Edda Cattani

Se avessi un pezzo di vita…

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“Se avessi un pezzo di vita…”

  

E’ ANNIVERSARIO… IN QUESTI GIORNI: lo ricordiamo così :

Gabriel José de la Concordia García Márquez, soprannominato Gabo, è stato uno scrittore e giornalista colombiano, insignito, nel 1982, del Premio Nobel per la letteratura. Wikipedia

Data di nascita: 6 marzo 1927, Aracataca, Colombia

Data di morte: 17 aprile 2014, Città del Messico, Messico

Coniuge: Mercedes Barcha Pardo (s. 1958–2014)

Premi: Premio Nobel per la letteratura, Premio Rómulo Gallegos, Neustadt International Prize for Literature

  Film: L’amore ai tempi del colera, Cronaca di una morte annunciata, Nessuno scrive al colonnelloIn questi giorni questa riflessione la dedico a tutti coloro che sono andati via innanzi tempo e che la vita avrebbero voluto averla.. 

    

 

 

 “Se per un istante Dio. . . mi regalasse un pezzo di vita, probabilmente non direi tutto quello che

penso, ma sicuramente penserei molto a quello che dico.

Darei valore alle cose, non per quello che valgono, ma per quello che significano.

Dormirei poco, sognerei di più. Capisco che per ogni minuto che chiudiamo gli occhi, perdiamo

sessanta secondi di luce. Mi attiverei quando gli altri si fermano, e mi sveglierei quando gli altri si

addormentano. Ascolterei quando gli altri parlano e mi godrei un buon gelato di cioccolata.

Se Dio mi regalasse un pezzo di vita, vestirei in maniera semplice, mi sdraierei beato al sole,

lasciando allo scoperto non solo il mio corpo ma anche la mia anima.

Dio mio, se io avessi un cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio e aspetterei l’uscita del sole.

Dipingerei sulle stelle un sogno di Van Gogh, una poesia di Benedetti, e una canzone di Serrat;

sarebbe la serenata che offrirei alla luna.

Annaffierei con le mie lacrime le rose, per sentire il dolore delle loro spine e l’incarnato bacio dei

loro petali…

Dio mio, se avessi un pezzo di vita… non lascerei passare un solo giorno senza ricordare alla gente

che le voglio bene, che l’amo. Convincerei ogni donna e ogni uomo che sono i miei preferiti e

vivrei innamorato dell’amore.

Agli uomini dimostrerei quanto sbagliano nel pensare che si smette di innamorarsi quando si

invecchia, senza sapere che si invecchia quando si smette di innamorarsi.

Ad un bambino darei delle ali, ma lascerei che impari a volare da solo. Ai vecchi insegnerei che la

morte non arriva con la vecchiaia ma con la dimenticanza.

Tante cose ho imparato da voi, uomini…

Ho imparato che tutto il mondo vuole vivere in cima alla montagna, senza sapere che la vera felicità

è nella maniera di salire la scarpata.

Ho imparato che quando un neonato prende col suo piccolo pugno, per la prima volta, il dito di

suo padre, l’ha afferrato per sempre.

Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardare un altro uomo dall’alto, soltanto quando deve

aiutarlo ad alzarsi.

Sono tante le cose che ho potuto imparare da voi, anche se più di tanto non mi serviranno, perché

quando leggerete questa lettera purtroppo starò morendo.

Dì sempre ciò che senti e fa’ ciò che pensi.

Se sapessi che oggi è l’ultima volta che ti guardo mentre ti addormenti, ti abbraccerei fortemente e

pregherei il Signore per poter essere il guardiano della tua anima.

Se sapessi che oggi è l’ultima volta che ti vedo uscire dalla porta, ti abbraccerei, ti darei un bacio e

ti chiamerei di nuovo per dartene altri.

Se sapessi che oggi è l’ultima volta che sento la tua voce, registrerei ogni tua parola per poterle

ascoltare una e più volte ancora.

Se sapessi che questi sono gli ultimi minuti che ti vedo, direi “ti amo” e non darei scioccamente per

scontato che già lo sai.

Sempre c’è un domani e la vita ci dà un’altra possibilità per fare le cose bene, ma se mi sbagliassi e

oggi fosse tutto ciò che ci rimane, mi piacerebbe dirti quanto ti amo, che mai ti dimenticherò.

Il domani non è assicurato per nessuno, giovane o vecchio.

Oggi può essere l’ultima volta che vedi chi ami. Perciò non aspettare oltre, fallo oggi, perché se il

domani non arrivasse, sicuramente compiangeresti il giorno che non hai avuto tempo per un

sorriso, un abbraccio, un bacio e che eri troppo occupato per regalare un ultimo desiderio.

Tieni chi ami vicino a te, digli quanto bisogno hai di loro, amali e trattali bene, trova il tempo per

dirgli “mi spiace”, “perdonami”, “per favore”, “grazie” e tutte le parole d’amore che conosci.

Nessuno ti ricorderà per i tuoi pensieri segreti.

Chiedi al Signore la forza e la saggezza per esprimerli.

Dimostra ai tuoi amici e ai tuoi cari quanto li ami”.                        

(Gabriel Garcia Marquez)

Edda CattaniSe avessi un pezzo di vita…
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Gesù Risorto oggi tra noi

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Gesù Risorto anche oggi tra noi

Tutto è stato fatto perché voi diveniate come altrettanti soli cioè forza vitale per gli altri uomini. Siate luci perfette dinanzi a quella luce immensa. Sarete inondati del suo splendore soprannaturale. Giungerà a voi, limpidissima e diretta, la luce della Trinità, della quale finora non avete ricevuto che un solo raggio, proveniente dal Dio unico, attraverso Cristo Gesù nostro Signore, al quale vadano gloria e potenza nei secoli dei secoli.

Quest’anno la domenica di Pasqua, ricorrenza della Resurrezione del Signore, cade “Pasqua alta”, come dice la tradizione popolare quando questa avviene a primavera inoltrata. In questi giorni ho scritto varie riflessioni, soprattutto i richiami del nostro Papa Francesco sul profondo significato della Pasqua. Per noi, infatti, avendo fatto della “speranza” il nostro vessillo, é nel Cristo Risorto che troviamo il senso pieno della vita che è vocazione all’amore e alla solidarietà fraterna. “Non fatevi rubare la speranza”!

Guardavo  l’esposizione della Sacra Sindone e mi sono sentita annientare da tanta sofferenza. In quell’uomo dei dolori c’è il significato della nostra vita, la risposta a tutti nostri perché… Il Santo Padre ha detto che quell’immagine parla… è parola di salvezza per tutti noi!

Care amiche, cari amici, è stato difficile per tutti tornare a sorridere dopo aver conosciuto la disfatta della nostra esistenza e lo è stato ancor più in questi giorni,  in cui abbiamo visto lo strazio del Golgota del mondo.

Mentre si trascorre la Quaresima sugli schermi televisivi si sono avvicendate non solo immagini di guerra, di distruzione, di morte; conflitti di ogni genere deturpano irrimediabilmente l’immagine dell’uomo: stupri, violenze sui bambini e le donne, omicidi efferati… ma anche ritratti di dolore, di fame di miseria… tanto da farci urlare: “Dio mio, Dio mio perché?… perché?” In questa sofferenza estrema ci siamo calati ed abbiamo condiviso profondamente il senso della “pietas” cristiana, intesa come “compassione”, “patire insieme”.

Ma se la Pasqua è collocata al vertice dell’anno liturgico, per i cristiani convinti è Pasqua ogni giorno perché Cristo, per primo, celebrando la Sua Pasqua,  ha veramente glorificato il trionfo sulla morte che si apre all’alba dell’eterno. Questa fine drammatica e confortante, riportata nei testi evangelici, è stata preceduta da tanti episodi in cui si manifesta il grande amore di Gesù per i malati, per i poveri, per le sofferenze di ogni genere. Come dare, allora,  risposta alle vicende umane che si ripetono riproponendo un’umanità provata, distrutta, dolorante?

Cosa dire di noi che abbiamo intravisto la luce della salvezza, che abbiamo creduto che le parole: “Oggi sarai con me in Paradiso!” fossero indirizzate proprio a noi e a quanto di noi era più caro: il nostro sposo, la nostra mamma, nostro Figlio?

E ancora: come rimuovere lo scetticismo che oggi, come allora, non vuole ammettere tante manifestazioni in cui un Dio che ci ha creato e che si è fatto uomo nella storia degli uomini per lenire le loro piaghe, è risorto e si fa palese per dichiararci la Sua continua presenza, i Suoi continui interventi?

Trascrivo un commento ad una vicenda rinvenuta su FB:

Ripenso a quella mamma T.Z. recisa della sua figliola. E così rifletto. La resurrezione di Gesù spalanca d’innanzi agli occhi di noi tutti spazi infiniti. Perché non provare a non strisciare nei cunicoli e nelle strettoie del quotidiano? C’è un moto interiore che salva: la fede. Quante volte è ripetuto: “Va’, la tua fede ti ha salvato”. E non è un dono. Non è quel sentito dire comune: “La fede? O ce l’hai, oppure no”. La fede è scelta, atto di volontà. E’ abbandono fiducioso a quell’amorosa Sapienza che porta il nome di ognuno e di tutti scritto nel palmo della sua mano.
Quante volte quella piccina correrà con un vasto sorriso incontro al cuore della sua mamma. Che non lo trovi celato dietro ad alte e spesse mura, a tossire e sputare ancora e solo sangue di dolore.

 

Questi sono gli auguri che ci vengono dalla bacheca di Fra Benito :

Buona Pasqua, amiche, amici .. vinca la luce e la vita nei vostri spazi, nei vostri cuori, nei vostri affetti, nei vostri sogni .. ci è donata una promessa: la pietra rotolerà via, sarà rimossa dai sepolcri oscuri delle nostre paure, delle nostre delusioni, delle nostre aridità .. non saremo più abitati dalla morte, saremo abitati dalla speranza .. non vincerà la durezza, l’imponenza, la freddezza delle pietre, ma la tenerezza umile della resurrezione che vince ogni oscurità .. e se tornando nella quotidianità forse i problemi saranno quelli vecchi di sempre, lasciamoci comunque investire nel cuore dal vento nuovo del Risorto che spoglia la Croce .. e fa fiorire la vita .. Buona Pasqua, a tutte, a tutti ..

 

FENOMENOLOGIA E RELIGIONE

Dobbiamo, ora come sempre, lasciar parlare i fatti e i fenomeni concreti da noi vissuti che vanno al di là delle leggi fisiche, dei vincoli terreni spazio-temporali, dei condizionamenti dell’umana natura dimostrano che la vita nostra va ben oltre la realtà visibile, ma tende verso l’infinito, il trascendente, alla ricerca di una risposta universale.

La scienza ufficiale non è riuscita a dare risposte adeguate ai fenomeni che travalicano il campo della sua esperienza ed ha preferito rifiutare o arrendersi all’ipotesi di grandi poteri sconosciuti insiti nella natura della mente e dell’uomo.

Se la fenomenologia paranormale è un ritorno alle cose e alla loro origine, cioè a Dio, sappiamo che prestare attenzione alla Sua volontà, attraverso i segni che la rivelano è il tornare all’originario Suo progetto di salvezza, perseguito con ogni mezzo, perché questo piano di salvezza ci appartiene.

Dopo tanti interrogativi perenni ed inevitabili, è nelle loro risposte che risiede la  dimensione vera, la dimensione che ora ci è dato solo di intuire, perché il filo di amore che ci unisce ai nostri Cari ci ha permesso di spaziare oltre il finito e ci ha proteso verso l’inesplorato possibile.

Accettiamo questo verdetto: le manifestazioni ricevute sono la conferma che Dio ci ha visitato, come, dopo la Sua Resurrezione, ha fatto con Maria di Magdala, con i discepoli di Emmaus, con gli apostoli nel cenacolo e da Lui abbiamo ricevuto doni straordinari, quando tutti ci guardavano con condiscendenza ed anche con derisione e commiserazione.

Per tutti noi, allora, è sempre Pasqua, perché siamo testimoni di fatti dichiarati e documentati. E se avverrà che una voce ci  raggiunga per parlarci di una realtà “altra”, parallela alla nostra, priva di sofferenza e di dolore, dove la morte non esiste e da cui i nostri Cari  ci invitano all’impegno, alla preghiera, all’amore, nell’attesa di essere tutti riuniti nella Luce beatifica di Dio, le campane di Pasqua suonino a festa ogni giorno e il segreto chiuso nel cuore, gridiamolo sui tetti!

“Sono io Mamma quell’angelo che suona la tromba!”

 

Edda CattaniGesù Risorto oggi tra noi
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Il Vangelo del teologo

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… ce ne sono di preti che predicano il Vangelo con competenza…

“Incomprensibile” vangelo

( intervista  ad Alberto Maggi di Silvia Pettiti)

 

“La violenza verbale adoperata da Gesù o dagli evangelisti nei confronti dei farisei non è per una polemica verso il mondo giudaico, ma è un monito sempre attuale perché all’interno della comunità cristiana non rinascano gli elementi tossici della religione: l’idea della supremazia, del merito, della gerarchia.”

Lo studio è affollato di libri, oggetti etnici, fotografie, icone. Sul tavolo di lavoro è aperto un libro pieno di sottolineature, a sinistra il testo in greco a destra quello in lingua italiana. Sono i vangeli, che padre Alberto Maggi frequenta quotidianamente per preparare il commento settimanale che trasmette attraverso internet per raggiungere i “fedeli” che lo seguono sparsi in tutta Italia e non solo. Sta lavorando anche alla traduzione del vangelo di Giovanni e, insieme a Ricardo Perez, il frate spagnolo che vive con lui a Montefano dal 1995, a quella del vangelo di Matteo, “lavori senza scadenza, per non obbligarci a lavorare nella fretta perdendo la calma e l’attenzione che sono necessarie.”

Tra le tante fotografie che arredano le librerie, una lo ritrae con don Carlo Molari, un’altra con Arturo Paoli, un’altra ancora con Vito Mancuso. Amici comuni. “Don Carlo l’ho conosciuto quand’ero studente al Marianum, tempi in cui le sue lezioni di teologia mi scandalizzavano… me lo ricorda sempre quando ci incontriamo!”.

La conoscenza con Arturo risale agli anni in cui cercava la strada religiosa più adatta a lui, “i piccoli fratelli mi attiravano molto, la  spiritualità radicale di Charles de Foucauld mi entusiasmava, ma io volevo dedicarmi allo studio della Scrittura mentre le fraternità esigevano l’impegno nel lavoro manuale”.

Gli anni di preparazione al sacerdozio avevano messo in crisi Alberto Maggi.

Io pensavo che a noi futuri preti, durante gli studi di teologia, venissero insegnati i vangeli, invece ricevemmo un’infarinatura generale senza una lettura sistematica e precisa dei testi. Poi si diventa preti e nell’Eucarestia si deve annunciare un vangelo che noi per primi non conosciamo.

Andai in crisi perché sentivo di avere strumenti insufficienti, dovevo convincere gli altri di qualcosa di cui non potevo essere convinto. La crisi grossa scoppiò di fronte al brano del capitolo 11 di Marco, un brano inquietante in cui Gesù esce in campagna, ha fame, si avvicina all’albero, cerca dei frutti ma non li trova e anziché pensare: che sbadato, non è la stagione dei fichi!, sembra maledica il povero fico che si secca fin dalle radici. È un episodio inquietante, e perfido l’evangelista aggiunge: ma non era la stagione dei fichi. Capii che c’era qualcosa di incomprensibile nei vangeli e incontrai uno straordinario biblista, Juan Mateos, che vide la mia passione per la Scrittura e mi accolse al suo seguito.”

Da 40 anni padre Alberto studia le Scritture, i vangeli in particolare. “che interpreta a servizio della giustizia e non del potere” come si legge nel risvolto di copertina di uno dei suoi ultimi libri Versetti pericolosi (Fazi 2012).

Il primo brano che Juan Mateos gli affidò fu il racconto del fico sterile.

Che cosa hai scoperto riguardo ad esso?

Gli evangelisti oltre ad essere dei grandi teologi, sono dei letterati che usano gli schemi letterari della loro epoca. Uno di questi era lo schema del trittico che si sviluppa in tre scene, una centrale e due secondarie, che si comprendono in relazione alla centrale. In questo episodio la scena centrale è la cacciata dal tempio non solo dei mercanti ma anche di quanti sono lì per comprare: Gesù mette fine al culto, che presenta un Dio insaziabile che continuamente chiede e pretende. Il Dio di Gesù al contrario offre, si dona. Questo è il senso dell’episodio centrale del trittico, anticipato dall’episodio del fico, albero che rappresentava la vita. Questo fico, che genera soltanto foglie cioè apparenza ma non frutti che nutrono, rappresenta l’istituzione religiosa. Gesù non maledice il fico ma dice: che nessuno ne mangi più. È un invito ad allontanarsi da un’istituzione religiosa che è soltanto apparenza ma che non nutre. L’espressione di Marco “non era la stagione dei frutti” si rifà all’annunzio di Gesù all’inizio della sua predicazione: “il tempo è compiuto”. Dio aveva infatti stabilito un’alleanza con il suo popolo, se voi osservate le mie leggi io mi prendo cura di voi. Ma questa alleanza era fallita non solo perché Israele non era un popolo migliore degli altri, ma in esso l’ingiustizia, l’oppressione, il dominio venivano perpetrati in nome di Dio.

Gli scribi, i farisei, i dottori della legge sono al centro della polemica che continuamente ribadisci.

Chiariamo subito una cosa importante per la comprensione e la lettura dei vangeli: la violenza verbale adoperata da Gesù o dagli evangelisti nei confronti dei farisei non è per una polemica verso il mondo giudaico, nei confronti del quale la comunità cristiana si fosse ormai radicalmente staccata, ma è un monito sempre attuale perché all’interno della comunità cristiana non rinascano gli elementi tossici della religione: l’idea della supremazia, del merito, della gerarchia.

Per portare un esempio, nella parabola del samaritano Gesù presenta i due opposti della religione: da un lato il samaritano, l’uomo eretico, scomunicato, lontano da Dio; dall’altro il sacerdote, la persona che la cultura dell’epoca considera la più vicina a Dio. Il sacerdote aveva compiuto il suo servizio settimanale di culto al tempio di Gerusalemme e stava scendendo verso Gerico. È in condizioni di purezza rituale perfetta. Perché non si avvicina al malcapitato e non se ne prende cura? Qual è per lui il comandamento più importante, l’amore e l’onore di Dio o l’amore del prossimo? Chiaro che l’amore verso Dio viene prima di quello per il prossimo. Gesù non è d’accordo,

Egli insegna e pratica che onorando l’uomo si è sicuri di onorare anche Dio mentre spesso per onorare Dio si fanno soffrire le persone. Quando si trova in conflitto tra il rispetto della legge divina e il bene dell’uomo Gesù sceglie sempre il secondo. Questo è un criterio importante che gli evangelisti ci trasmettono: il bene dell’uomo è l’unico valore sacro e assoluto, se a fianco o sopra si pone una verità, una dottrina, un comandamento, prima o poi, in nome di quella verità, dottrina, comandamento, inevitabilmente si causerà sofferenza all’uomo.

Se gli scribi e i farisei sono incompatibili con il messaggio di Gesù, coloro che si rivelano pronti ad accoglierlo sono invece gli emarginati: dai pastori ai pubblicani, alle prostitute…

Questa è la grande rivoluzione: mentre la religione divide tra puri e impuri, meritevoli e no, peccatori e no, Dio ha mostrato che nessuna persona può essere considerata impura. Nessuna persona, qualunque sia la sua condizione, può essere esclusa dall’amore di Dio. Questa è la buona notizia che gli emarginati, che erano disprezzati dalla religione e non si potevano avvicinare al tempio, hanno accolto. La novità portata da Gesù è che lui è diventato l’unico vero santuario da cui si irradia l’amore di Dio. Un santuario che va incontro alle persone che non potevano avvicinarsi al santuario di Gerusalemme, al quale si accedeva soltanto se si osservavano determinate condizioni di purificazione, per cui molte persone non potevano avvicinarsi. Gesù, che manifesta la divinità, non attende che le persone si rechino al tempio ma è lui che va incontro a queste persone, demolendo quello che la religione insegna.

Questo messaggio rivoluzionario non è stato capito neppure dalle persone più vicine a Gesù, né dai suoi familiari né dai discepoli che lo hanno seguito. Perché?

Gesù ha commesso un grande errore che lo ha reso incomprensibile e che ha pagato con la vita. Non è stato capito dai suoi familiari, come rivela l’episodio drammatico che soltanto Marco conserva, quello del tentativo di cattura da parte dei suoi familiari che pensavano fosse impazzito. Non è stato capito dai suoi discepoli, non è stato compreso dalla folla e tanto meno dall’istituzione religiosa.

Se si fosse presentato come un uomo che, grazie ai suoi meriti e alle sue capacità, ha raggiunto la pienezza divina, questo sarebbe stato accettato e comprensibile. A quell’epoca infatti tutti coloro che detenevano un potere si consideravano delle divinità. Gesù invece non si è presentato come l’uomo salito alla condizione divina; al contrario ha presentato un Dio che si abbassa per farsi uomo.

Questo è inaccettabile e incomprensibile. Gesù è Dio che si è fatto uomo non l’uomo che è salito a una condizione divina: il che significa che più si è umani più ci si avvicina alla divinità. In una società dove le persone, attraverso la spiritualità salivano verso Dio e si separavano dagli altri, Gesù ha presentato un Dio completamente diverso. Basti pensare l’episodio dello smarrimento di Gesù al tempio raccontato da Luca: Maria e Giuseppe sono convintissimi che Gesù segua le orme dei padri, mentre Gesù non fa questo, lui segue le orme del Padre e invita i suoi genitori a fare altrettanto.

Gesù presenta un Dio che si situa al di là della religione, e si incontra nell’umano. Questo lo ha reso inaccettabile e incomprensibile.

Per la cultura dell’epoca, le donne sono impure e lontane da Dio. I discepoli non le vogliono al seguito di Gesù, san Paolo afferma che debbono restare sottomesse e tacere in assemblea… eppure Gesù riconosce alla donna una dignità e una posizione completamente diversa.

Sentenzia il talmud: Dio non ha mai rivolto la parola a una donna. La donna è considerata in una condizione permanente di impurità, è l’essere più lontano dalla divinità. Dio ha parlato a ogni genere di maschi, dai re ai delinquenti, dai sacerdoti agli assassini, ma alla donna ha parlato una sola volta, e siccome Sara gli ha risposto con una innocente bugia Dio da quella volta non ha più parlato a nessuna donna. Questo fa comprendere la cultura dell’epoca, nell’ambiente di vita di Gesù le donne sono segregate in casa, è inconcepibile la loro presenza in un gruppo. Ci sono due episodi talmente scandalosi che per diversi secoli sono stati censurati. Uno è quello dell’adultera: per tre secoli nessuna comunità cristiana ha voluto che questo episodio fosse inserito nel canone, perché secondo la testimonianza di Agostino, la misericordia di Dio verso l’adultera poteva risultare come un lasciapassare all’adulterio. L’altro episodio ancora più scandaloso è quello della prostituta che entra nella casa di Simone il fariseo durante il banchetto con Gesù: questa donna si avvicina a lui, lo tocca, gli bacia i piedi, glieli bagna con le lacrime e poi li asciuga con i suoi capelli. Tutti gesti “ambigui”, gesti di seduzione che Gesù non respinge ma ai quali restituisce un valore di relazione diverso: gesti di amore che una donna peccatrice compie a differenza di Simone che lo ha invitato ma poi non lo ha accolto. Ciò che più scandalizza è che Gesù non le abbia detto: va e non peccare più, come aveva fatto in tante altre occasioni. Non era concepibile che Gesù non avesse obbligato la prostituta cambiare vita.

D’altra parte a quei tempi per una donna sola le alternative erano poche: la prostituzione o l’emarginazione. Cosa avrà fatto questa donna dopo l’incontro con Gesù? È probabile che sia stata accolta nel gruppo dei discepoli, senza troppo calore da parte loro ma soprattutto alimentando ancora più chiacchiere nei confronti di questo gruppo che si presentava con personaggi incompatibili secondo i canoni dell’epoca.

 


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Accondiscendenza e libertà

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ACCONDISCENDENZA E LIBERTA’

 TEMPO PER RIFLETTERE COME E PER CHI VUOLE…

 

 

Dopo il tempo della preghiera è il tempo della riflessione, del chiedermi cosa sto facendo della e nella mia vita, in cui la corsa mortificante mi fa sovente piombare in estenuanti cadute di  senso. Guardo le cose che ho in mano, uscita dall’ospedale con le carte degli esami clinici incerta sul da farsi… non so se valga la pena o no di leggerli: tanto nessuno mi chiederà com’è andata… e a me, sinceramente, la cosa non interessa più di tanto. Ho detto più volte, durante i tanti incontri a cui ho partecipato, che ciò che conta è raggiungere la “pienezza” dell’esistenza, adducendo il paragone dei vasi comunicanti o della botte piccola con il vino buono… Ma sono in grado di giudicare me stessa? Di chiedermi quanta pienezza io abbia raggiunto? Non mi sono mai fatta sconti forse perché la salita non è stata facile e lungo il cammino ho spesso incontrato ostacoli di ogni genere, ma ho anche accondisceso troppo.

 

L’accondiscendenza..

Conosco bene questa dinamica… il carattere si plasma dall’infanzia, forse è lì che dovrei cercare…

E mi torna in mente il grano “spigolato” quando andavo con mio babbo la sera a raccogliere le spighe che i contadini avevano lasciato cadere dai covoni … e poi con mamma si battevano sul tavolo della cucina per averne i chicchi e macinarli con il macina-caffè che mi piaceva girare con la lenta manovella … Poi quell’impastare il pane e metterlo al forno, con l’aggiunta di una mela tutta per me… Che buon profumo! E il giorno dopo, quando tutti erano al lavoro, come non dividerlo con le altre bambine della strada, povere quanto me, che mi guardavano con gli occhi  sgranati e le guance smunte ma sorridenti …

Il “pane spezzato” già fin d’allora … Quanto amore da donare … ma poi chi avrebbe capito che non ne restava altro per la settimana?

 

E’ così che si cercano le cause?   Amore non riconosciuto e, di riflesso, bisogno di crescere, di andare avanti da soli paura di perdere quel po’ che già si ha. Non amore quindi,ma dipendenza dall’amore … nasce tutto da questo processo,  da questa “mancanza essenziale”. Nella vita adulta poi, tutto si sposta e si maschera come forma di disponibilità eccessiva verso gli altri, e con l’incapacità di dire di no … si può anche diventar schiavi delle “elemosine” d’amore altrui.

Il vero passaggio è sempre dalla dipendenza d’amore all’amore indipendente, maturo … al non chiedersi più quanto ti verrà riconosciuto … e che la “pienezza” è proprio in questo dare. Dal rapporto dipendente a quello indipendente o vero amore.

 

Ti ho amato Signore, ti ho amato lungo tutto il corso della mia vita ed ho dato amore a tutti come una fonte inesauribile. Mi sono data senza nulla chiedere, magari aspettando qualche briciola d’amore … ma dietro l’angolo c’eri solo Tu ad aspettarmi, paziente e generoso, unico in grado di capirmi e di soddisfare la mia sete di Te.

 

Oggi uno strato sottile di disagio … Ieri mi sono posta qualche domanda e l’ho riportata qui per trovare conforto, cercare una “mano in fondo al mio braccio” e incrociare risposte, in questa piazza virtuale in cui tanti, come me, affronteranno le medesime mie situazioni … Il peso dell’accondiscendenza, nel corso dei fatti occasionali, alle volte diventa fallimento fino ad estremizzarsi in quello che riteniamo inganno … perché nell’essere accondiscendenti si può essere travisati ed anche giungere a tradire noi stessi ed i nostri ideali.

 

Sì, ma qual è il prezzo? Vediamo qualche circostanza … Sono stata accondiscendente con una collega, con un fratello, con un amico, ma quando ho avuto necessità di fiducia e appoggio, questi mi hanno girato le spalle e mi sono sentita strumentalizzata. Dopo aver dato tanto, in fondo chiedevo solo condivisione e rispetto … ma, in questo mondo fatto di egoismi, raggiri, imbrogli, frodi, plagi … chi può dare credito all’altro???

 

La fiducia può chiederla e donarla solo il Signore. Sono stata tradita e ingannata? Ho detto quello che pensavo, sì, perché pensavo fosse giusto? Anche se il mio è diventato, alla luce dei fatti successivi, un tradimento di un mio profondo ideale… vale la pena di ricominciare da capo? Perché? Come me, anche altri.

 

La risoluzione è insanabile?… unica strada possibile: rinunciare a tutto, ai sogni alle prospettive, alle attese, alle condivisioni a tutto ciò che Papa Francesco definisce “interessi mondani”. Lì non c’è il Signore, dice …

 

L’animo si scinde in due sentimenti differenti che a volte diventano delusione o rabbia, (brutto termine quest’ultimo… e non solo come termine …)!

 

1 . Il disagio, la rabbia per la propria debolezza e per la propria ingenuità, il tradimento fatto da un essere umano ad un altro essere umano, a prescindere dal grado di conoscenza;

2 . Il tradimento verso il proprio ideale.

 

Come andare avanti, come gestire questa situazione?

 

Da una parte resettare (termine moderno) con l’appiattimento … quello a cui Mentore dava adito con un “… non ti confondere!” nel senso di “lascia perdere” (altri sono stati ingannati e sono stati zitti)… Far parte del branco dei rinunciatari che nella vita azzerano tutto…

 

Questo atteggiamento, visto sotto un altro punto di vista, può essere anche definito la non-azione, i torti verranno ripagati, siedi sulla riva del fiume, il bruco e la farfalla eccetera eccetera … si può chiamare come lo si vuole, in base alla propria cultura di appartenenza o conoscenza …

 

Dall’altra parte emergere dall’intorpidimento, esporsi a rischi annessi e connessi … Prendere coscienza che qualcuno ha violato dei principi fondamentali può far drizzare la schiena e far compiere un atto di coraggio … ma può essere anche combattere contro il mulino a vento.

 

La delusione o disillusione: essere convinti della buona fede dell’altro e scoprire invece la malafede. Guardiamo questo racconto:

LE MAGICHE ROSE dalle MILLE E UNA NOTTE

 

 Il principe ritornando a palazzo sosta presso la casa di un saggio sufi e gli espone il suo tormento e la sua tristezza. Il saggio gli dice: “ Quando vuoi vendicarti di qualcuno lasci solo che quel qualcuno continui a farti del male. Prima di tornare al tuo palazzo devi liberarti dai ricordi che ti tormentano.” e gli narra di un giardino agli antipodi del mondo, dove crescono delle rose magiche il cui profumo ha il potere di dare l’oblio. Il principe parte con i suoi fidi e durante i mesi e poi gli anni capitano avventure insolite, incontri strabilianti, battaglie vinte e perse, paesi e costumi meravigliosi, finché dopo sette anni di viaggio, in cui ha perso la maggior parte della sua scorta, rimanendo solo con pochi amici, giunge al giardino e scorge il cespuglio dove fioriscono le magiche rose. Si avvicina al cespuglio ma, improvvisamente si chiede. “Perché devo sentire il profumo di queste rose?”  

 

Tornando a noi: come debbo comportarmi oggi? Da persona che protesta, che manifesta il proprio disappunto o quella che accetta?

 

Ad alcuni verrebbe da pensare che è semplice: meglio un giorno da leoni che cento da pecora e via dicendo … Usciamo allo scoperto e sbaragliamo tutto. Ci ho messo anni, decenni di vita, per modificare questo aspetto del mio carattere romagnolo che avrebbe sempre dato risposte d’impeto!

 

Ma l’umiltà allora? E di fronte agli ideali, siamo veramente, ma veramente, ma veramente tutti Gesù Cristo o per restare nel più umano-storico …Gandhi?

 

Io, personalmente, lo trovo veramente veramente, ma veramente difficile… o meglio: a dirlo no, ma a sentirlo … sarà anche possibile … come è accaduto ad altri (… intendo rispondere d’impulso, piuttosto che ragionarci sopra…)!  

 

A questo punto viene da chiedersi … Ma perché mi ci trovo dentro? Chi mi ha ficcato in questa situazione? Perché sì … mi sembrava di non essermela cercata … anzi!!! Ero in buona fede e percorrevo la mia strada in un sentiero pieno di lucciole in un campo di grano …. che poi sono diventate cavallette che sterminano il raccolto … Quanta volontà “di mio” c’è stata? E tu mio Dio dov’eri?

 

A fronte delle debolezze salta sempre fuori Dio come capro espiatorio. Ero tanto certa di sapermi gestire bene che in nome del mio “libero arbitrio” non gli ho proprio chiesto il consenso e nemmeno cosa mi consigliava di fare …. In fondo, avrò pensato, lui è Dio e avrà i suoi problemi da risolvere …

 

Le prime domande che mi pongo, a questo punto sono : “in cosa consiste il libero arbitrio e cosa significa esattamente”.

 

Molti di noi pensano che il libero arbitrio significhi ” poter fare quello che si vuole”.  In un certo senso è così, ma noi siamo in grado di deciderlo? Temo di no. A livello terreno, il libero arbitrio è semplicemente un’illusione in quanto siamo sempre vincolati e condizionati da tutto quello che ci circonda e dalle altre persone, inoltre siamo costretti a seguire leggi fisiche.  Desiderare e basta non serve a nulla, mentre avere la capacità di fare qualcosa sì.

 Una persona può desiderare di vincere al superenalotto, ma non può realizzare questo desiderio per propria volontà.  Il libero arbitrio ci dovrebbe permettere di fare ciò che vogliamo, con o senza l’aiuto di nessuno,  invece siamo condizionati da quello che noi chiamiamo “destino”. 

 

Già … l’avevo dimenticato … C’è anche da fare i conti con il “destino”. Proprio ieri sera ne parlavo con una madre a cui il figlio dice “… il mio destino non era il ‘passato’…” quasi ad eludere gli interrogativi della stessa sul perché delle cose.

 

Le scelte che  facciamo fanno parte di un “disegno” che cambia in continuazione, dipende dalle scelte che noi  effettuiamo; ma se il destino è già prestabilito che scelte facciamo?  Semplice, il destino che abbiamo in cuor nostro è quello che ci creiamo via via, con le nostre selezioni, anche se a volte, gli accadimenti sembrano venirci incontro senza lasciarci scampo.

Vorremmo negare ad un assetato, nel momento del bisogno, di attaccarsi alla brocca di acqua putrida? Le risposte che condizionano la nostra vita variano di conseguenza.

 

La madre che non capisce il perché della morte del figlio si rende conto che, sul piano fisico non si può parlare di libero arbitrio, che come abbiamo visto, non dà poi così tanta via d’uscita in quanto condizionato da fattori esterni che non possiamo sottomettere al nostro volere.

Al contrario, a livello intellettivo, emotivo, l’unico vero e proprio  libero arbitrio è quello delle conclusioni con le quali rispondiamo alle contingenze della vita.

 

Possiamo allora parlare di  un Dio clemente che lascia la libertà al suo “gregge” di scegliere la buona o la cattiva via, il bene o il male.

Grazie a Papa Francesco trovo esito a tutto il mio disquisire: “Non lasciatevi rubare la speranza … Chiediamo perdono a Dio … Non stancatevi mai di chiedere  perdono … Occupatevi dei poveri, dei piccoli, degli abbandonati …”!

 

Ed eccomi qua, con la mia busta degli esami in mano a prendere un caffè e una pastina in un bar anonimo davanti all’ospedale … Di qui passano tante persone, alcune di esse avrà in mano una cartella con esiti catastrofici all’interno … Io, tutto sommato non mi sento male … Sì parecchie notti in bianco, giorni di crisi encefaliche e poi aggiungiamo tutta una serie di “cosette” non facili da curare … ma ho un bel cappotto addosso, una macchina parcheggiata nel piazzale vicino, una casa confortevole che mi aspetta … e oggi pomeriggio ci sarà Simone ad impegnarmi con i suoi compiti e i suoi occhioni interrogativi che mi guardano e spesso non comprendono quanto gli vado spiegando …

 

Un anno fa è successo qualcosa che ha impresso alla mia vita una svolta decisiva: sono rimasta completamente sola. L’ultima pedina della mia famiglia se n’è andato dopo anni di sofferenza e solo allora ho capito che non potevo avere più nessuno che mi portasse in casa qualche sicurezza. Qualcuno potrà dire: “Ma come? Non l’avevi ancora compreso che da tempo dovevi darti una regolata!” Evidentemente no … in questa casa vuota contavo ancora sulla presenza di qualcosa o di qualcuno che avrebbe dato una mano… Via, via ora… via tutto…

 

In questo vuoto resti solo Tu Signore … Tu non te ne sei mai andato. Tu non mi hai tradito, tu non mi hai abbandonato … Oggi è giovedì santo e Papa Francesco laverà i piedi ai giovani del riformatorio … Quale grande esempio di disponibilità! E io guardo a chi mi tradisce, a chi mi manca di rispetto, a chi mi butta a terra con una spallata? C’è ben altro da fare, c’è tutto un mondo intorno a noi da accudire …

 

“Dove andremo Signore? Tu solo hai parole di Vita Eterna!” (Gv 6, 60-69)

 

Edda CattaniAccondiscendenza e libertà
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Newsletter n.32

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Newsletter n.32 del 12 aprile 2017

 

Aspettando la Resurrezione, sia Pasqua per tutti!!!

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 Spero che questo santo giorno porti pace e perdono per tutti.

‘E sia veramente una resurrezione che porti ad un rinnovamento delle coscienze! Buona Pasqua a tutti, a chi crede, a chi non crede, a chi crede di credere e a chi crede di non credere.’

 Dal Giovedì Santo al Lunedì dell’Angelo!

PASQUA è avere il CORAGGIO DI CAMBIARE

“Forse è troppo pensare che la Pasqua che sta per arrivare possa provocare in ognuno di noi la voglia di cambiare, di rompere gli indugi e le prudenze e spezzare le catene e le sbarre che imprigionano le nostre vite, i nostri sogni, i nostri pensieri.
Vorrei che quel grido del Vangelo “non cercate tra i morti colui che è vivo”, potesse arrivare a sconquassaretutti coloro che non hanno il coraggio di cambiare, che rimangono prigionieri dei loro schemi, delle loro sfiducie, delle loro rassegnazioni, che non riescono più a danzare la vita e continuano a scimmiottare l’assurda prepotenza dei potenti.” (A.Santoro)

 Napoli: Cristo Velato – cappella Sansevero.

Posto al centro della navata della Cappella Sansevero, il Cristo velato è una delle opere più note e suggestive al mondo. (Giuseppe Sanmartino, 1753.)

Se nel Giovedì Santo predomina la solennità dell’istituzione dell’Eucaristia e nel Venerdì Santo la mestizia, il dolore e la penitenza per la Passione e morte di Gesù, con la sua sepoltura; nel Sabato Santo invece predomina il silenzio, il raccoglimento, la meditazione, per Gesù che giace nel sepolcro prima della gioia della Domenica di Pasqua con l’annuncio della Risurrezione.

Sono le donne che per prime scoprono che Cristo è risorto.

L’angelo disse alle donne: “Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho detto”. (Mt 28, 1-7)

Viviamo con questa fiducia:

Vince in tutti i secoli tutti i processi contro di Lui e contro il suo Vangelo.Vince nei fiumi di sangue dei Martiri.Vince ancora oggi come ieri le contraffazioni di speculatori senza scrupoli che ancora Vendono il Cristo e tutta la verità su sconci schermi per 30 luridi denari. Vince sempre e vincerà sempre davanti a coloro che a volte lo rappresentano male e che si nascondono dietro il suo nome.

primavera
 

Vieni, è Primavera, sugli alberi fioriscono le gemme, la linfa risale al cielo, torna a cantare l’usignolo “Il nostro diletto parla, alzati amata mia, bella mia vieni poiché l’inverno è passato, la pioggia è cessata, se ne è andata, ritornano i fiori sulla terra, Il tempo del Canto è venuto. Cantico dei cantici.

Continua l’impegno con le Associazioni del Meridione e soprattutto per i Genitori della Terra dei Fuochi, così provati dalla mancanza di aria salubre. A tutti loro un fraterno abbraccio.

angeli-gerrieri

 INCONTRI DELLA NOSTRA ASSOCIAZIONE

(ogni secondo sabato del mese Via Palermo – Ex Scuderia Fornace Carrota- Zona Sacra Famiglia Padova – v. nuova sede)

Cari Amici il prossimo incontro che si terrà il 13 Maggio 2017 nella nuova sede alle Scuderie della Fornace Carotta in via Siracusa 41, sarà un evento come sempre particolare!

Avremo la fortuna di avere fra noi, al solito un testimone rappresentativo che ci conforterà con la sua presenza.

Ogni volta trattiamo argomenti diversi con i nostri autorevoli ospiti.

Mi sento di insistere nell’invitarvi a partecipare perché i nostri sono sempre incontri speciali.

Ed ora vi presento un caro amico, un apostolo della speranza che lavora come Clown negli ospedali per i bambini malati oncologici: Don Gianni Mattia che lascia ogni sera un saluto speciale su FB.

mattia

 

E per coloro che soffrono, che vivono nella precarietà, che aspettano una giustizia, che osano ancora attendere…

Speranza di Gianni Rodari

Se io avessi una botteguccia
fatta di una sola stanza
vorrei mettermi a vendere
sai cosa? La speranza.

“Speranza a buon mercato!”
Per un soldo ne darei
ad un solo cliente
quanto basta per sei.

E alla povera gente
che non ha da campare
darei tutta la mia speranza
senza fargliela pagare.

rosa2

Ricevi questa email o come iscritto o simpatizzante della nostra Associazione e il suo sito www.acsss.it. Il trattamento dei tuoi dati avviene nel rispetto del Dlg. 196/2003. Qualora non volessi ricevere più queste informazioni o volessi semplicemente cancellare i tuoi dati, basta rispondere a questa mail con “CANCELLAMI” Per qualsiasi informazione nel merito puoi scrivere a: edda.cattani@alice.it

 

 

 

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Quale idea di famiglia

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Quale idea di famiglia

In questi tempi, già difficili per tutta l’umanità per guerre, crisi economica e dissensi religiosi e politici, propongo alcune riflessioni.

Papa Francesco in “La famiglia genera il mondo” afferma: I bambini sono in se stessi una ricchezza per l’umanità e anche per la Chiesa, perché ci richiamano costantemente alla condizione necessaria per entrare nel Regno di Dio: quella di non considerarci autosufficienti, ma bisognosi di aiuto, di amore, di perdono.”

La famiglia è al centro della predicazione del Santo Padre, specialmente nel periodo che intercorre tra i due Sinodi sulla famiglia, quello dell’ottobre 2014 e quello dell’ottobre 2015. In questo arco di tempo il papa ha rivolto alle famiglie una serie di catechesi ispirate all’icona della Famiglia di Nazareth: un vero e proprio itinerario pastorale attraverso i temi degli affetti, dei tempi della vita e dei ritmi del lavoro e della festa, fino alla vocazione sociale e ecclesiale degli sposi. Bergoglio affronta anche questioni di grande attualità come il divorzio e la separazione, la genitorialità, le sfide che investono oggi la società. Il tono degli interventi è appassionato e concreto: Francesco parla a delle famiglie reali, che ha davanti agli occhi mentre si rivolge a loro. E’ questo un messaggio di speranza e di impegno, una ”prospettiva entusiasmante”, come l’ha definita mons.Vincenzo Paglia, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

“Ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con sensibilità e delicatezza, sia nella Chiesa che nella società”. È quanto si ribadisce nell’Instrumentum Laboris del Sinodo sulla famiglia, convocato da Papa Francesco dal 4 al 25 ottobre in Vaticano.

Il testo recepisce inoltre quanto approvato a maggioranza semplice, e dunque formalmente non approvato, alla scorsa assemblea straordinaria, sul tema delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. “Al riguardo – si legge – ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: “Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. “A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione”. Inoltre viene ribadito che “è del tutto inaccettabile che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso”.

Per i credenti o appartenenti alla comunità cattolica, sono questi temi decisivi di accoglienza e condivisione. Facciamolo noi tutti con il dovuto rispetto!

 

 

 

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La dinamica di vita e morte

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La dinamica di vita e morte 


LA VITA È POSSIBILE GRAZIE ALLA MORTE.

(da Vito Mancuso).

 

Il motore della vita


Ogni giorno nel corpo umano muoiono circa cento miliardi di cellule, sostituite da un processo rigenerativo che lavora a una velocità di un milione di nuove cellule al secondo. Questo avviene per quasi tutte le componenti del corpo, dalla pelle al sangue, dal sistema immunitario al cuore. Ogni essere umano viene continuamente rinnovato, il suo corpo non è mai lo stesso.
Questa dinamica di vita e di morte, di vita dalla morte, è la struttura di fondo che muove l’organismo umano, così come ogni altro organismo vivente.
Ma se si guarda più da vicino questo processo, come ha fatto l’immunologo francese Jean-Claude Ameisen, se ne scopre la sorprendente dinamica interna: ciò che avviene in continuazione nel corpo sembra contrastare col movimento fondamentale della vita quale viene percepita dalla coscienza comune, la vita come volontà di sé, come volontà di potenza.

A un certo punto, senza che si possa registrare alcuna costrizione esterna, la cellula mette in circolo delle proteine con il compito di distruggere il filamento di DNA racchiuso nel suo nucleo. Le proteine killer eseguono il loro lavoro e la cellula finisce per frammentarsi in una miriade di pezzettini. Nel contempo la stessa cellula rende attive altre proteine che segnalano quanto sta avvenendo alle cellule vicine, le quali, captato il messaggio, si stringono alla membrana della cellula e la divorano.
Ameisen usa al riguardo l’espressione di «suicidio cellulare». Questa morte volontaria della cellula che si dà in pasto alle altre cellule (fenomeno contrassegnato dai biologi col nome di apoptosi, che nel greco antico indica la caduta delle foglie) avviene in continuazione nel singolo organismo, milioni e milioni di volte ogni giorno, ed è alla base della vita.
Accompagna la vita dell’uomo in tutte le sue fasi. Già nell’utero materno l’embrione ottiene la forma definitiva del suo corpo grazie a questa «morte creatrice»: è il suicidio delle cellule, dice Ameisen, che «scolpisce» gli organi.

Ogni organismo è un frenetico mutare, non c’è nulla di statico; anche quando si pensa, nei momenti di contemplazione, di essere immobili e di uscire con lo spirito dal flusso della natura e della storia, in realtà nel corpo avvengono continue trasformazioni, e alcune cellule stanno divorando altre cellule. Non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume, non solo perché muta il fiume, come diceva Eraclito, ma anche perché continuamente muta chi vi si immerge.
L’apoptosi è così radicalmente connessa con l’evolversi della vita che quando si blocca, perché le cellule si rifiutano di morire e tendono a immortalizzarsi, ha origine il cancro. La volontà di potenza della singola cellula equivale alla morte dell’intero organismo; il lasciarsi morire della singola cellula equivale alla vita dell’intero organismo.
Ma questa stessa dinamica di suicidio cellulare, così come costituisce il processo vitale, è anche all’origine delle malattie e della morte. Il prezzo della riproduzione si paga con l’invecchiamento e con la morte, in quanto le cellule germinali emettono segnali che accelerano l’arrivo della vecchiaia:

«Ciò che fa invecchiare e scomparire è forse la stessa cosa che ha permesso ai nostri antenati di farci nascere, e che consente anche a noi di avere dei figli … Nel mondo vivente tutti i fenomeni di riproduzione si accompagnano a una forma di invecchiamento».

La legge della vita è strettamente connessa a quella della morte. La legge della vita è la legge della morte.
A partire dai vegetali, la vita si produce, si alimenta, solo a scapito di altri. La vita è lotta. «Pélemos è il padre di tutte le cose» diceva un tempo Eraclito; “Struggle for life” dice oggi Darwin. La vita può vivere solo grazie alla sofferenza e alla morte. Ma ciò significa che l’essenza stessa della vita è impastata di morte. Che l’una senza l’altra non stanno, non possono esistere. E chiaro che la morte, per esistere, presuppone la vita, ma risulta altrettanto chiaro che anche la vita ha bisogno della morte, della morte altrui per procacciarsi il nutrimento, e della morte propria per generare figli e lasciare lo spazio vitale alle generazioni future. Si tratta di un processo scritto nella nostra stessa carne.

Si tratta di un processo scritto, ancora più radicalmente, dentro la carne dell’universo. Secondo le leggi di crescita dell’entropia, sarebbe molto più probabile per l’universo essere un semplice gas in equilibrio termico, ben lontano dalla complessa organizzazione attuale che rende possibile la vita.
Se il mondo ospita la vita è perché nell’universo ci sono sorgenti di luce e di calore che sono le stelle. L’esistenza delle stelle spiega l’esistenza della vita; o meglio, la morte delle stelle genera la possibilità della vita. Sono le stelle che, esplodendo a conclusione del loro ciclo evolutivo (quando viene dato loro il nome di novae, supernovae ò, recentemente, di ipernovae), immettono nell’universo enormi quantità di energia da cui scaturiscono gli elementi chimici necessari alla vita, il primo dei quali è il carbonio. La vita, già a livello degli elementi fondamentali, è possibile grazie alla morte.

Vita e morte non entrano solo in duello, come cantavano i medievali (mors et vita duello conflixere mirando), ma celebrano anche un fecondo matrimonio che è il theatrum mundi, la scena di questo mondo. C’è chi, guardando a tutto ciò, sente nascere dentro di sé un senso di meraviglia, meraviglia che ci sia qualcosa e non il nulla, che dal freddo glaciale degli spazi cosmici sia potuta arrivare l’energia necessaria alla vita, e che questa abbia preso una forma via via sempre più organizzata, fino alla complessità, che ha dell’incredibile, del cervello o dell’occhio umani. Già Aristotele scriveva che la filosofia nasce dalla meraviglia, e su questa strada è stato seguito da molti, tra cui Leibniz e Heidegger, che a loro volta hanno posto a fondamento del proprio pensare la domanda sul perché esista qualcosa e non il nulla.

In questa prospettiva George Coyne e Alessandro Omizzolo, sacerdoti cattolici e astronomi, scrivono: «L’immensa ricchezza del cosmo, dal microcosmo al macrocosmo … può condurci a una sorgente che trascende la nostra comprensione e alla quale ci si avvicina meglio pensandola come amore. Questo amore si autorivela in tutte le pieghe della creazione».

Vi sono però anche coloro i quali, guardando alla vita sulla terra, ben più che dalla meraviglia vengono presi da un sentimento del nulla, quando non dall’orrore: «Quanto più l’universo ci appare comprensibile, tanto più ci appare senza scopo», così Steven Weinberg, premio Nobel per la fisica nel 1979, conclude il suo celebre saggio sull’origine dell’universo Darwin ha individuato nella selezione naturale il meccanismo che regola l’avanzare della vita, e selezione naturale significa lotta, significa sangue. La natura, che si declina sulla terra in oceani, foreste, deserti, montagne, e può apparire bucolica solo a chi non vi è esposto, è il teatro di una lotta spietata che a ogni istante esige il suo tributo di sangue. Ne fece esperienza anche un grande cristiano come Blaise Pascal: «La natura è tale che dovunque attesta un Dio perduto, sia nell’uomo, sia fuori dell’uomo, e una natura corrotta».

Chi ha ragione? Ha ragione chi, osservando la natura, giunge alla meraviglia perché intravede un disegno, uno scopo, un senso, oppure chi è preso dal senso del nulla, dall’orrore, dalla nausea?
Entrambi, e nessuno. A chi sa fissare in tutti i suoi particolari lo spettacolo, ora nobile ora osceno, del theatrum mundi, ciò che appare regnare è la libertà, mostro a due teste che può generare oppressione e delitto, e insieme commuovere per purezza e amore. Certo, esiste l’amore, ma è solo una delle possibilità, peraltro di continuo negata, che emerge dalle «pieghe della creazione» (l’amore bisogna volerlo perché ci sia, non è un fatto naturale, è un evento spirituale).

La natura scaturisce dal matrimonio tra la morte e la vita, il cui figlio primogenito è la sofferenza. La natura è sofferenza. Si soffre perché si è vivi, perché si è fatti per un progetto che contrasta altri progetti, e quanto più si sale nella scala dell’essere tanto più si soffre; l’uomo è il sofferente per eccellenza.
La scena di questo mondo, scaturita dal matrimonio tra la morte e la vita, anche già solo a livello naturale appare come l’epifania, l’apoteosi della contraddizione.
Quando il pensiero contempla la natura, ben lungi dall’ascendere a Dio come voleva Tommaso d’Aquino nelle celebri cinque vie che aprono la Summa Theologiae, viene inchiodato all’antinomia.
Ma dalla vita delle cellule e delle stelle si devono trarre orientamenti decisivi anche per la vita dello spirito.

Occorre tornare a pensare insieme la scienza e le discipline spirituali, visto che lo spirito non può non avere le stesse leggi della materia, essendo tutto, sia lo spirito sia la materia, ultimamente energia (lo spirito, energia allo stato puro; la materia, energia solidificata come massa).

(da V. Mancuso, Il dolore innocente, pp. 163-167)

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Morte e vita

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…e dopo l’evento che ha coinvolto tanti di noi per la dipartita di nostri cari e amici…penso possa far bene la riflessione di Padre Alberto.

MORTE E VITA
(Alberto Maggi)

 

La morte è il momento essenziale della vita di ognuno quello conclusivo dopo il quale ci aspetterà una trasformazione, che però avviene già durante la vita terrena. Tutti infatti ci accorgiamo che avviene in noi una continua trasformazione del corpo e non solo, anche dell’anima fino alla parte spirituale. Mentre però per la parte biologica dopo il periodo dell’accrescimento inizia un lento declino che ci conduce al totale disfacimento, invece ci accorgiamo che al degrado inesorabile del corpo non corrisponde uno eguale dell’animo, che la nostra parte spirituale, la parte più preziosa dell’anima, si “rinnova di giorno in giorno” (Cor 4,16). La morte è quindi la distruzione del bios ma non dell’anima. Il vangelo parla di questa trasformazione nel versetto del chicco di grano (“se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” Gv 12,24) col quale Gesù ci dice che la morte non è altro che la condizione affinché si liberi tutta l’energia vitale che ognuno di noi contiene in sè. Noi siamo come il chicco di grano, con la nostra ricchezza che deve essere liberata, una pienezza di vita, che non si manifesta fintanto siamo in questa terra. Solo la morte ne permette la liberazione. La vita dello spirito in ognuno di noi risplenderà in una forma nuova. Altra immagine che ci dà il vangelo è quella del dormire, la morte è quella pausa necessaria nell’esistenza per riprendere la vita con maggiore intensità, un momento positivo che consente all’individuo di liberare tutta l’energia che ha dentro. Ma ciò non è per tutti, è necessario che questa ricchezza ci sia, è necessario che abbiamo costruito qualcosa. E si costruisce durante la vita. Basta seguire Gesù, vivere non ripiegati su di sé, vivere comunicando agli altri vita, facendoci pane per gli altri. Così costruiamo forme di umanità sempre più ampie e ciò ci impedisce di cadere nella “morte seconda”. Il vangelo parla di questa morte definitiva, che possiamo procurarla solo noi. E Gesù è ancora più chiaro su questa morte seconda, perché parla dei pericoli che corrono le persone che fanno il bene. Ed aggiunge che si potrà scalfire la nostra parte biologica, ma non la ricchezza dell’anima. Gesù insomma ci avvisa che se ci opponiamo ai valori di una società ingiusta possiamo essere oggetti di persecuzione, forse anche perdere la vita fisica, ma non quella dello spirito. E ci dice anche che l’adesione ai valori di questo sistema di potere, di ricchezza e di successo, che nella Bibbia viene rappresentato da “mammona”, causa la morte definitiva. Solo il Dio di Gesù, il Padre che comunica vita, può salvarci. Il messaggio di Gesù è pienamente positivo: “chi accoglie il mio messaggio ha una vita di una qualità tale che è quella indistruttibile ed eterna; chi rifiuta sistematicamente ogni stimolo di vita, ogni scelta in favore degli altri, va incontro all’annientamento totale.

 

 

Edda CattaniMorte e vita
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Miracoli e guarigioni

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Miracoli e guarigioni

A seguito di ripetuti interventi reputo interessante proporre:

Parlare di guarigioni, di preghiere di guarigione, di guarigioni miracolose ci porta ad affrontare una tematica legata principalmente alla Fede. Tempo fa abbiamo trattato l’argomento “Medianità e Carismi” , ed è stato postato un Pdf “Miracoli” che vi invito a rivedere in quanto abbiamo considerato anche l’aspetto delle scienze umane e della parapsicologia. Oggi per parlarne compiutamente, vogliamo portare la nostra attenzione su una figura rappresentativa nel mondo ecclesiatico che ha dedicato la propria vita all’opera di guarigione, segno di amore per la vita eterna .

P. Emiliano Tardif, padre spirituale del Rinnovamento Carismatico Cattolico Servi di Cristo Vivo e fondatore delle comunità omonime, è mancato l’8 giugno 1999 ma anche se “É ormai assorbito dall’immensità di Dio, nella sua sconfinata bellezza…” egli continua la sua instancabile intercessione per tutti i bisognosi e gli ammalati per i quali ha sempre mostrato una grande compassione.

Un Santo non muore! Dai Santi, e prima da Cristo, deriva la vita che non muore. Morì Gesù e dal suo sepolcro fiorì il cristianesimo.

“Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.” (Gv 12,24). Quanto vera è questa parola se pensiamo ai grandi Santi come S. Benedetto, S. Francesco, P. Pio…, quanti frutti dopo la loro morte!

Che splendido sacerdozio! Quale fecondità nel suo ministero; così come S. Paolo, anche padre Emiliano si è fatto strumento nelle mani del Signore per partorire alla fede migliaia di figli di Dio.

Di certo il SIgnore nel riceverlo presso il suo trono gli avrà detto: “Bene servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco ti darò autorità su molto, prendi parte alla gioia del tuo Signore” (Mt 25,21). Del resto anche qui sulla terra egli è vissuto, con la semplicità di un fanciullo, nella gioia dei salvati ed in essa ha trascinato il gregge che di volta in volta, in ogni angolo della terra, il Padre gli affidava.

Durante il convegno naz. del RnS a Rimini, Padre Emiliano Tardif ha confidato il suo itinerario spirituale e l’esperienza straordinaria dei doni ricevuti dal SIgnore.

(fonte:Padre Emiliano Tardif “Cristo Gesù è vivo”

Edizioni Dehoniane Roma pag. 73-81)

Non tutte le guarigioni sono miracoli del Signore. Ci sono delle guarigioni, ottenute con la preghiera, che non devono essere catalogate come miracoli. Parliamo di miracolo quando si tratta di una guarigione che nessuna scienza medica potrebbe operare e che Dio invece realizza. Nei casi in cui il Signore accelera un processo di guarigione, che si sarebbe potuto ottenere con un’operazione, col riposo o altro mezzo, diciamo semplicemente « guarigione ». Per questo non tutte le guarigioni ottenute con la preghiera si possono dire miracolose. A Lourdes, fra tutte le guarigioni ottenute durante un secolo, molto poche sono state dichiarate miracolose, come lo indica la statistica seguente:

« Da Caterina Latapie, guarita nel marzo 1858, fino a Sergio Perrin, guarito nel 1978, solo sessantaquattro guarigioni furono riconosciute ufficialmente come miracolose dalla Chiesa. Ma non si deve dimenticare che solo nell’anno 1972 sono stati annotati negli archivi ben cinquemilaquattrocentotrentadue casi di guarigione »’.

Una guarigione miracolosa fu quella di Anita Siu de Sheffer. Qui il Signore fece ciò che la scienza medica non avrebbe potuto fare. In occasione di un’incidente automobilistico, avvenuto dieci anni prima a Santiago del Cile, una lesione cerebrale le aveva fatto perdere completamente il gusto e l’odorato. Appartenendo a un ceto sociale elevato, fu curata nei migliori ospedali degli Stati Uniti con speranza di ricuperare la salute. Dopo esami e terapie, i medici le dissero dell’impossibilità di un’intervento perché le fibre di trasmissione di queste funzioni sono più sottili di un capello. Testualmente le avevano detto che « solo un miracolo » le poteva far ricuperare i due sensi. Ella aveva perso la speranza di poter gustare i sapori e di sentire profumi e fiori.

Durante la Messa di guarigione per i malati a Panama, il Signore ci diede diverse parole di conoscenza di ciò che stava compiendo nell’assemblea. Una di esse diceva così.

« C’è qui una signora che soffre d’una malattia molto seria. Sarà guarita nel corso della notte e domani stesso ci darà testimonianza della sua totale guarigione ».

Il giorno seguente. Anita si rese conto che aveva riacquistato il suo odorato. Si svegliò col soave odore di rose che stavano presso la finestra e l’aroma del caffè della cucina. Saltò dal letto e raccontò l’avvenimento meraviglioso a suo marito. Fece colazione con le lacrime agli occhi e si rese subito conto che per la prima volta dopo l’incidente potava gustare gli alimenti. Quello che non poteva fare nessun medico di questo mondo, l’aveva fatto il Signore Gesù, padrone dell’impossibile!

Poi, piangendo di gioia, disse a tutta l’assemblea:

« Io ho due bambini, ma non avevo mai potuto sentire il loro odore. Voi mamme, voi, lo sapete cosa significhi sentir l’odore del proprio bambino. Ebbene, questa mattina, io mi sono avvicinata a loro, li ho abbracciati e ho cominciato a sentire dolcemente il loro odore ».

Un’altra bellissima testimonianza di guarigione miracolosa fu resa dalla persona stessa guarita, in una sua lettera del 25 agosto 1981.

« Soffrivo di artrite reumatoide che cominciò nell’ottobre scorso, con forti dolori ai malleoli, alle ginocchia e ai polsi e una stanchezza generale. È una malattia che non si deve confondere con l’artrite o il reumatismo, mali di persone di una certa età, senza gravi conseguenze. L’artrite reumatoide non si sa da dove proviene e come si possa curare. Attacca le articolazioni producendo un dolore terribile e l’organismo s’irrigidisce; il corpo si va indurendo, deformando e, generalmente, si finisce su una sedie a rotelle. Non pensando a niente di grave, ricorsi al medico il quale mi fece fare delle analisi, che diedero come risultato « artrite positiva », artritest era la causa del mio male.

La dottoressa che mi aveva fatto le analisi mi raccomandò di andare negli Stati Uniti per un trattamento. Nel centro artritico dove fui curata, rimasi impressionata alla vista delle persone che si trovavano nelle diverse fasi della malattia. Il dott. Alfonso Portuondo, uno specialista, confermò la diagnosi e mi disse che questa malattia era incurabile. L’unica cosa che si poteva fare era di renderla stazionaria, con sali d’oro. Questo rimedio comporta delle conseguenze negative che non tardarono a farsi sentire: ebbi gonfiori per tutto il corpo persi i capelli e le unghie dei piedi. Mi diminuirono le piastrine e i globuli bianchi. In quel tempo quando il medicamento mi stava recando danni venne in Paraguay il p. Emiliano Tardif. Lo ascoltai la prima volta nella chiesa di sant’Alfonso. Al momento della guarigione, sentii che il mio cuore esplodeva; batteva così forte che ne sentivo i palpiti. La seconda volta fu nella chiesa di Coronel Oviedo.

Di nuovo, al momento della preghiera di guarigione, sentii un tremito per tutto il corpo. Il padre disse che in quel momento due donne affette da artrite stavano guarendo e le invitò a inginocchiarsi. In verità io non ebbi il coraggio di farlo, perché non ero convinta che si trattasse di me e non credevo a questo tipo di guarigioni, forse per mancanza di fede.

Andai ad una terza messa. Allora i miei dolori erano spariti e non prendevo più medicine. Lo costatò mia madre e sr. Margherita Prince il giorno della partenza del p. Emiliano; e di nuovo all’aeroporto, assieme al p. Andrea Car, fece una preghiera di guarigione su di me. Terminando mi disse: « Non dire più: — ho l’artrite —, ma: — l’avevo —, perché sei guarita ». I dolori sparirono e non presi più medicine (prima ero arrivata a prendere dodici ascriptin al giorno e a subire iniezioni settimanali di sali di oro). Rifeci le analisi e costatai che ero realmente guarita. Il dott. Nicola Breuer, molto credente, che si occupava di me ad Asunciòn, mi disse: « Bisogna ammettere che oltre la scienza, esiste Qualcuno più in alto a cui niente è impossibile ».

Come mi hanno spiegato i medici, la persona che soffre di questa malattia, anche nell’ipotesi della sua guarigione non perde mai l’artritest: è come un marchio che le rimane per tutta la vita. È come il malato che ha avuto un infarto: gli resta la cicatrice nel cuore. Tuttavia, confrontando le analisi che mi hanno fatto, si può vedere che sono guarita e che sono sparite le tracce dell’artritest. La sola spiegazione che si può dare di tutto questo è che si tratti d’un miracolo di Dio ».

Maria Teresa Galeano de Baez

Quelli che pensano che le guarigioni sono qualcosa di superficiale e di accidentale nel ministero di Gesù, si sbagliano completamente. Quelli che credono che oggi non c’è più bisogno di guarigioni e che l’essenziale sia di annunziare il vangelo, dimenticano il metodo pastorale di Gesù. Noi progettiamo e tentiamo mille metodi per attrarre gente che viene sempre di meno in chiesa. Organizziamo feste, concerti, convivenze, ecc. e i risultati sono sempre molto poveri. Gesù, invece, guariva i malati e la gente accorreva in massa. Erano tanti che qualche volta si doveva far passare i paralitici per il tetto della casa di Pietro, perché non era possibile introdursi in mezzo alla folla. Oggi capita la stessa cosa. Quando Gesù guarisce i malati, si riuniscono moltitudini che non riescono a stare nemmeno negli stadi e allora annunziamo loro il regno di Dio. Le conseguenze sono assai più grandi che non le semplici guarigioni fisiche.

Che i segni della potenza di Dio non siano solo uno spettacolo ma aiutino efficacemente il rinnovamento della vita di fede, lo dice espressamente l’arcivescovo di Tahiti al mio superiore provinciale in una lettera cui trascriviamo integralmente la prima parte.

Papeete, 30 novembre 1982

Reverendissimo Padre,

ero assente mentre il p. Tardif ha predicato in mezzo a noi, dal 21 ottobre al 14 novembre. Tuttavia al mio ritorno ho potuto costatare il cambiamento dovuto alla sua predicazione.

1. Il numero dei partecipanti alla domenica è aumentato considerevolmente.

2. Si è instaurato un certo clima ecumenico.

3. Ovunque nasce o rinasce la vita spirituale.

4. Si sono avute grandi conversioni e le confessioni sono diventate molto frequenti.

5. Il clero, i religiosi e le religiose hanno apprezzato molto la predicazione del p. Tardif.

6. Un gran numero di coppie illegittime, si preparano per il matrimonio oltre che a un rinnovamento della vita familiare.

La diocesi non aveva mai sperimentato un tale slancio di fede. Abbiamo celebrato due sinodi, fatto una visita pastorale, ritiri predicati da eccellenti sacerdoti in questi ultimi quindici anni, abbiamo avuto delle grandi manifestazioni religiose, ma mai con risultati vasti e profondi paragonabili a questo.

+ Michel Coopenrath arcivescovo di Papeete

Basta un solo esempio, tra mille, di ciò che avvenne a Tahiti. Durante la messa per i malati, un cieco cominciò a piangere e alla fine cominciò a vedere. Incontrandosi con Gesù, luce del mondo, riebbe la luce dei suoi occhi. Questa guarigione impressionò molto Gabilou, celebre cantante del Pacifico che aveva ottenuto il secondo premio in eurovisione; egli si iscrisse per il secondo ritiro, durante il quale si pentì, si confessò e si comunicò. Durante la messa di chiusura, fece questa testimonianza:« Ci sono state qui molte guarigioni, ma la più grande è la mia, perché il Signore mi ha guarito spiritualmente. Erano sedici anni che stavo lontano dalla vita cristiana e dai sacramenti; ma durante questo ritiro Gesù mi ha incontrato ed ora non voglio più vivere né cantare se non per lui ».

Ripetè la sua testimonianza alla televisione e in seguito nello stadio dinanzi a ventimila persone. Oggi evangelizza con canti carismatici, interpellando i giovani. Gesù è il Signore anche di artisti e cantanti.

Le guarigioni hanno uno scopo molto chiaro di cui dobbiamo tener conto. L’arcivescovo di Brazzaville l’ha scritto in maniera molto bella in una lettera a tutte le comunità della sua diocesi:

Brazzaville, 7 ottobre, 1983

Siamo stati molto contenti della predicazione del p. Tardif che ha ripreso il tema del centenario dell’evangelizzazione del Congo: il rinnovamento della fede. Le sue prediche furono accompagnate spesso da guarigioni spirituali, morali e fisiche.

Lo spettacolo più straordinario era di vedere, durante la preghiera, i malati guarire, i paralitici camminare, i muti parlare … era un rivivere i tempi della chiesa primitiva con Gesù. Ma che nessuno dimentichi lo scopo di questi segni miracolosi di Gesù: sono una testimonianza per risvegliare la fede di chi non crede e per fortificare quella dei credenti.

Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l’udirono! (Mt 13,16-17).

Il p. Tardif ci ha predicato un vangelo di verità e non di menzogna. Aver visto questi segni e non credere, ecco quello che Gesù chiama « peccato contro lo Spirito Santo », perché si rifiuta di riconoscere la verità … e ciò è molto grave.

La predicazione accompagnata dal potere di guarigione, che noi abbiamo vissuto, lascerà una traccia profonda di cui le generazioni congolesi parleranno per molto tempo, come si parla ancora delle opere e delle parole di Gesù Cristo.

+ Mons. Barthélémy Batantu arcivescovo di Brazzaville

Credo che i testi biblici e anche le testimonianze dei santi siano molti nella vita della Chiesa, per cui non è affatto necessario giustificare o non è possibile contrastare le guarigioni. Ma la questione di fondo è un’altra: credo io che Dio mi può guarire? Ho fede nel potere di guarigione di Gesù che può passare attraverso la mia persona per guarirne altre?

Qualche volta temiamo le meraviglie di Dio per la semplice ragione che non le comprendiamo.

Il vescovo di Sangmelino nel Cameroun mi aveva invitato ad un ritiro sacerdotale. Vi chiamò tutti i suoi sacerdoti; ma uno di loro disse:

« Io non ci voglio andare, perché là non si parlerà che di miracoli e sempre di miracoli ».

Il vescovo gli rispose:

« Vai, non aver paura. Il tema del ritiro non è la guarigione, ma la preghiera ».

Il sacerdote ci andò, ma più per l’esortazione del vescovo che per propria convinzione. Così cominciò il ritiro, ma al terzo giorno si alzò davanti a tutti e disse:

« Soffrivo di un’artrite deformante alle mani che mi impediva persino di allacciarmi le scarpe. Di più debbo dire che non volevo partecipare a questo ritiro temendo che non si parlasse d’altro che di miracoli. Ma durante la messa di ieri, ho sentito come un grande caldo nelle mie mani. Voglio rendere gloria a Dio, perché sono perfettamente guarito. Posso muovere le mani … ».

Io aggiunsi ridendo:

« Non volevi sentir parlare di miracoli e ora sei tu che non cessi di proclamare le meraviglie del Signore ».

Tutti ridevano e lodavano Dio, mentre lui muoveva e mostrava le mani.

La nostra disposizione dovrebbe essere quella di un pieno abbandono nelle mani del Padre amoroso: egli ha un piano meraviglioso su di noi.

 

 

 

 PREGHIERA PER LA GUARIGIONE INTERIORE (p. TARDIF)

Padre di bontà, padre di amore, ti benedico ti lodo e ti ringrazio perché per amore ci hai dato
Gesù. Grazie Padre, perché alla luce del tuo Spirito comprendiamo che Lui è la luce, la verità,
il Buon Pastore, che è venuto perché noi abbiamo la vita e l’abbiamo in abbondanza. Oggi, Padre,
mi voglio presentare davanti a te come tuo figlio. Tu mi conosci per nome. Volgi i tuoi occhi di
Padre amoroso sulla mia vita. Tu conosci il mio cuore e le ferite della mia vita. Tu conosci
tutto quello che avrei voluto fare e che non ho fatto; quello che ho compiuto io e il male che
mi hanno fatto gli altri. Tu conosci i miei limiti, i miei errori e il mio peccato.
Conosci i traumi e i complessi della mia vita. Oggi, Padre, ti chiedo, per l’amore verso il tuo
figlio Gesù Cristo, di effondere sopra di me il tuo Santo Spirito, perché il calore del tuo
amore salvifico penetri nel più intimo del mio cuore. Tu che sani i cuori affranti e fasci le
ferite, guarisci qui ed ora la mia anima, la mia mente, la mia memoria e tutto il mio spirito.
Entra in me, Signore Gesù, come entrasti in quella casa, dove stavano i tuoi discepoli pieni
di paura. Tu apparisti in mezzo a loro e dicesti: “Pace a voi”. Entra nel mio cuore e donami
la pace; riempimi d’amore. Noi sappiamo che l’amore scaccia il timore. Passa nella mia vita
e guarisci il mio cuore. Sappiamo, Signore Gesù, che tu lo fai sempre, quando te lo chiediamo;
ed io lo sto chiedendo con Maria, nostra Madre, che era alle nozze di Cana quando non c’era
più vino e tu rispondesti al suo desiderio cambiando l’acqua in vino. Cambia il mio cuore e
dammi un cuore generoso un cuore affabile, pieno di bontà, un cuore nuovo. Fa spuntare in me
i frutti della tua presenza. Donami i frutti del tuo Spirito che sono amore, pace e gioia.
Che scenda su di me lo spirito delle beatitudini, perché possa gustare e cercare Dio ogni giorno,
vivendo senza complessi e senza traumi insieme agli altri, alla mia famiglia, ai miei fratelli.
Ti rendo grazie, o Padre, per quello che oggi stai compiendo nella mia vita. Ti ringrazio con
tutto il cuore, perché mi guarisci, perché mi liberi, perché spezzi le mie catene e mi doni la
libertà. Grazie, Signore Gesù, perché sono tempio del tuo Spirito e questo tempio non si può
distruggere, perché è la casa di Dio. Ti ringrazio, Spirito Santo, per la fede, per l’amore che
hai messo nel mio cuore. Come sei grande, Signore, Dio Trino ed Uno! Che Tu sia benedetto e
lodato, o Signore! AMEN.

PREGHIERA PER LA GUARIGIONE FISICA (p. TARDIF)

Signore Gesù, credo che sei vivo e risorto. Credo che sei presente realmente nel Santissimo
Sacramento dell’altare e in ciascuno di noi che crediamo in te. Ti lodo e ti adoro.
Ti rendo grazie, Signore, per essere venuto da me, come Pane vivo disceso dal cielo.
Tu sei la pienezza della vita, tu sei la risurrezione e la vita, tu Signore, sei la salute
dei malati. Oggi ti voglio presentare tutti i miei mali, perché tu sei uguale ieri,
oggi e sempre e tu stesso mi raggiungi dove mi trovo. Tu sei l’eterno presente e mi conosci.
Ora, Signore, ti chiedo d’aver compassione di me. Visitami per il tuo vangelo,
affinché tutti riconoscano che tu sei vivo, nella tua Chiesa, oggi; e che si rinnovi la mia
fede e la mia anima. Abbi compassione delle sofferenze del mio corpo, del mio cuore e della
mia anima. Abbi compassione di me, Signore, benedicimi e fa che possa riacquistare la salute.
Che cresca la mia fede e che mi apra alle meraviglie del tuo amore, perché sia anche testimone
della tua potenza e della tua compassione. Te lo chiedo, Gesù, per il potere delle tue sante
piaghe per la tua santa Croce e per il tuo Preziosissimo Sangue. Guariscimi, Signore!
Guariscimi nel corpo, guariscimi nel cuore, guariscimi nell’anima. Dammi la vita, la vita
in abbondanza. Te lo chiedo per l’intercessione di Maria Santissima, tua Madre, la vergine
dei dolori, che era presente, in piedi, presso la tua croce; che fu la prima a contemplare
le tue sante piaghe, e che ci hai dato per Madre. Tu ci hai rivelato d’aver preso su di te
i nostri dolori e per le tue sante piaghe siamo stati guariti. Oggi, Signore, ti presento con
fede tutti i miei mali e ti chiedo di guarirmi completamente. Ti chiedo, per la gloria del
Padre del cielo, di guarire anche i mali della mia famiglia e i miei amici.
Fa che crescano nella fede, nella speranza e che riacquistino la salute per la gloria
del tuo nome. Perché il tuo regno continui ad estendersi sempre più nei cuori attraverso
i segni e i prodigi del tuo amore. Tutto questo, Gesù, te lo chiedo perché sei Gesù.
Tu sei il Buon Pastore e noi siamo le pecorelle del tuo gregge. Sono così sicuro del tuo amore,
che prima ancora di conoscere il risultato della mia preghiera, ti dico con fede:
grazie, Gesù, per tutto quello che farai per me e per ciascuno di loro.
Grazie per i malati che stai guarendo ora, grazie per quelli che stai visitando con la
tua Misericordia.


Edda CattaniMiracoli e guarigioni
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“Si è fatto sempre così”

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Papa Francesco \ Messa a Santa Marta

Idolatri e ribelli i cristiani fermi al

“si è fatto sempre così”

 

Papa

I cristiani fermi al “si è fatto sempre così” hanno un cuore chiuso alle sorprese dello Spirito Santo e non arriveranno mai alla pienezza della verità perché sono idolatri e ribelli: è quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta.

Aprire il cuore alla novità dello Spirito Santo
Nella prima lettura Saul viene rigettato da Dio come re d’Israele perché preferisce ascoltare il popolo più che la volontà del Signore e disobbedisce. Il popolo, dopo una vittoria in battaglia, voleva compiere un sacrificio a Dio con i migliori capi di bestiame perché, dice, “sempre si è fatto così”. Ma Dio, stavolta, non voleva. Il profeta Samuele rimprovera Saul: “Il Signore gradisce, forse, gli olocausti e i sacrifici quanto l’obbedienza alla voce del Signore?”. “Lo stesso – osserva Papa Francesco – ci insegna Gesù nel Vangelo”: i dottori della legge gli rimproverano che i suoi discepoli non digiunano come finora si era sempre fatto. E Gesù risponde “con questo principio di vita”: “Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore; e nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!”.

“Cosa significa questo? Che cambia la legge? No! Che la legge è al servizio dell’uomo che è al servizio di Dio e per questo l’uomo deve avere il cuore aperto. Il ‘sempre è stato fatto così’ è cuore chiuso e Gesù ci ha detto: ‘Vi invierò lo Spirito Santo e Lui vi condurrà fino alla piena verità’. Se tu hai il cuore chiuso alla novità dello Spirito, mai arriverai alla piena verità! E la tua vita cristiana sarà una vita metà e metà, una vita rattoppata, rammendata di cose nuove, ma su una struttura che non è aperta alla voce del Signore.  Un cuore chiuso, perché non sei capace di cambiare gli otri”.

Cristiani ostinati e ribelli
“Questo – sottolinea il Papa – è stato il peccato del re Saul, per il quale è stato rigettato. E’ il peccato di tanti cristiani che si aggrappano a quello che sempre è stato fatto e non lasciano cambiare gli otri. E finiscono con una vita a metà, rattoppata, rammendata, senza senso”. Il peccato “è un cuore chiuso” che “non ascolta la voce del Signore, che non è aperto alla novità del Signore, allo Spirito che sempre ci sorprende”. La ribellione – dice Samuele – è “peccato di divinazione” l’ostinazione è idolatria:

“I cristiani ostinati nel ‘sempre è stato fatto così’, ‘questo è il cammino, questa è la strada’, peccano: peccano di divinazione. E’ come se andassero dalla indovina: ‘E’ più importante quello che è stato detto e che non cambia; quello che sento io – da me e dal mio cuore chiuso – che la Parola del Signore’. E’ anche peccato di idolatria l’ostinazione: il cristiano che si ostina, pecca! Pecca di idolatria. ‘E qual è la strada, Padre?’: aprire il cuore allo Spirito Santo, discernere qual è la volontà di Dio”.

Abitudini che devono rinnovarsi
“Era abitudine al tempo di Gesù – afferma ancora il Papa – che i bravi israeliti digiunassero. Ma c’è un’altra realtà: c’è lo Spirito Santo che ci conduce alla verità piena. E per questo Lui ha bisogno di cuori aperti, di cuori che non siano ostinati nel peccato di idolatria di se stessi, perché è più importante quello che io penso che quella sorpresa dello Spirito Santo”:

“Questo è il messaggio che oggi ci dà la Chiesa. Questo è quello che Gesù dice tanto forte: ‘Vino nuovo in otri nuovi’. Alle novità dello Spirito, alle sorprese di Dio anche le abitudini devono rinnovarsi. Che il Signore ci dia la grazia di un cuore aperto, di un cuore aperto alla voce dello Spirito, che sappia discernere quello che non deve cambiare più, perché fondamento, da quello che deve cambiare per poter ricevere la novità dello Spirito Santo”.

Il servizio di Sergio Centofanti: da Radio Vaticana

 

Edda Cattani“Si è fatto sempre così”
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