2019

Ti parlo da una vita

No comments

TI PARLO DA UNA VITA

 

Da GRAZIA MAGAZINE interviste

STEFANIA ROSSOTTI: «DA QUANDO NON CI SEI PIÙ»

VERA MONTANARI

 

 

Due amiche che non smettono di parlarsi, neanche dopo la morte. Nove mamme che hanno perso un figlio e non si rassegnano al silenzio. È il tema doloroso, eppure attraversato dalla speranza, del libro del nostro inviato Stefania Rossotti . Un viaggio al confine della vita. Ne parla con un’intervistatrice speciale…

Come si fa a intervistare l’intervistatrice per eccellenza? Stefania Rossotti è famosa, da noi in redazione, ma anche presso le nostre lettrici, per essere la giornalista capace di far commuovere e piangere anche il più refrattario e cinico degli intervistati.

O di far dire cose profonde, sensibili, intelligenti anche al più superficiale. Intervistarla è un’impresa anche per me, che sono il suo direttore. Ma mi ci sottopongo volentieri, perché il suo libro Ti parlo da una vita. Donne che non hanno creduto al silenzio di chi non c’è più mi ha colpito nel profondo.

Ci vuole coraggio ad avvicinarsi al limite che separa i vivi dai morti per cercare di rispondere a quelle domande che tutti ci siamo fatti: esiste qualcosa dopo? E com’è, come funziona, ha dei punti di contatto con noi? Per di più, Stefania sostiene che tutto è nato da un’inchiesta che le ho commissionato io.

Sul serio il progetto di questo libro è nato da un’inchiesta di «Grazia»?
«Sì, è partito tutto da lì. Tu mi hai chiesto un’intervista con Gemma Cometti (pubblicata su Grazia n.16/2011), che aveva perso suo figlio in un incidente e “comunicava” con lui. Qualcuno ha letto il pezzo che raccontava l’esperienza e mi ha chiesto di trovare altre storie per farne un libro. La prima risposta è stata no. Poi ho cominciato a pensare che forse questo contatto con il dolore degli altri avrebbe potuto aiutarmi a raccontare un mio dolore: la morte di una mia amica. Anzi della mia amica».

Ed è stato così? 
«Sì. Ho deciso di scrivere, ma a una condizione: avere il coraggio di raccontare anche il mio lutto. Ho utilizzato la mia storia come un filo per cucire le altre. Dalla morte di Claudia non ero riuscita a dire niente, nemmeno a piangere. Ero nel gelo. Poi si è sciolto tutto».

Quindi hai scoperto che con i morti si può davvero comunicare?
«Secondo me, sì. Ma resta un “secondo me”».

Non ti sto chiedendo una verità scientifica, dimmi cosa ne pensi tu.
«La verità? Io lo davo già per scontato. In qualche modo, lo sapevo. Con mio padre ho sempre parlato: non che lui mi rispondesse, ma io continuavo a parlargli. E mi sono sempre sentita molto protetta dai morti».

Quindi loro sono qui con noi? E l’aldilà esiste, ne hai, dopo tutti questi incontri, una certezza assoluta?
«Non è assoluta, è la mia certezza, molto relativa. Le persone che ho intervistato sono a vari stadi del dolore e del lutto: vicinissimi o lontani nel tempo. Ma tutte hanno trovato pace nei segni di questo contatto con i loro cari. Che avvenga attraverso un registratore, una medium o dei fogli scritti come sotto dettatura».

Trovano pace nei segni e nella fede.
«Vero, anche se la Chiesa continua, nonostante tutte le prove, a essere contraria a queste pratiche».

Immagino ci sia molta cautela perché è tanto facile approfittare del dolore e del bisogno delle persone.
«Infatti, a conquistarmi, nel mio primo incontro con Gemma, è stata proprio la durezza della mia interlocutrice: non voleva tirarmi dentro. Non voleva affatto convincermi. E invece ci è riuscita. Sai qual è l’elemento più toccante? Tutte le mamme che hanno perso un figlio erano spinte nella loro ricerca da un disperato bisogno, da una necessità quasi fisica. Una mi ha detto: “Non mi interessa rincontrare mio figlio in spirito. Voglio sapere che stringerò di nuovo il suo corpo”».

Come mai hai intervistato solo donne?
«Perché sono più disponibili, più disperate, più credenti e più ostinate. Come quella che si è consumata letteralmente le gambe affondandoci, giorno dopo giorno, i gomiti, con la testa fra le mani, in attesa della voce di suo figlio…».

E quella voce poi è arrivata. C’è speranza nel tuo libro. E qualche volta si ride anche. Come nell’episodio della donna che ogni sera dice buonanotte al figlio perso e decine di voci, dal registratore, rispondono: “Buonanotte, buonanotte…”. I mariti invece non partecipano, ma lasciano fare con l’aria di dire: sta male, è pazza di dolore…
«Una donna mi ha raccontato: “Tutti dicono di me: sta bene nella sua dolce follia”. Ma nessuna è pazza. Sono donne normali. Tranquille. Perfettamente integrate. Donne-mamme che mi hanno accolto con l’arrosto nel forno. Vite normali: piene. E dolorosissime».

Una delle intervistate dice: “È un’illusione? Pazienza, voglio tenermela per tutta la vita”.
«Sì, è così: è la loro strategia di sopravvivenza. Che ha qualcosa di mistico. Niente a che spartire con il paranormale».

Queste madri, però, non dicono: perché è morto mio figlio? Ma, dov’è? 
«E infatti, tutte vanno a cercarlo, finché non lo trovano. Nessuna molla mai».

Uno dei morti dice: “Sono vivo, vivo, vivo”.
«È vero, parlano di una vita che continua: le cose succedono ancora, le persone evolvono, addirittura crescono. Come se esistesse una vita parallela alla nostra».

E tu, alla fine sei riuscita a parlare con la tua amica Claudia?
«Non so, da che lei è morta sono circondata di farfalle. E una volta ho sentito il suo profumo, che peraltro non mi piaceva affatto, e subito dopo, nel mettermi il cappotto, qualcuno mi ha aiutato a infilare la manica. Ma dietro di me non c’era nessuno».

Non hai paura che adesso arrivino le critiche? Di essere trattata da credulona, ingenua, donnetta?
«Io ho raccontato delle storie. È il mio mestiere, lo faccio tutte le settimane. E quello che scrivo non so se è la “verità”; ma è quello che capisco e sento delle persone che incontro».

 

Edda CattaniTi parlo da una vita
Leggi Tutto

Il Canto del “dono”

No comments

Il Canto del “dono”

(un  “grazie” francescano)

Ringraziare desidero il divino
Labirinto delle cause e degli effetti
Per la diversità delle creature
Che compongono questo universo singolare,
Per la ragione, che non cesserà di sognare
Un qualche disegno del labirinto,
Per il viso di Elena e la perseveranza di Ulisse,
Per l’amore, che ci fa vedere gli altri
Come li vede la divinità,
Per il saldo diamante e l’acqua libera,
Per l’algebra, palazzo di cristalli esatti,
Per le mistiche monete di Angelus Silesius,
Per Schopenhauer,
Che forse decifrò l’universo,
Per lo splendore del fuoco
Che nessun umano può guardare senza uno stupore antico

Per il mogano, il cedro e il sandalo,
Per il pane e il sale,
Per il mistero della rosa
Che dona il suo colore e non lo vede,
Per certe vigilie e giorni del 1955,
Per i duri mandriani che nella pianura
Aizzano le bestie e l’alba,
Per il mattino a Montevideo,
Per l’arte dell’amicizia,
Per l’ultimo giorno di Socrate,
Per le parole che in un crepuscolo furono dette
Da una croce all’altra,
Per quel sogno dell’Islam che abbracciò
Mille notti e una,
Per quell’altro sogno dell’inferno,
Della torre di fuoco che purifica,
E delle sfere gloriose,
Per Swedenborg,
Che conversava con gli angeli per le strade di Londra,
Per i fiumi segreti e immemorabili
Che convergono in me,
Per la lingua che, secoli fa, parlai nella Northumbria,
Per la spada e l’arpa dei sassoni,
Per il mare, che è un deserto risplendente
E un simbolo di cose che non sappiamo,
Per la musica verbale d’Inghilterra,
Per la musica verbale della Germania,
Per l’oro, che riluce nei versi,
Per l’epico inverno,
Per il nome di un libro che non ho letto: “Gesta Dei per Francos”,

Per Verlaine, innocente come gli uccelli,
Per il prisma di cristallo e il peso del bronzo,
Per le strisce della tigre,
Per le alte torri di San Francisco e dell’isola di Manhattan,
Per il mattino nel Texas,
Per quel sivigliano che stese l’Epistola Morale,
E il cui nome, com’egli avrebbe preferito, ignoriamo,
Per Seneca e Lucano, di Cordova,
Che prima dello spagnolo scrissero

Tutta la letteratura spagnola,
Per il geometrico e bizzarro gioco degli scacchi,
Per la tartaruga di Zenone e la mappa di Royce,
Per l’odore medicinale degli eucalipti,
Per il linguaggio, che può simulare la sapienza,
Per l’oblio, che annulla o modifica il passato,
Per l’abitudine,
Che ci ripete e ci conferma come uno specchio,
Per il mattino, che ci dà l’illusione di un principio,

 

Per la notte, le sue tenebre e la sua astronomia,
Per il coraggio e la felicità degli altri,
Per la patria, sentita nei gelsomini
O in una vecchia spada,
Per Whitman e Francesco d’Assisi che già scrissero questa poesia,
Per il fatto che questa poesia è inesauribile
E si confonde con la somma delle creature
E non arriverà mai all’ultimo verso
E cambia secondo gli uomini,
Per Frances Haslam, che chiese perdono ai suoi figli
Perché moriva così lentamente,
Per i minuti che precedono il sonno,
Per il sonno e la morte,
Quei due tesori segreti,
Per gli intimi doni che non elenco,
Per la musica, misteriosa forma del tempo.

Jorge Luis BorgesAltra poesia dei doni, da L’altro, lo stesso (1964)

Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo (Buenos Aires, 24 agosto 1899 – Ginevra, 14 giugno 1986) è stato uno scrittore, poeta, saggista, traduttore ed accademico argentino. È ritenuto uno dei più importanti e influenti scrittori del XX secolo, ispirato tra gli altri da Macedonio Fernández, Rafael Cansinos Assens, dalla letteratura inglese (Chesterton, Kipling, Stevenson, Wells, De Quincey, Shaw), da quella tedesca (Schopenhauer, Heine, Kafka) e dal taoismo. Narratore, poeta e saggista, è famoso sia per i suoi racconti fantastici, in cui ha saputo coniugare idee filosofiche e metafisiche con i classici temi del fantastico (quali: il doppio, le realtà parallele del sogno, i libri misteriosi e magici, gli slittamenti temporali), sia per la sua più ampia produzione poetica, dove, come afferma Claudio Magris, si manifesta “l’incanto di un attimo in cui le cose sembra stiano per dirci il loro segreto”.

 

Edda CattaniIl Canto del “dono”
Leggi Tutto

Mentre il tempo passa

No comments

Mentre il tempo passa …

Sono tornata da più di un mese da Cattolica e non ho ancora rimosso tanti volti, quadri familiari, messaggi, promesse, sensazioni… Chiedo perdono a tutti coloro a cui non sono stata abbastanza vicino, ma in  quei giorni, in quell’ambiente, non è tanto la fatica fisica di dover coordinare ospiti e relatori, no, no… questo è nelle mani di Dio… è piuttosto riuscire a contenere la sofferenza che ti senti precipitare addosso. E’ un rivivere la vita di ognuno, è toccare con mano la parte più delicata dell’emozione e sapere che non puoi fare gran che, ma che ti trovi, non per volontà tua, legata da un comune filo d’argento che ti trattiene e ti dà luce indicandoti la via da seguire.

Meravigliosa la realtà di Cattolica pervasa di soprannaturale. Ho pensato alle “guerriere”, madri dei primi tempi, come Laura, sempre indomita e radiosa, le “apostole” come Franca che è tornata a confortare e a recare aiuto e le “fedelissime” che da quando è nato il Movimento della Speranza occupano il loro posto. Quanti nomi si dovrebbero fare, primo fra tutti Mario che non ha potuto essere presente per problemi di salute, a cui facciamo i nostri migliori auguri. Eppure sono passati più di cinque lustri e giovani mamme sono subentrate a quelle di una volta. Noi, della vecchia guardia facciamo parte delle foto un po’ ingiallite e quando ci sentiamo, anche al telefono, ci si racconta storie tutte uguali fatte di nuove sofferenze, di notizie a volte belle di nuovi nati. Ma abbiamo anche saputo trasmettere, nel tempo e segnare bei percorsi di speranza e di autentica collaborazione cristiana: pensiamo alle iniziative di Carla Castagnini, all’associazione Butterfly con le grandi opere di Claudio Maneri, alla  “Lega del Filo d’Oro” da sempre di Dino Marabini… ma quanti, quanti … nelle loro piccole e grandi associazioni hanno saputo formare autentici cenacoli e in nome dei Loro Cari hanno unito la Speranza alla condivisione delle opere di misericordia e d’amore.

Il tempo è passato e i nostri “Ragazzi” della prima cordata, quelli di cui sono stati scritti i primi libri e raccontate le prime storie, hanno tenuto fede alla promessa di presenza e d’aiuto, ma anche alle premonizioni fatte. Ricordo, a questo proposito, qualcosa che è accaduto, fra le tante, alla nostra famiglia. Era il giorno in cui ad Andrea, ufficiale dell’esercito italiano, veniva dedicata una sala riunioni che lui stesso aveva costruito ed abbellito con soffitto a cassettoni in legno, con la squadra dei suoi allievi. Vennero scattate numerose fotografie soprattutto nel momento in cui fu appeso il suo ritratto con la targa sottostante. Noi, papà e mamma eravamo davanti ad esso. Con sorpresa, quando guardammo le foto, davanti al suo volto comparve un’ immagine di un grande vecchio dal volto stanco e ad un tempo sacro, da incutere rispetto. “Chi poteva essere?” ci chiedemmo. Non era nessuno che rappresentasse la nostra famiglia, non portava gli occhiali eppure aveva una qualche somiglianza con  mio marito… che so io… un nonno… un vate… una guida…. Poi tutto fu riposto e non ci pensammo più.

Proprio in occasione di Cattolica, vedendo alcune mamme di anni fa e ripensando a tanti amici che se ne sono andati, sono tornata a rivedere le vecchie foto e mi è tornata fra le mani quella della caserma con l’inaugurazione della sala. Un battito del cuore mi ha pervaso mentre riconoscevo il volto del papà di Andrea com’era divenuto, povero sposo mio, colpito da un male che gli ha tolto il bene più prezioso, quello della sua splendida intelligenza, e lo ha portato ad una senilità devastante che lo ha logorato giorno dopo giorno. Ora il suo Golgota è concluso e lo penso sereno vicino ad Andrea. Per questo ho pensato a quella premonizione e a come lo vedeva fin d’allora il mio diletto Figlio che preannunciava cosa sarebbe avvenuto del suo adorato papà.

Il tempo è passato veloce… quanto ne è passato! Andrea aveva detto nei suoi primi messaggi: “Lo vedi Mamma come il tempo passa?” ed era un anniversario di compleanno. Ora i compleanni non si contano più e le candeline rimangono per festeggiare i piccoli bimbi. Allora si andava per congressi e poi se ne organizzava, qui ad Abano uno all’anno; tanto abbiamo studiato assieme e tanto abbiamo imparato. Giù nel suo studio, vi sono bobine con kilometri di registrazioni che mi faceva ascoltare al ritorno dal lavoro. Nella sua grande umiltà e riservatezza, non ha messo in mostra quell’immensa quantità di esperienza vissuta che, con pazienza certosina, ha maturato negli anni. Lui con Andrea aveva un colloquio privato particolarissimo, fatto di appuntamenti e di riscontri tangibili e si dicevano cose che anch’io non ho potuto condividere. Nel muto silenzio di entrambi sono celate tante verità che io potrò conoscere solo un giorno quando tutti saremo uniti in paradiso.

A Cattolica ho visto tanti papà con le mamme ed è stato detto che i papà soffrono in silenzio e di loro non si parla abbastanza. Forse questo è vero; infatti sono sempre le madri quelle che hanno il coraggio di farsi avanti e di chiedere… gli uomini sono timidi e silenziosi, ma si macerano nel dolore e, a volte, finiscono per cedere.

Cari Papà, vi abbraccio tutti, come vi ho sentito vicini a Cattolica, Voi siete tutti come il, Papà del mio Andrea, i pilastri della famiglia; sorreggete le madri, fate loro da spalla…. Sapeste come siamo sole senza di voi…. Non ce la faremmo. E’ quello che ci chiedono i nostri figli: “Fate tutto insieme, vogliatevi bene!”

Riempiamo i nostri silenzi con la partecipazione al dolore di tanti genitori che i figli, fisicamente li hanno ancora, ma che, in questi giorni non vivono bene. Di chi sono figli quelli che combinano disastri per le strade, negli stadi, nelle piazze, nelle manifestazioni?

Penso a mio figlio che apparteneva alle forze dell’ordine e amava la giustizia e i valori di patria e di rispetto della persona: sono più in pace io o le madri che non sanno dove sono i loro figlioli?
La mancanza di un sano equilibrio affettivo porta ad una serie di conseguenze negative che possono dar luogo al disordine fisico e morale, all’aggressività, al marasma, alla morte. Pensiamo ai bambini depressi negli orfanatrofi, a quelli che passano da un genitore all’altro, a quelli violentati, abbandonati, costretti all’accattonaggio.

Intanto il tempo passa mentre per le strade altri ragazzi si aggiungono a quelli di una volta che tirano a calci un barattolo vuoto, mentre le  stagioni archiviano i calendari, mentre fiori e farfalle colorano il mondo. L’ho visto in questi giorni, di visite ai cimiteri: fiori e fioretti, pupazzi e candeline, gingilli e campanelle… poi il silenzio e ognuno è tornato a casa, chi a piangere il proprio dolore, chi a tenere stretto a sé un’immagine che non può morire.

 


 

Edda CattaniMentre il tempo passa
Leggi Tutto