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Fiori: speranze esaudite

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Fra ricorrenze e Santi: ripropongo ogni anno…

I fiori sono le speranze esaudite della terra

(Pam Brown)

E’ ancora  il 22 Maggio e il mio giardino è esploso ancora una volta in tutta la sua bellezza…con il ricordo e l’incanto del linguaggio dei fiori:

 

…poche cose vorrei da te soltanto

zampilli di fresche parole

che, come acqua di fiume,

scorressero verso me…

 

 

Abbiamo registrato la nostra Associazione come Promozione Culturale e abbiamo finalmente un’immagine ufficiale… quella che con il profumo dei fiori, ho sempre cercato di trasmettere…

 

E’ tornata la festa di Santa Rita e non posso fare a meno di aggiornare questo articolo che ha testimoniato tante mie esperienze e la bellezza della comunicazione con i miei diletti che sempre mi accompagnano. Questo dialogo è stato condiviso da tanti cari amici a da alcune Mamme in particolare … sulla cui bacheca avevo postato questa ricorrenza.

Fra queste menziono Laura, la Mamma di Marian… divenuta una “Madre Coraggio” testimone a Roma all’udienza dal Papa per le Vittime della strada:

“S.RITA era la mia protettrice e di seguito quella di mia figlia… Anche io adoro i fiori ,il giardino e di seguito anche mia figlia… lavorava presso un vivaio e studiava i giardini e gli insetti… mi ha colpito proprio il sito …è tutto ciò che ero io ed era mia figlia… lei amava tanto S. RITA tanto che a sua figlia ha dato il suo nome… era anche una devota moglie (si sarebbe sposata quest’anno) ma più che altro ha nel suo breve tempo cercato di cambiare le idee di un ragazzo sfortunato sacrificandosi nella rinuncia… di questi tempi trovare ragazze così non è facile anzi son criticate …non è che ne voglia fare un’eroina ma è così che mi hanno detto coloro che  l’hanno conosciuta ….come S. RITA io i segni non li so….ma questo è già uno… anche se la rabbia è ancora tanta e tantissimo il dolore ….in casa sua non c’erano riviste …ma solo immagini …e statue e la sua adorata S. RITA…vorrei tanto saper come andare avanti e farmene una ragione …è tutto un mosaico la mia vita e non riesco ancora ad assemblarla… grazie!”

Il ventidue maggio, nel calendario dei santi si ricorda S.Rita da Cascia. Di questa grande Santa si raccontano eventi straordinari che io ho cominciato a comprendere fin da bambina. Nella chiesa parrocchiale vicina alla mia abitazione, vi era un altare con una statua a lei dedicato ed ogni devoto che entrava, si inginocchiava per rivolgere una preghiera. La Santa infatti viene definita “la Santa degli impossibili” per le grandi sciagure che avevano devastato la sua vita: la morte del marito prima e dei tre figli poi e la Sua grande Fede nel superarle. Nella mia città, quando ero bambina si facevano ancora le “processioni” con le statue dei Santi; il 22 maggio mio padre addobbava il portone d’ingresso e la mamma stendeva sulle finestre le più belle coperte di seta. Poi al passaggio della Santa si lasciavano cadere sul corteo petali di rosa multicolori raccolti dai giardini delle case.

Questo atto di devozione è legato al trapasso di Rita, quando una parente le fece visita in un giorno di inverno e la Santa disse che avrebbe desiderato una rosa.  La parente si recò nell’orticello e grande fu la meraviglia quando vide una bellissima rosa sbocciata che colse e portò a Rita. Essa disse: “ Quando me ne andrò farò cadere dal cielo una pioggia di rose”. Cosi S. Rita divenne la Santa della “Spina” e la Santa della “Rosa”. Era il 22 Maggio del 1447. S. Rita prima di chiudere gli occhi per sempre, ebbe la visione di Gesù e della Vergine Maria che la invitavano in Paradiso. Una sua consorella vide la sua anima salire al cielo accompagnata dagli Angeli e contemporaneamente le campane della chiesa si misero a suonare da sole, mentre un profumo soavissimo si spanse per tutto il Monastero e dalla sua camera si vide risplendere una luce luminosa come se vi fosse entrato il Sole.



La grande devozione a questa Santa, devota Sposa e Madre,  a cui mi sono da sempre affidata, ha riempito il mio cuore di tenerezza per tutta la mattinata di sabato, anche quando sono andata a portare le rose in cimitero.
Ho posato il capo sulla pietra nuda della cappella dove abbiamo composto le splendide spoglie del nostro adorato figlio Andrea ed ho avvertito che emanava un debole vapore. Ho azzardato una carezza ed un alito di vento mi ha accarezzato il volto, i capelli. Ho pensato: “Mancava questo soffio! Dio è qui!” Sulla mensola a fianco ho posto un cero, simbolo del  fuoco e sul ritratto ho appeso una colombina bianca. Ho pensato che l’indomani sarebbe stata la V Domenica di Pasqua ed ho avvertito una grande pace interiore. 

«Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.
Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto;
quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io.
E del luogo dove io vado, voi conoscete la via».


Giovedì in serata sono venuti a casa mia alcuni amici della nostra associazione con i quali ci eravamo dati appuntamento per scambiare liberamente, fra noi, commenti ed esperienze. E’ la prima volta che questo accade da quando sono rimasta sola e Mentore non è in mia compagnia, per cui si è trattato di una circostanza veramente speciale. La mia casa ha le pareti “benedette” perchè vi si respira un’aria fatta di mistiche presenze; per questo ne amo i colori e le mille piccole cose di cui è ricolma, anche se si tratta di oggetti senza valore, ma con il dolce sapore dei “ricordi”.

Ciò che però colpisce nell’entrare dal cancello è l’immensa fioritura multicolore che fa somigliare il mio giardino ad un piccolo paradiso. In esso vi sono piante fiorite di tutte le dimensioni e colore e alberi da frutto. Fin qui non vi sarebbe nulla di speciale, ma, da quando è mancata la mia mamma, l’inverno scorso, ogni anniversario o data importante viene accompagnata da una nuova scoperta. La mia mamma amava tanto i fiori e quando era mia ospite le compravo sempre una piantina di piccole rose che ponevo sul davanzale della sua finestra; poi, quando se ne andava, la interravo in un angolo del giardino. Ora tutte quelle pianticelle sono diventate roseti che mi regalano boccioli lungo tutto il corso dell’anno e quando apro le finestre al mattino sono curiosa nello scoprire quale sorpresa mi sia stata data.

Questa è la più bella ed è sbocciata il giorno della festa della Mamma

Questa bellissima orchidea è sbocciata per la seconda volta nell’anniversario della sua dipartita.

La mia piccola palma, regalatami dalle mie insegnanti qualche anno fa, è fiorita per la prima volta, il giorno di Pasqua!

Dovrei, ora creare un album fotografico per raccontare le mille esperienze vissute nel mio giardino incantato, ma esse fanno parte di quel linguaggio nascosto che accompagna le mie giornate, così dense di impegni, impregnate di sofferenza, ma calde di affetti silenziosi che parlano nel profondo del mio cuore. Per questo, cari amici volevo mettervene a conoscenza… perchè i segni sono tanti che il Signore ci dà a nostro conforto… basta saperli cogliere!

  Un saluto “fiorito” da un angolo della mia casa, con un grande abbraccio di Luce!

Edda CattaniFiori: speranze esaudite
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A fine estate Cattolica

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E si ritorna a Cattolica, come ogni anno!

 

Il programma di Cattolica

 

 

Ecco, cari amici, che avete vissuto storie simili alla mia e voi che da anni fate parte  del Movimento della Speranza, vi presento il nostro programma del Convegno di Cattolica.  Lo trovate in alto, nella pagina CONVEGNI, nella HOME di questo sito. Approntarlo é stato un lavoro lungo e impegnativo in cui l’amica Paola Giovetti ha avuto un ruolo prezioso. Ora il guardare all’alternarsi di tanti relatori e presenze può far pensare ad un grande involucro in cui resterà poco spazio per gli interventi individuali e per le richieste dei singoli. Chi giunge a Cattolica, infatti, è desideroso non solo di apprendere i contenuti delle discipline che ci affascinano, ma di dare risposta agli innumerevoli “perché “ sull’esistenza e sulla morte. Cattolica è spesso meta di disperati, distrutti da un lutto recente, annebbiati da una visione della vita e di un Dio che sembra volerci togliere le persone a noi più care. Questi sentimenti li abbiamo provati tutti, ma se col tempo il dolore non è scomparso, molti di noi hanno accettato un disegno imperscrutabile a cui daremo risposta solo quando saremo liberi dai lacci che avvolgono la nostra materialità terrena.  Il senso della sofferenza non può essere spiegato, ma solo “trovato” cioè vissuto dall’interno ed un aspetto importante della condizione umana è proprio quello di ritrovarsi con altri che hanno vissuto la nostra stessa esperienza per cominciare a pensare, non solo emotivamente.

Movimento della Speranza: comunione e comunicazione.

 

Sperare vuol dire attendere il momento che , opportunamente, arriverà per ciascuno di noi. Sarà un segno di modeste dimensioni, che altri non noteranno, ma che per noi sarà denso di quel contenuto noto a noi soli e che ci abbaglierà come Paolo sulla strada di Damasco. Prepariamoci a questo evento, durante l’estate, e arriviamo a Cattolica non come gente che soffre di una malattia inguaribile, ma con lo spirito che si ritrova nella “Salvifici doloris” di Giovanni Paolo II° del 1984. Arriviamo per volere essere riscattati, con la spiritualità di chi non vuole vivere un  dolore alienante, ma nella prospettiva della salvezza e della risurrezione. Ricordiamo anche che la “comunicazione” con i nostri Cari esige “rispetto” verso coloro che potranno avvicinarci ad essa e verso i fratelli che , come noi, attendono una stilla di acqua benefica. Pensiamo ai nostri amati Figli che non conoscono più invidie, prevaricazioni, miserie e meschinità e chiediamo a loro stessi di venire a noi illuminandoci della loro Luce, abbracciandoci dell’aura benefica che li avvolge, facendosi riconoscere per la loro vicinanza.  Chiediamolo… e attendiamo … con carità e rispetto … per tutti.

 

 

           “Venite a me voi che siete affaticati e stanchi…”

 

Il senso della sofferenza va “trovato” e capito “dall’interno. Cristo ha fatto questo: egli che avrebbe potuto predicare, narrare il dolore e la morte, ha “raccontato” la sua stessa vita. Prima di lui dolore e morte erano segno di un limite, di imperfezione e bagaglio umano creaturale. Con Lui abbiamo la certezza di essere compresi nella nostra angoscia, nello smarrimento, nello sconforto e nella tristezza. Lui le ha provate tutte, come noi, come un qualsiasi uomo, come una qualsiasi madre: l’abbandono, l’incomprensione, la derisione, la nudità. Noi madri, scarnificate, derelitte, offese, abbruttite potremo tornare a vivere e a sorridere perché la vicinanza “dell’uomo dei dolori” ci aiuterà a rivedere tutta la nostra vita, a comprendere la sofferenza degli altri, a dare la giusta importanza alla relatività delle cose. In questa condizione potremo avvicinarci a Cattolica con maggiore serenità e, siatene certi, saremo ascoltati. L’atteggiamento di chi spera è autenticità che richiama un dono ineffabile divino: quello della “provvidenza” che diviene carisma, luce e conforto.

Edda CattaniA fine estate Cattolica
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Fraternità e speranza

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Fraternità e speranza

Dove c’è …

Dove c’è fede, c’è speranza..
Dove c’è speranza, c’è fede;
Dove c’è amore, c’è pace..
Dove c’è pace, c’è amore;
Dove c’è fratellanza, c’è condivisione…
Dove c’è condivisione, c’è fratellanza;
E dove c’è fede, speranza, amore,
pace, fratellanza e condivisione,
c’è prosperità e giustizia per tutti.

Jean-Paul Malfatti –

 

 

Stiamo preparando il convegno di settembre a Cattolica da cui torneremo con il cuore sereno, abbracciandoci così, in totale condivisione dei sentimenti di amore e fraternità. Mi auguro che questo nostro atteggiamento di disponibilità possa continuare e dare calore al nostro cuore e alle nostre famiglie!

Edda CattaniFraternità e speranza
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La speranza necessaria

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Oggi viviamo in un mondo angosciante e pieno di lacerazioni di ogni genere e l’uomo è infelice, anche quando dimostra di non esserlo, perché‚ è alla ricerca di qualcosa che gli sembra di non poter raggiungere e di cui non ha esatta cognizione.
Nella realtà odierna manca il tempo per pensare, mentre si rinnovano le conquiste, sempre maggiori, di quel benessere materiale che senz’altro è da perseguire, ma che lascia, comunque, un’amara soddisfazione.

L’uomo è malato e non sa la causa del suo male.
La causa è posta nel suo desiderio di vita e di felicità:
entrambi uniti strettamente ad una catena che avvince e da
cui si è soggiogati.

 

La-speranza-necessaria

 VIDEOCLIP

Non di meno una nuova scienza e una nuova fede si affacciano, in prossimità del terzo millennio, portando sempre maggiori certezze e, sulla base di prove inconfutabili, forniscono risposte agli interrogativi di sempre. "Chi sono? Dove vado? Perché‚ esisto?"


Edda CattaniLa speranza necessaria
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Il tempo della memoria:occasione di vita

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Il tempo della memoria come occasione di vita

(Relazione di Edda Cattani)  – Cattolica 2010

 

Non ho mai dimenticato quel benevolo abbraccio, la mano sulla spalla di un gentile amico, nel momento in cui lasciavo la chiesa dopo le esequie di Andrea: “… vedrai poi che il tempo… diventerà memoria…”

 

Il tempo? La memoria? Se vogliamo considerare la vita nel suo divenire e come essa si svolge ci si rende conto che il tempo la rappresenta nel suo aspetto più sostanziale. Infatti, la nostra quotidianità non è il passare da un minuto ad un altro, un poco alla volta, ma è il passato che condiziona il nostro presente e intacca il nostro futuro.

 

In questi quindici anni di momenti lievi, pesanti e dolci, nulla è servito a far diventare memoria quello che è stato ed è, il mio eterno presente. Andrea se n’è andato e con lui la vita si è trasformata in attesa, perché poi tutto è stato accettabile; non mi sono più stupita degli accadimenti inaspettati, delle brusche svolte, delle stranezze quotidiane, dell’incombente senilità. Ho atteso tutto e nulla mi è mancato, o meglio non mi è stato risparmiato nulla. La durata del passato è stato l'incessante persistere del passato nel presente che, condizionando l’avvenire, si accresce anziché diminuire. E poiché ingrandisce continuamente, il passato si conserva indefinitamente.

Certo noi pensiamo solo con una piccola parte del nostro passato, magari riferendoci ad un momento di forte gioia (nascita di Andrea) o di dolore indefinibile (la sua dipartita); ma desideriamo, vogliamo, agiamo con tutto il nostro passato, comprese le nostre tendenze congenite. Il nostro passato ci si rivela, dunque, nella sua interezza, con la pressione che esercita su di noi e sotto forma di tendenza, benché solo una piccola parte di esso si converta in rappresentazione chiara e distinta.

Esso ci segue, tutt'intero, in ogni momento: ciò che abbiamo sentito, pensato, voluto sin dalla prima infanzia è là, chino sul presente che esso sta per assorbire in sé, incalzante alla porta della coscienza, che vorrebbe lasciarlo fuori. La funzione del meccanismo cerebrale è appunto quella di ricacciare la massima parte del passato nell'incosciente per introdurre nella coscienza solo ciò che può illuminare la situazione attuale, agevolare l'azione che si prepara, compiere un lavoro utile.

 Ma il passato è integro, pronto a balzare in avanti per assorbirci e condizionare la nostra coscienza. Siamo noi a voler rimuovere le cose che vorremmo non ci appartenessero e ricacciarle nell'incosciente quando non ci servano per illuminare il nostro presente o agevolare l'azione che stiamo preparando.

Ogni nostro stato di coscienza, considerato come un momento di una storia in via di svolgimento, è semplice e particolare, ma non può essere già stato percepito, perché è il concentrato di tutto ciò che è stato più quello che il presente vi aggiunge.

Dice Bergson “Sicché è vero che ciò che facciamo dipende da ciò che siamo; ma bisogna aggiungere che siamo, in certo modo, quali ci facciamo e che ci creiamo continuamente da noi stessi.”

Talvolta qualche ricordo non necessario riesce a passar di contrabbando per la porta socchiusa; e questi messaggeri dell'incosciente ci avvertono del carico che trasciniamo dietro a noi senza averne consapevolezza. Ma, se anche non ne avessimo chiara coscienza, sentiremmo vagamente che il passato è sempre presente in noi. Che cosa siamo, infatti, che cos'è il nostro carattere se non la sintesi della storia da noi vissuta sin dalla nascita, prima anzi di essa, giacché portiamo con noi disposizioni prenatali?

La memoria poi non è, come comunemente s’intende, raccogliere ricordi in un cassetto o scrivere in un diario eventi particolari. Non c'è registro, non c'è cassetto, non è perciò una "facoltà" da usare o meno, perché le cose del passato si accumulano senza un attimo di sosta. E’ proprio il passato che sa conservare se stesso, automaticamente. Tutti gli accadimenti in cui siamo stati coinvolti ci inseguono e influenzano la nostra vita; dall’infanzia abbiamo conservato tutto quello che abbiamo sentito, pensato, voluto…  

La memoria è quindi uno “strumento”, comunque una grande conservatrice e ripesca in quelli che definiamo “cassetti” gli oggetti più preziosi: le grandi gioie e i grandi dolori. Sono soprattutto questi ultimi che riaffiorano in tutta la loro crudezza; sono sfrondati dei particolari insignificanti, dei corollari comuni, ma densi di note individuali… sono quelli destinati a non finire mai e costituiscono la storia di ciascuno di noi.

 

 

L’uomo nasce come essere sociale e tutti i mezzi  di comunicazione di massa lo portano a interagire e a dare di sé la parte più congrua alla situazione da affrontare; ma viene il tempo in cui si è fatto il pieno e quello che si ha, nel bene e nel male, basta per meditare in tutto il tempo che resta da percorrere. Una vita è veramente un soffio quando la si guarda vicino alla linea d’arrivo e la memoria del vissuto è un piccolo lasso di tempo.   ( v. la mia condizione attuale)

La nostra personalità, pertanto, germoglia, cresce, matura continuamente. Ciascuno dei suoi momenti è qualcosa di nuovo che si aggiunge a ciò che c'era prima. Anzi, non è solo qualcosa di nuovo: è qualcosa d'imprevedibile. Senza dubbio il mio stato psichico attuale si spiega con ciò che già c'era in me e agiva su di me: analizzandolo, non troverò in esso altri elementi. Ma nemmeno un'intelligenza sovrumana avrebbe potuto prevedere la forma semplice e indivisibile, che dà a tali elementi, affatto astratti, la loro organizzazione concreta: giacché prevedere significa proiettare nel futuro ciò che si è percepito in passato oppure raccogliere in un composto nuovo diversamente ordinato, elementi già noti. Ma ciò che non è mai stato percepito e che è, insieme, semplice, è necessariamente imprevedibile. Tale è, precisamente, ogni nostro stato di coscienza, considerato come un momento di una storia in via di svolgimento: è semplice, e non può essere già stato percepito, giacché concentra nella sua unità indivisibile tutto ciò che è già stato percepito più di quello che il presente vi aggiunge. E’ un momento originale di una storia non meno originale.

Sicché è vero che ciò che facciamo dipende da ciò che siamo; ma bisogna aggiungere che siamo, in certo modo, quali ci facciamo e che ci creiamo continuamente da noi stessi.

 La memoria ingigantisce dunque e, con l’età, si perde la capacità di contenerla; perciò si cerca di sintetizzare sempre di più, ritrovandoci con l’essenziale… è il racconto di una vita.

 

Ho abbandonato nel mio cammino, lungo e faticoso, tutte le cose che contavano meno e ho lasciato brandelli di cuore in ogni dove, chiedendo a Dio di conservarmi a lungo la capacità di immagazzinare, scremare e comprendere gli altri. Poi mi sono guardata intorno ed ho visto che chi mi aveva sorretta in tutto questo tempo e aveva avuto una parte determinante nella mia formazione e nell’accettazione del dolore si era perso per strada, la nostra comune strada, e non aveva più la memoria delle cose.

Come un bambino, il compagno della mia vita si era eclissato e non dava più risposte coerenti, non era più in grado di raggiungermi e condividere i miei pensieri… si può morire in tanti modi! La mia vita è ora fatta di silenzi… e di contatti …

 

Penso ai tanti miei progetti, ai traguardi raggiunti, alle imprese svolte e tutto è in quel cassetto di cui rimarrà solo polvere, piccole cose per la vita degli altri, pillole di saggezza. Mi rimane il contatto, con una dimensione che prima o poi raggiungerò dove mi stanno aspettando tante persone care, primi fra tutti i miei figli che non hanno mai mancato di incoraggiarmi.

 

Perciò a chi sta arrivando in questo percorso di fede e di conoscenza dico con tutto il cuore di avere quella speranza che è necessaria non solo per sopravvivere, ma per vivere bene. Apparentemente veniamo abbandonati, un poco alla volta e anche di noi non resterà memoria, ma qualcosa di eterno esiste da sempre e per sempre e a riesumarlo sarà solo Dio.

 

Il tempo è un dono che la vita ci fa. Lo è anche quando sembra non esserlo, quando stanchi affrontiamo il domani. Ed ogni anno che passa, ogni compleanno, è una tappa importante, un traguardo, una sorte di resa dei conti. Più gli anni passano e più i conti sballano anche se non ci rendiamo conto della fortuna che abbiamo.


Io non vi auguro un compleanno dove tirare le somme, ma un giorno speciale dove scrivere un nuovo sogno, senza badare ai conti, incosciente ma consapevole che tutto può accadere. E che la tua vita possa essere sempre intensa ed emozionante come un brivido che toglie il respiro per farci respirare più forte.

 

In questa condizione potremo avvicinarci a questi convegni, qui a Cattolica con maggiore serenità e, siatene certi, saremo cresciuti. L’atteggiamento di chi spera è autenticità che richiama un dono ineffabile divino: quello della “provvidenza” che diviene carisma, luce e conforto.

 

 

La speranza e la comunicazione.

Sperare vuol dire attendere il tempo nel momento che , opportunamente, arriverà per ciascuno di noi. Sarà un segno di modeste dimensioni, che altri non noteranno, ma che per noi sarà denso di quel contenuto noto a noi soli e che ci abbaglierà come Paolo sulla strada di Damasco. Prepariamoci a questo evento, e torneremo da Cattolica non come gente che soffre di una malattia inguaribile, ma con lo spirito che si ritrova nella “Salvifici doloris” di Giovanni Paolo II° del 1984.

 

Siamo arrivati per volere essere riscattati dal nostro tempo impiegato a piangere, ma vogliamo ritornare con la spiritualità di chi non vuole vivere per sempre un  dolore alienante, nella prospettiva della salvezza e della risurrezione.

 

Ci incontriamo qui a Cattolica, con gli amici di tanti anni e nuovi arrivati. Io non so se manterrò l’organizzazione  e  se ci sarò ancora negli anni a venire,… il mio tempo sembra molto limitato ma debbo veramente ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato ad avere la certezza che il mio tempo era ben speso per migliorarmi e migliorare nella via di una nuova redenzione.

 

 

   

 

 

 

 

Edda CattaniIl tempo della memoria:occasione di vita
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