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Festa della Pentecoste

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La discesa dello Spirito Santo,

ovvero della Profezia sulla Chiesa e sul mondo

Lo stesso giorno in cui la comunità giudaica celebrava il dono della Legge data da Dio a Mosé sul Sinai, in quella cristiana scendeva lo Spirito. Quel che guiderà i suoi passi non sarà più una legge esterna all’uomo, ma lo Spirito, forza di Dio che è intima all’uomo. Da quel momento il credente non sarà più colui che obbedisce a Dio osservando la sua Legge, ma colui che assomiglia al Padre praticando un amore simile al suo.(P.A.Maggi)

A tutti buona Pentecoste!

 


At 2,1-11; 1Cor 12,1-11; Gv 14,15-20

Non so quanti sanno che la Pentecoste, chiamata anche “festa delle settimane”, era una festa che gli ebrei celebravano nel bel mezzo del raccolto del frumento e come ringraziamento alla fine del raccolto dell’orzo. In alcuni ambienti giudaici, la Pentecoste (parola che deriva dal greco e significa “cinquantesimo giorno” dopo la festa dei pani azzimi, ovvero la Pasqua) assunse il significato di commemorazione dell’alleanza tra Dio e il suo popolo, avvenuta sul monte Sinai cinquanta giorni dopo l’uscita dall’Egitto.
Questo l’ho detto per farvi capire che il cristianesimo non ha eliminato di per sé ogni festa ebraica, ma ha dato ad essa un nuovo contenuto. Pensate alla Pasqua. Cristo ha scelto di morire proprio durante le festività pasquali ebraiche. Ha istituito l’Eucaristia nel mezzo della cena pasquale, seguendo per un verso il rito ebraico ma nello stesso tempo innestandovi la Novità della sua presenza sotto il segno del pane e del vino, raffiguranti il dono della sua vita nella morte che sarebbe avvenuta pochi giorni dopo. Non dico oltre perché entrerei in un mistero che non voglio banalizzare in due parole.
Comunque, una cosa deve risultare chiara. Il cristianesimo è in un certo senso in linea con l’Antico Testamento o, meglio, diciamo che è in linea con la migliore tradizione profetica. Parlare, dunque, della Pentecoste non è possibile senza tener conto di questa tradizione profetica. Già i profeti avevano parlato dello Spirito santo, naturalmente senza avere idee chiare, che saranno poi possibili con la venuta di Cristo. Il bello della profezia, ancora oggi, sta nel suo segreto che si rivela a poco a poco, a mano a mano si offrono le occasioni, e le occasioni bisogna anche favorirle. Se non altro, approfittarne quando si verificano.
I profeti parlavano in nome di Dio, e ci credevano pur ignorando i tempi di realizzazione della profezia che annunciavano e ignorandone addirittura la Novità. Con la venuta di Cristo tutto sarà più chiaro, anche se i più dotti del tempo e il popolino non avevano capito che le profezie si stavano realizzando. Ma neppure i cristiani capiranno in pienezza il messaggio di Cristo. La profezia è così: si realizza e rimane profezia, i suoi tempi non sono limitati, ma duraturi. Anzi, più la profezia è strepitosa, e meno si esaurisce nel tempo. Ho l’impressione che la Chiesa cerchi di bloccare la profezia e di fermarla nel tempo. E così ferma la Storia di Dio. I profeti fanno paura proprio perché annunciano cose che non si realizzano in toto nel tempo presente, così da poterle afferrare e chiudere in uno schema dottrinale. Si realizzano solo in parte; la profezia va oltre il presente, tende e spinge verso il futuro. Il presente per la profezia è dinamico, non statico. Si muove in continuazione in avanti. Progredisce. In meglio. Ecco la Profezia. A differenza della cultura dell’avere che vorrebbe darti più cose, subito, oggi. lludendoti di darti una felicità oltre l’oggi. Le cose si consumano, e consumano il presente, chiudendo la possibilità di un futuro.
Un discorso che mi piacerebbe continuare, ma leggo sul volto di qualcuno l’obiezione: che c’entra tutto questo con la Pentecoste?
Vorrei rispondere: secondo voi chi è lo Spirito santo? A parte il fatto che ancora oggi è uno sconosciuto, riscoperto solo da alcuni Movimenti ecclesiali (pensate al Rinnovamento nello Spirito) ma per farne una giustificazione direi misticoide per il loro estraniarsi da questo mondo. Lo Spirito santo al contrario non solo ci lascia realisti, con i piedi per terra, ma ci fa cogliere il cuore di ogni problema esistenziale, ci permette cioè di vivere intensamente su questa terra, in quanto esseri umani indivisibili. Indivisibili come esseri umani.
Il problema sta nel cogliere e nel vivere l’armonia del nostro io, e di sentirci parte dell’umanità e dell’universo. Uno Spirito che ci divide, da noi stessi e dal Creato e dall’Universo, non è lo Spirito di Dio, o lo Spirito di quel Cristo che si è incarnato proprio per riconciliare, non tanto con Dio (come ci hanno sempre fatto credere), ma con il nostro essere e con l’Universo intero. Il sacramento della riconciliazione, invece che essere ridotto alla Confessione dei peccati individuali, dovrebbe riguardare la fratellanza umana e del creato.
L’errore più grosso sta nel credere che lo Spirito santo divida l’anima dal corpo, per elevare l’anima umiliando il corpo. Così pure, l’errore sta nel credere che lo Spirito ci faccia vivere in un regno separato da questo mondo. Non parliamo poi della nostra totale o quasi indifferenza al fatto che siamo parte dell’Universo. Proprio perché viviamo su questa terra, a contatto con i problemi reali, è preziosa la presenza dello Spirito santo. Siamo bravi nell’usare espressioni come Spirito di libertà, Spirito di verità, Spirito di fratellanza, Spirito di unità ecc., e poi, appena siamo chiamati a dare verità, libertà, fratellanza a questo nostro mondo, allora lo Spirito evapora, si dissolve, svanisce nei nostri sogni ultraterreni.
Pensiamo solo allo Spirito di libertà. Che significa libertà? Anzitutto non c’è libertà senza liberazione. La libertà richiede spazi aperti, sgombri da ogni pregiudizio, da ogni chiusura, da ogni schematizzazione della verità. Liberazione anche dalla paura che blocca il processo di liberazione. Lo Spirito santo – l’ha detto Cristo – non sai da dove viene, dove va, dove cammina, dove si posa: non sopporta alcun freno, alcuna inibizione, non vuole spazi ristretti, calcoli, misure, compromessi.
Belle parole! Sì, belle parole, che leggiamo anche sui libri più cattolici. In realtà noi abbiamo paura dello Spirito Santo. Per questo facciamo finta che non esista o, se ne parliamo, stiamo attenti alla punteggiatura. Ogni tanto sentiamo il bisogno di una nuova Pentecoste. Sogniamo un altro Concilio. E poi? Tutto come prima, peggio di prima. Dopo anni e anni dall’ultimo Concilio che sembrava una grande ventata di freschezza evangelica, ora siamo ancora qui a soffocare in una Chiesa che si è ripreso tutto ciò che lo Spirito aveva spazzato via.

 Dal sito dongiorgio.it

I doni dello Spirito Santo sono regali

che Dio ci fa per affinarci di più a sé.

Troviamo questi doni enumerati nel Libro del profeta Isaia al capitolo 11 dove parlando del Messia che verrà il profeta dice che sarà ricoperto dello Spirito del Signore che è spirito di Sapienza ecc…

È interessante notare che nell’originale ebraico erano nominati solo sei doni, mancava la pietà, quando invece è stata preparata la versione greca chiamata dei 70 (circa un secolo prima di Cristo), essi introdussero anche la pietà perché nella lingua greca il termine timore di Dio non rendeva la pienezza di significati del corrispondente ebraico.

I 7 doni ci sono dati perché nello Spirito Santo portiamo frutti, noi che ora siamo innestati nella vite vera. I frutti dello Spirito santo li conosciamo da Galati 5,22-23.

Nella sequenza allo Spirito Santo diciamo: “Senza il tuo spirito non c’è nulla nell’uomo senza colpa”. Il Signore vuole darci questi doni ma tocca a noi aprirci. Nel Vangelo secondo Giovanni (7,37) è scritto: “Chi ha sete venga a me e beva, chi crede in me, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno. E diceva questo riferendosi allo Spirito Santo”. Abbiamo dunque la certezza di questi doni.

 Il dono della Sapienza

È l’esperienza gioiosa delle realtà soprannaturali. Ci da una conoscenza di Dio che non passa dalla conoscenza delle cose ma dalla condivisione della sua stessa vita. È fondamentale nella vita Cristiana, Risponde alle nostre esigenze di felicità. In Sapienza 8 abbiamo la sposa che offre tutte le gioie dell’intimità con Dio. È la gioia degli Apostoli dopo la Pentecoste. È l’anticipazione del Paradiso.

Sapienza 7,24-27: “Lei penetra in tutte le cose in virtù della sua purezza. È un aura del Dio potente e una pura effusione della gloria dell’Altissimo. Lei può tutto e rinnova tutto mentre lei rimane intatta. Passando in anime sante di ogni età produce amici di Dio e profeti”.

Sapienza 9,10: “Mandami la tua sapienza che sia con me e lavori con me perché io conosca ciò che piace a te”.

Matteo 5,13-16: “Voi siete il sale della terra e la luce del mondo. La vostra luce deve risplendere di fronte agli altri, essi devono vedere le vostre opere buone e rendere gloria al Padre dei cieli”.

La gente si sente attratta dal “Sapiente” perché sa che non è solo conoscenza quella che riceve ma stile di vita, capacità di approfondire le cose, provocazione ai valori veri della vita. Il sapiente capisce l’animo, le attese le speranze di chi gli sta di fronte.

Il sapiente non si allinea alle mode ma sa andare contro corrente e provocare la massa.

Un ragazzo ha visto una ragazza cento volte, ed essa era una delle tante, bruttina e noiosa. Ad un certo punto si innamora di essa e vede tutto in modo diverso, gode di averla vicina, tutto l’affascina in lei, cerca tutti i modi per stare con lei. Questo è l’effetto della fede in noi quando è arricchita dalla sapienza. Da questa nuova esperienza di Dio scaturisce anche un modo nuovo di vedere e valutare la vita e le cose. L’anima vede le cose con gli occhi di Dio e le valuta come le valuta Dio.

Frutto della sapienza è la contemplazione.

 Preghiamo: Donaci, Signore, lo Spirito di Sapienza, per contemplare le meraviglie del tuo amore, per riconoscerti nel creato, nel cosmo, nelle persone, in ogni essere vivente. Concedici di adorarti, come Maria, la Madre di Gesù, in Spirito e Verità. Amen. Alleluia.

 Il dono dell’intelletto

È la risposta al bisogno di conoscenza e verità. Ci fa comprendere in maniera chiara quello che la luce della fede ci fa comprendere in maniera crepuscolare. Nell’ultima cena Gesù dice: “Vi ho detto queste cose ma il Padre vi manderà lo Spirito Santo che vi insegnerà ogni cosa”. È indispensabile nell’Evangelizzazione e nella catechesi, sia per chi parla che per chi ascolta. Fa capire in profondità la Parola di Dio e fa gustare la bellezza delle realtà rivelate.

Salmo 119,104: “Attraverso i tuoi precetti io guadagno l’intelletto per cui odio le vie false”.

Pensate a tutti i dogmi della fede. “Ti ringrazio Padre perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”.

Il dono dell’intelletto coinvolge non solo la mente ma anche il cuore, la volontà, la passione, e persino l’azione.

Per gli antichi Ebrei della Bibbia, sede dell’Intelletto non è il cervello ma il cuore perché la conoscenza che si raggiunge col cuore è più profonda di quella fredda del cervello.

Non è puro calcolo, ma adesione. Intelletto, da intus legere. Chi conosce con l’intelletto non si ferma all’esteriorità e al momento ma sa cogliere le conseguenze delle cose e accettarle. L’intelletto è strettamente legato alla fortezza che gli darà la capacità di portare avanti le scelte.

Altra caratteristica dell’intelletto è quella di saper fare unità tra i diversi aspetti della fede.

Chi vive di intelletto sa che la vita è sempre un misto di vittorie e sconfitte, gioie e dolori. Si arriva a capire il modo di agire di Dio che è diverso dal nostro.

È un dono indispensabile quando si legge la Bibbia. Frutto dell’intelletto è la profezia.

 Preghiamo: Donaci, o Padre, il dono dell’intelletto, per scrutare il tuo Mistero, per essere profeti di verità in questo nostro tempo così difficile. Fa’ che le nostre menti e i nostri cuori si aprano alla conoscenza del tuo amore. Amen. Alleluia. 

 Il dono del Consiglio

Offre un discernimento intuitivo e sicuro nelle scelte che facciamo per conoscere la volontà di Dio. Pensate alla scelta vocazionale. Accresce la virtù della Prudenza. Fa sì che le nostre azioni siano degne di Dio; ci fa agire sempre per la gloria di Dio.

Matteo 6,25-34: “Quando pregate non fate come i pagani… quando digiunate … quando fate l’elemosina …”; “Guardate i Gigli del campo e gli uccelli del cielo”.

Qui si va al di là delle scelte legate solo ai doveri morali. Di per sé non si tratta di scegliere di seguire delle regole, quello è scontato. Non si tratta di scegliere tra un bene e un male, quello è scontato. Si tratta di scelte più impegnative che ci avvicinano a Dio.

Però è anche vero che al giorno d’oggi sorgono molteplici problematiche nuove per le quali non è più sufficiente applicare le regole vecchie alla lettera. Ad esempio tutte le problematiche dell’etica medica e scientifica.

Inoltre oggi è sempre più forte la problematica innalzata dall’incontro della società occidentale sempre più in crisi di valori religiosi e le culture diverse, per cui anche i valori tradizionali sembrano perdere o cambiare significato. Cosa vuol dire libertà, rispetto della vita, famiglia, ecc.? Fino a che punto il pluralismo è valore e non confusione? Dobbiamo ripartire da Babele per arrivare alla Pentecoste dove la diversità delle lingue scaturisce dall’unità dello Spirito.

Naturalmente, fondamento del consiglio è l’esperienza e siccome qui si parla di consiglio come dono di Dio è necessario far esperienza di Dio sia nella preghiera che nella coerenza di vita. Primo dovere di ogni consigliere è pregare.

Frutto del consiglio è soprattutto la riscoperta della propria vocazione e di quella degli altri: il così detto discernimento spirituale.

 Preghiamo: Abbiamo, bisogno, o Padre, del dono del Consiglio: per fare esperienza di te, per aiutare gli altri nel discernimento, per interpretare i fatti della nostra storia, per essere coerenti nella vita. Liberaci dalla confusione, dai pensieri sbagliati, dalle suggestioni del male. Donaci, o Padre, lo Spirito di Consiglio: per confortare, per illuminare, per esortare. Amen. Alleluia.

 Il dono della Fortezza

La Fortezza ci abilita a sopportare fatiche e sofferenze ma anche ad affrontare tentazioni e difficoltà. È lo spirito dei martiri, di coloro che sono ammalati da tempo e offrono queste sofferenze. Solo un amore grande riesce a superare tutte le difficoltà. “Non ci spaventino le prove o i dolori, a chi ama, Dio moltiplica i dolori. È dai dolori più grandi che sorgono le gioie più grandi”. “Vivere, palpitare, morire ai piedi della croce o in cima alla croce”. “Non domandiamo a Cristo che ci liberi dalle croci, sarebbe la nostra rovina, domandiamo che ce le aumenti, e ci dia la capacità di portarle con gioia con lui”.

Siracide 2,1: “Quando vieni a servire il Signore preparati per le prove. Sii retto di cuore e forte, non ti smarrire nel tempo dell’avversità”.

Salmo 46: “Dio è per noi rifugio e forza, aiuto sempre vicino nelle angosce”.

Matteo 10,16-33: “Vi mando come pecore in mezzo ai lupi. … Non preoccupatevi di cosa e come dovete dire, vi sarà suggerito in quel momento. Non sarete infatti voi a parlare ma lo Spirito del Padre”.

La troviamo sia tra le virtù cardinali che tra i doni dello Sp. S. Alla virtù si riferisce l’azione decisa della persona, al dono si riferisce la capacità di farsi guidare e plasmare dallo Spirito Santo nonostante le difficoltà. Il dono è quindi la completezza della virtù stessa.

Si ha di fronte il bene, con l’intelletto e il consiglio si sono fatte le scelte, ora si tratta di portarle a termine, di essere fedeli.

Si esprime più nella fedeltà del quotidiano anche se può arrivare alla grandezza del martirio.

È necessaria contro lo scoraggiamento, le tentazioni, l’egoismo, ma è necessaria anche nel cammino spirituale di santificazione, ne sono prova le così dette notti oscure attraverso le quali passarono i grandi mistici.

Frutto della fortezza è la gioia interiore.

 Preghiamo: Donaci, o Padre, lo Spirito di Fortezza, per vincere le suggestioni del male, per essere testimoni coraggiosi del Vangelo in un mondo che cambia e si allontana sempre più da te, dalla Verità, dalla Vita. Donaci la Fortezza, Signore, per non assimilarci alla mentalità di questo secolo, per rigettare ogni messaggio di morte (la vendetta, la guerra, l’eutanasia, l’aborto), per sopportare con fiducia e speranza le nostre sofferenze e infermità, le tribolazioni e le fatiche di ogni giorno. Amen. Alleluia.

 Il dono della Scienza

Dell’intelletto abbiamo detto che ci fa intuire le verità, la scienza ci da la capacità di vedere le cose come le vede Dio. Fa sì che possiamo vedere sempre tutte le creature con gli occhi della fede. Fa percepire con sensibilità viva la presenza del Creatore nelle creature e la presenza di Gesù in tutti gli uomini. È alla base della santità perché ci pone sempre alla presenza del Signore.

Salmo 49: “L’uomo nella prosperità non comprende è come gli animali che periscono. … Ma Dio potrà riscattarmi, mi strapperà dalla mano della morte. Se vedi un uomo arricchirsi non temere, se aumenta la gloria della sua casa. Quando muore con sé non porta nulla”.

Marco 12,38-40: “Guardatevi dagli scribi che amano passeggiare …”.

Marco 12,41-44: “L’obolo della vedova”.

Qui si rivolge il sapere umano che il dono della scienza sa cogliere e porre all’interno della scala di valori di Dio.

È capacità di conoscere e capire le cose e di usarle per il bene, per incamminarsi verso Dio. È un sapere che non può essere appreso solo sui libri ma diventa affinità con la materia, diventa vita.

In una cultura sempre più laica e atea che vuol escludere Dio perché di lui non ci sono prove scientifiche, la scienza si rilancia come strumento di cammino verso Dio, dando la capacità alla conoscenza umana di fare il salto verso l’assoluto e accettare quello che non possiamo comprendere. È quindi strettamente collegata con la Fede. Fa capire la limitatezza del sapere umano. È il dono dei filosofi cristiani, ma, più in generale di tutte le scuole cristiane.

Frutti della scienza sono ammirazione, stupore e riflessione.

 Preghiamo: Donaci Signore la Scienza: per vedere le cose come le vedi tu, per contemplarti in noi stessi, in ogni uomo e donna creati a tua immagine e somiglianza, per lodarti in eterno, per rendere ragione della speranza che è in noi. E, in modo più semplice, per alimentare lo stupore della vita, la nostra capacità di riflessione, di ragionamento. Donaci la Scienza, o Padre, per ritrovarti in tutte le cose che hai creato: perché anche la ragione ci porta a te e non solo la fede. Donaci la vera Scienza per comprendere che il mondo si salverà non con le scoperte scientifiche, né con i progressi della tecnica, ma con l’amore che viene da te. Amen. Alleluia. 

 Il dono della Pietà

La pietà ci fa sperimentare la tenerezza del Padre e ci fa sentire figli prediletti. “Come un bimbo sereno in braccio alla madre”. Ci da il senso della Divina Provvidenza, che riconosce che siamo figli di Dio e che lui provvede a tutto. “Il Signore non turba mai la pace dei suoi Figli se non per darne una maggiore” (Don Orione). È la forza del pentimento dei peccati. È l’amore dei figli verso il Padre. Esempio è Enea che fugge da Troia portando in spalle il padre.

Osea 11,3-4: “Gli ho insegnato a camminare, l’ho tirato su fino alla mia guancia e mi sono chinato su di lui per dargli il mio cibo”.

Galati 4,6: “È lui che ci sussurra di dire Padre”.

Lo spirito di pietà ci introduce nell’intimità della famiglia trinitaria.

Sapienza 12,20-22: “Se hai punito con riguardo e indulgenza i nemici dei tuoi figli concedendo loro tempo di ravvedersi, con quanta più attenzione lo fai coi figli della promessa? Mentre dunque ci correggi colpisci i nemici perché riflettiamo e speriamo nella tua misericordia”.

È un dono che coinvolge volontà, azione, sentimenti delle persone. È una sensibilità del cuore, di quel cuore di carne che Dio ha messo al posto del cuore di pietra. Diventa così importante perché prepara il terreno per tutti gli altri doni. È cuore capace di ascoltare la parola del Signore e far sì che diventi impulso per le azioni.

Insegna a desiderare come Dio desidera. L’uomo diventa figlio di Dio e impara a dire con confidenza e umiltà: Abbà, Padre.

Da questo cuore convertito che si slancia verso Dio nasce la preghiera.

Questo rapporto con Dio ha conseguenza anche sul nostro rapporto con gli uomini. Ci fa sentire vicini agli altri, fratelli. Sensibili, senza sentirsi migliori perché la pietà porta sempre con sé l’umiltà.

Frutti della pietà sono la preghiera e la solidarietà.

 Preghiamo: Donaci, o Padre, la Pietà. Per essere teneri come te, per donare il tuo amore al mondo. Fa’ che la nostra fede sia accompagnata dalla tenerezza, dalla dolcezza delle tue parole. Perché con umiltà e mansuetudine sappiamo annunciare il tuo regno di pace infinita agli uomini afflitti e stanchi, a coloro che sono senza amore, privi della tua gioia. Amen. Alleluia.

 Il dono del Timore

Il Timore di Dio non è paura, ma il riconoscere la santità e la trascendenza, la maestà di Dio. È il santo che cantiamo ogni giorno a Messa (Is 6,1). Rende vivo il valore di Dio nella nostra vita, ci fa coscienti della sua presenza e ci fa dispiacere di far qualcosa contro di Lui. Adorazione, lode, ringraziamento partono da qui.

Siracide 1,9-18: “Il timore del Signore è gloria e vanto. … Per chi teme Dio andrà bene alla fine. … Principio della sapienza è il timore del Signore. Pienezza della sapienza è il Timore del Signore. Corona della sapienza è il timore del Signore. Radice della sapienza è il timore del Signore.”

Salmo 25: “Chi è l’uomo che teme Dio? Gli indica il cammino da seguire. Il Signore si rivela a chi lo teme, gli fa conoscere la sua alleanza. Vedi la mia miseria e la mia pena e perdona tutti i miei peccati”.

Matteo 24: “Essere pronti per la venuta del Signore”.

Non è la paura e non è neanche in contrasto con l’amore. Esso è prima di tutto rispetto, riconoscimento della sua grandezza, fiducia nella sua giustizia.

È il monito profetico che ci invita fortemente a non fare compromessi col male. Con la giustizia di Dio non si scherza.

È un riconoscere che i suoi pensieri non sono i nostri pensieri, le sue vie non sono le nostre vie.

In continuazione, l’Antico Testamento ci invita a temere Dio. È però un riconoscerlo Padre. È timore filiale intriso di affetto, è più un non voler rattristarlo col nostro comportamento sbagliato che non un temerne il castigo.

Frutto del Timore del Signore è la coerenza.

 Preghiamo: Donaci, Signore, il santo Timore: per mettere Te al primo posto nella nostra vita, per riconoscere che i tuoi pensieri non sono i nostri; per camminare secondo le tue vie, per mettere in pratica i tuoi comandamenti. Per vegliare sempre, sino al giorno della tua venuta. Per ricordare al mondo che tu sei il Salvatore. Amen. Alleluia

Padre Edoardo Scognamiglio (Provinciale dei Frati Minori Conventuali e teologo )

Ofm Conv. CONVENTO SAN FRANCESCO

Via san Francesco, 117 – 81024 Maddaloni (Ce)


Edda CattaniFesta della Pentecoste
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