2011

Guardarsi intorno!

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"Noi ci vediamo!"

 

Dopo l'accorato appello di una madre che ha lanciato su facebook il suo richiamo, ecco il commento  di P.V. all'articolo sulla "Giornata della Memoria" pubblicato qui sotto. Guardiamone un passo:

 

…Accorgersi così della presenza di tante vite che ci vengono incontro da ogni lato,
ognuna con il suo percorso, in attesa di essere da noi conosciute e riconosciute.
Cos'altro é stato il cammino di Gesù e dei suoi discepoli se non un guardare intorno?
Come si sarebbe espressa la forza liberante dei suoi gesti, se non fosse stata sollecitata
da un guardare compassionevole? 
E noi? Forse potremmo fare spazio ad una goccia di vita se solo guardassimo davvero.
Il samaritano, guarda e presta soccorso all'invisibile.
Il ladro, dalla croce guarda e apre il suo ultimo battito alla speranza…

 

Ecco la goccia di vita: una madre che non ha denaro per comperare un panino alla figlia ammalata, destinata ad una fine precoce, perchè già segnata da una malattia incurabile! E noi cosa possiamo fare oltre che lamentarci delle istituzioni, delle promesse mancate, dell'insensibilità delle persone…

Certo, possiamo dire: "Ti sono accanto con la preghiera…" mentre le ore passano inesorabili e ad una bimba si spegne sempre più il sorriso! Guardiamo questa creatura dal corpicino piagato  che aspetta una nostra risposta… e la sua Mamma… così dignitosa che vuole solo un lavoro per fargliela…

 

 

 

 

C'è anche chi scrive sulla bacheca: "Ditemi come possiamo aiutare realmente questa ragazza e la sua famiglia: non ci sono parole per descrivere il mio dissenso…. Noi, amiche e amici di fb, insieme possiamo farcela, ci basta solo sapere cosa possiamo fare!!!!! "

 

Grazie infinite a TUTTI. Ecco qua ciò che occorre: AMBROSIO ANGELA – Via Malacarne, 2 S.Gennaro Vesuviano (NA) 80040   Conto Posta posta-pay è 4023 6105 6956 8968 Codice fiscale MBRNGL66A41H931T



 

 

"ASSISTENZA E DIGNITA' PER MIA FIGLIA"

 

 

 

 

L'accorato appello di una mamma che da sola lotta contro la Klippel Trenaunay Weber la malattia rara di cui è affetta sua figlia Anna destinata a morire. Angela Ambrosio, una signora di San Giuseppe Vesuviano che da sedici lunghi anni convive con una gioia immensa e con un dramma che le dilania l'anima e la mente. La gioia infinita è sua figlia Anna. Le sue piccole conquiste, le emozioni, i gesti, gli sguardi e l'innata vanità di una ragazzina che, grazie all'amore incommensurabile di sua sorella Pina e di mamma Angela si conquista ogni giorno dei suoi dolorosi 16 anni di vita. Il dramma è la Klippel Trenaunay Weber. Una malattia rara per la quale non vi sono cure e che in fine al percorso ha un solo triste e nefasto epilogo. Al momento Anna sta vivendo una fase della malattia similare ad un malato terminale di cancro. Dolori atroci, necrosi, sanguinamenti, infezioni, linfoangite, metastasi in tutto il corpo e aggressività in momenti dolorosissimi. "Mia figlia è dolcissima, nonostante l'afasia e il ritardo intellettivo che l'ha colpita dopo un vaccino, ma che non ho potuto mai provare a causa della sua patologia. – dice mamma Angela – Anna capisce tutto e vive una sofferenza atroce sin dalla nascita. E' stata seguita dal secondo policlinico di Napoli, che diagnosticò la Klippell Trenaunay Weber, ma non contenta scrissi al centro di informazioni di malattie rare, che mi ghiacciarono con una lettera, che conservo ben stretta. Mi dicevano che non sapevano come aiutare Anna così come tanti altri nel mondo. Non c'erano cure". Poi l'inizio del calvario. Prima i ricoveri che pian piano si diradarono nel tempo, poi mille scuse, poi indirizzarono Angela alla terapia del dolore. "Ci andai con Anna,e loro mi dissero se provavo con gli oppiacei. – ricorda la signora – Nel giro di 24ore mia figlia aveva un blocco renale e per poco non moriva. Poi l'allontanamento definitivo dall'ospedale anche se il professore Andria, mi disse che se avessero avuto riscontri, per aiutare Anna mi chiamavano. Ma quando?" Angela è una mamma coraggiosa e da anni combatte una battaglia di dignità per la sua Anna che è stata lasciata sola sia dalle strutture ospedaliere che da quelle assistenziali territoriali. Quasi come se, visto che non si salverà da questo triste destino, fosse stata cancellata dalle persone che hanno diritto all'assistenza ed alla dignità della malattia. Anna risiede a San Gennaro Vesuviano, ma non va a scuola ed occuparsi della sua assistenza continua sono mamma Angela e Pina la sorella maggiore, che ha rinunciato agli studi universitari pur di accudire la sorella. Due donne sole. Ed Anna. A cui lo stato riconosce 480euro al mese. "Pago 345 al mese di fitto più spese condominiali e bollette. Come dobbiamo vivere?" – con amarezza affermo: "Io no ho più fiducia nelle istituzioni, non mi sento cittadina italiana. E dov'è l'articolo 1 della Costituzione italiana?"Angela anela ad un lavoro. Sino ad oggi, invece, le istituzioni non hanno fatto nulla nonostante le dovute insistenze,ho lavorato presso una cooperativa della 328 ambito nove come figura di assistente ai minori.nei comuni vesuviani "Purtroppo i pagamenti avvenivano ogni 5mesi e non tutta la retribuzione, mentre a me i soldi necessitavano tutti i giorni e fui costretta a lasciare", ricorda in questi anni ho anche registrato la fine del mio matrimonio con il disinteresse del padre di Anna. Ha trovato porte chiuse dappertutto e qualche associazione si è avvicinata solo per cercare di approfittare della condizione di Anna. Quello che è riuscita ad ottenere lo ha fatto solo con l'aiuto di una rete di persone amiche che l'hanno aiutata ad arredare la piccola casa in cui vivono. Non ha l'auto anche se Anna ama uscire. "Ci sono belle giornate di sole e stamattina mi ha detto: "io uscire". Dove la porto se non ho i soldi per comprarle un panino? – dice con la voce tremante, ma determinata – Senza di me Anna non avrebbe dignità e sto facendo di tutto affinchè non la perdi mai". vorrei acquistarla l'auto..ma l'accompagno di Anna non è reddito e non ho una busta paga per accedere ad un finanziamento..come fare non so..e l'auto è essenziale per me.Se gli succede qualcosa devo chiamare l'autoambulanza…!!!!!!E il lavoro per Angela è la condizione essenziale affinchè questo possa accadere dal momento che a Napoli non valgono le agevolazioni, che il Nord eroga a chi vive condizioni di estrema difficoltà per malattie così gravi come una casa ed un sussidio di 500euro al mese.Anna ama tantissimo il mecdonald.

 

 Questo appello deve trovare risposta… se siete in tanti a leggere queste mie pagine, non passate oltre!

 Sentite cosa mi scrive questa Mamma speciale:

"Grazie cara Edda,le dolci parole,del Signore che escono da voci lontane,riempiono il cuore sempre,e devo dire che la mia fede è stata la medicina di Anna,perchè solo chi crede vede le meraviglie di Dio,e io sono felice che Dio mi ha affidato un compito molto difficile,vedere la sofferenza in Anna e dire,"grazie Dio di avermi scelta e vivere questi giorni sulla terra in tua compagnia"il sorriso che mi dono' ha avuto un grosso compito essere allegre nel giorno delle sofferenze è solo un dono di Gesù,ringrazio DIO di poter avere persone che mi stanno vicino anche da lontano,grazie per le affettuose parole,un abbraccio affettuoso. "
 
Edda CattaniGuardarsi intorno!
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“Dalle sue piaghe siete stati guariti”

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Chi avrebbe pensato che mentre veniva distribuita l'unzione a Casa Madre Teresa, un'altra tragedia toccava la mia famiglia:
 
Se n'è andata la sorella di Mentore per un banale incidente domestico ( le si è incendiata addosso una bomboletta di alcool trasformandola in una torcia umana). Questo ha riportato alla mia mente i tanti "perché"… Quando mi sembra di aver dato risposta ai miei interrogativi, mi causano grande sconforto le tragedie altrui e si ripresenta quella domanda che ricuso, ma che sovente sento ripetere:" Perché? Cosa aveva fatto di male per "meritare" una fine così atroce?" Poi su tutto si possono trovare infinite spiegazioni … ma la fede è difficile da testimoniare.
 
Mi scrive il nostro amico P.V.
 

Cara Edda, ricordo una piccola chiesa nella Bassa Padana che con una certa frequenza ospitò il mio sostare, all’inizio del tempo che mi vide emigrante. Sconsacrata durante l’occupazione francese, era stata adibita a ospedaletto per le truppe napoleoniche. Sotto quelle volte dalla francescana semplicità sembrava ancora di udire il vociare dei feriti e l’andirivieni dei soccorsi. L’unico segno visibile che risaltava dallo sfondo di quelle antiche e spoglie mura era un crocefisso di altezza naturale. Diverse erano le domande che mi frullavano in testa: “Ma che senso ha portare la mia vita ai piedi di questo corpo inerme e tumefatto, sconfitto e disonorato”? “Accostarci alla croce non ci pone ai margini della società”? “E la nostra fragilità, paura, il più delle volte non ci pone a guardar da lontano, da un margine di sicurezza”?…  

Ecco, ancora oggi sento che quel crocefisso ACCOGLIE TUTTI E TUTTO. Ciò che avverto come pesi, perdono in pesantezza, iniziano un po’ a dissolversi  ai piedi di quella Presenza e costato l’inconsistenza del male.

 

 
 
11 febbraio 2011
 
Il tema della XIX Giornata Mondiale del Malato è:
"Dalle sue piaghe siete stati guariti" (1 Pt 2,24)
 
 
 
Il tema si inquadra nel percorso triennale di programmazione pastorale “Educare alla vita nella fragilità. Sfida e profezia per la pastorale della salute”, sulla base degli Orientamenti Pastorali CEI per il prossimo decennio “Educare alla vita buona del Vangelo”.
 
Il materiale relativo alla Giornata è stato distribuito alle Diocesi. 
Il Messaggio del Santo Padre, pubblicato il giorno 18 dicembre 2010, è scaricabile in questa pagina 
Messaggio di Benedetto XVI per la 19ª Giornata Mondiale del Malato (11 febbraio 2011)
Mess_Giorn_Malato 2011[1]

    L’ Unzione  degli  infermi  

“Dov’è carità e amore…”

Il Sacramento dell’Unzione degli infermi agli Ospiti di Casa Madre Teresa di Calcutta

 

 

  Si è conclusa con questo canto, oggi 11 febbraio, "giornata del malato", la celebrazione del Sacramento dell’Unzione degli infermi che ha avuto luogo durante la Santa Messa prefestiva, nella cappella di Casa Madre Teresa di Calcutta.

 

Il Sacerdote celebrante aveva anticipato l’iniziativa con una lettera indirizzata a tutti i famigliari affinché potessero preparare i loro Cari a questa rito e, nel contempo, avessero l’opportunità  di prendervi parte cogliendola quale prezioso dono spirituale a vantaggio di chi è in qualche modo sofferente o ammalato, o anche non malato ma desideroso di partecipare.

 

 Gli ospiti, compresi della circostanza,  erano stati disposti nei banchi con le Suore e gli Operatori in mezzo a loro, mentre continuavano ad affluire parenti che non trovavano più spazio… un pellegrinaggio di fede e di amore.

 

 

 

Anche se il sacerdote aveva invitato a non pensare ad effetti magici o taumaturgici e a pregare per gli altri, sono certa che tanti avranno supplicato: “… pietà di me Signore…” Mentre guardavo il mio Mentore tendere le mani rattrappite al celebrante chino davanti a lui, pensavo alla parabola del Samaritano, a Gesù che continua per l’umanità sofferente e speranzosa il suo servizio di amore e di aiuto, iniziato un tempo in Palestina. Egli stesso  si piega su di  essa, pieno di misericordia e la solleva; egli dà nuova forza, speranza e perdono; è Gesù che diventa il buon Samaritano e si prende a cuore il malato che giace a terra.

Lontano dal frastuono cittadino rifletto sulla difficile situazione della malattia, che prostra il corpo e l’anima  – una esperienza primordiale dell’umanità – che rende l’uomo cosciente del suo limite e della sua dipendenza e può avere anche un senso se ci si riferisce al futuro. In un fraterno abbraccio mi ritrovo con tanti parenti come me, che seguono i loro Cari e che incontro quotidianamente in questa struttura dove il mio amato sposo ha chiesto “il dono della salute per i suoi nipotini” lui che ormai è leggero come un alito di vento… Sono certa che in questi momenti di preghiera e di abbandono, tutti avranno sentito aleggiare “il soffio dello Spirito” che è Luce, Fuoco e Vita.

Sono diverse le nostre storie dolorose, eppure la chiamata che ci viene rinnovata, oggi come ogni giorno, spalanca anche noi alla piena comunione con Dio Padre; il suo onore, la sua gloria in noi, danno peso, consistenza, senso e pienezza alla nostra vita. Lontano dal contesto di ogni giorno, dalla felicità che ogni uomo spasmodicamente cerca tra lifting, sport, investimenti, studio, affetti e sforzi e compromessi, c’è il desiderio più profondo del nostro cuore ed esso trova risposta nell'accettazione della nostra croce. Con Cristo sulla Croce la nostra vita unita a quella dei nostri Cari è ritrovata, conservata, realizzata. Dove si perde si ritrova, è questo il segreto della felicità.

 

Durante la distribuzione dell’Eucarestia si è ripetuto il miracolo in tutti noi che vi abbiamo partecipato ed il ritorno al nucleo è stato accompagnato da un garbato silenzio, pieno di significato.

Andiamo avanti dunque, e ringraziamo il Signore anche per questo dono che ci ha elargito non dimenticando che la vita stessa è un dono, una grande opportunità che ci è offerta affinché , in ogni momento si dia il meglio in ogni circostanza…

Me lo hanno insegnato i miei nipotini che,  guardando un  cartone animato, ripetevano con le parole di un personaggio saggio:

 

“ IERI E’ PASSATO, DOMANI E’  UN  MISTERO, MA L’OGGI  E’ UN DONO… PER QUESTO SI CHIAMA  PRESENTE !”

                                                                                     

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

Edda Cattani“Dalle sue piaghe siete stati guariti”
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Accettazione e morte dolce

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IL DOLORE DELL'UOMO E IL SILENZIO DI DIO

Desidero rinnovare questo articolo scritto con una problematica tanto discussa dalla politica e dalla religione. L’occasione mi viene data da un post di Fra Benito pubblicato su FB:


".. oggi ricordo Eluana .. e il suo papà Peppino .. e tutti coloro che della loro situazione drammaticamente sofferente hanno vissuto, e vivono, rumori inutili anziché silenzi indispensabili .. il loro è stato un grido sfinito come quello di Giobbe .. e noi siamo per loro solo dei "medici del nulla" .. perché l'urlo di reazione di chi sta male è sempre un grido di lotta e di resistenza a ciò che avviene coscientemente o incoscientemente alla propria vita ferità .. e al grido del dolore innocente che vuole spegnere la vita non ci sono risposte uguali e precise, neanche quelle che ci sembrano di Dio .. il quale pone 'il suo primo sguardo sempre sulla sofferenza delle persone, e non sul loro presunto peccato' .." (Fra Benito)

Il percorso di accettazione

 

 

Vivo in questi giorni una condizione di infermità che unita a quella del mio sposo mi ha portato a fare alcune riflessioni che desidero condividere con tutti voi cari amici del web.

Chi si scopre malato intraprende un cammino difficile e impervio per prendere atto della propria situazione e conviverci. La speranza a volte porta a cercare strade faticose e a volte impreviste, tortuose e poco sicure, ma chi può sapere a cosa porta la nostra corporeità? A volte, quando ti senti più sicuro, giungi a conoscere una diagnosi che conduce a niente di buono.

Scrivo quest’articolo sulla spinta, che con molta sensatezza si prefigge lo scopo di chiarire quanto realmente può succedere e si può pensare, in qualsiasi contesto, da giovani o anziani, da abbienti o indigenti ci si trovi a vivere (guardiamo il nostro amico Cassano… che Dio ce lo ridia presto guarito!). Ricevere una diagnosi sfavorevole impone all’individuo una strada che può deviare o interrompersi in alcune tappe. Chi si ammala si vede quasi all’improvviso scaraventato al di là di una sorta di confine del quale non conosceva neppure l’esistenza, ossia il confine tra chi è sano e chi non lo è.

UN ALTRO MONDO Questo confine è fatto soprattutto di una dolorosa incomunicabilità fra le persone che si trovano ai due lati. Chi sta vicino ad una persona affetta da una patologia seria non è in grado di capire fino in fondo ciò che succede nel proprio familiare, amico, compagno di vita e spesso non riesce neppure ad attivare un atteggiamento di sereno ascolto, che possa permettere a chi si ammala di esprimere le proprie emozioni e paure o, se preferisce, parlare di cose leggere per distrarre l’attenzione. Chi fa l’esperienza di una malattia seria entra concretamente e irrimediabilmente in contatto con la propria fragilità e con la prospettiva della morte. A quel punto la vita diventa da quel momento in poi un percorso a tappe, fatte di speranze, visite specialistiche, esami, indagini strumentali, disillusioni, paure, nuove speranze, terapie, effetti collaterali delle terapie. E poi di nuovo esami, controlli, valutazioni, altre terapie.

UNA DIFFICILE ACCETTAZIONE Se la malattia è cronica ma non mortale, la persona colpita ha bisogno di trovare un equilibrio che preveda l’accogliere la malattia stessa e inglobarla nella propria quotidianità. Per questo essere portatori di una malattia cronica significa sostanzialmente rivoluzionare la propria vita perché essa sia il più possibile protetta dagli effetti della malattia stessa. Nel caso delle malattie mortali o potenzialmente tali, comunque delle malattie progressive, si deve fare i conti con la finitezza della vita umana, con la paura della morte e soprattutto di come e quando essa possa avvenire. Si possono passare momenti di angoscia intensa, assolutamente non comunicabili, talvolta minimizzati dai propri cari che cercano di non affrontare, loro per primi, l’angoscia legata alla sofferenza a cui devono assistere.

 

La morte dolce

 

  Impossibilitata a recarmi quotidianamente dal mio sposo reso ormai un Cristo, senza più fattezze umane, consunto dalla sofferenza e allo stremo delle forze, mi sono chiesta quanto abbia contribuito l’assisterlo ogni giorno per questi lunghi anni nel ritrovarmi in questo mio stato e se sia giusto che una famiglia precipiti in un abisso così profondo per chi soffre e per chi assiste.

Ricordo che tempo fa, nello stato di Washington fu indetto un referendum per legittimare l’eutanasia, ma nonostante fossero molti i convinti sostenitori della legittimazione del “suicidio assistito” la maggioranza dei cittadini (il 55%) ha detto no a tale forma di intervento sull’esistenza umana. Ebbene anch’io mi sono chiesta se sia giusto o meno, in democrazia, e secondo coscienza, chiamare gli elettori a pronunciarsi sulla vita o sulla morte, sulla salute o sulla sofferenza, sull’accettazione della propria con dizione esistenziale o sulla «buona mor­te», al fine di non dover sostenere una lotta per sopravvivere.

Ho letto varie opinioni, di medici, di studiosi, di gente comune, laici e cattoli­ci, ne ho ricavato la convinzione che la maggioranza degli italiani è contraria ad un referendum che decida della vita de­gli altri. E poi, una volta che l'eutanasia fosse approvata e ammessa dalla legge, chi ci garantirebbe dagli abusi?

Infatti potrebbe diventare un facile mez­zo per liberarsi di persone anziane «sco­mode», di handicappati e malati cronici, di giovani drogati o affetti da AIDS che si sentono soli e abbandonati.

Sarebbe giusto tutto questo?

È terribile pensare che una legge possa disporre della vita di mio marito ancora cosciente, di una persona qualsiasi sia pure al limite della vita e che una maggioranza possa legittimare che vi sia un medico o un familiare, il quale sia disponibile ad assecondare una vio­lenza, una offesa fatta alla volontà della «non sofferenza».

Una cosa è cercare il consenso nel cu­rare il dolore, nel lenire le sofferenze, un'altra cosa è dare un senso diverso al­l'esistenza, magari qualificandosi maggior­mente come «atto d'amore».

Si è giunti addirittura a consegnare «una bustina» al paziente che lo chiede se colpito da una malattia inguaribile, af­finché possa bere qualche cosa che lo fac­cia morire in pochi minuti.

Questo accade in Olanda, dove a po­chi chilometri da Amsterdam c'è un ospe­dale moderno, che consente di praticare l'eutanasia senza distinzione di età, per­ché la «morte dolce» trovi spazio e liberi il mondo da gente ormai inutile.

Il medico che assiste gli ammalati a Casa Madre Teresa quando ho chiesto se sia giusto vederli soffrire così, intubati, alimentati artificialmente, totalmente paralizzati, ciechi, muti … mi ha risposto che mai e poi mai un’etica professionale permetterebbe loro di abbandonarli fino all’ultimo respiro.

“Questa è la vita” mi disse Mentore quando entrammo come “ospiti” ed è così!

 

Quanto vale la vita?

Se «soffrire non è un modo degno di vivere», vuol dire che la vita è qualitati­vamente valida soltanto nelle migliori condizioni di salute e di benessere, altrimenti è inutile assistere, sacrificarsi, es­sere generosi verso gli altri: è una perdi­ta di tempo, una spesa eccessiva senza risultati tangibili.

Stiamo attenti che, se si fa strada una simile convinzione, è facile ampliare lo spazio per affrettare il trapasso di tanti infelici, ai quali in questo modo si nega il diritto di lottare per prolun­gare l'esistenza e per avere vicino qual­cuno che mostra affetto nei momenti peg­giori.

Non mi sembra che, dal punto di vista morale e religioso, vi sia una giustifica­zione accettabile a procurare la morte a chi la chiede o a chi crede di poter finire di penare affrettando il trapasso.

Con l'eutanasia ci troveremmo a dover sostenere meno spese e minori difficoltà assistenziali, ma avremmo tanti problemi affettivi e psicologici da risolvere, che au­menterebbero le difficoltà per coloro che devono prendere decisioni vitali per gli altri.

Non è più conveniente dare impulso al­lo studio, alla ricerca, alla migliore con­vivenza ambientale piuttosto che fabbri­care strumenti di morte?

Quei bambini, quegli adulti, quegli an­ziani che, in tante parti del mondo sotto­sviluppato o industrializzato, muoiono ogni giorno senza cibo, medicine, cure, assistenza non rappresentano già una for­ma di eutanasia indirettamente voluta da coloro che stanno meglio e hanno per sé la maggior parte dei beni materiali e de­gli affetti?

Perché, dunque, voler legittimare «un genocidio» che avviene quotidianamente senza che neppure ce ne accorgiamo?

Perché non reagire e sentirsi in colpa, cercando di dare un senso migliore alla vita, specialmente di tanti, piccoli e gran­di, che non possono beneficiare di alcu­na felicità?

Vorrei che le mie modeste considera­zioni fossero condivise da qualcuno di buona volontà, che cominciasse a rea­gire efficacemente per dare al nostro sistema democratico un carattere meno liberticida e più coscienzioso verso problematiche che devono puntare alla libertà, ma con un senso di grande responsabilità.

E da ultimo, con coscienza religiosa vorrei come il piccolo fratel Carlo abbandonarmi al Padre perché faccia di noi quanto di meglio crede … lui sa ciò che è bene … perché è solo AMORE!

 

 La preghiera dell’abbandono

Padre mio,
Io mi abbandono a te:
fa’ di me ciò che ti piace!
Qualunque cosa tu faccia di me,
ti ringrazio.

Sono pronto a tutto,
accetto tutto,
purché la tua volontà si compia in me
e in tutte le tue creature.

Non desidero niente altro, mio Dio.
Rimetto la mia anima
nelle tue mani,
te la dono, mio Dio,
con tutto l’amore del mio cuore,
perché ti amo.

Ed è per me un’esigenza d’amore
il donarmi,
il rimettermi nelle tue mani
senza misura,
con una confidenza infinita,
poiché tu sei il Padre mio.

  

 



 

 

 

 

 

Edda CattaniAccettazione e morte dolce
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A te… che sei un essere speciale

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Il ritorno

 Ripropongo questa pagina e la dedico a Maria Grazia e a tutte le Mamme di FB che ricordano i loro angeli come esseri SPECIALI…

e  chi può dubitarne!

 

Questa sera il ritorno da "Casa Madre Teresa" non è stato facile. Il mio amato Sposo, fedele amico della mia vita per quasi mezzo secolo, è prossimo a raggiungere la Casa del Padre e a ricongiungersi con Andrea, nostro figlio che l'ha preceduto. Una vita trascorsa insieme, nelle tante gioie e negli inevitabili dolori ci ha visto uniti e inseparabili, sempre più accomunati da ideali condivisi, da quel coraggio e da quella fede che lui ha saputo infondermi. Ho pensato ai ricordi, alle speranze degli ultimi tempi… e alla certezza che non mi abbandonerà mai e non mi sentirò più sola. Voglio pensare al nostro essere, al nostro vivere la vita e al "ritorno" con questa canzone e queste immagini:

 

 

 

La cura
(Battiato)

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
dalle ossessioni delle tue manie.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce
per non farti invecchiare.
E guarirai da tutte le malattie,
perché sei un essere speciale,
ed io, avrò cura di te.

Vagavo per i campi del Tennessee
(come vi ero arrivato, chissà).
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
attraversano il mare.

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza.
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi,
la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi.
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
Ti salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te…
io sì, che avrò cura di te.

 

 

 

 

Edda CattaniA te… che sei un essere speciale
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Alzheimer: la memoria azzerata

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I volti della demenza

Mercoledì 21 settembre 2011 si è celebrata la 18esima edizione della Giornata Mondiale dell'Alzheimer, il cui titolo è "I volti della demenza": in tutt'Italia si sono svolte iniziative da parte di diverse associazioni per sensibilizzare il più possibile, l'opinione pubblica. Il morbo (chiamato così in onore di Alois Alzheimer, il primo neuropsichiatra, che la descrisse) è la forma più frequente di demenza, cioè l'effetto di un progressivo declino della memoria e delle funzioni cognitive, tale da incidere sulla qualità della vita, scatenata da patologie che alterano sempre più le  funzioni cerebrali . Il morbo di Alzheimer attualmente colpisce 36 milioni di persone


 La solitudine nell'oblio assoluto
Una campagna Sms in aiuto delle famiglie

I malati sono oggi oltre 600 mila in Italia e 35 milioni in tutto il mondo. Un dato destinato a crescere come conseguenza dell'invecchiamento della popolazione. nei prossimi vent'anni raddoppierà. Fino al 13 febbraio si potranno donare 2 euro inviando un SMS al numero 45503 da tutti i cellulari privati.

Se ti fa piacere, ascolta anche la mia testimonianza:

Video Rai.TV – Sulla via di Damasco 2009 – 2010 – Viva la vita
Source: rai.tv

 

   

"Se perdi la memoria perdi tutto". Con questo slogan parte la campagna per sostenere, inviando un sms solidale, "Pronto Alzheimer", il primo servizio telefonico per i malati e i loro familiari. Non si tratta semplicemente di un telefono amico ma di un aiuto concreto gestito dalla Federazione Alzheimer Italia , la maggiore organizzazione nazionale no profit dedicata alla promozione della ricerca medica e scientifica sulle cause, la cura e l'assistenza per la malattia di Alzheimer. I malati di Alzheimer sono oggi oltre 600 mila in Italia e 35 milioni in tutto il mondo. Un dato destinato a crescere notevolmente come conseguenza dell'invecchiamento della popolazione. Secondo i dati della Federazione, il numero delle persone colpite da demenza nel mondo nei prossimi vent'anni raddoppierà.   

La famiglia è la seconda vittima. La maggior parte delle telefonate e delle mail  – circa settemila richieste d'aiuto l'anno – arriva da famiglie di ammalati che spesso non sanno dove andare, a chi rivolgersi. Per il pesante carico assistenziale ed emotivo cui sono sottoposte, sono considerate la seconda vittima dell'Alzheimer.  "Questo perché  –  spiega Gabriella Salvini, presidente della Federazione che coordina in tutto 47 associazioni – non esiste ancora una mappatura nazionale, ma neanche regione per regione, dei centri dove si può avere una valutazione dell'Alzheimer. Noi siamo riusciti a fare una mappatura delle unità di valutazione ma solo per la regione Lombardia. E'un lavoro enorme, spesso gli indirizzi non esistono neanche in internet, e richiede sostegni".
 

Non si sa a chi rivolgersi. Per attirare l'attenzione su questo enorme disordine che complica la vita delle famiglie dei malati, la Federazione, in occasione della giornata mondiale dell'Alzheimer ha chiamato a raccolta i responsabili regionali dei servizi socio sanitari. "Abbiamo proposto loro – spiega la Salvini – una collaborazione per fare un censimento in tutte le regioni. E' sconcertante, ma oggi non è possibile sapere neanche il numero esatto dei centri dove si può ricevere possibilità di diagnosi e di assistenza. Molte delle persone che ci telefonano e ci mandano mail per chiedere aiuto non hanno mai neanche sentito parlare delle unità di valutazione Alzhaimer. A volte, da regione a regione, cambia anche in nome, oltre che la collocazione. In certi casi si trovano negli ospedali, in altri nei distretti sanitari gestite da geriatri, in altri ancora si trovano in istituti di riabilitazione o case di riposo. Per fare un lavoro di orientamento ai servizi territoriali specifici (ASL, RSA, Centri Diurni di Assistenza integrata)  è quindi necessario avere una mappatura nazionale".
 

Non si guarisce, ma si può aiutare. Da quando è stato attivato, nel 1993, il servizio ha ricevuto più di 113mila richieste di aiuto, anche da parte delle figure professionali che a vario titolo si occupano del problema.  "La malattia è molto complessa – conclude la  Salvini – e non esiste una terapia per guarire. Quel che si può fare è dare il massimo aiuto ai malati e alle loro famiglie. Hanno bisogno di essere correttamente informate ed orientate su come comportarsi e dove andare".

La campagna solidale. Fino al 13 febbraio  si potranno donare 2 euro inviando un SMS al numero 45503 da tutti i cellulari privati Tim, Vodafone, Wind e 3 o da telefono abilitato Telecom Italia oppure chiamando lo stesso numero da rete fissa Fastweb, sarà inoltre possibile donare  5 o 10 euro chiamando da rete fissa Telecom Italia. La linea telefonica di "Pronto Alzheimer" (02-809767) è attiva dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 18, ed è gestita da una struttura dedicata composta da 2 persone affiancate da volontari.

(18 gennaio 2011)

 
 

Edda CattaniAlzheimer: la memoria azzerata
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