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Una barca in tempesta

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Siamo barche in tempesta!

.. c’è un mistero, buon Dio, nella banalità che ci rende furiosi e strappa cuori pieni di stanchezza e vuoti di passione .. un mistero che Tu, però, spingi in un angolo sacro che per noi è un abisso, ma per Te è ascensione .. allora sentiamo salire un dolore lento, forte, e una lenta nostalgia di lotta che diventa rabbia .. mentre Tu ancora a dirci di prendere il largo e che di noi non sei mai stanco ..(B.F.)

 

 

 

Tempi duri per tutti anche se siamo in clima festaiolo. I commenti sono i medesimi: spesa troppo cara, gente senza lavoro, figli disoccupati, famiglie allo sfascio…  Per chi, come me, ha vissuto il dopoguerra sembrerebbe un richiamo alla congiuntura del passato… ma non è così: si viveva in ristrettezze ma c’era la speranza. Ora questa sembra essersi dissolta e più che mai ci si ritrova poveri fra i poveri in un mare in tempesta… Il Vangelo di questa domenica è un richiamo a tirare i remi in barca e a ricominciare da capo:

 

Il Commento del Vescovo emerito Mons. A.Riboldi:

“In quel tempo, mentre Gesù, levato in piedi, stava presso il lago di Genezareth e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì su una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: ‘Prendi il largo, e calate le reti per la pesca’.

Simone rispose: ‘Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla, ma sulla tua parola getterò le reti’. E avendolo fatto presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: ‘Signore, allontanati da me che sono un peccatore’. Grande infatti era lo stupore che aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo, Giovanni, figli di Zebedeo che erano soci di Simone. Ma Gesù disse a Simone: ‘Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini’. Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono”. (Lc. 5, 1-11)

Pietro era un pescatore che veniva da una pesca fallimentare. Aveva faticato tutta una notte sul lago di Tiberiade che conosceva palmo per palmo. Era in fondo una sua scelta di vita fare il pescatore. E un buon pescatore non esce mai in mare se non ha la quasi certezza di tornare con le reti piene. Tornare a mani vuote non voleva dire solo confessare una incapacità, ma anche e soprattutto non avere il sufficiente per vivere e fare vivere.

Ma quella notte, davanti al Maestro che aveva scelto di essere spettatore, era stata la notte del fallimento che è così ben espresso da Pietro: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla».

E Gesù vuole dare un segno a Pietro, proprio sul campo della sua competenza. «Prendi il largo e cala le reti». Pietro, dopo la confessione del suo fallimento, obbedisce dicendo: «Sulla tua parola getterò le reti».

Questa è la fiducia di coloro che si affidano, che sanno di non potere nulla in presenza di situazioni allo sbando, nella caduta delle prospettive… e soprattutto nella fame che c’è di solidarietà, di amore, di speranza.

Continua il Vescovo Riboldi:

Per me è stupendo questo atteggiamento di Pietro. Aveva mille e una ragione per essere furibondo contro se stesso, il mare e contro ogni speranza: perché trovarsi con le mani vuote dopo una grande fatica è come avere le gambe rotte. Supera se stesso e con la docilità di un bambino, fidandosi della parola di Uno che in fondo conosceva appena di vista o di fama, ma con il quale non aveva ancora alcuna familiarità, torna in mare avventurandosi al largo dove si misura capacità e coraggio. «E presero una quantità enorme di pesci che le reti si rompevano».

Il risultato perciò non viene dalle nostre capacità, ma dalla fede sulla Sua Parola.

 

Sali sulla mia barca, Signore!

Sali sulla mia barca, Signore!
Tante volte ho avuto l’impressione
che la mia vita
sia come una notte trascorsa
in una pesca fallita.
Allora mi assale la delusione,
mi prende il senso dell’inutilità.
Sali sulla mia barca Signore,
per dirmi da che parte
devo gettare le reti,
per dare fiducia ai miei gesti,
per capire che non devo
lavorare da solo,
per convincermi che il mio lavoro
vale niente senza di Te,
senza la Tua presenza.
Sali sulla mia barca Signore,
per donare calma e serenità.
Prendi Tu il timone:
accetto di essere tuo pescatore.
Insieme pescheremo, Signore,
e giungeremo sicuri
al porto della vita

 

Ma tutto questo riesce strano… quando non difficile… e a tal proposito mi è stato scritto:

Come sei strano Gesù. Già è difficile credere alla Tua venuta, dalla sola testimonianza dei Vangeli. E Tu, cosa fai?! Ti vai a mascherare nelle persone più lacerate, quelle che puzzano; nei malati che ossessionano le nostre ore con la cantilena della propria sofferenza; nel ghigno beffardo di quell’uomo che ha sparato nel viso a una donna.

Come sei strano Gesù. Perché fai questo? Vuoi forse ricomporre ogni cosa? Prenderti in braccio tutti i nostri scarti e dirci che, dal momento della Tua venuta, non si butta via più nulla? Sei qui, perché per seguirti, dobbiamo perdere la nostra reputazione, il nostro buon nome, la nostra pace? E la porta è stretta da attraversare.

Sei anche un tipo “ganzo” Gesù. Perché avvicinarsi a Te, significa essere prossimi alla libertà. Assaporare il nomade soffio dello Spirito. Così ci troviamo scrollati dalle catene che gli altri, e noi stessi, abbiamo stretto intorno agli occhi del nostro stare al mondo.

 

 

 

 

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