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La scrittura automatica

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La scrittura automatica

La scrittura automatica viene comunemente definita come la capacità di chi scrive parole, frasi, messaggi senza che la propria volontà influisca sul braccio. Il soggetto, appoggiando la penna sul foglio attende che la mano si muova e, in stato di veglia o di trance, inizia a scrivere senza avere di solito consapevolezza di ciò che sta scrivendo. Volendo fare una ricostruzione storica dell’argomento bisogna risalire alla seconda metà del secolo scorso, nell’ambiente dello spiritismo e più precisamente ad Allan Kardec, considerato il padre dello spiritismo francese, il quale nel 1861, nelle sue pubblicazioni, ufficializza l’uso della scrittura automatica come il mezzo più semplice e più completo per poter stabilire delle relazioni con gli spiriti. In seguito tale pratica, dopo gli studi sull’inconscio e le varie teorie psicanalitiche che la presentano come forma di dissociazione della personalità, desta minor interesse al mondo parapsicologico; perde cioè quell’alone di mistero che l’aveva circondata precedentementee, non costituendo più un fenomeno paranormale in senso stretto, sembra passare in secondo piano rispetto ad altri fenomeni le cui cause rimangono ancora misteriose.
Tuttavia negli ultimi anni, nel clima della nuova religiosità, si riaccende notevolmente l’attenzione per la scrittura automatica, che si inserisce in una nuova o meglio più ampliata prospettiva rispetto a quella ottocentesca.La nuova religiosità presenta spesso un intreccio di tecniche psicologiche, fusioni di varie spiritualità supportate da presunte spiegazioni scientifiche. Messaggi dall’aldilà, insegnamenti di ogni tipo da entità, affollano intere librerie con notevole successo.
Secondo il pensiero New Age, infatti, chiunque più o meno può, mediante l’uso di tecniche tra le quali si ripresenta più vigorosa che mai la scrittura automatica, diventare canale (channeler) e comunicare con Dio, il Cristo, gli angeli, fate, gnorni, elfi, spiriti della natura, spiriti di defunti, entità multipersonali, extraterrestri, non escluso l’inconscio collettivo.

La questione terminologica
La scrittura automatica si presenta come un fenomeno alquanto complesso che si presta a svariate interpretazioni.
Secondo la spiegazione fornita da Ugo Dettore (1986, p. 875), l’autorevole studioso di parapsicologia, è un “fenomeno considerato tanto dalla psichiatria quanto dalla psicologia e dalla parapsicologia, per il quale un soggetto, in stato di sonnambulismo, di ipnosi, di trance. o anche in stato di veglia, scrive più o meno inconsciamente dando comunicazioni di vario genere. In realtà non sempre si può parlare di vero e proprio automatismo, perché lo scritto molte volte presenta una coerenza e una creatività che presuppongono un’attività pensante , in se consapevole di quello che scrive anche se distaccata dalla coscienza normale. […] Il fenomeno, in sé. potrebbe non essere di carattere paranormale. Gli psicologi lo considerano una manifestazione dell’Io inconscio e se ne valgono spesso per le loro analisi del profondo: come nel sogno, durante la scrittura automatica affiorano motivi rimossi, che il soggetto ha respinto nella zona inconscia per la paura di affrontarli e l’incapacità di affrontarli. Assume però carattere paranormale quando nelle comunicazioni scritte appaiono evidenti manifestazioni di telepatia, chiaroveggenza nello spazio e nel tempo, xenoglassia. personificazione: così come il sogno non è in sé un fenomeno paranormale ma può divenirlo quando appaiono in esso tali manifestazioni”.
La scrittura automatica si presenta dunque come una realtà articolata
da una molteplicità di elementi, quelli psicologici, parapsicologici ecc.,
che interagiscono tra loro diversamente in ogni soggetto.
La diversità delle origini del fenomeno ha spesso indotto gli studiosi a dissertazioni terminologiche.
Secondo il Sudre, per esempio, la definizione scrittura automatica è“alquanto inesatta, se si considera che deriva da una coscienza a volte più ricca e più coerente della coscienza normale. Anche nel senso in cui l’ha usato Janet, distinguendo tra l’attività creatrice dello spirito e l’attività conservatrice, il nome di automatismo è inaccettabile per una attività che, una volta spezzatasi la personalità, è essenzialmente creativa in un campo di coscienza più o meno ristretto. Scrittura inconsciente sarà un’espressione molto più giusta” (Sudre, 1966). Tale espressione, però, non è stata adottata nè in psicologia nè in parapsicologia.
Nel 1934 Gino Trespoli, nel libro Spiritismo moderno, definisce il fenomeno psicografia, cioè scrittura psichica; il termine viene usato oggi anche per indicare il “fenomeno per il quale un sensitivo riesce ad influenzare la materia fotosensibile di una lastra fotografica, riuscendo ad impressionarla con una immagine di una scena pensata” (Conti, 1989).

Nel 1940 Salvatore Occhipinti conia il termine telescrittura (scrittura a distanza), e vuole indicare specificatamente le comunicazioni ottenute, attraverso la tavoletta o il bicchierino capovolto, fatto scorrere su di un piano dove vengono poste le lettere dell’alfabeto. Successivamente questo temine viene usato anche per la scrittura automatica.

I coniugi Verrico, in seguito, adottano il termine psicoscrittura per in la pratica della scrittura automatica, riprendendo a modello le teorie di Sudre.

Spesso nello spiritismo viene usata anche l’espressione scrittura medianica, o scrittura spiritica, con la quale si intende il prodotto di una comunicazione con l’aldilà o un’altra dimensione.
Recentemente la nota sensitiva Laura Casu ha proposto nel suo libro Il Maestro Interiore di chiamare questo fenomeno comunicazione alternativa: “dobbiamo considerare il termine scrittura automatica in parte improprio, perché pur mantenendo le caratteristiche dell’ automatism o psicologico per quanto riguarda il gesto dello scrivere, si differenzia totalmente da altri automatismi per lo svolgersi successivo del fenomeno, che sembra comprendere, appunto, la sfera psichica, come per gli altri automatismi, ma in maniera autonoma e dissociata, inoltre intellettivamente creativa in modo proprio. Volendo ipotizzare un termine più consono direi Comunicazione Alternativa” (Casu, 1995, p. 43).

 

2. Ipotesi di classificazione

Nonostante la vastità e la complessità ditale argomento’ è possibile avanzare delle ipotesi di classificazione in base ai modi scriventi, alla messaggistica (messaggi provenienti da defunti, spiriti guida, energie di luce o messaggi di tipo letterario, filosofico) e all’ interpretazione stessa del fenomeno. La prima classificazione ad esempio suddivide la scrittura automatica in diretta o indiretta.
Nella scrittura indiretta è il medium che scrive, in genere senza aver consapevolezza di ciò che sta scrivendo; in quella diretta, detta anche pneumatografia, il medium rimane inattivo, in stato di trance o meno, mentre la penna scrive da sola sudi un foglio di carta.

Tra le ipotesi interpretative del fenomeno, tre sono le principali correnti che emergono:

– -interpretazione spiritica;
– interpretazione parapsicologica;
– interpretazione psicologica, psicanalitica.
Secondo l’interpretazione spiritica, innumerevoli sono le prove che dimostrerebbero l’esistenza di una intelligenza completamente indipendente da colui che scrive. Allan Kadec, il caposcuola dello spiritismo europeo, nel Libro dei Medium, tratta in maniera approfondita il problema della scrittura automatica, cercando di fornire una guida a tale fenomeno.

 
CONSIDERAZIONI GRAFOLOGICHE

 

1) Non esiste un modello fisso di scrittura automatica, però,dalle esperienze descritte da alcuni celebri automatismi del secolo scorso, da indagini svolte in campo medico, dalle scritture presentate in questo studio, alcune modalità grafiche sembrano ripetersi costantemente.
2) Nella maggior parte dei casi, la scrittura automatica, presenta un percorso di variazioni grafiche che va dai primi tentativi, o dalle prime parole che si interrano dal tracciato grafico, alla compilazione di messaggi completi. Si può dunque parlare di diversi livelli di scrittura automatica o di vari gradi di automatismo. E’ possibile idealmente dividere la scrittura automatica in tre fasi o livelli: fase iniziale,fase centrale, fase di maturazione.
3) Le scritture in esame non si trovano tutte allo stesso livello

 

Fase iniziale: Nella fase iniziale solitamente vengono tracciati dei segni simili agli scarabocchi del bambino. Spesso si descrivono anche delle forme circolari, a spirale, circonvoluzioni, movimenti ondulatori che si sviluppano per l’intero rigo, tornando a capo in un unico movimento.
Si può presentare anche un tracciato formato da una serie di puntini continui, o di aste che procedono a zig zag in direzione orizzontale. In seguito cominciano a delinearsi le prime lettere, se pure in modo molto deformato: in particolare si evidenziano le aste verticali, come la t, la p, la d e poi anche la I e la g. In questa fase le lettere a, in, e, i, o, u, s, si confondono tra loro, per l’eccessiva dilatazione del gesto e contorsione del tracciato, provocando spesso una lettura delle prime parole più interpretativa che oggettiva.
Il ritmo grafico, in questa fase, non è necessariamente veloce. Si riscontrano anche grafie lente, in cui le prime parole vengono tracciate in modo rigidamente calligrafico con lunghe asteggiate sproporzionate rispetto al corpo centrale della scrittura.
Seconda e terza fase. Tra la seconda e la terza fase si possono collocare le scritture in esame. Infatti il medium ha superato la fase della formazione delle prime parole, per passare alla formulazione di frasi, periodi, messaggi di intere pagine. Le lettere presentano una loro struttura anche se spesso in un contesto grafico confuso.
Nell’ esaminare le principali variazioni grafiche che caratterizzano le scritture automatiche rispetto alle corrispondenti scritture abituali, si terrà conto anche dei fattori esterni e cioè delle modalità strumentali ed esecutive con cui viene eseguito lo scritto.
Di solito nella fase iniziale viene usato un pennarello, o una penna ad inchiostro liquido, o una matita, per facilitare lo scorrimento dello strumento scrittorio sulla carta. In un secondo momento, quando si è “acquisita una certa pratica della scrittura”, alcuni utilizzano indifferentemente anche la penna a sfera.
La penna può essere tenuta in modi diversi: o normalmente tra pollice ed indice appoggiando la mano sul piano di appoggio, o con una presa molto lunga, afferrandola cioè nella parte superiore. Quest’ultima posizione è accompagnata spesso dal gomito sollevato per permettere un movimento più ampio ma nello stesso tempo meno coordinato.
La penna (o meglio il pennarello) in casi più rari è appoggiata sul palmo della mano che è tenuto in posizione verticale rispetto al foglio, e procede durante la scrittura in direzione verticale.
La scrittura automatica può essere vergata da sinistra verso destra, o viceversa, o come accennato dall’alto verso il basso.
Nella scrittura automatica può essere utilizzata, indipendentemente dalla mano abituale, sia la destra che la sinistra e in casi molto rari tutte e due simultaneamente.
Da quanto detto ne consegue che il modo con cui si tiene la penna influisce sulla qualità della grafia. causando variazioni della distribuzione pressoria lungo i singoli tratti grafici e sui livelli di velocità del movimento (Bravo, 1998).

 
Si aggiunge che una presa della penna molto lunga comporta una variazione dell’angolo di incidenza della punta scrivente sulla superficie della carta (Saudek, 1925).
Inoltre la posizione del gomito sollevata causa un assorbimento di energia a livello di spalla. di braccio e di avambraccio che condiziona l’energia liberata.
Esaminando le principali costanti grafiche che emergono dalle scritture automatiche in esame, si evidenzieranno per prime le componenti dinamiche che caratterizzano il movimento formativo della scrittura, quali la velocità, l’energia e l’ampiezza.
In riferimento alle suddette componenti si rilevano le seguenti caratteristiche (cfr. figure, 1, 2 e3): 1) Ritmo grafomotorio estremamente veloce caratterizzato da impulsi incontrollati che alterano vistosamente l’armonia delle proporzioni. 2) Pressione fortemente fluidificata nella distribuzione. 3) Ampiezze grafiche contenenti forme esageratamente ampie e sproporzlonate
In particolare l’energia pressoria essendo attivatrice del movimento scrittorio nelle componenti di ampiezza e velocità subisce poi gli effetti di dette componenti.
 
Nelle scritture automatiche, pertanto, la pressione segue l’eccessiva velocità esecutiva, canalizzandosi senza chiaro scuri, uniformemente, ma non in modo piatto, lungo il tracciato.
Una scrittura non automatica, “normale”, per quanto possa avere elementi di accelerazione, non li avrebbe in modo uniforme, ma solo in alcuni punti. La scrittura infatti presenterebbe una velocità non isocrona, con settoriale accelerazione, con elementi grafici che segnalerebbero anche una sbrigatività intensa, ma che poi ritornerebbe ad una normalità.
Nella scrittura automatica, invece, il ritmo rimane costantemente alterato. L’eccessiva velocità conseguentemente sbilancia le altre componenti dinamiche della scrittura rompendone l’equilibrio armonico. Da ciò la pressione si diluisce lungo il tracciato con forte scorrevolezza.
 

Altre caratteristiche grafiche ricorrenti costantemente nelle grafie automatiche, sono:

l)Occupazione totale dello spazio.

2)Continuità del tracciato grafico tra lettere, tra parole e tra righi, con passaggio rapido dalla fine di un rigo all’inizio dell’altro.

3)Forte dilatazione dei tratti letterali, con presenza di contorsioni, grovigli, fino a punti di confusione tra parole e righe.

4)Punti di stentatezza del tracciato costituiti da scosse (deviazioni repentine a zig zag) ed inceppamenti.

5)Assenza quasi totale del largo tra parole, o indistinto dal largo tra lettere.

6)Andamento ascendente del rigo.

7)Assenza generale di: puntini delle i, tagli delle t, accenti ed interpunzione.

8)Forme letterali simili al modello scolastico o calligrafico. Ad esempio le m e le n tracciate a ghirlanda nella scrittura abituale diventano ad arco nella scrittura automatica.

Il messaggio generalmente ha un senso logico, di mediocre leggibilità Si intende precisare che le suddette caratteristiche grafiche si riscontrano costantemente nella fase che a scopo orientativo abbiamo definito centrale.
Può far seguito, una terza fase, detta di maturazione. Attualmente molti medium, dicono di essere passati, dopo un certo tempo di pratica della scrittura automatica, ad un livello superiore. Il messaggio cioè viene quali percepito interiormente e poi scritto, con la partecipazione della propria volontà. La scrittura, fanno notare, è uguale a quella abituale.
La terza fase, potrebbe essere definita come il passaggio dalla scrittura automatica alla scrittura ispirata, ma aggiungiamo, di derivazione automatica.
Man mano che aumenta la coscienza di ciò che si scrive, inevitabilmente la grafia tende a modificarsi nelle caratteristiche seguenti:
riduzione della velocità esecutiva;
maggiore differenziazione pressoria;
maggiore equilibrio delle ampiezze verticali ed orizzontali;
maggiore spazio tra parole;
maggiore discontinuità del tracciato (attacchi e stacchi);
– maggiore personalizzazione scrittoria;
inserimento di puntini delle i, tagli delle t, accenti, interpunzione;
A volte in una stessa scrittura automatica possono presentarsi caratteristiche grafiche che comprendono più fasi. Ci sono infatti casi di interazione tra i vari livelli non facilmente classificabili, mentre altri casi rimangono inspiegabili.
Uno dei problemi principali che hanno animato il dibattito tra spiritisti e animisti è sicuramente quello dell’identità spiritica, cioè l’identificazione della personalità comunicante con quella che tale personalità afferma di essere.
In merito alla scrittura medianica ci sono casi in cui i messaggi ti riproducono, secondo quanto testimoniano le fonti bibliografiche, esattamente la scrittura della persona evocata, costituendo una pro favore della teoria spiritica.

 

Del seguente caso non si hanno informazioni specifiche. Si sa solo la signora Marchetti di 52 anni, è una nota medium che da molti pratica la scrittura automatica. Molte entità sarebbero in comunicazione con lei, ma in particolare sostiene che, quando riceve i messaggi da parte di padre Pio, la scrittura automatica diventa identica a quella del frate.
Nella scrittura della medium (figura 4) si riscontrano i seguenti segni grafologici:
Intozzata 1° e 2°modo. Calibro medio piccolo. Forte pendenza. Slanciata primo tipo. Aste rette. Prevalente Attaccata. Omogeneità dei parametri grafici.
La scrittura di padre Pio da Pietralcina (figura 5) si caratterizzaper i segni Intozzata 1° e 2°modo, Calibro medio piccolo, Pendente,aste concave a destra e rette, prevalente Attaccata.
La scrittura automatica della signora Marchetti (figura 6) presenta i seguenti segni: Veloce. Calibro piccolo. Forte pendenza. Stiramenti orizzontali dei tratti grafici. Abbassamento delle altezze delle minuscole maggiori. Incompletezza delle forme e precipitosità del gesto.
La scrittura automatica presenta sostanzialmente tutte le caratteristiche grafodinarniche della mano della medium: l’occupazione dello spazio è piuttosto invadente e invasiva come de tano in particolare i segni Pendente in alto grado, Attaccata ugualmente in alto grado, Largo tra lettere e Profusa. Le righe risultano ben distanziate sia nella scrittura spontanea sia in quella automatica, e non danno luogo a incroci o sovrapposizioni di tracciati. Anche il gesto di collegamento tra paragrafi non si sovrappone praticamente mai a lettere o parole già scritte.
l’andamento sul rigo è caratterizzato da discreta tenuta e da una particolare leggera concavità. Corrispondente risulta anche la caratteristica caduta finale di qualche rigo che viene chiamata “a coda di volpe”.

4. Alcune considerazioni peritali sul caso Marchetti

la leggibilità, nonostante la discreta personalizzazione del modello scolastico, è notevole anche se contestuale.
– la cura grafica presenta qualche aspetto di compitezza anche se questa viene attenuata dalla debole spontaneità esecutiva.
– la pressione grafica è caratterizzata da un notevole grado di filiformità e ciò, grafologicamente, unito all’ alto grado di Pendente, costituisce un indice significativo di forte sensibilità e verosimilmente di sensitività.
– l’esecuzione delle singole lettere omologhe, sia dal punto di vista dell’ideazione del movimento che del risultato formale, è pienamente coincidente tanto che è superfluo elencarle singolarmente. Solo a titolo di esempio si fanno notare:
– la lettera “G” con il caratteristico riccio iniziale (cfr. “Gente” nella scrittura spontanea e “Gesù” in quella automatica);
– la lettera “f”’ con il risvolto angoloso alla base e con la frequente formazione di un triangolo nella parte bassa della lettera;
– la lettera “b” eseguita secondo il modello scolastico e collegata con la lettera successiva.
La scrittura di Padre Pio, rispetto alla scrittura automatica della medium, manifesta, tra le altre, le seguenti divergenze:
– il ritmo risulta più contenuto e accurato;
– le aste superiori sono molto sviluppate e creano un certo squilibrio rispetto al Calibro e allo sviluppo della zona inferiore;
– la tenuta del rigo è più lineare e rigida;
– la pressione, pur manifestando momenti e aspetti di filiformità (occorrerebbe esaminare l’originale per poterne stabilire meglio la qualità), presenta elementi di non omogeneità e tratti meno netti (forse però dovuti allo strumento scrittorio utilizzato);
Per quanto riguarda l’esecuzione di singole lettere, si segnalano le differenze relative:
– alle lettere “D” e “S ” più accurate e calligrafiche;
– alla lettera “b” che nella parte finale si richiude su se stessa piuttosto che proiettarsi verso destra;
– alla lettera “f " che segue il modello calligrafico;
– alla lettera “v ” staccata dalla successiva;
L’accentuazione della pendenza e il Calibro medio piccolo rendono simili le tre scritture. Si osserva infatti che tra la grafia di padre Pio e quella abituale della medium esistono già delle siniilarità casuali dovute appunto al Calibro, alla pendenza, alla prevalente Attaccata e allo stiramento dei tratti in linea orizzontale.
Rispetto a quella automatica, pertanto, la grafia abituale della medium è molto più simile a quella di padre Pio. Le similarità presenti riguardano però solo l’aspetto formale delle grafie.
Si rilevano invece differenze grafodinamiche notevoli che evidenziano come le due scritture provengano da due mani diverse.

 

Scritture A grafia della medium B grafia automatica medium C grafia autografa di padre pio

 

5. Conclusioni
Dallo studio delle scritture automatiche in esame, con il metodo grafologico si è cercato di dare un contributo alla comprensione di un fenomeno che, nonostante gli studi e le sperimentazioni condotte in passato rimane ancora, almeno in parte, avvolto nel mistero.
In particolare dallo studio svolto è emerso che non esiste un modello fisso di scrittura automatica, ma che tuttavia alcune caratteristiche grafiche, sembrano ripetersi costantemente, quali l’estrema velocità esecutoria, la pressione fortemente fluidificata nella esecuzione del tracciato, le ampiezze grafiche esageratamente sviluppate, una continuità di tracciato tra lettere, parole e righe.
Tali caratteristiche segnalano un’ alterazione delle componenti grafo-motorie rispetto alla grafia normale. Ne consegue un insegnamento di estrema prudenza che il grafologo deve tenere nell’ affrontare casi di scrittura automatica.
Molto interessanti sono i risvolti di natura peritale nei casi di analisi di grafie eseguite da medium, evocando persone defunte delle quali sono riprodotte le grafie.
Si è riscontrato che in questo ambito il grafologo potrebbe incontrare non poche insidie, come nel caso Marchetti, in cui la scrittura della medium presenta alcune analogie con quella autografa evocata.
Nonostante le evidenti e in alcuni casi suggestive similarità delle scritture esaminate, si è riscontrata tuttavia una diversa natura grafomotoria. Da ciò si deduce che, ai fini identjficatori, non è sufficiente una riproduzione fedele delle forme, se sono diverse le movenze di fondo che strutturano e qualificano una gestualità grafica.
Sotto questo punto di vista, il metodo grafologico, se applicato correttamente può fornire un notevole aiuto per uscire dalle insidie derivanti dall’uso eventuale di scritture medianiche, specialmente quando sono utilizzate all’insaputa del grafologo-perito.

 

Tesi di Carlo Bastarelli ( grafologo consulente diplomato presso la Scuola diretta a fini speciali di studi grafologici dell’Università di Urbino)

 
 
 

 

Edda CattaniLa scrittura automatica
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Medianità e Carismi

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MEDIANITA’ E CARISMI

 

Tempo fa una madre che aveva perso il suo bambino scrisse ad un giornalista, in una rubrica a lui riservata:

"Mi parli della morte. Me ne parli come vuole."

 

 

 

 

 

 

Il giornalista rispose: "Inizi col pensare questo: la morte, al pari di qualsiasi altra cosa, avviene per un perché che ci riguarda e ci trascende. Tragico e straziante della morte é che, quando colpisce, non ne conosciamo il perché. Per il nostro non sapere non esclude che il perché esista. In realtà esiste, ma noi non possiamo vederlo, dato che viviamo nella pianura della nostra condizione umana. Immaginiamo di trovarci in cima ad un monte e di vedere, giù nella valle, snodarsi una linea ferroviaria. Lontano, a sinistra, vediamo un treno che avanza e che, poi, si ferma improvvisamente, perché una frana è caduta sui binari e ha ostruito la linea.  A destra, sempre lontano, c'é una stazione dove la gente aspetta il treno. Nell'attimo in cui il treno si ferma davanti alla frana sappiamo già ciò che i viaggiatori che l'attendono in stazione ignorano e che, rispetto a noi, sapranno dopo un certo tempo. Per quelli giù a valle, la causa e l'effetto sono staccati

nel tempo. Per noi che ci troviamo nelle vette delle visioni superiori abbiamo, subito, in contemporanea, la visione della causa e dell'effetto".

 

 

      

Ecco il nocciolo del problema. Nella nostra condizione umana di persone legate, quotidianamente, a momenti negativi di frustrazione, di deprivazione, di disagio, di malessere, di dolore, di morte difficilmente riusciamo ad avere le visioni delle alte sfere.

 

Ma accade, talvolta, che qualcuno, a noi immensamente caro, dopo averci inaspettatamente lasciato, giunga a noi, dandoci segni di presenza inequivocabili e ci conforti con parole di speranza  e ci inviti ad avere fede. Sono le visioni delle sfere superiori, quelle che sono state date come dono a rari uomini nella storia, che vengono a noi e ci indicano che la morte, ogni morte ha un suo significato e non avviene invano. E' una causa determinante un effetto che non si limita al solo dolore, ma che reca qualcosa di più profondo.

 

Vediamo allora come possiamo considerare il tema della medianità, quella peculiarità di cui sono dotati rari individui. Chi è un medium? E’ un intermediario, è lo strumento attraverso cui qualcosa viene inviato. In termini spirituali, ogni tipo di medianità è in effetti una cooperazione dello spirituale con il sensibile. Nel suo insieme, forma l'armonia del potere verso una comunicazione con lo spirito. I medium sono accompagnati da uno spirito guida, un saggio che comunica pensieri di alto contenuto spirituale.

La seconda metà dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento sono caratterizzati dalla grande Medianità che si esprime attraverso Medium di eccezionali capacità. Verso gli anni Trenta del ventesimo secolo il panorama cambia totalmente e l'attenzione si sposta a quei fenomeni che costituiscono la base moderna della parapsicologia e sono attribuibili esclusivamente all'uomo. Si continuano a studiare i medium, ma viene data la preferenza a fenomeni suscettibili di sperimentazione in laboratorio e di valutazione statistica: nasce la parapsicologia quantitativa. Essa consiste nello studiare sperimentalmente casi molto semplici, ripetuti migliaia di volte in varie condizioni, anche con soggetti dotati di scarsissima sensitività.
Mentre la ricerca proseguiva nei laboratori – dove venivano analizzati soprattutto i fenomeni della Telepatia, della Chiaroveggenza, della Precognizione e della Psicocinesi – i Fenomeni Medianici continuavano a presentarsi.

Negli anni Venti e Trenta l'entità Symbole aveva dettato importanti Comunicazioni alla medium francese Jeanne Laval, mentre in Italia una voce aveva trasmesso al sensitivo Pietro Ubaldi una serie di messaggi in cui venivano trattati i rapporti che intercorrono tra spirito e materia. Fu dal secondo dopoguerra che si ebbe una svolta nella Medianità intellettiva. In Italia negli anni 1945-1946 cominciano a svilupparsi le medianità di due sensitivi eccezionali: Roberto Setti, a Firenze, e Corrado Piancastelli, a Napoli. Attraverso essi si è avuta una ricchissima produzione di Comunicazioni Medianiche ad alto livello intellettivo. Il gruppo formatosi attorno a Roberto Setti, denominatosi Cerchio Firenze 77, ha raccolto e pubblicato in volumi la ricca produzione di messaggi ottenuti in quarant'anni di medianità, mentre quello riunito attorno a Corrado Piancastelli, facente capo al Centro Italiano di Parapsicologia (CIP) raccoglie e pubblica le comunicazioni nella rivista bimestrale CDA (Comunicazioni dell'Entità A).

La medianità è appunto la facoltà specifica dei medium, ovvero di quei sensitivi che fungono da mezzi, da tramite tra il mondo della realtà più visibile e banale e la realtà più profonda, misteriosa e nascosta. Come dicevo i medium sembrano intervenire direttamente con la personalità dei defunti, con l'anima del nostro passato, con la storia e le vicende della nostra umanità. Tutto questo è per essi abbastanza normale e la loro capacità viene naturalmente crescendo man mano che leggono, interpretano e divulgano i pensieri dell'umanità, soprattutto passata e defunta, attaverso i loro scritti ed il loro linguaggio.

Spiritismo e Medianità sono due termini evocativi di quel particolare campo di osservazioni che si occupano, oggi anche in veste scientifica, della possibilità che il mondo dei defunti possa in qualche modo interagire con il nostro, instaurando una sorta di dialogo.

La Medianità per incorporazione in particolare, è invece quella particolare facoltà dei medium che consente il loro contatto, a volta anche fisico, con i defunti, insomma la facoltà di assolvere alla funzione di tramite tra i due mondi.

Nell'ultimo decennio del 1800, inoltre, l'applicazione dell'Ipnotismo nella cura degli isterici portò, grazie agli studi di Sigmund Freud e di Josef Breuer, alla nascita di una nuova scienza, la Psicoanalisi. Questa ben presto, oltre ad una valenza terapeutica si sviluppò come tecnica di interpretazione dei contenuti della psiche. Man mano essa si allargò a una concezione generale della realtà e dei rapporti tra psiche e corpo. Contemporaneamente, però, aumentarono le difficoltà teoriche e pratiche, e anche le divergenze tra i seguaci della stessa dottrina psicoanalitica. Si arrivò, così, alla separazione tra Carl Gustav Jung e il suo maestro Sigmund Freud, considerato il padre della Psicologia del profondo. Nel tempo la Psicoanalisi ha portato alla nascita di diverse ramificazioni rispetto alla teoria originale, costituendo però, una base per lo studio dell'interiorità dell'uomo.



Il termine Ricerca Psichica è la traduzione dell'espressione inglese Psychical Research adottata ufficialmente nel 1882 dai ricercatori inglesi della S.P.R. per indicare lo studio dei Fenomeni Paranormali. ma non era, però, l'unico a definire tale studio. Nel 1905 Richet indicò lo studio "di tutti i fenomeni meccanici o psichici che sembravano dovuti a forze intelligenti sconosciute o a fattori intelligenti latenti nell' inconscio umano" con il termine Metapsichica, che venne utilizzato, poi, in Francia e in Italia. Alla fine del 1800, invece, il medico tedesco M. Dessoir aveva creato il termine Parapsicologia, che venne preferibilmente usato in Germania e nei paesi germanici. Al Congresso Internazionale di Parapsicologia tenuto a Utrecht nel 1953 venne proposto che lo studio dei fenomeni paranormali venisse universalmente conosciuto con il nome Parapsicologia.
Tuttavia, nonostante la differenza etimologica i termini Ricerca Psichica e Parapsicologia vengono utilizzati indifferentemente.

Abbiamo parlato di una parapsicologia quantitativa, tuttavia non viene abbandonata quella qualitativa ogni qualvolta si presentino Sensitivi eccezionali. Questo è il caso di di Gustavo A. Rol in Italia, per la sua Sensitività ad Effetti Fisici.



Si definisce “sensitivo” un individuo che sa raggiungere i livelli superiori, che ha la capacità di ricevere le impressioni, le vibrazioni, che sono oltre quelle di solito percepite dai cinque sensi.

Molti potrebbero arguire che tutti sono sensitivi in gradi distinti, ma il termine tende ad assumere un valore maggiore per coloro che in effetti vi si rapportano per processare le influenze dei livelli superiori. Come nel caso di tutte le capacità psichiche, alcuni possiedono determinati doni, mentre altri devono focalizzarsi maggiormente sul loro sviluppo. Il sensitivo non deve per forza essere un medium, a meno che lui/lei sia abbastanza sensibile da controllare un'entità disincarnata.

La scrittura automatica è una capacità psichica, ma è pure una delle più difficilmente controllabili, dato che richiede una maggiore distinzione tra i pensieri di questo mondo e quelli l'altra parte.

Una delle grandi limitazioni di molti sensitivi risiede nell'essere emotivamente coinvolti con un individuo o un concetto. Il che blocca o limita le informazioni che di norma invece dovrebbero ricevere.

Abbiamo definito peculiarità di alcuni individui eccezionali la medianità ed anche l’essere sensitivi è una dote con cui si nasce e che non possiamo definire nelle sue capacità e nei suoi limiti.

 

 

 

 

 

Ma in questa sede vogliamo parlare di altri doni, o meglio, di “carismi come doni dello Spirito Santo”. Cosa sono questi carismi?

L’apostolo Paolo dice ai Corinzi: "Circa i doni spirituali, fratelli, non voglio che siate nell’ignoranza. Perciò vi fo sapere che nessuno può dire: Gesù è il Signore! se non per lo Spirito Santo. Or vi è diversità di doni, ma v’è un medesimo Spirito. E vi è varietà di operazioni, ma non v’è che un medesimo Iddio, il quale opera tutte le cose in tutti. Or a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per l’utile comune. Infatti, a uno è data mediante lo Spirito parola di sapienza; a un altro, parola di conoscenza, secondo il medesimo Spirito; a un altro, fede, mediante il medesimo Spirito; a un altro, doni di guarigioni, per mezzo del medesimo Spirito; a un altro, potenza d’operar miracoli; a un altro, profezia; a un altro, il discernimento degli spiriti; a un altro, diversità di lingue, e ad un altro, la interpretazione delle lingue; ma tutte queste cose le opera quell’uno e medesimo Spirito, distribuendo i suoi doni a ciascuno in particolare come Egli vuole" (1 Cor. 12:1-11).

Vengono definite “segno dei tempi” le guarigioni che Padre Pio ha ottenuto, intervenendo nell’anima e nel corpo di tanti derelitti; sono grandi meriti di pietà e di pace le opere fondate da Madre Teresa, implorata quale madrina del Terzo Millennio.

        Figure eclatanti, di grande spessore spirituale, da portare ad esempio! Padre Pio, nessuno ora lo nasconde, aveva  particolari carismi e aveva contatti diretti con il mondo spirituale, con le forze del bene e del male. E’ passato a nuova vita chiamando “Gesù, Maria” che forse  gli sono apparsi materialmente in quel momento così importante.

Madre Teresa, la cui causa di santificazione è appena iniziata,  ha tenuto stretto il rosario fra le mani tutta la vita, assentandosi spiritualmente dal contesto terreno, nei momenti di preghiera, in un’estasi degna dei più grandi mistici.

Ma che cosa aveva di speciale Padre Pio per catalizzare intorno a tanto interesse e tanta venerazione? oltre le piaghe come il crocifisso, che rimanevano nelle mani, abitualmente coperte da mezzi guanti color marrone, che si toglieva solo per celebrare? Sarebbero bastate solo queste per farlo apparire come un essere superiore, perchè quelle piaghe emanavano a volte un profumo inconfondibile, che inondava i presenti, e veniva avvertito, in certe circostanze, anche da persone in paesi lontani.
E già questo era miracoloso. Si ambiva, subito dopo la messa, riuscire a baciarle prima che in sagrestia si rimettesse i guanti. E si ricercava sul bancone dove si vestiva e si spogliava le crosticine che nel togliere e nel rimettere i guanti vi cadevano sopra; conservate come reliquie, quelle crosticine continuavano ad emanare il caratteristico profumo di Padre Pio, e verıivano considerate miracolose.

L'introspezione delle anime

A parte i segni già di per eccezionali che portava sul suo corpo, era evidente in Padre Pio la sua capacità di vedere l'intimo delle anime, illuminato com'era da Dio. Ciò era abituale in confessione, dove i penitenti si sentivano non di rado ricordare dei peccati non detti. E se l'omissione era stata involontaria, e si trattava di cose veniali, tutto poi filava liscio. Ma se era stata fraudolenta e se si trattava di cose gravi i rimproveri di Padre Pio salivano per così dire alle stelle, tanto erano aspri e sferzanti, e il più delle volte il peccatore veniva scacciato in malo modo. Coram populo, perchè Padre Pio non aveva mezze misure. L'umiliazione era grande, non tanto per la vergogna di quel ripudio pubblico, che intimoriva anche gli altri che attendevano il loro turno, ma il più delle volte per l'orgoglio ferito.
Come si permetteva quel frate di trattare in quel modo una persona umana? Con quale diritto? Con quale autorità? E c'era chi se ne andava sdegnato, giurando che non avrebbe rimesso più piede in quel posto; salvo poi a ripensarci, anche con l'aiuto di qualche samaritano che spiegava come stavano le cose, e li guidava e assisteva per una nuova confessione, con altri sacerdoti se non con Padre Pio. Per questi scaccioni in confessione, si vedeva gente piangere dopo. Un pianto che faceva bene, perchè faceva loro vedere con più chiarezza tutti i loro comportamenti. Ma anche fuori della confessione spesso in Padre Pio si rivelava questo discernimento interiore: quando nel mezzo della folla rimproverava ad alta voce qualcuno, o senza dire nulla ritirava la mano a chi si disponeva a baciarla, o addirittura passava oltre nel fare la comunione ai fedeli. C'erano poi le volte che strapazzava di fronte a tutti una persona, lasciando di stucco gli altri.
E c'era sempre un motivo, che in genere sapeva solo il malcapitato.

La bilocazione

Di certo, la testimonianza del dono della bilocazione in Padre Pio ci viene da lui stesso.
Una volta, mentre stava con le sue prime figlie spirituali nella foresteria del convento per le consuete conferenzine, apparve a un tratto come assente.
La cosa si prolungava troppo a lungo perchè si trattasse di una semplice concentrazione interiore.
Alla fine si riscosse, e alla domanda di che cosa gli fosse accaduto, rispose con semplicità che era stato in America a trovare il fratello Michele.
Troviamo poi negli Epistolari chiare rivelazioni di una sua visita a una figlia spirituale di Foggia inferma: Giovina, sorella di Raffaelina Cerase, con la quale Padre Pio era in corrispondenza quando si trovava a Pietrelcina e che era stata l'occasione della sua venuta a Foggia, e poi a San Giovanni Rotondo.
Noi ci limitiamo a questi due casi che vengono dallo stesso Padre Pio.
Ma dobbiamo aggiungere che anche il profumo era un segno della sua presenza, o per lo meno della sua assistenza nella preghiera. Lo avvertivano anche persone che non avevano mai avuto nessun contatto con lui.
Era di solito un buon odor di violette, intensissimo e inconfondibile. Ma a volte si sentiva un odore di tabacco, o anche di acido fenico.
Quest'ultimo, Padre Pio l'aveva usato per qualche tempo subito dopo la stimmatizzazione come disinfettante. In quanto al tabacco, Padre Pio usava annusarlo per liberare le narici intasate.
Vengono comunemente assegnati dei significati a una intera gamma di altri odori attribuiti a Padre Pio; ma, sinceramente, sono attribuzioni opinabili.
Quel che è certo è che Padre Pio anche da lontano faceva sentire la sua presenza o assistenza.
E' anche certo che il suo sangue non aveva un odore repellente, ma gradevole. Ne rimanevano intrisi anche i fazzolettini e le pezzuole poggiate sulle sue piaghe.
Chi riusciva ad averne uno, in qualche modo trafugato dalla sua cella, lo conservava gelosamente come una reliquia, ricorrendovi nei momenti di bisogno.



In questa sede però noi andiamo oltre e, come dice l’apostolo Paolo “i doni dello Spirito sono dati a tutti” e dopo avere parlato di “morte” vorremmo spiegarci come possa accadere che “qualcuno torni”…. come dice Paola Giovetti nel suo libro….

Cosa accade dunque, quando, talvolta, qualcuno, a noi immensamente caro, dopo averci inaspettatamente lasciato, giunge a noi, dandoci segni di presenza inequivocabili e ci conforta con parole di speranza  e ci invita ad avere fede?

 

 

Negli anni quaranta una piccola donna, Marcelle de Jouvenel, appartenente alla cerchia dei più illustri talenti della Belle Époque parigina, perde il suo unico figlio non ancora quindicenne e, ad una donna di mondo quale lei era, è data una esperienza unica, a quel tempo, di comunicazione con il giovane Roland che le detta meravigliosi messaggi che egli definisce “le mie tavolette d’Oro”. Persona di particolare fascino, colta, scrittrice e poetessa, elegante e artificiosa, mondana negli atteggiamenti, era sprovvista di qualsiasi formazione religiosa

        Lo Spirito soffia dove e quando vuole. E’ forse capriccioso il soffio dello Spirito? No, diciamo piuttosto che è libero.

        Ma perché a Marcelle de Jouvenel è dato di essere partecipe di una vicenda tanto singolare? Non vi erano state forse altre madri che avevano perso i figli nella catastrofe della guerra? Viene da pensare che, nel periodo postbellico, nella desolazione del contesto europeo,  fosse necessario che il “diapason del cielo” raggiungesse un personaggio noto, capace di influenzare gli uomini e le donne del suo tempo. Marcelle, infatti, dichiara: “Sono stata gettata in un’avventura che, senza dubbio, all’inizio, mi ha più spaventata che convinta. Libera di scegliere, mi sarei sottratta a quel compito…

        Ma il figlio tanto amato non l’abbandona e la porta ad intraprendere un percorso spirituale straordinario e sconvolgente, che l’avvicina ai vissuti dei grandi mistici. Marcelle si dispone attenta agli insegnamenti del figlio che la forgia spiritualmente e la porta a stilare contenuti e concetti, inerenti la dottrina cattolica, a lei ignoti, che l’affascinano e le fanno mutare le scelte di vita e la portano a rendere un’incisiva testimonianza con la pubblicizzazione dei messaggi di Roland.

        L’ambiente in cui si propaga la notizia e che  viene posto davanti all’eterna questione della sopravvivenza post-mortem e delle comunicazioni con l’aldilà è quello dell’élite intellettuale francese.

        Siamo nell’immediato dopoguerra; i messaggi vengono raccolti e pubblicati riscuotendo commozione ed interesse, oltre che a qualche naturale scetticismo.

 Au diapason  du Ciel” è un libro scritto a quattro mani, da una parte Roland, dall’altra Marcelle; una madre ed un figlio che si parlano, si amano come un tempo, nella vita terrena. Roland ricolma la madre di premure, di tenerezze. Quando lei cede egli la raddrizza, le fa coraggio, le chiede di parlare alla gente del loro contatto.

        Finalmente qualcosa di tangibile per chi è disperato! Le parole scritte sembrano offrire una risposta segreta ad una speranza diffusa, che non è una semplice pia scappatoia, alle madri che avevano perso giovani figli, soprattutto nelle campagne di Francia del 30/40 e del  44/45 a cui si sarebbero aggiunti i caduti d’Indocina e d’Algeria.

        Perché a Marcelle questo dono dello Spirito, perché questo compito? Nessun filosofo, nessuno scienziato, nessun giornalista, nessuno di quelli che fanno opinione avrebbero ottenuto la stessa risonanza intorno a fenomeni di cui, fino ad allora, si era parlato solo a bassa voce.

        Intervengono illustri esponenti della chiesa, quali Padre Daniélou che nella rivista “Études” definisce il testo dei messaggi “un documento prezioso, in grado di far risuonare la certezza che l’aldilà sia lo sviluppo reale dell’essere”;  il Rev.do Padre Valette, domenicano, così si esprime “niente di questo insegnamento si oppone ai dati più certi della fede” il Rev.do padre Louis Beirnaert scrive “Dio si serve di tutto per raggiungere il cuore dell’uomo. “Au diapason du ciel” è tutt’altro che un racconto di un’esperienza parapsicologica. Ricondotto al suo contenuto è soprattutto la testimonianza di un’ascesa spirituale verso la fede”.

        La ferita che si apre nel cuore di una madre per la morte di un figlio, schiude la porta di Dio e ci rende partecipi dei doni dello Spirito.

        “Mamma, ti ho messo in sintonia col diapason del Cielo”, dice Roland. Il “diapason” è il punto più alto, la massima intensità del Cielo.

Non c’è Pasqua, non c’è Resurrezione che non passi dal crogiolo del Venerdì Santo. La Passione, la sofferenza portano alla Pentecoste.

 

Sono queste le visioni delle sfere superiori, quelle che sono state date come dono a rari uomini nella storia, che vengono a noi e ci indicano che la morte, ogni morte ha un suo significato e non avviene invano. E' una causa determinante un effetto che non si limita al solo dolore, ma che reca qualcosa di più profondo.

 

Proviamo a pensare: nel morire non viene tolto soltanto, ma viene

dato. Come la morte dei genitori porta maturità ai figli rimasti,

così l'eredità che deriva dalla morte è un ricevere, che è un

avere. Chi seguita a vivere, dunque, in questa dimensione, assieme

col dolore per la dipartita di un proprio caro, beneficia di

un'eredità lasciata dallo scomparso.

 

L'eredità in soldi la si tocca e la si vede subito. L'altra eredità, quella più significativa e profonda, non è subito tangibile e visibile, perché agisce nel tempo, a lunga distanza.

Possiamo però, cercare di individuarla, di scoprirla, di promuoverne l'azione nel tempo. E’ l’opera a cui si sono assoggettate le “mamme carismatiche” che, come  Marcelle de Jouvenel sono coloro che pazientemente hanno cercato, nella loro disperazione, una comunicazione con l’oggetto amato ed hanno sviluppato in se stesse delle facoltà che possiamo definire “carismi” doni dello Spirito.

 

Giungere a recepire un messaggio di questo genere è addentrarsi nell’inconoscibile, è prendere atto, con la semplicità dei bambini che non siamo noi ad aver voluto questa risposta, come non siamo stati noi ad avere ingenerato la nostra situazione. Qui la libertà vien meno, ma non è cessata la razionalità dell'accadimento umano che ci coinvolge e della comunicazione che si è accostata a noi attraverso un percorso, diciamo, inconsueto.

Si tratta di uno dei fenomeni cosidetti "strani" che vengonoriconosciuti come appartenenti al "paranormale", campo questo che si occupa di tutta una serie di indizi che fanno credere alla sopravvivenza dopo la morte fisica.

 

Abbiamo, finora, fatto alcune considerazioni su fatti che, comunque, appartengono, in gran parte, al Piano della Religione e della Fede.

La funzione dei concetti esposti è perciò indirizzata a distinguere il campo di azione condiviso dalle generazioni dei "credenti" opponibile a quello coperto, oscuro, diciamo "profano", occulto (di qui, il temine 'occultismo' con cui, spesso, si è fatta di ogni erba un fascio), riferito ai cultori delle manifestazioni legate ai fenomeni cosidetti "spiritici".

 

Se la fede è data all'uomo come conquista spirituale ed ha come

obiettivo la "vita eterna", tramandataci dalla rivelazione, oggi il

"profano" è oggetto di studio, anche da parte della scienza, agisce

su base fenomenica e tenta di dare risposta alle ipotesi sulla

"sopravvivenza".

 

Possiamo ribadire che vita eterna e sopravvivenza sembrerebbero

legate a doppia mandata, ma se la prima, appartiene al campo delle

"certezze" dello spirito (pur riconoscendo all'uomo la libertà di

accettarle o meno), la seconda, dipana il campo, come abbiamo

visto, degli indizi, delle complessità riconosciute razionalmente,

ma pur sempre soggettive, sperimentali e probabilistiche, che non

daranno mai una definitiva soluzione.

 

 

Ma, al di là dei tentativi strumentali, inadeguati e spettacolari che ci vengono dai mass media, si teme di esprimersi in merito per non essere oggetto di sarcasmo e spesso, quando se ne parla, proprio perché‚ si disserta sulle ipotesi, si rischia di cadere nel banale e di fare una magra figura. Perciò ci si pronuncia con i 'forse' e l' 'ognuno la pensi come vuole', quando l'uditorio non giunga a rinnegare tutto il possibile, l'evidente, il macroscopico.

 

D'altra parte pensare che la scienza debba riconoscere, così, di brutto, apertamente, che la morte non esiste e che i morti ci sono accanto, ci parlano e sono molto più felici di noi, è difficile, se non impossibile!

 

Ecco allora farsi avanti, sempre più folta una marea di madri, di spose, di figli, di parenti che hanno aperto, senza tentennamenti, coraggiosamente, il loro animo, il loro cuore, la loro mente al campo della ricerca.

 

Fra questa gente, motivata dal tentativo disperato di stabilire un contatto con i loro Cari trapassati, si sono trovati "soggetti psichici" di notevole attendibilità, le cui esperienze sono oggetto di rispettosa attenzione. Io stessa, con mio marito, assolutamente privi di cognizioni riguardanti la parapsicologia e le discipline ad essa collegate, abbiamo scoperto di possedere una sensitività che

non sappiamo a cosa ricondurre, se non al trauma della nostra grande sofferenza che ci ha portato ad intrapredere una strada tortuosa e difficile, ma non impossibile.

 

Da cosa essa derivi, come si sia attivata, come potrà svilupparsi, non potremmo dirlo. La viviamo come esperienza unica e salvifica, perché ci fa sentire sulla pelle il dolore di tutte le genti, lontane e vicine che ci accomuna in un naturale, fraterno abbraccio.

  

 

Ciò che, nel secolo scorso e anche nei primi decenni di questo era oggetto di interesse da parte di un pubblico ristretto che non osava riferirne all'esterno, oggi si presenta come patrimonio che scaturisce da una "piccola medianità", appartenente a schiere di, non sempre riconosciuti, sperimentatori che giungono a portare un contributo rilevante al campo della ricerca.

 

Le manifestazioni che si sono, via via, moltiplicate, recando conforto a gruppi, sempre più numerosi, di anime sofferenti per la perdita di una persona Cara, non possono più essere considerate solo "indizi" riconoscibili nelle esperienze soggettive, ma sono divenute "certezze" prima per Fede, poi per esperienza; carismi che ci sono stati offerti, gratuitamente.

 

Non voglio, con questo, avvallare tutto quanto ciascuno di noi, porta con nel suo bagaglio privato. Vi sono, magari, cose "strane" che danno risposte esclusivamente personali, ma ve ne sono alcune che non è possibile rinnegare. 

 

“ La mia barca è una conchiglia, Signore, nella tua mano. Ho sete di veleggiare all’orizzonte del tuo sguardo e di approdare alla luce del tuo volto… tu, che attraverso mio Figlio, mi hai lasciato intravedere la beatitudine del Paradiso!”

 

 

  

Edda CattaniMedianità e Carismi
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