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La chiesa del “grembiule”

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La chiesa del “grembiule”

 

Ancora oggi, a distanza di tanti anni, la personalità, la testimonianza e gli innumerevoli scritti di Don Tonino, rimangono fonte inesauribile di ammirazione ed ispirazione. La freschezza del suo linguaggio, la vicinanza ai bisogni dell’uomo e soprattutto degli ultimi e la volontà di superare la monotonia dell’ovvio rappresentano un patrimonio di valori da trasmettere e soprattutto da incarnare nel nostro tempo.

 

Vediamo un tratto delle sue parole a commento del Vangelo:

 

“…Io amo parlare della chiesa del grembiule che è l’unico paramento sacro che ci viene ricordato nel Vangelo. ‘Gesù si alzò da tavola, depose le vesti si cinse un asciugatoio’, un grembiule l’unico dei paramenti sacri. Nelle nostre sacrestie non c’è e quando uno viene ordinato sacerdote gli regalano tante altre belle cose, però il grembiule nessuno glielo manda. E’ il grembiule che ci dobbiamo mettere come chiesa, dobbiamo cingerci veramente il grembiule. Sapete che significa ‘Si alzò da tavola?’ Significa che se noi non partiamo da qui, dall’altare, da una vita di preghiera è inutile che andiamo a chiacchierare di pace. Chi ci crede ? Non siamo credibili, se non siamo credenti. E credere significa abbandonarsi a Cristo, non significa soltanto accettare le Sue parole, le Sue verità. Quindi, anche noi, se vogliamo parlare di pace e di carità dobbiamo alzarci da tavola…”

 

Parole innovative, ancora oggi, che il Servo di Dio ci propone e l’indossare il “grembiule”  significa aprirsi al dialogo con i fratelli anche delle diverse confessioni religiose, facendo in modo che la parola del Signore non diventi una barriera di divisione o uno scudo difensivo bensì un mezzo di unione e di apertura all’altro.

 

Lo sentiamo perciò anche vicino al nuovo Papa che ha fatto sua questa prerogativa, scegliendo il nome Francesco come segno di un ritorno al Vangelo e simbolo di partecipazione e carità. D’altro canto, il proposito di una istituzione ecclesiastica povera, amante de poveri non è una scelta demagogica ma evangelica. Condivisa in principio da don Tonino, oggi la Chiesa deve anche essere serva perché non rappresenta l’assoluto ma deve essere subordinata all’assoluto, cioè a Dio, un Dio che “serve” in quanto si manifesta come “servitore” nostro (pensiamo alla lavanda dei piedi prima dell’ultima Cena).  Probabilmente l’ammirazione e la vicinanza fraterna all’attuale Vescovo di Roma scaturisce dal fatto che rappresenti appieno il volto visibile di quella che don Tonino ha definito Chiesa del “grembiule”.

 

 

In occasione delle celebrazioni si è anche pubblicata un’opera: “UNA Croce con le ali” che nasce dalla lettura e dall’analisi approfondita del ricco ed articolato patrimonio di scritti lasciato in eredità da don Tonino Bello e pubblicato in sei volumi con l’edizione diocesana “Luce e Vita”.

 

La sfida di tradurre in drammaturgia gli scritti di don Tonino ha comportato la selezione dei tanti testi e l’adattamento degli stessi alla messa in scena. Aderenza alle Sacre Scritture e fedeltà assoluta alle sue parole sono state le linee metodologiche seguite, unitamente alla ‘licenza’ di ricodificare alcuni scritti in una diversa tipologia testuale.

 

Attraverso la sinergica combinazione di ogni forma d’arte, dalla poesia al teatro-danza, dall’immagine alla grafica con effetti multimediali, dalla composizione musicale alle combinazioni vocali e sonore, i testi prendono vita in dieci quadri scenici incentrati su altrettante tematiche ‘Forti’ del suo appassionato apostolato.

L’incontro con gli “ultimi” e l’icona della “Chiesa del grembiule”; Maria e la centralità della Croce; l’impegno attivo ed infaticabile contro la guerra e contro ogni forma di violenza; la pace e la cultura non violenta; la “mistica arte” della politica; l’emergenza dello sbarco degli albanesi; la “marcia dei cinquecento” a Sarajevo: questi alcuni tra i temi trattati nell’opera.

 

Infine, affinché questa commemorazione non rimanga sterile esposizione ricordiamo la parte conclusiva di Don Tonino in “PER COLORO CHE NON TROVANO PACE”:

 

“…E ora, visto che mi sono messo ad assicurare preghiere un po’ per tutti, vorrei rivolgermi anche a voi che, pur non essendovi mai allontanati da Dio, non riuscite ugualmente a trovar riposo nella vostra vita.

Per sè parrebbe un controsenso. Perché Dio è la fontana della pace, e chi si lascia da lui possedere non può soffrire i morsi dell’inquietudine. Però sta di fatto che, o per difetto di affido alla sua volontà, o per eccesso di calcolo sulle proprie forze, o per uno squilibrio di rapporti tra debolezza e speranza, o chi sa per quale misterioso disegno, è tutt’altro che rara la coesistenza di Dio con l’insoddisfazione cronica dello spirito.

Mi rivolgo perciò a voi, icone sacre dell’irrequietezza, per dirvi che un piccolo segreto di pace ce l’avrei anch’io da confidarvelo.

 

A voi, per i quali il fardello più pesante che dovete trascinare siete voi stessi. A voi, che non sapete accettarvi e vi crogiolate nelle fantasie di un vivere diverso. A voi, che fareste pazzie per tornare indietro nel tempo e dare un’altra piega all’esistenza. A voi, che ripercorrete il passato per riesaminare mille volte gli snodi fatali delle scelte che oggi rifiutate. A voi, che avete il corpo qui, ma l’anima ce l’avete altrove. A voi, che avete imparato tutte le astuzie del «bluff» perché sapete che anche gli altri si sono accorti della vostra perenne scontentezza, ma non volete farla pesare su nessuno e la mascherate con un sorriso quando, invece, dentro vi sentite morire. A voi, che trovate sempre da brontolare su tutto, e non ve ne va mai a genio una, e non c’è bicchiere d’acqua limpida che non abbia il suo fondiglio di detriti.

 

A tutti voi voglio ripetere: non abbiate paura. La sorgente di quella pace, che state inseguendo da una vita, mormora freschissima dietro la siepe delle rimembranze presso cui vi siete seduti.

Non importa che, a berne, non siate voi. Per adesso, almeno.”

Ma se solo siete capaci di indicare agli altri la fontana, avrete dato alla vostra vita il contrassegno della riuscita più piena. Perché la vostra inquietudine interiore si trasfigurerà in «prezzo da pagare» per garantire la pace degli altri.

 

O, se volete, non sarà più sete di «cose altre», ma bisogno di quel «totalmente Altro» che, solo, può estinguere ogni ansia di felicità.

Vi auguro che stasera, prima di andare a dormire, abbiate la forza di ripetere con gioia le parole di Agostino, vostro caposcuola:

 

«O Signore, tu ci hai fatti per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te».

 

 

 

 

 

 

Edda CattaniLa chiesa del “grembiule”
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Vorrei un’ala di riserva

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VORREI UN’ALA DI RISERVA

 

Quando nel 2000 venimmo ad abitare ad Abano Terme per essere più vicini alla cappella di Andrea, curammo ogni particolare di questa casa acquistata con tanti sacrifici, dove avremmo dovuto vivere gli anni della nostra vecchiaia. Pensando ad un nome da mettere sulla porta, avrei voluto scrivere:  “I GABBIANI”. Erano i tempi in cui facevamo lunghe silenziose passeggiate, sul finire dell’estate, in riva al mare e guardavamo stormi dei maestosi volatili posarsi sulla riva, alla ricerca di briciole sparse dagli ultimi bagnanti. Mi colpivano quegli uccelli così  solenni nell’aria e faticosamente pesanti a terra, tanto da farmi pensare come non avessero una terza ala come timone che permettesse una manovra meno impacciata dei loro piccoli passi. Eppure, quando si libravano in cielo, aleggiavano come gli angeli, non denotavano alcun peso ed ostentavano un’armonia infinita. Pensavo allora al mio Andrea e dicevo: “Anche tu caro, ora non hai più peso e voli nell’universo, molto meglio dei gabbiani e come gli angeli del Paradiso!”.

Sono passati gli anni, veloci nella maturità, molto più che nella spensierata giovinezza, ed hanno portato con sé tutto il loro carico di dolore e qualche piccola gioia che ha addolcito l’amarezza di alcune giornate, ma contemporaneamente, il bagaglio si è fatto pesante sulle spalle sempre più in difficoltà nello sforzo dell’età. Ho ripensato ai gabbiani della nostra estate leggendo casualmente una poesia di Mons. Tonino Bello:

Voglio ringraziarti, Signore,

del dono della vita.

Ho letto che gli uomini sono angeli con un’ala

soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati.

Vivere è abbandonarsi come un gabbiano

all’ebbrezza del vento: vivere è assaporare

l’avventura della libertà,

vivere è stendere l’ala,

l’unica ala con la fiducia di chi sa di avere

nel volo un partner grande come te.

 

Eccomi rimasta sola, simile alla mia stagione della vita, ormai vecchia e stanca; il mio compagno non è più vicino a me… la sua anima vaga ormai in altre spiagge vicine al cielo ; il mio volo si è fatto ancor più pesante e solitario.

 

Ma non basta saper volare con te. Signore;

tu mi hai dato il compito di abbracciare
anche il fratello e aiutarlo a volare.

Ti chiedo perdono, perciò, per tutte le ali

che non ho aiutato a distendersi. Non farmi

più passare indifferente vicino al fratello,

che, rimasto con l’unica ala inesorabilmente

impigliata nella rete della miseria e della solitudine

si è ormai persuaso di non essere più degno di volare

con te. Soprattutto per questo fratello sfortunato

dammi. Signore, un’ala di riserva.        (Mons. Tonino Bello, vescovo)

 

Ora vorrei, Signore, anch’io un’ala di riserva perché non gliela faccio più a volare anche con Te, non riesco a raggiungerti, a parlarti, a godere dei tuoi spazi infiniti… come Madre Teresa, si è fatto buio intorno e arranco con la schiena curva.

Eppure è ormai Primavera… l’inverno sta terminando e presto verrà il mese dedicato  a Lei la Madre delle Madri che non manca di mostrare la Sua vicinanza con la Sua mistica presenza, fatta di silenzio e di fiduciosa speranza.

I miei bambini ormai hanno festeggiato la loro santa Cresima…soldati di Cristo… non ne conoscono appieno il significato ma si divertono con tutte le ricorrenze… anche quelle sacre diventano un fatto commerciale. Per noi è invece un fatto religioso, come lo è lo spuntare improvviso di una bellissima rosa purpurea proprio nel mio roseto incolto, devastato dalla pioggia: una rosa vermiglia come il sangue del mio cuore lacerato e gialla al centro come l’oro prezioso dei gioielli.

Grazie Andrea, ti sei ricordato di me anche in questa occasione; grazie, Madre di tutte le Madri, Rosa Mistica, Maria Immacolata.

 

“Mamma, ti ho messo in sintonia col diapason del Cielo”, dice Roland alla sua mamma.

 Il “diapason” è il punto più alto, la massima intensità del Cielo.

Fra poco sarà Natale e poi verrà l’Epifania come “manifestazione” dello Spirito.

 

A questo punto aggiungo un pensiero ed un ricordo particolare per i papà che proprio in quest’anno festeggeranno ancora 19 marzo questa ricorrenza … la festa del Papà!

 

 

                     

 

        

 

 

 

Edda CattaniVorrei un’ala di riserva
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