novembre 2024

La storia e la memoria

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La storia e la memoria

30 Novembre – 5 Dicembre 

 

Il tempo è un dono che la vita ci fa. Lo è anche quando sembra non esserlo, quando stanchi affrontiamo il domani. Ed ogni anno che passa, ogni compleanno, è una tappa importante, un traguardo, una sorte di resa dei conti. Più gli anni passano e più i conti sballano e ci rendiamo conto della fortuna che abbiamo.

 

Novembre: Appena dopo l’onomastico con S.Andrea, ed è l’anniversario del passaggio… 5 dicembre. Voglio, ancora una volta ricordarlo con le parole del suo Papà che ormai l’ha raggiunto nella Gerusalemme Celeste.

 

 “Se vogliamo raccogliere è necessario non tanto il seminare, quanto spargere il seme in un buon campo, e quando questo seme

diventerà pianta, ci stia molto a cuore di vegliare a che la zizzania non soffochi le tenere pianticelle.”

(PENSIERI DI PADRE PIO)

 

 

Questa Relazione è stata esposta da Mentore al Convegno del CONVIVIO a Roma prima dell’aggravarsi della sua malattia. E’ un devoto omaggio a mio marito e ad Andrea:

  Ringrazio la Presidenza che ci dà la possibilità di significare a voi, per quanto mi sarà possibile, la testimonianza e convinzione di una esperienza che riempie la nostra giornata dall’ evento che divise il corso della nostra vita, come quella di nostro figlio.

Vi parlo al plurale, ma non è un plurale “maiestatis”; questo è motivato dal fatto che la realtà degli avvenimenti ben circostanziati e riscontrabili capitano simultaneamente a me e a mia mo­glie  sia pure differenziati dallo stesso comportamento che,  quand’era presente fisicamente nostro figlio aveva con noi.

Sono il papà di Andrea – Andrea Cattani – e la mamma è qui in sala – Andrea ha nome nostro figlio, Andrea come tanti altri giovani figli per i quali sembra essere stato tessu­to con il nome, un comune disegno.

Il nostro si presenta e si fa chiamare il  “tenente…” e come non comprendere il suo giusto orgoglio per il merito conquistato, frutto di impegno, di abnegazione, di fatica che gli ha consentito di vestire onorevolmente l’uniforme militare del­l’esercito italiano e di essere nominato Capo Servizi del Presi­dio della regione Nord-Est. In onore di quella che tuttora defi­nisce, con una nota di velata tenerezza , dall’ altra dimensione, “Patria  mia” quasi a ricordo dell’ abnegazione , della generosità e del coraggio esercitati per raggiungere qui in terra il suo ideale.

Andrea se n’è andato una sera limpida del dicembre ‘91 , all’ uscita dalla caserma, da trasportato  schian­tandosi contro un platano nel centro della città.

Tralasciando, per brevità, numerose mie proprie considerazioni dei primi momenti di smarrimento, si accese in noi più viva la fede racchiusa nella verità del dogma della Comunione dei Santi che ci suggerì la prima preghiera:

Sei passato dalla nostra casa Signore

 e hai raccolto il fiore a Te gradito

Signore ti ringraziamo

di AVER LASCIATO PER VENTIDUE ANNI

il nostro Andrea alle nostre cure

e al nostro sguardo.

Aumenta in noi la fede nella sua

presenza e nella Tua volontà. A lui la tua Luce.

Premetto  che la  fede, la fiducia, la speranza e la volontà che fra noi e nostro figlio continuasse il dialogo così come era avvenuto nei ventidue anni trascorsi insieme, è stata la prima ancora cui ci siamo aggrappati fin dal primo momento con la voluta certezza che ciò avvenisse come dono di Dio per quella poca fede che avevamo sempre coltivato,  credendo nella promessa di Dio e nella Verità della Sua Rivelazione.

 

 

 

Ebbene, Andrea  dopo pochi giorni dalla sua partenza ci inviava segni di luce tali da non coltivare alcun dubbio sulla sua presenza:

l‘allarme della sua macchina ferma in garage,disinserito, che si accendeva; era una tromba che suonava davanti alla finestra della sua camera per salutare gli amici venuti a trovar­ci, era il sovrapporsi della sua immagine sullo schermo televisivo che si è più volte ripetuta,inviando a suo padre un messaggio:

“Vuoi capire che sarò tuo amico per sempre”!.

l’accendersi improvvi­so del suo stereo  e del televisore,su un programma mai guardato… ed altri che  conserviamo gelosamente nel nostro animo. Dopo questi segni – materiali – è continuato il colloquio diretto dove Andrea si manifesta  con tutte le sue peculiari doti di carattere, il suo modo di fare, di esprimersi, le particolari attenzioni per le persone a lui care.

 

Fu a Baveno nel ’92 che si presentò come “tenente” a Laura Paradiso chiedendo della sua mamma.

Eravamo andati, esortati da nostra figlia Alessandra,col nostro peso di dolore  e inconsapevoli di tutto: non ci eravamo mai interessati, per dirlo in parole correnti, del paranormale e delle sue manifestazioni, d’altra parte  “ignoti nulla cupìdo”!

 

Ritornati a casa,come lui ci aveva comandato “andate a casa alla fonte berrete” lasciandoci con tanto di “saluto” (così diceva rientrando in casa,ogni sera, dal lavoro in caserma) mentre la mamma riceveva con la scrittura automatica i primi messaggi di conforto e di certezza che colui che faceva muovere la penna appoggiata alla mano sinistra era Andrea:

 

“sono vivo, vivo, vivo

Andrea ,angelo di luce”

 

e altri messaggi di riconoscimento della sua presenza  reale e circostanziata da riferimenti vissuti dalla sua persona il  papà ricevette, su nastro magnetico, la prima …rivelazione:

 

“il tuo bambino SONO”

 

E’ indescrivibile la forza di questo sono – il “sum” latino ch’è significato di esistenza(esistenza); ricordiamo le parole di Colui che disse “Ego sum qui sum: Io sono colui che E'”! Si presentò con la sua carta d’identità: già ventiduenne, ogni qual volta gli si prospettavano le nostre difficoltà alle sue richieste, mi convin­ceva col dirmi: “non fai questo per il tuo bambino?”

Dopo questo, i messaggi sono tanti che per raccoglierli non basterebbe un volume di mille pagine.

Sono lì incisi in nastri magnetici, più o meno, ma tutti intelligi­bili, a testimoniare una realtà che trascende l’ansia della nostra volontà di conoscere, di comprendere il mistero di luce e di gioia che lo avvolge e che tenta di trasmettere a noi.

Alla mia domanda esplicita di quanto felice, la risposta è categorica  e immediata: “TANTO EELICE”.

E poi si ripetono con insistenza  i messaggi della sua presenza “Sono con voi…più di prima… più vicino di prima!”

Poi seguono i messaggi d’invito:


Alla fortezza: Papà coraggiofatti coraggio!

                          se tu sapessi con chi sono….non piangeresti!

 

 Alla sopravvivenza: E insistente il ripetere   “Vivo… sono vivo...

                ..io parlo con quelli che mi credono vivo

                     

                         Vedo la luce, anche quando c’è buio!

 

La sera del suo primo anniversario,mentre si commentavano in casa le parole del Sacerdote alla messa del mattino, celebrata nel Duomo dei Militari in Padova, sono state registrate chiaramente queste parole: “Si dice di Andrea che è tornato sulla terra… stamattina”.

Mi assillava il pensiero che il nostro Andrea,a causa della sua improv­visa  dipartita non avesse avuto tempo e modo di chiedere a Dio perdono se in qualcosa avesse a Lui dispiaciuto e feci una particolare richiesta a Cristo.

Ero in chiesa alla SS.Messa domenicale. Al momento della Comunione mi alzai dal banco e accesi il registratore che uscendo di casa mi ero posto nella tasca interna della giacca. Tornato a casa ascoltai la registrazione: sovrapposte alle parole del parroco si ascoltano queste:

 

” Mi sono comunicato con te.”

E ancora: “Vi guardo attentamente negli occhi quando pregate!

          “Nella patria ove verrai io sono RE” dice un’entità. (imparai dopo che loro si dicono “Re”)

                        “Perdonare , Signor Cattani, perdonare  (per ) fare la Comunione e rispondono alla domanda che da sempre è sulle nostre labbra : Dove sei Andrea? “Andrea è benedetto”



e di lasciare alle sofisticate ipotesi degli studiosi il problema della “grande reincarnazione“, come alle sottigliezze dei filosofi la “piccolareincarnazione riservata ai residui psichici.


Nostro figlio Andrea ormai è “là“.


Mi sia lecito usare due termini latini: L ‘ accidens di nostro figlio è qua, in una tomba, ancora alle nostre cure e affetto umano, ma la  “substantia” l'”essere”, la “persona” è là con tutte le sue prerogative proprie  della persona nel suo totale significato filosofico-scientifico. E là operante un’ulteriore opera di perfe­zione,in cammino costante verso la beatifica visione di Dio.



          “Andrea vola come aquila”…


sempre nel primo nastro rovesciato dove troviamo conferma inconte­stabile di una misteriosa telefonata ricevuta da chi vi parla alla presenza di altre persone il 6 Genn.’93; telefonata durata circa una decina di minuti, quasi tutti passati a contestare che non riuscivo a riconoscere la persona che al miopronto” afferma di essere “la Jolanda”… (mia sorella deceduta nel 1932 a 12 anni!


II 27 Genn. 93 ,facciamo la prima esperienza del nastro rovesciato e l’entità Arno si premura di confermarmi: La Jolanda ti consola per telefono,la Jolanda prepara un secondo colloquio” …”buona giornata“…(secondo colloquio?)


Fatti tutti gli accertamenti e riscontri possibili non ci resta che convincerci della veridicità di questa transcomunicazione da parte di mia sorella giunta a noi come conferma (senz’altro voluta da nostro figlio ) della Sopravvivenza e dei messaggi:si istae et isti….cur  non ego?”

In attento esame di tutta la messaggistica proveniente da nostro figlio avvertiamo  una costante evoluzione di contenuti nei suoi colloqui con noi.


E’ vero molti messaggipur in sé chiari e bene intelleggibili, rivelano una esistenza di vita  incomprensibile da parte nostra, ma di una realtà  che non si configura in pure creazioni mentali,mentre rispondono a concetti concreti quali si riscontrano nel complesso di tutta la rivelazione divina.


    Quante volte riflettiamo  sul significato di alcuni di questi messaggi ricevuti sia dal papà che dalla mamma e poi dobbiamo convincerci di quello che ci consiglia un’Entità nel quarto nastro rovesciato:….”la strada è in salita: forza alla fede!”

 

 

 

 

 

 

 

 

Abbiamo cercato sfogliando avanti e indietro- la lette­ratura scientifica per trovare il perché, il come ci fosse data questa comunicazione trascendentale. Ma non abbiamo trovato nella scienza e nelle sue meravigliose conquiste, che ipotesi, probabilità, quando non addirittura fantasiose creazioni della ragione umana pur di non ammettere l’ambito del mistero che l’Economia Divina ha posto non a pezza giustificativa di questa nostra intelligenza, ma quale faro luminoso a guida di un retto cammino r a z i o n a le VERSO LA LUCE INFINITA.


        Togliamo alla ragione l’ambito del mistero e troveremo le più stravaganti deviazioni.

E’ la fede nel mistero cosmico che ci assicura giungano a noi messaggi di nostro figlio Andrea non la credenza nel contenitore cosmico o nei residui psichici vaganti nell’universo; ancora nessuna intelligenza umana sa dirci il tutto della sua grandezza, della sua profondità e della sua entità.


Stavamo dibattendoci in questi interrogativi quando il nostro Andrea ci disse:

“Al di sopra della legge degli uomini vi ho convinto”


E il fatto che questa comunione o comunicazione fra le due dimensioni (per usare termini correnti) terrestre e celeste la si riscontri da sempre e presso tutte le genti di ogni epoca, di ogni popolo e di ogni cultura ci conferma la sua origine trascendentale poiché in tutti troviamo il filone della Rivelazione col suo principio essenziale alla salvezza: Quod Deus est et remunerator sit: Che Dio esiste ed è rimuneratore”.


Vedo tutto quello che fai …Tira fuori il pane!


Via radio:  Ti mando un bacio, sei contento?

Verso la mamma è di  una tenerezza infinita: Mamma, mammina mia… riposati… non ti affaticare! Sono qui con te!


Il tempo  non è che lenisca,anche se accettato con fiducia nella Divina Provvidenza,il dolore dovuto alla sua mancanza fisica fra noi, lo portiamo con noi, ci segue come la nostra ombra. Nel terzo nastro rovesciato l’entità comunicante ce lo assicura amare cordis” che noi interpretiamo : “con l’amarezza del cuore” camminerete verso la patria celeste.


Ammiriamo quei genitori che, come abbiamo avuto modo di sentire in questi convegni, hanno raggiunto la gioia interiore; noi questo stato di grazia non l’abbiamo ancora conquistato e pensiamo, come penso, che in me il dolore cesserà il giorno in cui rivedrò il mio Andrea venirmi incontro e dirmi “papà vieni con me!” 

                                       

                                                    Mentore Cattani

Grazie

 

 

 

 

Edda CattaniLa storia e la memoria
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Silenzio e solitudine

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SILENZIO E SOLITUDINE

 

 

 

Sia il silenzio che la solitudine possono portare sollievo o depressione, a seconda dei casi, possono essere ricercati e volontari, o essere subiti contro voglia. Possono essere entrambi, soli o abbinati, fonte di soave poesia o di tetra tragedia.

Il Silenzio della pietas quacchera è ricercato per vincere la solitudine in tutte le sue forme negative, soprattutto quella che fa sentire l’uomo abbandonato da Dio nel deserto della vita, anche quando è in numerosa e rumorosa compagnia, anche se frequenta allegri compari o religiosissime comunità religiose.

Dopo aver corso invano da una filosofia all’altra, da una confessione religiosa ad un’altra, è possibile che il ricercatore resti a mani vuote e non trovi il conforto di una mano amica che gli faccia sentire la presenza di Dio Padre.

È grande ventura trovare presto che non è così, che Dio è sempre vicino, che ci ama, che ci corregge, che ci ammaestra e conforta.

 

 

 

 

 

Ma troppi non sanno che è vano cercarlo per le vie del mondo, nei monumenti eretti dalla mano dell’uomo, salendo scale al paradiso inventate di sanapianta da fantasiosi Maestri di religione. Troppi ignorano che Dio tanto più parla quanto meno gli uomini parlano.

È quindi un dono di Dio scoprire la via del Silenzio, che permette in ogni momento, dovunque e in qualsiasi condizione, nel culto comunitario o nella temuta solitudine, di sentire la Sua voce al di là e al di quà degli organi dei sensi, del pensiero razionale, della cultura imperante.

Il Signore del Silenzio attende che tu affronti il Silenzio per metterlo al Suo ed al tuo servizio, per vincere gli orrori degli eccessi di folle schizofreniche e di emarginati isolati destinati all’autodistruzione.

Con Lui, Silenzio e Solitudine possono superare il più delle volte i loro risvolti negativi, anche se stanno insieme.

Il Silenzio Infranto


Il silenzio piano piano si affievolisce,
il pensiero prende il sopravvento
con passo felpato ma inesorabile,
il silenzio ora è quasi impercettibile,
sta esalando il suo ultimo respiro,
il pensiero diventa parola,
si trasforma in messaggio,
il silenzio è infranto nel frastuono
dei pensieri liberi e veloci
come i cocci impazziti di un vetro.

 


Edgar Kenneth


 

Edda CattaniSilenzio e solitudine
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Quelle come me

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Dedico questa pagina a tutte le donne abbandonate, deluse ed umiliate, usate come giocattoli e buttate nella spazzatura…

La dedico a tutte le donne vittime della violenza, anche quella nascosta che si consuma nelle case dove la donna subisce in silenzio, senza avere il coraggio di denunciare!

Quelle come me

(Alda Merini)

 

Quelle come me regalano sogni,

anche a costo di rimanerne prive…

Quelle come me donano l’Anima,

perché un’anima da sola è come

una goccia d’acqua nel deserto…

Quelle come me tendono la mano

ed aiutano a rialzarsi, pur correndo il rischio

di cadere a loro volta…

 

Quelle come me guardano avanti,

anche se il cuore rimane sempre qualche passo indietro…

Quelle come me cercano un senso all’esistere e,

quando lo trovano, tentano d’insegnarlo

a chi sta solo sopravvivendo…

 

Quelle come me quando amano, amano per sempre…

e quando smettono d’amare è solo perché

piccoli frammenti di essere giacciono

inermi nelle mani della vita…

 

Quelle come me inseguono un sogno…

quello di essere amate per ciò che sono

e non per ciò che si vorrebbe fossero…

Quelle come me girano il mondo

alla ricerca di quei valori che, ormai,

sono caduti nel dimenticatoio dell’anima…

 

Quelle come me vorrebbero cambiare,

ma il farlo comporterebbe nascere di nuovo…

Quelle come me urlano in silenzio,

perché la loro voce non si confonda con le lacrime…

Quelle come me sono quelle cui tu riesci

sempre a spezzare il cuore,

perché sai che ti lasceranno andare,

senza chiederti nulla…

 

Quelle come me amano troppo, pur sapendo che,

in cambio, non riceveranno altro che briciole…

Quelle come me si cibano di quel poco e su di esso,

purtroppo, fondano la loro esistenza…

Quelle come me passano inosservate,

ma sono le uniche che ti ameranno davvero…

 

Quelle come me sono quelle che,

nell’autunno della tua vita,

rimpiangerai per tutto ciò che avrebbero potuto darti

e che tu non hai voluto…

 

 

Edda CattaniQuelle come me
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Stop al femminicidio!

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 25 Novembre: 

GIORNATA MONDIALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

.. nel giorno delle donne vittime della violenza: “si vorrebbe essere balsamo per molte ferite” .. e togliere i loro corpi straziati dai pozzi profondi della nostra mostruosa miseria .. cantate il vostro ‘magnificat’ e danzate con arte d’amore, donne della vita, anche a nome di chi non ha voce, di chi non ha piedi per danzare, e di chi non ha un cuore che sa amare ..

 ROSSO. Il simbolo dell’energia vitale, della forza fisica e mentale, della volontà di opporsi ai maltrattamenti.

ROSSO: Il colore scelto dell’artista messicana Elina Chauvet per la sua installazione: “Zapatos rojos”, ossia “Scarpette rosse”.

Scarpe da donna di colore rosso o dipinte di rosso, sistemate per le vie, nelle piazze, vicino ai monumenti delle città per dire stop alla violenza di genere.

NON FINISCE CON UNA GIORNATA LA NOSTRA REALTA’!

Noi uomini (tutti) dovremmo prima vergognarci e poi riparare, riparare, riparare .. (fra Benito)

 

“Per tutte le violenze consumate su di lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le sue ali che avete tarpato, per tutto questo: in piedi, signori, davanti ad una donna.”

(Testo di Anonimo, erroneamente attribuito a W. Shakespeare)

 

 

“A voi Donne che per prime ci portate il gemito della vita e la luce della Risurrezione … a voi radici dei nostri sogni, gemme che vegliate sulle nostre primavere … a voi che, inascoltate, …ci fate cadere nell’amore come frutti maturi, e …che spesso sprecate per amare i profumi delle carezze e dei baci … a voi che date materne origini al buon Dio, che da voi ha imparato ad amare … a voi passi di danza accompagnino il vostro cuore tra la terra e il cielo … e solo l’amore canti i vostri sorrisi, amiche intime di un Dio che sa morire, che sa amare, che sa risorgere, per amore, solo per amore .. grazie a voi.” (Fra Benito Fusco)

 

E ANCHE OGGI:

“Grazie a te, donna-madre, che ti fai grembo dell’essere umano nella gioia e nel travaglio di un’esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita.” (Giovanni Paolo II)

Edda CattaniStop al femminicidio!
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Così parlano gli angeli

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Così parlano gli angeli

 

Ricevo da una veggente questi due messaggi angelici, di cui il secondo è indubbiamente molto significativo. Penso anche che dia risposte esistenziali a quelle che sono le nostre domande di sempre relative al destino e alle esperienze sulla vita e sulla morte e il loro senso.

Le parole di questa guida indipendentemente dal nome che porta o se sia un angelo o un’anima eletta, desta una forte emozione.

 

Messaggio

 

18-11-2015

 

Il mio cuore è molto triste, le trombe hanno dato inizio a suoni di distruzione, il male

è sempre più forte. I serpenti strisciano e si insinuano, schiacciate le teste non con la

vendetta; il male porta il male.

Rifocillatevi alla fonte del Padre, prendete forza con la preghiera, unitevi nel Suo

Santo Nome, unitevi e combattete con l’amore, mandate amore con il cuore, con la

mente, con le parole; le teste arretreranno, abbiate forza e fede, non lasciatevi

ingannare.

 

E’ stridore, è dolore, ma la preghiera, se è forte, li coprirà.

Tutti gli Angeli sono accorsi in vostro aiuto, pregate insieme a loro; essi vi sono

accanto, pregate all’unisono, fate che diventi un boato, tanto da stordire.

Pregherò con voi in fede, speranza e carità.

Ti ringrazio, ti benedico.

 

Messaggio di Ariel

 

22-11-2015

 

Ti saluto, pace e amore sono in te.

Sono Ariel, la mia mano è sul tuo cuore, tutto si acquieta, respira, vivi con amore

questo pezzetto di cielo insieme a me, ti tengo per mano, non sei sola, sei nella mia

luce, sei la mia creatura.

Ascolta e non temere, va tutto bene!

E’ stato necessario sciogliere il nodo per evitare un’opera incompiuta.

Ascolta…Le creature che incontrate sulla terra e che entrano nella vostra vita in

momenti particolari, non a caso si intrecciano nel vostro cammino; tutto è stato

programmato e preparato per fare un percorso in apparenza individuale ma, gli

spiriti che sono in voi, durante il vostro percorso terreno, si riconoscono e, se c’è

incontro di vibrazioni, si comprendono prendendo coscienza del ruolo che è  per

ciascuno di loro.

Questo è un  progetto divino, voi siete i tramiti scelti per portarlo a termine e tu, mia

creatura, mi dai gioia nel vedere il tuo impegno nel voler comprendere.

Ti sei affidata, con pazienza ti sei messa in ascolto, la tua mano scrive, la penna

scivola e il mio messaggio arriva a te attraverso onde universali che si incontrano tra

cielo e terra.

 

Mi spiego meglio.

 

Pensa alle onde di un grande oceano che, dopo un lungo percorso, prima impetuoso

e poi sempre più tenue, incontrano la terra e, come un tenero abbraccio, si

insinuano nella sabbia creando una sola cosa; non c’è resistenza, ma accoglienza  e

fusione:  io sono onda e tu sei sabbia. Abbandono….

L’abbandono all’amore di Dio è come quell’onda che, senza sosta, si lascia andare al

caldo abbraccio della sabbia.

Spero di essere stato chiaro.

Pace, amore, sono Ariel.

Amen!


Edda CattaniCosì parlano gli angeli
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21 Novembre: dedicato a mio padre

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Caro Papà… te ne andasti tanto giovane ed io ancora in crescita … ma sei sempre a me stato presente e voglio ricordarti così … con le parole di un Padre a un Figlio:

padre1

Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite

E rischiarle in un colpo solo a testa e croce,

E perdere e ricominciare di nuovo dal principio

E non dire una parola sulla perdita;

Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi

A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,

E a tener duro quando in te non resta altro

Tranne la Volontà che dice loro: “Tieni duro!”.

 

Se riesci a parlare con la folla e a conservare la tua virtù,

E a camminare con i Re senza perdere il contatto con la gente,

Se non riesce a ferirti il nemico né l’amico più caro,

Se tutti contano per te, ma nessuno troppo;

Se riesci a occupare il minuto inesorabile

Dando valore a ogni minuto che passa,

Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,

E – quel che è di più – sei un Uomo, figlio mio!

 

Rudyard Kipling

La Basilica della Madonna della Salute
a Venezia

 

    Dedicato a mio Padre  

Mio Padre se ne andò alle prime ore del 21 novembre. Un male terribile lo distrusse in breve tempo, dopo indicibili sofferenze. Io rimasi senza la sua guida, che per me era stata determinante, con il carico morale di mia madre cagionevole di salute ed un fratello di appena undici anni.

Il ricordo di questa data è rimasto indelebile nella memoria perchè legato al senso profondo della devozione alla Madonna della salute.

Papà mi aveva raccontato fin da piccola, di aver fatto il militare a Venezia, all’isola di San Giorgio, dove c’era una caserma sostituita attualmente dalla Fondazione Cini.

Innamorato dell’arte e della cultura popolare aveva visitato la città lagunare nei suoi angoli più nascosti e sapeva raccontarmi con quell’eloquio colorito che gli era proprio, realtà sconosciute, storie e leggende. A volte pensavo quanto arricchimento avesse portato ad un povero giovane vissuto nell’indigenza, quel periodo di servizio alla patria, prestato con tanto entusiasmo e desiderio di conoscenza.

Pittore fin da fanciullo, cresciuto a Comacchio sotto la guida di un vecchio sacerdote che gli aveva insegnato ad affrescare i soffitti delle case e delle chiese, aveva dipinto una meravigliosa tela di cui mi spiegava le caratteristiche e i particolari.

Si trattava proprio della Basilica della Salute, ubicata nell’isola di San Giorgio dove si venerava la “Madonna Nera” che aveva salvato dalla peste  la città di Venezia  nel diciassettesimo secolo. 

Mio padre se ne andò in pochi mesi, ma la sua fede nella “sua Madonna” non venne mai meno. Egli era solito dire: “Il 21 novembre si festeggia la Madonna della Salute e io so che la Madonna verrà da me!”si festeggia la Madonna della Salutesi

E così fu!

La Basilica della Salute a Monteortone

Ma il mio legame con questa devozione non cessò negli anni e continua tuttora a significare che il mio caro papà mi ha seguito e portato a seguire un cammino direi quasi “guidato”. Infatti, dopo la dipartita di Andrea ci siamo trasferiti ad Abano Terme e sui Colli Euganei, in periferia di Abano Terme, si trova un famoso santuario mariano, che da oltre cinque secoli, in seguito ad una apparizione della Vergine, è luogo di convergenza della fede cristiana delle popolazioni limitrofe veneto-euganee.  

I miei nipotini il giorno della Prima Comunione al Santuario della Madonna della Salute 

“ Anche questo richiede una storia: è il santuario della Madonna della Salute di Monteortone, artistico monumento di fede, che consacra alla Madre di Dio questo fortunato tratto di terra veneta, prodigiosamente visitata e miracolosamente benedetta dalla materna assistenza di Maria. Si racconta che Pietro Falco, uomo d’arme, reduce da molte battaglie, a seguito di ferite riportate che gli rendevano faticosa l’articolazione degli arti inferiori, si recò a Monteortone (frazione di Abano) su consiglio di amici e di medici in cerca di salute o, almeno, di un po’ di ristoro. La cura, da tempo iniziata, non dava alcun risultato. Non volle disperare. Si rivolse a Dio con fede. Dentro il boschetto, folto di verde, pieno del canto degli uccelli, gorgogliava l’acqua di una sorgente tiepida, ignorata e trascurata dagli abitanti del luogo. Qui ancora una volta Pietro si ritirò a pregare. La meditazione si tramutò in estasi, in visione. Come scesa dal monte, una nube luminosa coprì il boschetto e lasciò apparire la bianca figura della Vergine che disse a Pietro di lavarsi con quell’acqua e di scavare fino a trovare un quadretto con la sua immagine.  Pietro ubbidì e nel bagno le sue membra ripresero vigore e agilità. Recuperata così la salute, si ricordò delle promesse della Madonna. Frugò fra i sassi della fonte e, con non minore meraviglia scoprì il quadro, per niente rovinato dall’acqua termale, riproducente la Madre di Dio in atteggiamento squisitamente materno, con alla destra S.Cristoforo martire e alla sinistra S.Antonio Abate. Era il maggio del 1428.

Crescendo la fama dell’apparizione e l’afflusso dei pellegrini, i rettori di Padova decretarono di costruire un tempio degno della Madre di Dio. Con la chiesa si decise la costruzione di un convento per i custodi del santuario, che furono i religiosi Eremiti di S.Agostino, già presenti a Padova, conosciuti e stimati. Dalla città vennero i primi due frati Agostiniani, i quali presiedettero ai lavori della fabbrica e incrementarono la devozione alla Vergine. S’impose allora l’avvio ai lavori del progettato convento: “grandioso nelle sue linee architettoniche, monumentale nella sua facciata di tardo stile gotico-veneziano e primo rinascimento”.

Ed ora, tornando alla mia famiglia debbo dire che fin da piccolo Andrea venne accompagnato a visitare il tempio e a pregare la Madonna della Salute; questo si ripetè con mia madre e anche con il mio caro Sposo. I miei nipotini, i piccoli Simone e Tommaso di cui ho tanto parlato, abitano pure loro ad Abano Terme sotto la giurisdizione della Parrocchia del Sacro Cuore, ma per scelta della famiglia, frequentano la Parrocchia di Monteortone sede del Santuario della Madonna della Salute e in quel luogo benedetto ricevono i loro primi Sacramenti.

Sono certa che Nonno Lino ci ha guidato tutti e vi assicuro che è ancora presente accanto a me e mi parla… con la stessa tenerezza di un tempo, accompagnando i miei passi, ora che sono rimasta sola, nel mio ultimo cammino.

 

 

 

Il 21 novembre a Venezia, Festa della Madonna della Salute

Attorno alla metà del diciassettesimo secolo, il nord Italia subisce una delle più gravi epidemie di peste, quella stessa che fornirà spunto ai “Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni.
Particolarmente colpita la città di Mantova, che oltre al morbo si trova a dover affrontare anche la carestia causata dal cordone sanitario che gli stati confinanti le hanno imposto.

Il ducato dei Gonzaga è faccia a faccia con il totale annientamento, e in un impeto di disperazione riesce a far passare clandestinamente lungo la rotta fluviale un gruppo di ambasciatori diretti a Venezia (cui Mantova è legata da un gemellaggio fra città d’acqua e arte, più che da alleanze politiche), con la richiesta di inviare aiuti alimentari per via fluviale.

La Serenissima onora il patto di mutuo soccorso e accoglie l’ambasceria, mettendola però in quarantena nell’isola di San Servolo, allora disabitata. Si da incarico ad alcuni “marangoni” di approntare ricoveri per l’alloggio dei dignitari, e sarà uno di questi artigiani, abitante nella zona di San Vio, il veicolo attraverso cui l’epidemia azzannerà anche Venezia. L’escalation dell’infezione è impressionante, dopo la morte del falegname e di tutta la sua famiglia, già nella settimana seguente i morti si contano a decine nel quartiere e in quella ancora seguente a centinaia in tutta la città.

In un breve volgere di tempo, nonostante i bandi sempre più severi dei Savi alla Sanità, la popolazione è letteralmente decimata. La malattia non risparmia l’aristocrazia né il clero: periscono anche il Doge e gran parte della sua famiglia.

Sul limitare dell’inverno è la Dominante che a sua volta si confronta con il pericolo di venire totalmente cancellata.

 Fallisce ogni ricerca di rimedio far- macologico, nonostante i ricchissimi premi promessi a chi ne avesse scoperto di efficaci ad arginare l’epidemia.
Famoso resta quel bando che ordinava, a chiunque si sentisse i sintomi del male, di orinare subito e di berne almeno mezzo litro; quasi già allora qualche illuminato cerusico avesse intuito la dinamica degli anticorpi.

 Ancora una volta governo e popolo di Venezia si volgono alla religione.
Si organizza una processione cui partecipa la pressoché totalità dei sopravvissuti, circa 10.000 anime che girano incessantemente attorno a Piazza San Marco per tre giorni e tre notti con fiaccole e statue votive.
Viene infine pronunciato il voto solenne che qualora la città scampi alla totale rovina si edificherà un tempio di ringraziamento alla Madonna di proporzione e bellezza mai viste sino ad allora.

 E ancora una volta il Cielo sembra venire in aiuto alla Repubblica. La settimana seguente lo svolgersi della processione l’epidemia arresta la sua scalata e nel giro di altre due scema completamente.
In rispetto del voto pronunciato viene subito indetto un concorso d’ingegni per il progetto del tempio votivo e, dopo non poche discussioni sul luogo più opportuno per l’edificazione, si sceglie infine la Punta della Dogana da Mar, dove era appena stato demolito un insieme di abituri malsani.

 La demolizione di baraccamenti e la dispersione di comunità numerose come caserme e seminari era uno dei sistemi messi in atto nel tentativo di arginare il contagio.

Il concorso viene vinto dal giovanissimo architetto Baldassare Longhena, portabandiera del nuovo (per Venezia, sempre molto conservatrice in fatto di stili architettonici) stile Barocco. L’area viene possentemente palificata per reggere il peso dell’enorme edificio in pietra. Si narra che siano stati impiegati oltre 300.000 pali di rovere, per il consolidamento della fondazione.

 L’edificio sarà ultimato in circa vent’anni di lavoro e diventerà un modello esemplare di Barocco, studiato e imitato da architetti di tutta l’Europa di allora.
Il tempio viene consacrato il giorno 21 novembre che da allora per i Veneti diviene il giorno della Madonna della Salute.

Liberamente tratto dalla pubblicazione di mons. Antonio Niero

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Edda Cattani21 Novembre: dedicato a mio padre
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Reagire al dolore

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Reagire al dolore

Siamo tutti impegnati ad avversare la sofferenza e il dolore, fisico e psicologico. Alcune riflessioni…

 

Il dolore è il sintomo di un danno fisico, è un segnale di allarme che qualcosa nel nostro organismo non funziona più nel modo giusto; può divenire esso stesso una malattia qualora persista nonostante la guarigione del problema fisico. Ma il dolore è anche sofferenza psicologica, esperienza emotiva intensa e straziante, sensazione di vuoto e perdita dei propri punti di riferimento. Ha, comunque, un suo significato evolutivo, la sua presenza spinge ad agire, a curarsi, a porre rimedio, a reagire. Indipendentemente dal fatto che esista o meno una cura, un rimedio, questo la vita non lo sa.

A volte è più facile ovviare al dolore fisico, trovare un analgesico o una cura per guarire; anche se, purtroppo, a volte le cure sono lunghe e dolorose esse stesse e altre volte, invece, non esiste alcuna cura. E’ difficile misurare il dolore ed è anche sbagliato farlo, ognuno di noi lo vive e lo affronta in modo differente. La sofferenza psicologica, il dolore dell’anima, ha, in genere, tempi più lunghi e legati alla capacità di reazione del singolo individuo. Ci sono persone che fanno a gara nell’elencare quante sofferenze hanno patito e nel descrivere la loro intensità, volendo superare le esperienze similari del loro interlocutore. Ma come si può giudicare quanto soffre un’altra persona?

 

 

La causa del dolore, fisica o psicologica che sia, è uguale per tutti ma la soglia di sopportazione e la capacità di reazione sono individuali. Dovremmo imparare ad ascoltare gli altri quando parlano di una loro sofferenza senza intervenire, cercando solo di capire e di immedesimarci in loro. Molto spesso si dice che per comprendere un dolore bisogna averlo sperimentato; non credo sia sempre vero, ci sono persone dotate di capacità empatica che riescono a sentire la sofferenza dell’altro, pur rimanendo se stesse. In tutte le professioni in cui si è a contatto con il dolore altrui, si è maggiormente apprezzati se e quando si riesce a far sentire all’altro la propria vicinanza e comprensione. E non parlo solo di medici, infermieri o psicologi ma anche di avvocati, magistrati, poliziotti e tanti altri.

 

 

 

E’ difficile star vicino a qualcuno che soffre soprattutto quando si tratta di amici o familiari, si vorrebbe aiutarli a disfarsi di quella sensazione così pesante, spiacevole e a volte devastante. Altre volte si vorrebbe scappare via, quasi come se si temesse di essere infettati, di portare addosso i germi di quella sofferenza. Ed è ancora più difficile vivere in prima persona il dolore, esserne direttamente coinvolti. A volte il patimento fisico o psichico di un figlio, di un genitore, di un partner o di una persona cara, attanaglia anche noi, è uno strazio condiviso, un’angoscia che pervade tutto il nostro essere. E se non ci sono rimedi immediati, bisogna affidarsi all’esperienza di altri o, se è una sofferenza dell’anima, aspettare che si attenui. Lutti, separazioni, abbandoni, perdite non hanno soluzioni immediate, bisogna trovare dentro di sé la forza di reagire e di andare avanti. Ed è la cosa più difficile che si possa richiedere a chi si trova in una situazione di prostrazione fisica e psicologica. Disgrazie e dolore mettono a nudo tutta la vanità dell’esistenza, l’illusione della nostra potenza e del nostro valore, la leggerezza delle nostre scelte e delle nostre convinzioni.

 

 

Però ci permettono anche di scoprire parti di noi che non sapevamo di possedere, forza, coraggio e sopportazione che non potevamo immaginare essere dentro di noi. Il dolore, in genere, porta a chiudersi al mondo, si è feriti e spaventati dalla sua entità e dalla sua potenza. Gli psicologi dicono che bisogna accettare il dolore per tornare a vivere. Sembra un’eresia, quasi una follia ma non lo è. Accogliere il dolore vuol dire assecondare la sofferenza, avere la forza di accettare ciò che sta avvenendo, di vedere che in quel momento il dolore fa parte, purtroppo, della nostra esistenza o di quella di qualcuno a cui siamo affettivamente legati. E’ fondamentale trovare la forza di accettare ciò che stiamo vivendo, comprendere che negando o cercando di contrastare tale evento non facciamo altro che allontanarne la fine, non gli permettiamo di scorrere e sfumare. Questo non vuol dire accogliere passivamente il dolore o negare la sua esistenza e la sua profondità: ma solo assecondare ciò che sta accadendo, per quanto terribile esso sia. Assecondare per trovare la forza di lottare, di tornare, pian piano, a vivere.

 

Edda CattaniReagire al dolore
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Dio è amore infinito

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DIO E’ AMORE  INFINITO

 

Credo in me, un piccolo nulla cui il Padre ha regalato un cuore. Innestato nel suo.Se ogni mattina, a ogni risveglio, sapessi ascoltare la sua voce che mi sussurra: «Io ti amo, io ti amo, io ti amo», allora diventerei come un bambino preso in braccio, che anche se è sollevato da terra, anche se si trova in una posizione instabile, si abbandona felice e senza timore fra le braccia dei suoi genitori. E questa è la fede!  Ermes Ronchi(Il cuore semplice della fede)

 

Una telefonata, la ricerca disperata di conoscere qualcuno che ascolti e capisca lo smarrimento, il brancolare nel buio alla ricerca di una parola di conforto che confermi che quel figlio non è morto, che c’è ancora ed anzi è più vivo di prima e ci si deve solo mettere in ascolto per renderlo felice. Sono tante le persone che si affacciano timidamente alla nostra porta perché conoscono la nostra vicenda… Dio sa come vorremmo raggiungerle tutte per portare in pienezza la nostra testimonianza che, attraverso gli anni, si è arricchita di sempre nuove conoscenze e di tangibili interventi dei nostri Cari che ci seguono e ci indicano il percorso da seguire.

Difficile è trovare da soli questo percorso; ci sono i convegni, ma costano e, a volte, sono lontani dalla nostra dimora. Ecco allora nascere tanti piccoli gruppi di volonterosi che si ritrovano, ogni settimana, ogni mese in un luogo  ove scambiare le proprie esperienze, le proprie preoccupazioni, i pensieri, le incertezze. Presenta difficoltà anche trovare il luogo adatto; tutti noi si vorrebbe l’aiuto di un sacerdote, magari illuminato, diciamo più aperto e disposto ad ascoltarci. Non sempre capita, come è successo a me di individuare una persona che, messa a conoscenza della nostra straordinaria esperienza, si è inginocchiata e con umiltà, ha ringraziato il Signore per aver conosciuto, in modo così tangibile, la Sua Grazia.

Come dicevo sono tante piuttosto le lagnanze, le lacerazioni che si incontrano, in alcune località in cui i ministri della chiesa non ci aiutano e puntano il dito ad indicarci che non sappiamo accettare la volontà di Dio ed anzi parliamo con esseri che sono più vicino al demonio, o, peggio ancora che noi, con la nostra ricerca, disturbiamo i Nostri Amati e li costringiamo ad un percorso in cui non c’è evoluzione, anzi c’è tormento e assenza di Luce. Ma come?!? …se i nostri Ragazzi facessero parte di questo contesto non chiederebbero la comunicazione con noi e noi stessi non sentiremmo le loro parole di amore e di speranza!

Quanti delusi, in rivolta contro Dio hanno ritrovato la Fede vera, non quella della messa la domenica e dell’attività in parrocchia, ma piuttosto del contatto diretto con quel Dio che i nostri Cari, ora, come dice S.Paolo, vedono “faccia a faccia”. Abbiamo, attraverso gli anni, acquistato anche l’umiltà nel sentirci derisi e non compresi, quasi fossimo reietti, lebbrosi dai quali guardarci. Ma i Figli stessi ci indicano come comportarci: “… Papà, mamma… abbi coraggio! Fate tutto zitti, zitti…” Quanta tenerezza, quante attenzioni… mi chiedo, a volte, se la nostra sia piuttosto una grande ricompensa che ci è stata data, piuttosto che una perdita. Ma quello che può convincere i più scettici è la testimonianza attraverso i comportamenti, i fatti di tutti i giorni che denotano il nostro atteggiamento di disponibilità, di compassione, di amore generoso verso il prossimo, di partecipazione autentica nel senso di sapere “patire insieme” agli altri.

 

Parlavo della telefonata che mi ha raggiunto qualche sera fa, al termine della quale, dopo che si era parlato di passaggio, di un mondo di completezza in cui potremo raggiungere i nostri figlioli, mi sono sentita dire: “Ma allora… Dio è amore!” Certo, Dio è amore e bastano, a convincerci di questo, alcune parti del primo documento ufficiale del pontificato del grande Papa che ha sostituito degnamente il precedente Giovanni Paolo II°.

“Deus Caritas Est”: Dio è amore. E’ la prima enciclica  di Papa Benedetto XVI a raccogliere le nostre riflessioni e a interessare la nostra fede. Questo documento  contiene infatti un’appassionata presentazione dell’amore, che ci coinvolge e ci fa sentire simili quando affermiamo la difesa spirituale della nostra identità. Anche noi, Mamme del Movimento della Speranza, sentiamo profondamente il nostro essere oggetto di questo amore divino, quando con la stessa passione affermiamo la nostra comunione e la nostra comunicazione con i nostri Figli per l’amore che Dio ci ha dato come dono in seguito al nostro grido disperato di aiuto.

Nell’enciclica assieme alla valorizzazione della preghiera, vi sono alcune righe di grande fascino sulla situazione di noi credenti nel mondo odierno: «I cristiani infatti continuano a credere, malgrado tutte le incomprensioni e confusioni del mondo circostante, nella “bontà di Dio” e nel “suo amore per gli uomini”. Essi, pur immersi come gli altri uomini nella drammatica complessità delle vicende della storia, rimangono saldi nella certezza che Dio è Padre e ci ama, anche se il suo silenzio rimane incomprensibile per noi».

Ancora una volta si parla di “silenzio di Dio” da cui nascono tutti i nostri perché: “ Perché Signore, perché la morte, perché è toccato proprio a me…?” Ma Dio, contrariamente a quanto si dice non è silenzioso, Dio parla alla nostra mente e al nostro cuore anche se noi, persi nella nostra disperazione, lo rifiutiamo e non ascoltiamo il Suo richiamo. Abbiamo più volte parlato di segni dei tempi e di carismi, dati a gente semplice ed umile che non aveva chiesto nulla; ed è Dio stesso a cercare queste povere creature e a dare Loro risposta a tanti essenziali interrogativi.

Il nostro cammino deve essere perciò, conoscere, condividere e partecipare: ce lo chiedono i nostri Figli che da una realtà d’amore ci danno segnali di grande speranza che diviene meravigliosa certezza. Era la sera dell’ultimo anniversario della dipartita di Andrea ed io, ormai molto stanca, ritornavo a tarda sera alla mia abitazione. Poche le macchine per strada e tutto buio intorno. Pregavo sottovoce: “Figlio mio, oggi non ho avuto il tempo di pensarti, di parlarti, di sentire la tua presenza accanto a me…” Improvvisamente mi sono trovata davanti all’abbazia di Praglia che si stagliava luminosa, con tutte le sue luci, inspiegabilmente accese, contro il colle ove dimora. Un’immagine stupenda e di grande fascino che parla attraverso i secoli della storia e della fede degli uomini… e dalla radio dove fino a qualche tempo prima, trasmettevano un dibattito politico mi hanno raggiunto all’istante le dolci e meste note della canzone di Freddy Mercuri, “I’ll survive! … Io sopravviverò… la stessa che lui ascoltava quella terribile sera del trapasso.

Sì, i nostri Figli sopravvivono e ci aspettano. Ce lo confermano ad ogni istante e ci chiedono impegno, dedizione, partecipazione finché un giorno li raggiungeremo per condividere il meraviglioso loro cammino… e sarà gioia senza fine!

 

 

 

 

 

 

Edda CattaniDio è amore infinito
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Noi e la Chiesa

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La manifestazione dei Figli di Luce 

Prof. Filippo Liverziani

www.convivium-roma.it

Filippo Liverziani filosofo della religione, ha insegnato nella Pontificia Università Gregoriana e nella Pontificia Facoltà Teologica «Marianum». Parapsicologo di frontiera, ha condotto molte centinaia di sperimentazioni di medianità. Ha fondato in Roma il Convivio, centro dì studi e comunità dì ricerca, che promuove Seminari della Speranza in varie città d’Italia.

dal quaderno17

Chi pratica la medianità in maniera non volgare e spicciola, ma spirituale, religiosa, è
persona di sensibilità etica abbastanza viva. Nella mente e nel cuore di questo soggetto
sensibile viene a porsi abbastanza presto il problema se le comunicazioni siano lecite o
meno.
Decenni di studio e vari anni di esperienze dirette, metodiche, portate avanti con tutto
il possibile rigore, mi hanno convinto che noi possiamo veramente comunicare con delle
anime disincarnate.
Questo per quel che riguarda la possibilità materiale. Per quel che, poi, riguarda la
liceità, le repliche ottenute via via dalle entità stesse mi inducono a una risposta un po’
articolata: non si può, invero, concludere che le comunicazioni siano tutte lecite
indiscriminatamente in qualsiasi circostanza, o che siano tutte illecite e sconsigliabili in
blocco.

Ci sono momenti in cui le anime non vanno “disturbate”: soprattutto quando sono

impegnate in un cammino di elevazione spirituale che richiede una totale applicazione e

concentrazione di energie e, a tal fine, anche un certo oblio temporaneo della vita passata

sulla terra. L’anima si deve distaccare dalle antiche passioni, deve lasciar cadere da sé le

scorie dei risentimenti. Giova, allora, in quegli stadi di purificazione, che tanti ricordi

rimangano sospesi: “Avevo nemici. Ma chi erano? E chi se lo ricorda! Ero attaccato a

tante cose. Ma, precisamente, a che?” Questo temporaneo oblio (sottolineo: temporaneo)

rappresenta una tale scorciatoia, costituisce un tale aiuto all’ascesi dell’anima che, se non

fosse così largamente praticato (come risulta alle nostre ricerche medianiche),

bisognerebbe davvero inventarlo!

Ci sono altri momenti in cui un’anima viene a comunicare col pieno “permesso di

Dio”, com’ella stessa lo chiama. La nascita del Movimento della Speranza è legata alle

manifestazioni di quelli che vengono chiamati i “figli di luce” o “ragazzi di luce” o

“giovani di luce”, trattandosi il più spesso di anime trapassate in età assai giovane. Le

loro manifestazioni medianiche rappresentano un fenomeno esteso e profondamente

significativo di questi ultimi quindici anni.

In un altro mio saggio ho chiamato questi ragazzi i “nuovi angeli”. “Angelo” deriva

dal greco ánghelos che vuol dire “messaggero”. I figli di luce vengono ad annunziare ai

genitori, e per tramite loro a tutti gli uomini e donne viventi nella condizione incarnata su

questa terra, che esiste un aldilà, dove la vita continua dopo la morte fisica.

Un tale annuncio è di grande conforto per chi ha perduto, in apparenza almeno,

persone che gli erano carissime, la cui privazione gli ha reso l’esistenza quotidiana vuota

e triste.

In luogo di “consolazione” preferisco dire “conforto”. Poiché non si tratta più di un

mero fatto consolatorio di natura intima, personale e privata. Qui ci sono esperienze reali,

constatabili anche in maniera più oggettiva, e sono esperienze che indubbiamente danno

“forza” alla tesi della sopravvivenza.

I fatti non si limitano a suggerire con forza la sopravvivenza. La manifestazione dei

figli di luce ha per noi un valore ancora più alto: attraverso di essa si fa strada un

messaggio religioso. Questi “nuovi angeli” ci portano divine “parole di vita eterna”. E,

poiché Dio si esprime, più che con parole, con potenza, la manifestazione dei nuovi

angeli è ricca e potente di segni.

Qual è la sostanza di questo messaggio? Esso ci dice che il vero aldilà è Dio stesso:

l’altra dimensione è lo stesso Dio trascendente e creatore, che si incarna nella sua

creazione per redimerla e compierla, per renderla perfetta.

Il divino messaggio, di cui sono potenti latori i nuovi angeli, ci ribadisce che noi,

creature di Dio, non siamo creati a metà e poi abbandonati. È un messaggio che

conferma la prospettiva cristiana: Dio ci ama senza limiti e ci destina alla sopravvivenza,

non solo, ma alla vita eterna.

L’aldilà è la dimensione religiosa per eccellenza, dove ciascuno è destinato a

purificarsi da ogni scoria di male e di imperfezione per non appartenere più a se stesso,

ma a Dio. E Dio, dal canto suo, se è vero che si prende tutto l’uomo, è anche vero che gli

rende tutto al cento per uno.

Una volta che ha purificato l’uomo, Dio lo restituisce ai suoi affetti e a tutto quel che

gli è caro. Gli restituisce le persone care, da cui non ci saranno più separazioni. Gli rende

care tutte le persone, quelle sconosciute come quelle mal conosciute, odiate, o anche solo

fraintese, che un diaframma di imperfezioni umane gli impediva di apprezzare nel valore

infinito che hanno presso Dio e di amarle come Dio le ama.

Tutto questo è reso possibile dal fatto che Dio, creando ogni cosa con infinito amore,

donandosi ad ogni realtà, incarnandosi in ogni realtà, consacra questo stesso mondo.

Le anime dimenticano la terra per un certo periodo, al fine di poter decollare nel cielo

dello spirito. All’ultimo, però, la loro istanza di perfezione vuole che esse siano

reintegrate nella loro umanità piena, in tutta la loro creatività, in tutto quel che hanno

appreso e realizzato.

Dopo la morte fisica le anime sono morte a loro stesse in tutto, anche spiritualmente,

nel distacco da ogni cosa realizzato anche attraverso l’oblio. Ma ora alla morte segue la

resurrezione, cioè la reintegrazione piena di tutti quei fattori che ormai non possono più

rappresentare alcun pericolo per l’attuazione spirituale, ma possono solo completarla.

Resurrezione vuole anche dire che le anime dei defunti verranno, alla fine, a

ricongiungersi agli uomini che ancora vivranno su questa terra. Resurrezione vuol dire la

discesa finale della Gerusalemme celeste, che agli uomini della terra apporterà i frutti di

santità accumulati nel cielo mentre ne assumerà i progressi, le conquiste, le attuazioni

della civiltà, delle scienze, delle arti, dell’umanesimo, perché tutte concorrano a

completare il regno di Dio.

Alla fine ci incontreremo di nuovo tutti. Corre, al presente, il tempo di grazia della

riscoperta dell’altra dimensione. È il tempo, questo, in cui lo stesso aldilà invita e motiva

tanti di noi a portare avanti una serie di comunicazioni medianiche. È una necessità di

studio. Ed è, prima ancora, la necessità di prendere coscienza che “esiste l’aldilà”, come

suona il titolo di un libro di testimonianza: volume che ha ottenuto singolare fortuna, e

non a caso.

In una tale prospettiva non c’è alcun dubbio sulla liceità di un certo tipo di

comunicazioni medianiche, purché attuate in un ceno spirito, con una metodologia

corretta e, s’intende, nella giusta misura.

Tanti uomini chiusi in un’angusta visione materialistica scopriranno che, nei fenomeni

paranormali, la stessa materia obbedisce allo spirito. Scopriranno la realtà dello spirito, la

sua sussistenza autonoma. Il formarsi, nella loro mente, di una concezione diversa del

mondo dei fenomeni potrà agevolare a tanti la scoperta di quel che ci può essere oltre.

I credenti trarranno conferma della loro visione spiritualistica. Gli stessi cristiani sì

sentiranno confermati nella loro fede. Scopriranno che, sostanzialmente, il vero aldilà è

quello che il loro credo già adombrava.

Noi cristiani ci troviamo in una posizione molto favorita. La nostra fede ci predispone

a comprendere le nuove esperienze nel modo giusto; e le esperienze medianiche ottenute

valide vengono recepite.

La spinta a questo cambiamento di posizione è venuta dal basso: da quell’opinione

pubblica dove trova la sua espressione anche il sentimento della gran massa dei laici

della Chiesa cattolica.

E la prima iniziativa da chi mai è venuta, se non dai pochi? Se l’ispirazione che

muoveva quei pochi era buona, certamente veniva da Dio. E ben pochi sono stati anche i

pastori di anime che hanno riconosciuto l’ispirazione divina di quei nuovi germi di futuro

che andavano maturando, di quelle idee nuove che andavano prendendo forma, di quei

nuovi movimenti storici che stentavano i loro primi passi.

Sono convinto che, analogamente, noi della Speranza siamo dei pionieri, degli anticipatori.

Lo siamo quali membri del genere umano e parimenti lo siamo quali membri della

Chiesa. Dobbiamo accettare la nostra solitudine, facendo leva solo sul conforto che ci

viene da Dio e dai suoi angeli, oltre che dalla solidarietà che ci lega l’uno all’altro. Ci

dobbiamo assumere Le nostre responsabilità di laici anche di fronte al clero.

Dobbiamo ricordare, a questo punto, che, in virtù del battesimo, tutti i cristiani sono

sacerdoti. Quello dei diaconi, dei preti, dei vescovi è solo un sacerdozio in un senso più

stretto e pieno. Un sacerdozio “ministeriale” specializzato è, certo, assai funzionale alla

vita della Chiesa. Questa, nel suo insieme, ha certamente bisogno di uomini investiti

della missione di guidarla, di insegnarne la dottrina, di amministrarne i sacramenti.

Questi sacerdoti per eccellenza costituiscono un punto di riferimento particolare, che

però non è mal esclusivo, poiché, ripeto, la Chiesa stessa ci insegna che sacerdoti siamo

tutti in quanto cristiani.

Come laico investito del sacerdozio universale dei cristiani, ciascuno di noi è abilitato

a rappresentare la Chiesa e ad agire nel nome di essa. Così, almeno in qualche misura, è

abilitato a surrogare il sacerdote in senso stretto ove questi sia assente o mal funzionante.

In varie circostanze i laici hanno non solo battezzato, ma raccolto le confessioni

(soprattutto dei morenti in battaglia). Oggi di frequente distribuiscono l’ostia consacrata

agli altri fedeli, dove il sacerdote non arrivi.

Tutti sanno, poi, che nel matrimonio i ministri del sacramento sono gli sposi, non il

prete. Pur sempre in nome della comunità ecclesiale, il sacerdote si limita a prendere atto

che il sacramento, nella sua parte ufficiale e pubblica, ha avuto luogo.

I laici sono molto importanti nella Chiesa. Láos vuol dire, in greco, “popolo”. Ora, la

Rivelazione è verità donata da Dio al suo popolo. È il popolo stesso che ha recepito e

maturato quell’ispirazione divina, non il clero come casta a sé. Kléros, in greco, significa

“la parte”. Il popolo, láos, include il clero nel suo seno, e il clero recepisce e matura le

divine ispirazioni in una col popolo. I vescovi passeranno, poi, a definire meglio, a

meglio interpretare quel che Dio ha rivelato a tutti. Vescovi e preti non rappresentano

affatto una élite aristocratica, né sono per nulla il canale privilegiato di una verità

esoterica data ai pochi e trasmessa segretamente tra quei pochi a loro uso e consumo.

Con ogni reverenza e con tutto l’apprezzamento possibile per il clero e per la sua

missione altissima, bisogna che i laici prendano coscienza del fatto che ciascuno di essi

partecipa al sacerdozio, alla profezia e alla regalità del Cristo. I laici non sono dei preti

mancati, né dei cristiani dimezzati.

Di fatto, questa moltitudine di sacerdoti, profeti e re è stata posta e mantenuta sotto

una tutela eccessiva. Il clero non gli ha accordato mai tutta questa grande fiducia. Di

fatto, e proprio agli effetti pratici, il clero non ha mai considerato il laicato alla luce della

sua piena dignità teologica.

Noi confidiamo che l’autorità legittima della nostra Chiesa vorrà alfine riconoscere la

positività, almeno sostanziale, delle nostre ricerche e del nostro atteggiamento di fronte

all’altra dimensione. Ma intanto bisogna che noi ci assumiamo tutte le responsabilità che

ci competono.

L’autorità della Chiesa non ci smentisce, assume un atteggiamento di prudente

riserva. Dobbiamo riconoscere che è molto saggio fare così quando le idee non si sono

ancora ben chiarite, quando i frutti sono ancora in fase di maturazione e un giudizio

prematuro potrebbe dimostrarsi avventato.

Intanto, però, sta di fatto che noi siamo lasciati senza un numero adeguato di sacerdoti.

In tali circostanze il laico deve ricordare di essere anch’egli sacerdote della Chiesa

in qualche modo e deve sapere assumere questo ruolo per se stesso e per gli altri.

Riconoscere a se medesimo un ruolo sacerdotale significa pure, nei giusti limiti,

decidere da sé, proprio come membro attivo della Chiesa, come soggetto che può parlare

e agire in nome della Chiesa stessa.

Tra i sacramenti c’è quello della “riconciliazione”, o “penitenza”, come viene

chiamato più tradizionalmente. Ha conosciuto le forme più varie attraverso i secoli.

Sono da confessare i peccati: ma, poi, i peccati quali sono? La scelta che noi, in piena

coscienza, abbiamo compiuto e manteniamo ci impedisce di considerare in modo

negativo le comunicazioni medianiche, in quanto tali. Parlo del fatto in sé, come pura

ricerca, motivata che sia da ragioni esistenziali o anche scientifiche; non parlo delle

imprudenze, non degli abusi, che ci possono essere e vanno evitati.

Da sempre la Chiesa si attribuisce la competenza di determinare il lecito e l’illecito.

Lo fa attraverso i suoi pastori di anime. Questi, però, non sono in grado di anticipare le

decisioni che i loro successori assumeranno in futuro, sulla base di valutazioni che

possono cambiare col tempo e dar luogo a valutazioni meglio approfondite e perciò

diverse.

Ecco, allora, che tanti fedeli dovranno chiedersi, con tutta umiltà, se certe innovazioni

non anticipino cose che la gerarchia oggi contesta ma domani approverà pienamente.

Dovranno, ancora, chiedersi se non spetti a loro stessi decidere quelle innovazioni in

piena autonomia. È quel che, appunto, farebbero proprio in quanto membri della Chiesa,

investiti in qualche modo anch’essi di una funzione sacerdotale, oltre che profetica.

La presenza attiva dei sacerdoti nella Chiesa è e rimane elemento di importanza

fondamentale. San Francesco d’Assisi, che non era un prete, e che molti vedono in una

falsa luce di religioso del tutto libero da condizionamenti clericali, inizia il proprio

testamento con queste parole: “Il Signore diede a me, frate Francesco, la grazia di

cominciare a fare penitenza… E il Signore mi diede tale fede nelle chiese sue… E poi il

Signore mi diede, e mi dà ancora, tanta fede nei sacerdoti, che vivono secondo le norme

della santa Chiesa romana secondo il loro Ordine, che, anche se mi dovessero

perseguitare, io vorrei ricorrere a loro. E se avessi tanta saggezza quanta ne aveva

Salomone e trovassi sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle chiese in cui essi

dimorano non vorrei predicare contro la loro volontà. E questi e gli altri tutti voglio

temere, amare e onorare come miei padroni; e non voglio in loro considerare il peccato,

perché vedo il Figlio di Dio in loro, e sono miei padroni. Faccio così, perché nulla vedo

con gli occhi del corpo in questo mondo dell’altissimo Figlio di Dio, se non il santissimo

corpo e sangue suo, che fanno scendere dall’altare e amministrano soli agli altri”.

È il momento di concludere questo discorso, che mi sono permesso di rivolgere ai

miei correligionari, con ogni considerazione anche per gli altri e in modo particolare per i

cristiani di confessione diversa. Dirò allora: noi non siamo protestanti, ma cattolici; e, in

quanto cattolici, abbiamo un vivo senso dell’importanza fondamentale del clero per

l’esistenza stessa di questa Chiesa visibile e militante sulla terra.

Noi amiamo i nostri sacerdoti, abbiamo un grande bisogno di loro e ce li teniamo ben

stretti. Ne abbiamo alcuni, che ci sono vicini con affetto e carità, non solo, ma con vera

comprensione. E vorremmo averne molti di più.

Ma anche ci rendiamo conto che ci troviamo a operare in un campo assai delicato, da

autentici pionieri. Ci assumiamo, pertanto, le nostre responsabilità autonome, anche

proprio di membri della Chiesa.

Così noi crediamo che, se siamo nel giusto, Dio è con noi e la stessa Chiesa di Dio

finirà per accordarci il riconoscimento più aperto e pieno. Ci affidiamo intanto al

Signore, che misteriosamente guida gli eventi umani per il meglio, fino alla piena

attuazione del bene assoluto e totale.

(continua)

 

 


Edda CattaniNoi e la Chiesa
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Al di là dei sogni

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“… ma io lo sogno…”

Possiamo comunicare con i nostri Cari, attraverso il sogno?

 

Franco era un bel bambino, con due grandi occhi bruni, sorridente e sereno. I miei zii l’avevano accolto con tanto amore e su di lui avevano fatto mille progetti. Poi, un giorno terribile, subentrò una circostanza nella felice famigliola e nella vita di Franco che fu inibito nelle principali funzionalità. I genitori, pur nella sventura, ebbero cura di seguire il loro figliolo e, grazie a questo amore, egli poté condurre una esistenza al limite della normalità. Ma, com’era prevedibile, non ebbe la durata di una vita media ed un giorno Franco se ne andò; andò via in silenzio com’era vissuto, ormai distrutto nel corpo, quasi cieco, povera creatura martoriata da mille dolori. La madre, quella santa donna di mia zia, gli stette vicino, determinata fino all’ultimo, per raccoglierne gli ultimi istanti finché lo vide sorridere verso la porta… i nonni defunti erano venuti a ricevere il loro nipotino.

         Franco mancò quasi contemporaneamente al mio Andrea e, con la zia, abbiamo sovente scambiato lacrime ed espressioni. Lei ascoltava quanto le dicevo e leggeva, attraverso “l’Aurora”, quanto raccontavo e commossa mi chiedeva: “… ma tu gli parli? E cosa ti dice? Sta bene? E’ felice?”. Sono queste le domande di sempre che tutti i genitori “orfani” rivolgono; ma alle mie risposte lei replicava: “Io non lo sento, ma lo sogno sempre!”. Sono convinta e credo a questo, come sono certa che Franco abbia trovato una via privilegiata per contattare la sua mamma che l’ha accudito ed amato con disperata fermezza. Mi chiedo allora cosa ci possa essere al di là di questo fenomeno così enigmatico che gli studiosi del settore definiscono “sogno veridico” asserendo che, fra tutte le vie primarie di possibile contatto con coloro che ci hanno lasciato, la via più naturale passa attraverso il sogno.

        

         Ricordo di avere letto, qualche tempo fa, che nell’ora della giornata in cui le tensioni si attenuano e giungiamo al riposo, la coscienza riesce a percepire le vere immagini o messaggi che giungono dall’altra dimensione. E’ come se, fra noi e loro, ci fosse una rete di maglie; queste si allentano proprio nel momento del contatto per farci percepire quanto i nostri Cari vogliono dirci. Ovviamente stiamo parlando sempre di “sogni veridici” o meglio paranormali  cioè corrispondenti a fatti reali. E’ in questo campo che si verificano le premonizioni, sia nel bene che nel male, che anticipano il futuro e che possono essere attribuibili a facoltà di colui che sogna, ma anche a presumibili entità spirituali.

         Si tratta, pertanto, di circostanze straordinarie ed enigmatiche perché trascendono la nostra realtà corporea e psichica proponendoci una situazione impalpabile e labile, sfuggente e da ripercorrere a ritroso con opportune riflessioni e agganci. Il sogno si presenta denso di significato che acquista per noi una valenza determinante per farci considerare che qualcosa o qualcuno ci ha raggiunto e ci presenta prove certe della sua esistenza.

         Spesso alcuni affermano di non sognare e di non avere esperienze in tal senso ma in verità questo non è possibile, perché lo stato di sonno, con le cosiddette fasi di REM e NON-REM, appartiene a tutti; in caso contrario piomberemmo nel patologico. Quando mancò Andrea, ci trovammo sommersi da un’infinità di segni a cui non sapevamo dare spiegazione: io non connettevo e vivevo in una condizione di astenia totale finchè dopo qualche giorno, mio marito che afferma di non sognare si svegliò all’improvviso per raccontarmi quanto gli era successo. Mi disse di avere visto Andrea con una grossa borsa da viaggio, in partenza per una stazione indefinibile; il ragazzo non si decideva a salire sul treno, ma Mentore, pure in un grande stato di angoscia, lo prese per mano e lo condusse verso la carrozza. Mi disse di aver visto il treno che si allontanava pian piano e di averlo seguito a lungo, con lo sguardo; egli era certo che Andrea, dopo i tanti tentativi fatti, intorno a noi, per darci prova della sua esistenza, dovesse a quel punto allontanarsi e che abbia voluto farsi accompagnare dal suo papà, nel suo estremo viaggio, per essere da lui rassicurato, come aveva fatto nelle fasi più importanti della sua esistenza sulla terra.

         Qualche giorno dopo vennero gli amici di Andrea a casa nostra e si fermarono nella sua stanza, come sempre, per sentire un po’ di musica; io e Mentore ci eravamo appartati in malinconica riflessione sui tempi andati e sulla nostra famiglia ormai distrutta. All’improvviso fummo raggiunti da un suono forte e dolce ad un tempo che Mentore definì di “una tromba d’argento” che persisteva, con tono uguale senza volere cessare. I vicini di casa uscirono per vedere se qualche auto non avesse l’allarme innescato, ma fuori non vi erano macchine in questa condizione. I ragazzi con molta semplicità si affacciarono alla finestra dicendo: “questo zé Andrea che fa casìn” , mentre una vecchierella nella casa accanto confessava allarmata: “Madona, ghe zé i spiriti!”. Noi ci trovammo inebetiti a sorridere, comprendendo il messaggio finché Mentore disse: “Ora basta Andrea, abbiamo capito che sei tu!”. A quel punto il suono cessò. Qualche notte dopo sognai Andrea che ben distintamente mi disse: “Sono io mamma, quell’angelo che suona la tromba.”

        

La mia amica Cettina

              Ora vorrei raccontare un sogno accaduto ad altri, ma che mi ha coinvolto direttamente. Nei primi congressi a cui ho partecipato ho conosciuto una cara persona, la mamma di Giovanni, che mi è diventata amica al punto che Andrea definisce Giovanni “mio fratello”. E’ stata lei stessa, che ritroverò a Cattolica proveniente da Taormina, a raccontarmi quanto segue:

“Ho conosciuto, andando in cimitero, la mamma e la zia di Danilo, un ragazzo mancato dopo i nostri figli. Un giorno la zia mi disse di avere sognato di trovarsi in cimitero e di avere visto accanto a sé un bel giovane che le sorrideva e che le aveva detto ‘Sono Andrea, il fratello di Giovanni!’. Io le feci presente che a Taormina non c’era il fratello di Giovanni, che si chiama con un altro nome ed abita a Torino. Ci incamminammo verso casa e giunti lì, la zia di Danilo entrò e le feci vedere l’altarino dove tengo le foto del mio Giovanni e, accanto a lui, c’é quella di Andrea che tu mi desti al nostro primo incontro. A quel punto la zia trasalì e mi disse: “…ma questo è il giovane che ho visto in cimitero!” E’ chiaro che Andrea ha voluto dire anche ad altri, attraverso un sogno, che lui e Giovanni sono vicini come fratelli.”

            Tanti sono gli episodi che potrei raccontare, di cui tanti di noi sono in possesso, ma ci sarà modo di approfondire l’interessante tematica del sogno paranormale in un incontro congressuale futuro. Non vi è dubbio, però, che fra le varie “tecniche” che abbiamo a disposizione per riprendere i contatti con i nostri Cari, in un dialogo che supera la morte fisica, vi sia anche una via naturale, spontanea quale quella del sogno.

         Anche le scritture bibliche parlano, più volte, di sogni attraverso i quali Dio ha dato conto della sua presenza e dei suoi disegni: pensiamo a Giacobbe che proprio in sogno ebbe la visione della scala che poggiava sulla terra e la cima giungeva fino al cielo, mentre angeli andavano e venivano attraverso essa (Genesi 28,12). I padri della Chiesa interpretarono questo sogno come un’anticipazione dell’incarnazione del Verbo che avrebbe mediato fra cielo e terra. Gesù poi  confermò il sogno del Patriarca: “vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo” (Giovanni 1,51). Altri hanno voluto interpretare l’immagine della Provvidenza di Dio attraverso gli angeli.

 

Dalle nostre amiche di FB 

Questa è Vanessa

 Io sono Loredana Valente.. nonché la zia dell’angelo di Vanessa Di Roma.. Figlia di mia sorella Anna Maria Valente…Vanessa era una figlia per me…!! La sogno spesso..ma questa notte è successo una cosa bellissima..!! Io tutte le notti.. o per insonnia o non so che sia.. mi sveglio e vedo l’orario dalla radiosveglia..!! Potevano essere circa le ore 4.. e.. vedo sui numeri della radiosveglia un e.. poi altri tre numeri… poco dopo .. mi sveglio e vedo 2 e altre numeri(dei minuti).. poco dopo mi sveglio e vedo 3 … ed un numero (dei minuti).. alla fine mi sveglio e vedo la mia radiosveglia con i 4 … Che cosa bellissima..!!! Peccato che non ho fatto le foto… non ho pensato a farle..!! Pensavo fosse una vista mia ottica???? Cosa vuol dire?? Il mio angelo era con me?? E’ stato bellissimo…!!!

Edda CattaniAl di là dei sogni
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