Provvidenza, che riconosce che siamo figli di Dio e che lui provvede a tutto. “Il Signore non turba mai la pace dei suoi Figli se non per darne una maggiore” (Don Orione). È la forza del pentimento dei peccati. È l’amore dei figli verso il Padre. Esempio è Enea che fugge da Troia portando in spalle il padre.

Osea 11,3-4: “Gli ho insegnato a camminare, l’ho tirato su fino alla mia guancia e mi sono chinato su di lui per dargli il mio cibo”.

Galati 4,6: “È lui che ci sussurra di dire Padre”.

Lo spirito di pietà ci introduce nell’intimità della famiglia trinitaria.

Sapienza 12,20-22: “Se hai punito con riguardo e indulgenza i nemici dei tuoi figli concedendo loro tempo di ravvedersi, con quanta più attenzione lo fai coi figli della promessa? Mentre dunque ci correggi colpisci i nemici perché riflettiamo e speriamo nella tua misericordia”.

È un dono che coinvolge volontà, azione, sentimenti delle persone. È una sensibilità del cuore, di quel cuore di carne che Dio ha messo al posto del cuore di pietra. Diventa così importante perché prepara il terreno per tutti gli altri doni. È cuore capace di ascoltare la parola del Signore e far sì che diventi impulso per le azioni.

Insegna a desiderare come Dio desidera. L’uomo diventa figlio di Dio e impara a dire con confidenza e umiltà: Abbà, Padre.

Da questo cuore convertito che si slancia verso Dio nasce la preghiera.

Questo rapporto con Dio ha conseguenza anche sul nostro rapporto con gli uomini. Ci fa sentire vicini agli altri, fratelli. Sensibili, senza sentirsi migliori perché la pietà porta sempre con sé l’umiltà.

Frutti della pietà sono la preghiera e la solidarietà.

 Preghiamo: Donaci, o Padre, la Pietà. Per essere teneri come te, per donare il tuo amore al mondo. Fa’ che la nostra fede sia accompagnata dalla tenerezza, dalla dolcezza delle tue parole. Perché con umiltà e mansuetudine sappiamo annunciare il tuo regno di pace infinita agli uomini afflitti e stanchi, a coloro che sono senza amore, privi della tua gioia. Amen. Alleluia.

 Il dono del Timore

Il Timore di Dio non è paura, ma il riconoscere la santità e la trascendenza, la maestà di Dio. È il santo che cantiamo ogni giorno a Messa (Is 6,1). Rende vivo il valore di Dio nella nostra vita, ci fa coscienti della sua presenza e ci fa dispiacere di far qualcosa contro di Lui. Adorazione, lode, ringraziamento partono da qui.

Siracide 1,9-18: “Il timore del Signore è gloria e vanto. … Per chi teme Dio andrà bene alla fine. … Principio della sapienza è il timore del Signore. Pienezza della sapienza è il Timore del Signore. Corona della sapienza è il timore del Signore. Radice della sapienza è il timore del Signore.”

Salmo 25: “Chi è l’uomo che teme Dio? Gli indica il cammino da seguire. Il Signore si rivela a chi lo teme, gli fa conoscere la sua alleanza. Vedi la mia miseria e la mia pena e perdona tutti i miei peccati”.

Matteo 24: “Essere pronti per la venuta del Signore”.

Non è la paura e non è neanche in contrasto con l’amore. Esso è prima di tutto rispetto, riconoscimento della sua grandezza, fiducia nella sua giustizia.

È il monito profetico che ci invita fortemente a non fare compromessi col male. Con la giustizia di Dio non si scherza.

È un riconoscere che i suoi pensieri non sono i nostri pensieri, le sue vie non sono le nostre vie.

In continuazione, l’Antico Testamento ci invita a temere Dio. È però un riconoscerlo Padre. È timore filiale intriso di affetto, è più un non voler rattristarlo col nostro comportamento sbagliato che non un temerne il castigo.

Frutto del Timore del Signore è la coerenza.

 Preghiamo: Donaci, Signore, il santo Timore: per mettere Te al primo posto nella nostra vita, per riconoscere che i tuoi pensieri non sono i nostri; per camminare secondo le tue vie, per mettere in pratica i tuoi comandamenti. Per vegliare sempre, sino al giorno della tua venuta. Per ricordare al mondo che tu sei il Salvatore. Amen. Alleluia

Padre Edoardo Scognamiglio (Provinciale dei Frati Minori Conventuali e teologo )

Ofm Conv. CONVENTO SAN FRANCESCO

Via san Francesco, 117 – 81024 Maddaloni (Ce)


Edda CattaniFesta della Pentecoste
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Fiori: speranze esaudite

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Fra ricorrenze e Santi: ripropongo ogni anno…

I fiori sono le speranze esaudite della terra

(Pam Brown)

E’ ancora  il 22 Maggio e il mio giardino è esploso ancora una volta in tutta la sua bellezza…con il ricordo e l’incanto del linguaggio dei fiori:

 

…poche cose vorrei da te soltanto

zampilli di fresche parole

che, come acqua di fiume,

scorressero verso me…

 

 

Abbiamo registrato la nostra Associazione come Promozione Culturale e abbiamo finalmente un’immagine ufficiale… quella che con il profumo dei fiori, ho sempre cercato di trasmettere…

 

E’ tornata la festa di Santa Rita e non posso fare a meno di aggiornare questo articolo che ha testimoniato tante mie esperienze e la bellezza della comunicazione con i miei diletti che sempre mi accompagnano. Questo dialogo è stato condiviso da tanti cari amici a da alcune Mamme in particolare … sulla cui bacheca avevo postato questa ricorrenza.

Fra queste menziono Laura, la Mamma di Marian… divenuta una “Madre Coraggio” testimone a Roma all’udienza dal Papa per le Vittime della strada:

“S.RITA era la mia protettrice e di seguito quella di mia figlia… Anche io adoro i fiori ,il giardino e di seguito anche mia figlia… lavorava presso un vivaio e studiava i giardini e gli insetti… mi ha colpito proprio il sito …è tutto ciò che ero io ed era mia figlia… lei amava tanto S. RITA tanto che a sua figlia ha dato il suo nome… era anche una devota moglie (si sarebbe sposata quest’anno) ma più che altro ha nel suo breve tempo cercato di cambiare le idee di un ragazzo sfortunato sacrificandosi nella rinuncia… di questi tempi trovare ragazze così non è facile anzi son criticate …non è che ne voglia fare un’eroina ma è così che mi hanno detto coloro che  l’hanno conosciuta ….come S. RITA io i segni non li so….ma questo è già uno… anche se la rabbia è ancora tanta e tantissimo il dolore ….in casa sua non c’erano riviste …ma solo immagini …e statue e la sua adorata S. RITA…vorrei tanto saper come andare avanti e farmene una ragione …è tutto un mosaico la mia vita e non riesco ancora ad assemblarla… grazie!”

Il ventidue maggio, nel calendario dei santi si ricorda S.Rita da Cascia. Di questa grande Santa si raccontano eventi straordinari che io ho cominciato a comprendere fin da bambina. Nella chiesa parrocchiale vicina alla mia abitazione, vi era un altare con una statua a lei dedicato ed ogni devoto che entrava, si inginocchiava per rivolgere una preghiera. La Santa infatti viene definita “la Santa degli impossibili” per le grandi sciagure che avevano devastato la sua vita: la morte del marito prima e dei tre figli poi e la Sua grande Fede nel superarle. Nella mia città, quando ero bambina si facevano ancora le “processioni” con le statue dei Santi; il 22 maggio mio padre addobbava il portone d’ingresso e la mamma stendeva sulle finestre le più belle coperte di seta. Poi al passaggio della Santa si lasciavano cadere sul corteo petali di rosa multicolori raccolti dai giardini delle case.

Questo atto di devozione è legato al trapasso di Rita, quando una parente le fece visita in un giorno di inverno e la Santa disse che avrebbe desiderato una rosa.  La parente si recò nell’orticello e grande fu la meraviglia quando vide una bellissima rosa sbocciata che colse e portò a Rita. Essa disse: “ Quando me ne andrò farò cadere dal cielo una pioggia di rose”. Cosi S. Rita divenne la Santa della “Spina” e la Santa della “Rosa”. Era il 22 Maggio del 1447. S. Rita prima di chiudere gli occhi per sempre, ebbe la visione di Gesù e della Vergine Maria che la invitavano in Paradiso. Una sua consorella vide la sua anima salire al cielo accompagnata dagli Angeli e contemporaneamente le campane della chiesa si misero a suonare da sole, mentre un profumo soavissimo si spanse per tutto il Monastero e dalla sua camera si vide risplendere una luce luminosa come se vi fosse entrato il Sole.



La grande devozione a questa Santa, devota Sposa e Madre,  a cui mi sono da sempre affidata, ha riempito il mio cuore di tenerezza per tutta la mattinata di sabato, anche quando sono andata a portare le rose in cimitero.
Ho posato il capo sulla pietra nuda della cappella dove abbiamo composto le splendide spoglie del nostro adorato figlio Andrea ed ho avvertito che emanava un debole vapore. Ho azzardato una carezza ed un alito di vento mi ha accarezzato il volto, i capelli. Ho pensato: “Mancava questo soffio! Dio è qui!” Sulla mensola a fianco ho posto un cero, simbolo del  fuoco e sul ritratto ho appeso una colombina bianca. Ho pensato che l’indomani sarebbe stata la V Domenica di Pasqua ed ho avvertito una grande pace interiore. 

«Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.
Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto;
quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io.
E del luogo dove io vado, voi conoscete la via».


Giovedì in serata sono venuti a casa mia alcuni amici della nostra associazione con i quali ci eravamo dati appuntamento per scambiare liberamente, fra noi, commenti ed esperienze. E’ la prima volta che questo accade da quando sono rimasta sola e Mentore non è in mia compagnia, per cui si è trattato di una circostanza veramente speciale. La mia casa ha le pareti “benedette” perchè vi si respira un’aria fatta di mistiche presenze; per questo ne amo i colori e le mille piccole cose di cui è ricolma, anche se si tratta di oggetti senza valore, ma con il dolce sapore dei “ricordi”.

Ciò che però colpisce nell’entrare dal cancello è l’immensa fioritura multicolore che fa somigliare il mio giardino ad un piccolo paradiso. In esso vi sono piante fiorite di tutte le dimensioni e colore e alberi da frutto. Fin qui non vi sarebbe nulla di speciale, ma, da quando è mancata la mia mamma, l’inverno scorso, ogni anniversario o data importante viene accompagnata da una nuova scoperta. La mia mamma amava tanto i fiori e quando era mia ospite le compravo sempre una piantina di piccole rose che ponevo sul davanzale della sua finestra; poi, quando se ne andava, la interravo in un angolo del giardino. Ora tutte quelle pianticelle sono diventate roseti che mi regalano boccioli lungo tutto il corso dell’anno e quando apro le finestre al mattino sono curiosa nello scoprire quale sorpresa mi sia stata data.

Questa è la più bella ed è sbocciata il giorno della festa della Mamma

Questa bellissima orchidea è sbocciata per la seconda volta nell’anniversario della sua dipartita.

La mia piccola palma, regalatami dalle mie insegnanti qualche anno fa, è fiorita per la prima volta, il giorno di Pasqua!

Dovrei, ora creare un album fotografico per raccontare le mille esperienze vissute nel mio giardino incantato, ma esse fanno parte di quel linguaggio nascosto che accompagna le mie giornate, così dense di impegni, impregnate di sofferenza, ma calde di affetti silenziosi che parlano nel profondo del mio cuore. Per questo, cari amici volevo mettervene a conoscenza… perchè i segni sono tanti che il Signore ci dà a nostro conforto… basta saperli cogliere!

  Un saluto “fiorito” da un angolo della mia casa, con un grande abbraccio di Luce!

Edda CattaniFiori: speranze esaudite
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Abbandono al Padre e “Affido a Maria”

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Abbandoniamoci al Padre

In questi giorni di maggio, fra mille notizie poco rassicuranti passate attraverso i media, ho sentito vivo in me il desiderio di “pace” e di un’unione interiore con il Padre, attraverso Maria. Nella mia precarietà quotidiana molti sono i momenti di sconcerto ed ho bene accettato il suggerimento, di “ritirarmi un po’ nel deserto” per uscire da quest’amara, rabbiosa confusione e capire meglio…tante cose…tante realtà diverse da quelle ben organizzate nelle quali si ha la fortuna di vivere… Ho riletto con attenzione il messaggio di un amico, che mi ha inviato in allegato la locuzione interiore ricevuta da un sacerdote napoletano in odore di santità, don Dolindo Ruotolo e l’ho fatta mia, trasmettendola anche alle mamme di FB:  Angela,  Vera, Maria Grazia..… perché la condivisione portasse realmente frutto.

amore

“Passate il vostro tempo libero nella preghiera di abbandono e di lode. Purché questa preghiera non sia per forza solo secondo le formule, e se le formule scompaiono, non pensate che anche la preghiera di abbandono scompare. Voi potete per esempio dire una preghiera orale, una formula, un salmo, se questo vi aiuta a stare in unione con Dio, nella sua presenza, che sia percepita o no, ma non mettetevi a ripetere la formula… è questa la via dell’abbandono alla sua azione che non possiamo definire né prolungare, ma alla quale dobbiamo abbandonarci. Abbandonatevi dunque tra le sue mani non solo nelle situazioni prevedibili ma anche in ciò che rimane nascosto in Dio, dietro tutto ciò che può o deve capitarci. Vivete l’abbandono all’azione di Dio in noi, questo Dio da cui di continuo riceviamo l’essere, il movimento, la vita”   

“Abbandonandoci al Padre”

Gesù è l’Uomo rivelato a se stesso !

 Padre mio,

io mi abbandono a Te,

fa’ di me ciò che ti piace;

qualunque cosa tu faccia di me,

Ti ringrazio.

 

Sono pronto a tutto, accetto tutto,

purché la Tua volontà si compia in me

e in tutte le Tue creature :

non desidero altro, mio Dio.

 

Rimetto la mia anima nelle tue mani,

Te la dono, mio Dio,

con tutto l’amore del mio cuore,

perché Ti amo.

 

Ed è per me una esigenza d’amore

Il donarmi,

il rimettermi nelle Tue Mani,

senza misura,

con una confidenza infinita,

poiché Tu sei il Padre mio.

Per questa intima unione, un grande monito ci viene dato:

 il Santo Padre  ha affidato il Paese alla Madonna

“Mater Unitatis” 

rievocando i 150 anni dall’Unità d’Italia.

Secondo il sussidio liturgico diffuso dalla Cei a tutte le diocesi per la celebrazione del rosario, l’appellativo con cui ci si rivolgerà alla Madonna sarà quello di «Mater Unitatis». «Fratelli e sorelle, – si legge nel sussidio della Conferenza episcopale italiana – in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, la Chiesa desidera affidare a Maria, che invochiamo con il titolo di Mater Unitatis, tutto il popolo italiano. In comunione con le altre comunità cristiane, celebreremo i misteri della luce».

mater unitinitas

 «Nel seno di Maria lo Spirito ha reso possibile l’incontro tra il cielo e la terra, tra la Gloria e il fango. E’ avvenuto uno scambio ammirevole. La venuta dello Spirito ha prodotto un essere umano, nel quale ogni essere umano può dire: “sono io” e in cui Dio dice: ”sono io”. In questo essere umano l’umanità futura ha cominciato ad esistere.”

( Brani Tratti da “Sulle orme di Fratel Carlo… Esercizi Spirituali Jesus-Caritas – Nov.2003”)

Edda CattaniAbbandono al Padre e “Affido a Maria”
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