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Una “fede affamata”

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 Una “fede affamata”

 

 

Dall’arrivo di Papa Francesco sembra che la chiesa e quindi la comunità dei fedeli abbiano dato una svolta alla storia. E' "l'effetto Papa Francesco", analizzato in una ricerca del CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni), con un campione distribuito fra le comunità ecclesiastiche che ha affermato di avere riscontrato un aumento delle persone che si riavvicinano al culto o si confessano, aggiungendo che costoro citano esplicitamente gli appelli di Papa Francesco come ragione del loro riavvicinamento agli ambienti religiosi.

 

Il richiamo infatti alla tenerezza, al perdono del Padre, al non lasciarci rubare la speranza avvicinano l’uomo alla pratica osservante, intesa anche come voler amare Dio non solo perché ce l’hanno insegnato: e questo va bene. Quasi sempre nondimeno quando iniziamo a pregare, dalla condivisione, pian piano scopriamo il vangelo (la buona novella): allora iniziamo a pregare e amare Dio non solo per senso del dovere (o di colpa) ma perché ci sentiamo, ci riconosciamo amati e la risposta di amarlo ci nasce dal cuore.

 

Credo però sia necessario fare un richiamo: occhio che dico “riconoscersi” amati più che “sentirsi” amati. La fede non è solo emozioni, né solo ragionamenti ma un credere libero. Serve poco una pratica religiosa mossa solo dall’ansia di essere perfetti, di scalare la montagna di Dio dicendo uno o più formule … non posso pensare che dire dieci rosari voglia portarmi ad essere amato da Dio; meglio fare un bel respiro e riconoscere che già Lui mi sta amando.

 

 

 

Una preghiera più bella e utile è piuttosto quella che sale dal cuore come una risposta al Suo amore. Allora rispondo anche con la pratica religiosa. Sintesi: sì alla pratica religiosa, ma come risposta al Suo amore, non solo come sforzo o fatto emotivo. Le relazioni di dipendenza emotiva possono apparire innocue o addirittura sane in un primo momento, ma possono condurre alla distruzione e a vincoli più grandi di quanto la maggior parte delle persone possa immaginare … e questo può accadere anche nell’atteggiamento del credere o del pregare.

 

Appartiene alla mia storia l’orazione in cappella, il mio atteggiamento estatico, il desiderio di sentirmi come Santa Teresa o San Giovanni della Croce … un aspetto tremendamente consequenziale nell’abbandono: la disgregazione di se stessi, del proprio involucro umano per esplodere nella Luce della Gloria.. ma quanto poteva esserci di mio in quei momenti … quanto c’era di Dio?

 

Sono appena tornata da un convegno dove si sono trattate, sotto vari aspetti, tutte le scienze umane ed ho approfondito, ancora una volta come sia pericoloso il rapporto di “dipendenza” non solo da altri, o da Dio, ma da me stessa.

 

 

 

 

 Sono io che spesso posso travisare la pratica più innocua ed associarla ad una buona implorazione … serve poco se questa è mossa solo dal volere a tutti i costi raggiungere la perfezione dei santi di Dio formulando devozioni, tempi di preghiera estatica per cercare di essere amato da Dio. Dio chiede e vuole ben altro da noi … Non c’è un "tempo da dedicare a Dio" … in quanto Dio è nel mio tempo, in tutto il mio tempo.

 

Anche la formula della preghiera può rappresentare un ostacolo alla fede … Il chiamare Dio “padre” non indica arrivare a Lui con atteggiamento di sdolcinata mollezza e anche il definirlo un “papà” non vuol dire accovacciarmi ai suoi piedi perché poi tutto mi sia concesso. Il Padre è anche Colui che viene proposto nelle scritture come “Dio degli eserciti” e la Sua forza è pari alla Sua amabilità.

L’essenziale non è la fede che sviluppa una condizione di beatitudine.

Il mio Dio mi sprona, non mi fa rimanere inerte e abbandonato, ma mi fa drizzar la schiena, mi fa andare avanti, nonostante tutto, dà soluzione alla mia “fede affamata”. 

 

 

 

 

 

La pagina del Vangelo di oggi sembra manifestare tutto questo.

 

Vediamone qualche spunto insieme:

 

 “Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà.”

 

Gesù 'il giorno prima' ha operato il miracolo della moltiplicazione dei pani mosso a compassione dalla numerosa folla che da tanti giorni lo seguiva… Egli ha voluto, infatti, operare questo miracolo non per saziare le folle ma per condurle pian piano a sentire 'fame' di Lui, Vero Pane: d'ora in poi, il Vangelo di Giovanni ci rivelerà progressivamente Gesù Pane di Vita, Gesù Pane per la Vita.

 

«… voi mi cercate non perché avete visto dei segni ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati …»

 

Quante volte, quanti di noi, soprattutto fra coloro che sono reduci come me da gravi lutti, noi del Movimento della Speranza, abbiamo chiesto segni da quello che viene definito “aldilà”… senza rispondere del nostro “al di qua” che è sempre Vita, è tutta Vita! Se credo non ho bisogno di chiedere ai miei Cari di essermi di aiuto … come una miriade di Spiriti e pensieri che ci seguono.

Stiamo tutti compiendo un percorso, noi e loro … Dio è Eterno Movimento e non ama l’apatia!

 

 

 

Ritorniamo al Vangelo:

Gesù non è salito con i discepoli sulla barca e la gente lo segue e lo cerca probabilmente alcuni per bisogno, altri per curiosità, altri per conoscerlo… Ma Gesù che, da una parte, è sempre attento e disponibile a tutti gli uomini e, dall'altra, non accetta il compromesso di una fede 'di bisogno' e 'del momento' o come spesso si dice ai nostri giorni "di quando mi sento…o non mi sento"…

 

La fede non è STATO D'ANIMO ma è ADESIONE-AMORE alla persona di Gesù e non è saltuaria, 'ogni tanto' ma per sempre, perché 'tocca' la vita!

 

Sono tornata da Bellaria pensando concretamente che Gesù mi stia dicendo che bisogna cambiare atteggiamento interiore: non bisogna cercarlo solo per ‘pane’ materiale che ci ha momentaneamente saziati, per gli affetti avuti, per i problemi risolti, ma bisogna cercarlo come 'il Pane della Vita' che ci sfama e nutre per sempre; non possiamo vivere del solo pane materiale che nutre il nostro corpo ma dobbiamo vivere di Lui che "si fa Pane di Vita" per nutrire il nostro spirito, per nutrirci totalmente; non bisogna cercarlo solo 'nel bisogno' e per 'ricevere grazie' ma bisogna cercarlo sempre col desiderio prima di tutto di incontrare Lui.

 

IL MESSAGGIO DEL VANGELO È CHIARO: problema è la SAZIETÀ:

– se ci saziamo delle cose che passano, delle persone che ci abbandonano, delle belle cose che ci accompagnano e che ci lasciano … è una fede superficiale che ci lascerà sempre affamati, insoddisfatti, vuoti …

– se ci saziamo di Lui, la nostra vita sarà totalmente 'sfamata'

 

Non solo: più ci saziamo di Lui e più la nostra fame di Lui cresce.

 

E la tenerezza non sarà solo la forma del perdono, come bisogno, ma dono.

 

Dobbiamo cercare Gesù senza stancarci e con una 'FEDE AFFAMATA'

 

 

 

 

 

 

 

 

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