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Nuovi Angeli : Andrea Cattani

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Buon Compleanno Celeste,

 figlio mio!

5 Dicembre 

A te, Andrea, figlio mio, presenza costante nella mia vita,

angelo fedele e guida delle mie giornate, fonte della mia serenità e della mia pace,

ho dedicato la prima pagina del nostro sito A.C.S.S.S.

nel giorno in cui hai raggiunto la Luce Infinita.

Sempre più in alto vola, tesoro mio, vola!     Mamma

Andrea Cattani, sottotenente dell’Esercito Italiano, Corpo delle “Aquile” in forza presso il distaccamento della Regione Nord Est di Padova, insegnava ai suoi giovani allievi a guidare i mezzi pesanti. Aveva chiesto di partire per il Kossovo. E’ mancato il 5 dicembre 1991, all’età di 22 anni, in una splendida serata, mentre si era appena allontanato dalla Caserma di Prato della Valle. Unica vittima, era trasportato e la macchina, guidata da un ufficiale di polizia suo amico, è stata messa fuori strada da un gruppo di balordi, andandosi a schiantare contro un platano.

Soldati di oggi, di ieri, di sempre!

  Giorni di guerra alle porte, terribili per tutti, per le popolazioni attraversate da condizioni di lacerazione senza precedenti e famiglie che hanno donato i loro figli per una causa, ritenuta giusta e che li hanno visti a terra, dilaniati dalle bombe e da armi assassine. Che fine hanno fatto questi giovani soldati, ancora bambini, figli di mamme e di papà che abbiamo visto piangenti alla televisione?

     Ho pensato alla preghiera che ho trovato nella tasca della divisa militare di mio figlio: un foglietto stropicciato, perciò letto quotidianamente.

 

Signore, che hai costituito di tanti popoli l’umana famiglia, guarda benigno a noi che abbiamo lasciato le nostre case per servire l’Italia” .

 

     A questo punto voglio lanciare un messaggio personale, affinché il  contenuto dello stesso, sia di conforto a tanti genitori che si trovano nell’ansia e nel dolore.

Ho visto Andrea, pochi giorni dopo la sua dipartita, al mio fianco, nel dormiveglia, ai piedi del mio letto. Mi ha guardato sorridente e mi ha detto: “Sono partito per una missione di pace. Ho tanti incarichi da svolgere”.

Lui, ufficiale dell’Esercito Italiano, amava profondamente la sua missione ed io ho continuato il mio cammino al suo fianco per chiedere a Dio, creatore con me della mia creatura, quanto ho dichiarato subito, la sera stessa dell’incidente mortale:

 

“Ecco Signore, questo figlio che mi hai donato per ben 22 anni io te lo offro, ma servitene, come meglio vuoi, come tu sai. Lui è capace; l’ho educato buono e generoso. Ora è uno strumento nelle tue mani”.

 

Così quel Dio di amore, che non vuole mai il male, anche se lo consente, nella Sua grande misericordia ha permesso che il dialogo con la mia creatura continuasse.

 

Ed ora veniamo al fatto che vorrei definire “supernormale”.

 

“Era denominata ”Canguro” l’ operazione iniziata il 2 luglio 1993 in Somalia, alle prime luci dell’ alba, nella zona dell’ ex pastificio a Mogadiscio, da parte degli uomini del contingente italiano. L’ azione consisteva nel rastrellamento di un’ area dove si presumeva fosse installato un deposito di armi. Prima dello scontro armato, nei confronti dei militari italiani c’ era stato un fitto lancio di sassi; i parà avevano risposto sparando alcuni colpi in aria. Sarebbe stato a questo punto che alcuni cecchini somali hanno cominciato a sparare. Oltre a Pasquale Baccaro, le altre due vittime degli scontri a Mogadiscio furono il Sottotenente Andrea Millevoi, in forza presso i Lanceri di Montebello di Roma, ed il Sergente Maggiore Stefano Paolicchi del 9/o Battaglione Col Moschin. Lo si apprese da fonti militari italiane”.

Quella sera del 2 luglio 1993, io, mestamente, manovravo il mio registratore, mentre in lontananza sentivo il telegiornale che trasmetteva notizia dell’efferato delitto ed ho pensato alle povere madri a cui mi sentivo particolarmente vicina. All’improvviso una voce timbrica mi raggiunse dal nastro che si svolgeva: “Sono andato ad accogliere  il Tenente Andrea Millevoi!” Avvezza ormai ad ogni sorta di comunicazioni,  tornai perplessa alle mie mansioni.

 

Qualche mese dopo, nella mia abitazione di Padova, ricevevo una telefonata che mi lasciò a dir poco strabiliata: era la mamma del Tenente Andrea Millevoi che mi chiamava da Roma per dirmi di avere avuto il mio numero di telefono da una conoscente con cui si era trovata, insieme ad altre mamme, presso una medium. Mi diceva che aveva voluto contattare il figlio e, alla domanda come era avvenuto il trapasso, la risposta era stata: “Mi è venuto incontro il Tenente Andrea Cattani di Padova”.

 

Non aggiungo altro; il fatto ci commosse entrambe e ci stringemmo, simbolicamente, in un abbraccio commosso e fraterno.

 

Ho visto, per la prima volta, questa “madre di guerra” qualche giorno fa, in una trasmissione televisiva, dove raccontava la vicenda della morte del figlio ed ho pensato a questo fatto “nostro”, intimo, segreto, ma che ci ha visto sorelle con un figlio da un lato ed uno dall’altro uniti nella dedizione, nel servizio, nel valore civile e religioso e nell’amore che travalica ogni confine!

 

AUGURI A  TUTTI  I  SOLDATI  ITALIANI! GRAZIE,

GRAZIE ANCHE A VOI RAGAZZI-SOLDATI DI LUCE!

 

 

     

Edda CattaniNuovi Angeli : Andrea Cattani
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Angeli Custodi e Nuovi Angeli

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Premessa

 

 

 

In questi giorni particolari in cui gli innocenti subiscono violenza e muoiono, spesso dimenticati; gli ammalati soffrono e non trovano soccorso, la fame e la miseria vengono ignorate quando non ci riguardano … offro questo mio contributo dal profondo silenzio di un Dio Crocifisso.

 

Oggi in particolare la offro alle Mamme degli Angeli che hanno manifestato a Roma per il riconoscimento dell'Omicidio stradale e che ho definito MAMME CORAGGIO: a Croce Castiglia e a tutti i Gruppi sorti in Italia e ai giovani mancati in questi giorni nel "ponte del 1° Maggio. " Benedetti Voi che avete visto la LUCE! "

 

 

PARLIAMO DI ANGELI  allora, con tutta la fede e il rispetto che essi meritano lungo le vie impervie del nostro cammino.

 

Un'anima non è mai senza la scorta degli Angeli, questi spiriti illuminati sanno benissimo che l'anima nostra ha più valore che non tutto il mondo.

San Bernardo di Chiaravalle

 

Noi tutti siamo stati affidati da Dio ad un Angelo custode a cui, ogni nuovo giorno, dovremmo chiedere consiglio, forza spirituale e saggezza. Ogni sera dovremmo poi ringraziarlo per tutte le volte in cui ci ha aiutato anche senza che noi ne fossimo consapevoli.

L'Angelo Custode, se rettamente invocato, circonda tosto la casa con amore, protezione e benedizioni. Gli Angeli Custodi apportano più quiete, armonia e spiritualità nella nostra casa: dicono che noi abbiamo eretto una quasi insormontabile barriera di rumore e di materialismo, tra il nostro mondo ed il loro. Una breve preghiera per la Divina ed angelica protezione della casa, dei bambini, dei vecchi e degli ammalati, ripetuta giornalmente, assicurerà i loro privilegi e darà alla casa un' atmosfera di bellezza e di pace.

 

 

 

 

Relazione

 

 

 

 

Di questi tempi sentire parlare di Angeli è diventata ormai una consuetudine, vorrei dire quasi una moda. Se ne occupano i media, la stampa specializzata,  la televisione con programmi specifici, in cui si trasmettono episodi di vita che hanno come protagonista un essere spirituale che ha contribuito a salvare una situazione al limite. I primi filmati su angeli custodi e soccorritori sono stati narrati da persone che vivono negli Stati Uniti, una terra in cui la gente sembra essere incline  a credere nella autenticità  di simili argomenti.

 

I filmati sono ben rappresentati da gradevoli attori ( Ghost ne è la riprova) e da bambini-simbolo-pubblicità che, all’insegna di una società che vuole tutti belli, felici e sani, commuovono l’uditorio disponibile ad immaginare una realtà bella in cui le funzioni angeliche vengono attribuite a particolari circostanze dove i sogni premonitori ci salvano dai pericoli e animali, persone care (trapassate e non) che ci hanno voluto bene riescono a raggiungerci facilmente e a risolvere i nostri problemi.

 

 

 

Tutto questo è confortevole e, dal momento che la TV spazzatura solitamente ci propina ben altro, come immagini esasperate e violente, quando assistiamo a racconti a lieto fine, soprattutto se il tutto è accompagnato da effetti speciali, con sottofondo musicale tipo-New Age e alone di mistero, l’auditel sale a notevoli livelli.

 

 

Storie più o meno garbate accarezzano i nostri sogni attraverso i mass-media per dirci che l’angelo della fortuna può cambiare la nostra vita con una vincita strepitosa e l’angelo del nostro segno zodiacale può regalarci un ambo, un terno o farci incontrare il grande amore. A questo punto si passa agli eccessi o ai paradossi linguistici.

 

 

Sono chiamati «angeli della notte» i  giovani che escono dalle discoteche frastornati dal fumo e dal rumore della musica tecno, con i capelli verdi, gialli, rossi e blu e la testa piena di vuote illusioni, in una società che non li aiuta, non dà loro lavoro e non li comprende. Il richiamo della moda fatta di spot  sempre più incalzanti, li invita a crescere in serie, tutti uguali come i polli in batteria, ad adottare tatuaggi e pearcing, ad indossare pantaloni griffati, a cercare il brivido del rischio e della velocità, fino a correre superando ogni barriera e precauzione per finire schiantati contro un albero o una guardarail.

 

 

 

Questi aspetti parziali fanno parte del ben più vasto panorama figurativo fatto di immagini illusorie, che accontentano fatue esigenze, ma sono anche indice di un malessere generale che vuole avere tutto a portata di mano mentre l’uomo odierno, nel suo delirio di onnipotenza, vorrebbe tutto raggiungere, compresa una realtà-altra a fronte di quella spesso frustrante e squallida in cui ci troviamo a vivere il quotidiano. Ma il superjet per avventurarsi oltre l’atmosfera delle vie inesplorate dell’universo cosmico non è alla portata di tutti e il raggiungibile finora conosciuto è solo in grado di darci qualche passeggera emozione.

 

 

 

Peraltro nulla  vieta di pensare all’intervento di presenze soprannaturali nel nostro cammino  e la religione ci insegna che un fedele custode ci è stato messo al fianco fin dalla nascita. Ognuno di noi può aver qualcosa da dire al riguardo! Quante volte abbiamo superato terribili momenti o siamo usciti da sgradevoli esperienze che ci hanno fatto esclamare: «Mio Dio, come posso avercela fatta!» Chi ha fede crede nell’aiuto di creature celesti, o dei Santi (pensiamo agli ex voto per grazia ricevuta); perciò nulla di nuovo all’infuori del fatto che, finché non ti capita l’evento grave che ti aiuta a riflettere, non ci si pensa più di tanto, convinti che i casi nostri  non facciano notizia.

 

 

 

Quando si viene toccati da una tragedia immane come quella della perdita improvvisa ed imprevista di una persona a noi immensamente cara, specie se è una piccola, giovane creatura, si va alla ricerca di qualsiasi segno tangibile e tutto ciò che è patrimonio della cultura religiosa e laica può dare conferma agli indizi di accadimenti che una volta trascuravamo e che ora sembrano divenire così importanti. Anche le persone che ci avvicinano dopo la nostra tragedia, credenti e non, provano un grande imbarazzo e misurando le parole non trovano di meglio da dire, per consolarci un po’: «Ora hai un angelo, lassù, in Paradiso!».

 

 

 

Noi rispondiamo che ne siamo convinti anche se la lacerazione che abbiamo e la nostra povera umanità, fatta di esperienze legate alla materialità del vedere, del toccare, dell’accarezzare i nostri Cari, del dare loro un bacio, del chiedere come stanno, non si accontenta di vaghi incoraggiamenti… Inoltre se condividiamo questo pensiero e siamo certi che corrisponda a verità, quando proviamo ad esaminare i termini di questa affermazione restiamo, comunque, disorientati e senza certezza alcuna.

 

 

 

Cominciamo da questo «lassù». Ognuno di noi capisce quanto sia vago quel «lassù». Dove è finita quella creatura che fino a qualche istante prima occupava uno spazio nel tempo della mia vita? Accettato che lo spirito abbia la possibilità di volatilizzarsi e di acquistare rinnovate capacità, dal momento che viviamo in una dimensione strutturata secondo le regole dello spazio e del tempo, qual è, o meglio, dov’è il luogo che chiamiamo «lassù»?

 

 

 

Ritengo giusto e (chi sono io poi per dire il contrario?) che la pietà popolare abbia voluto collocare in qualche sito non dell’etere, ma dell’universo quella che dovrebbe essere la dimensione dell’eterna beatitudine. Dagli albori della storia l’uomo ha guardato al cielo con timore reverenziale, innalzando a un Dio che si pensa «nell’alto dei cieli» le sue suppliche.

 

 

 

La scienza astronomica, oggi, va addirittura a cercare cosa vi sia al di là dei buchi neri dell’universo e tende a sospettare che, all’interno di questi, possa trovarsi addirittura un mondo rovesciato. Le stesse testimonianze che alcuni medici hanno raccolto da pazienti in punto di morte ed il «tunnel» che essi dicono di avere visto, farebbero pensare ad una sorta di imbuto da cui saremmo risucchiati per venire poi a ritrovarci, insieme ai nostri cari che ci hanno preceduto, in una splendida dimora con prati verdi,  colline in fiore, profumi e musiche ed esseri di Luce pronti a farci da guida.

 

 

 

Questa condizione, una specie di Eden che accarezza la nostra fantasia e che sembra lenire un poco l’esacerbante dolore e gli interrogativi senza risposta che sconvolgono tutti i nostri sentimenti quando ci troviamo nella condizione  di sofferenza da lutto, indubbiamente non può essere definita in termini tanto banali, ma è legata al modo di concepire  degli uomini.

 

 

 

La mia considerazione potrà apparire un po’ azzardata, ma questa ipotesi sui «buchi neri» mi lascia alquanto perplessa e, nella mia modesta cultura mi sento di dire che ho guardato il passaggio dell’ultimo eclisse con un attimo di tremore. Il cammino degli astri, le possibili conseguenze di una catastrofe cosmica, la terra che si fa buia, la caduta di un asteroide, gli eventi e i flagelli previsti per il 2012 saranno cose semplici per gli astrofisici, ma a me fanno pensare a qualcosa di non riconducibile alla nostra volontà e non controllabile dall’uomo.

 

 

 

Possiamo ammettere che, a meno che non si sia imbottiti di dottrine meccanicistiche, tutto l’universo visibile o immaginabile, con le leggi che lo governano, al di là dell’esplosione del bing-bang, non può essere nato dal «caso», ma debba far parte di un grande disegno ingegneristico che solo uno straordinario Autore può avere approntato.

 

 

 

L’ipotesi di cercare in esso lo spazio, il luogo, il modo di essere della nostra sopravvivenza mi lascia abbastanza confusa, per non dire scettica  o indifferente. Quel grande uomo e Papa che presto salirà alla gloria degli altari, Giovanni Paolo II, ha di recente dichiarato che il Paradiso non è un luogo e non è collocabile in una dimensione ma che, piuttosto, è una condizione dell’essere.

 

 

 

A questo punto poi, parlando di esseri spirituali a noi vicini, che ci aiutano a risolvere i nostri problemi, aggiungo ancora e mi domando, a costo di far cadere un castelletto di  immagini che possiamo aver costruito a difesa del dubbio e dell’angoscia, se pensiamo proprio che  i nostri figli passati a quella che possiamo definire «altra dimensione» siano, di colpo, divenuti simili agli angeli della Rivelazione cristiana.

 

 

 

Al di là del fatto che fossero tutti bravi, belli, generosi e sensibili, possiamo veramente  credere che tutto quello che li caratterizzava in vita, come piccoli capricci, manchevolezze, difettucci anche minimi siano di colpo scomparsi e spazzati via per trasformare le nostre creature così peculiari nelle loro manifestazioni, nei loro rapporti con noi con le loro paure, le loro spavalderie, i loro sogni in pura, perfetta e  risplendente spiritualità propria di quegli esseri del creato che non hanno mai conosciuto l’umana condizione? Per quello che mi riguarda un  figlio così lo sentirei troppo staccato da me, quasi morto un’altra volta e quasi non saprei definirlo «mio figlio».

 

 

 

Mi sono iscritta recentemente ad un social network quale è face book ed ho trovato decine di fratelli che hanno condiviso con me le loro pagine per parlare dei loro figli venuti a mancare innanzi tempo e in diverse circostanze. I discorsi che si scambiano sono per lo più i medesimi:” Come si chiama il tuo Angelo?… oppure… “Sono la mamma di un angelo chiamato…ecc.”.

 

 

 

Per chi si aspettava da me un discorso di ben altro genere può capire che non è mia intenzione parlare degli angeli richiamando citazioni teologiche, aspetti magici o visualizzazioni artistiche, ma vorrei fare un discorso costruttivo, da mamma con i piedi per terra, per giungere tutte insieme a riconoscere e capire cosa ne sia adesso dei  nostri figli, cosa vogliono da noi e cosa debbano fare le mamme di coloro che si definiscono, badate bene, perché lo dicono loro, «Nuovi Angeli»  per essere veramente degne dei loro figli.

 

 

Coloro che per devoto pellegrinaggio o per diletto avessero la ventura di recarsi a Padova, oltre a visitare il Santuario di colui che tutti chiamano IL SANTO in cui sono raccolte le reliquie di Antonio da Lisbona, potrebbero ammirare le vestigia della città medievale e gli affreschi di Giotto e di Giusto de’ Menabuoi, rappresentanti angeli musicanti. Ne è ricca la nota Cappella degli Scrovegni e, accanto alla cattedrale, il Battistero. In quella gloria di oro fino e di smalti si individua la cultura popolare così ricca di una pietà legata alla tradizione religiosa, indicativa dello sfarzo delle corti nobiliari, simili alla corte celeste in cui gli alti dignitari appaiono in ricche vesti, nell’adorazione di un Dio maestoso e statico.

 

 

 

Alessandra, la nostra maggiore, ha coronato la sua laurea con una tesi sugli aspetti pittorici del trecento ed ha raccolto le belle immagini affrescate in un volume ricco di approfondimenti sul loro significato. Nelle raffigurazioni si ripetono sembianze di angeli che suonano la tromba indice del giudizio a cui saremo chiamati con la fine dei tempi. Le foto riproduttive, unitamente ad immagini di carattere religioso, hanno accompagnato il tempo della mia solitudine e dei ricordi  avvicinando il mio animo al mistero della morte, del destino dell’uomo e di ciò che  è imperscrutabile.

 

 

 

Quando Andrea è partito al nostro sguardo lasciandoci nel più vuoto annichilimento ed in uno scoramento facile da comprendersi, in un  momento di veglia, prossima al riposo, fui raggiunta da una frase che suonò nitida al mio orecchio: «Sono io mamma, quell’angelo che suona la tromba!» Pensai all’angelo del Battistero e l’immagine parve lenire il quadro disastrato delle mie sensazioni.

 

 

 

Qualche tempo dopo, una sera, al crepuscolo, mentre erano presenti gli amici di Andrea che erano soliti, nei primi tempi, venire a farci visita e trattenersi nella sua stanza per ascoltare musica, come quando lui era ancora presente, all’improvviso, dalla finestra un suono dolce ed acuto ad un tempo, proveniente non sappiamo da dove, ci raggiunse facendoci sobbalzare per la meraviglia. Era un suono di tromba che sembrava d’argento, dalla nota costante e intensa che raggiungeva frontalmente la finestra di quel locale quasi a voler richiamare l’attenzione di tutti i presenti. Scesero i vicini a controllare le auto del giardino, ma nessuna di esse era dotata di allarme e, oltre la nostra abitazione, vi è  la campagna priva di strade e di rumori. Una vicina ebbe a dire: «Madona, ghe ze i spiriti!» riferendosi alla straordinarietà dell’accadimento, ma Mentore ed io, ascoltammo rapiti in un angolo del terrazzo finché dicemmo: »Ora basta, Andrea, abbiamo capito che sei tu.» In quell’istante ogni suono tacque.

 

 

 

Un «angelo che suona la tromba», un angelo mio figlio! A quel tempo l’avrei desiderato in ben altro modo il figlio mio… magari vestito con quei bei maglioni sgargianti, come i suoi amici, intento ad ascoltare le musiche di Michael Jackson o Freddy Mercuri, il solista dei Queen dalla voce angelica mancato poco dopo di lui; oppure lo vorrei pensare nella sua bella divisa da ufficiale in cui aveva appena messo le prime stellette.

 

 

Ma quale angelo, e con quale volto? Fin dall’infanzia abbiamo visto angeli con le ali, dai volti di paffuti bambinelli; angeli bianchi, angeli negri; angeli adulti con l’armatura e la spada minacciosa e angeli piccoli come putti dalle teste ricciolute. Quale pittore, quale poeta, quale artista non si è cimentato nel cercare di rappresentare queste creature celesti di cui si è parlato a volte a proposito, inserendoli in contesti religiosi e,  a volte un po’ a sproposito caricandoli di aspetti magici legati all’occultismo e alla cultura esoterica?

 

 

Mio figlio così positivo e razionale, così umano e bello nelle sue sembianze che sembravano accomunare forza e precisione delle simmetrie, baldanza e dolcezza ad un tempo? «Come sei adesso, figlio mio?» «Di più di più di prima… tanto!»

 

 

 

Nei primi tempi, quando fummo avvicinati, per cause a noi non ancora note, da persone provate dalla nostra stessa esperienza, sentimmo raccontarci, in perfetta buona fede, avventure fantastiche e ipotizzare paradisi immaginari in cui i nostri Cari vivono, ci aspettano e ci raggiungono. Se ci si attende da me che io, solo perché ho qualche anno di più di esperienza di altri, fornisca la ricetta che assicura il passaporto per l’aldilà, una sorta di carta di credito per il luogo dove si trovano i nostri Cari, mi spiace deludere, ma non mi è possibile farlo.

 

 

 

 

Vorrei esporre, piuttosto, un discorso importante, ma veramente importante, non solo per me, ma per tutti. Alla fine si potrà giudicare se era veramente importante. Quanto ho detto non è una novità. E’ accaduto a tutti di andare in brodo di giuggiole per aver visto o sentito riportare determinate cose… poi, ripensandoci bene, la stessa storia non ci è andata più giù.

 

 

E’ un po’, se mi è concesso il paragone, come l’arte di crescere un «bonsai». Avete presente quell’alberello nano, frutto della cultura nipponica, nato dai floricoltori la cui grande soddisfazione è di «rendere con tecniche naturali più naturale un soggetto innaturale»? Il merito dei giapponesi non è, infatti, tanto quello di darci un albero in miniatura, ma idealizzare una pianta con la sensibilità, l’arte, la creatività propria del bonsaista.

 

 

 

Anche a me è parso tutto riconducibile a tecniche, quando sentii raccontare di facile percorso, che qualcuno ci avrebbe dato una mano, di poter parlare per scrittura ispirata, di aspettare per poi fare quello che mio figlio mi avrebbe detto, della possibilità di ritrovarmi dotata di facoltà medianiche, e ancora di pensare che lui mi avrebbe aspettata per stare un po’ con me e un altro po’ sarebbe andato per un’altra strada ad impersonificare un’altra esistenza purificatrice.

 

 

 

Ognuno è padrone di pensarla come meglio crede, ma io sto cercando di spiegare perché non mi piace più l’arte di fare il «bonsai» e anche perché l’attrazione che all’inizio ho provato per alcune affermazioni non mi sostenne più. Il rapporto privilegiato che, fin dal primo momento, ciascuna madre provata dalla perdita di un figlio, giunge ad instaurare con lui, non può essere simile all’opera del giardiniere che, a furia di studiare tecniche e lavorare di fantasia, giunge a menomare una pianta, destinata ad essere rigogliosa, ad estendersi nel cielo azzurro, capace di ossigenare, di accogliere altre creature, di affondare le sue radici e di trasformarsi in fertile humus, fino a ridurla a un nanerottolo dalla strana, contorta forma.

 

 

 

E’ come se io costringessi mio figlio, spirito immortale, che si libra nell’infinito, dotato di capacità straordinarie, a diventare l’oggetto che ho in mente io, a seguirmi in quello che io, nella mia povera realtà, vorrei che facesse e dicesse, a furia di artifici e di elucubrazioni mentali.

 

 

 

Vediamo fin d’ora di fare una scelta, soprattutto se siamo qui per la prima volta, e facciamola non verso il basso, ma verso l’alto. Vediamo di pensare non per brevi e limitati percorsi, fatti di lacrimevoli storielle, ma indirizziamoci verso spazi e dimensioni planetarie. Pensiamo di volere imbrigliare l’aquilone? Vogliamo guardare l’eclisse ad occhio nudo e non attraverso il velo della nostra lente affumicata? Questo atteggiamento impoverirebbe la nostra esperienza e ci allontanerebbe da quello che ci preme di più: la possibilità di migliorare noi stessi e di seguire, con le nostre opere, quell’essere a noi tanto caro.

 

 

 

Nella campagna, in un lungo capannone privo di finestre vivono e crescono forsennatamente migliaia e migliaia di piccoli pulcini, che ingrassano con mezzi scientifici ultrarapidi. La luce elettrica uniforme e sempre uguale è più efficace dei raggi varianti del sole. Così questi volatili passeranno dalla gabbia artificiale al fuoco del girarrosto senza vedere il sole. Chi vive fuori da quel padiglione scientifico vorrebbe gridare: «Sapete voi che non c’è solo la luce artificiale ma c’è anche il sole?»

 

 

Non facciamo come i gallinacei che ignorano la presenza del sole perché non l’hanno mai visto. Non somigliamo ai materialisti che tutto vorrebbero spiegare, come i pagani, attraverso aridi meccanicismi o sterili favole contornate da aspetti magici.

 

 

Come al problema del male non possiamo trovare una soluzione logica e del tutto chiara, così, alla realtà spirituale che coinvolge e persegue tutta la nostra esistenza, non possiamo trovare una soluzione logica. Possiamo però accendere qualche luce che illumini il nostro cammino e ci aiuti ad attraversare il tunnel del mistero, anche se non a spiegarlo come un’equazione geometrica.

 

 

 

Nella nostra realtà sociale, contrassegnata dal materialismo, dall’egoismo, dall’interesse economico, s’intrecciano due aspetti denotativi: da un lato il diritto dell’uomo a vivere nel piacere e dall’altro a volere dare ragione del panorama mai sufficientemente conosciuto della sofferenza e del dolore.

 

 

 

Con il farsi strada della convinzione che l’uomo sia padrone assoluto della vita stessa, dal momento che la bioingegneria genetica sembra avere risolto il problema della riproduzione e quindi della creazione, prende atto la pretesa di poterla gestire, cioè concluderla quando si voglia.

 

 

Ma il nascere, il vivere, il morire e quello che ci attende dopo la morte è cosa di Dio. Soprattutto il dolore è un mistero nell’intimo di ciascuno di noi, ed è un mistero alla luce della fede cristiana. La vita è sacra perché lo è la persona che Dio ha creato a Sua immagine e somiglianza. L’uomo ne è amministratore libero e responsabile, perciò il valore vita fa parte della stessa dignità umana. Il capitolo quarto del libro della Genesi, cioè del primo libro dell’Antico Testamento, ci dice che Eva, diventata madre per la prima volta, esprime la sua gioia con queste parole: «Ho comperato un uomo dal Signore».

 

 

 

Come ogni donna anch’io posso dire di avere comperato da Dio i miei figli. Ho fatto un patto con Dio di solidarietà e di amore e mi sono impegnata a crescerli nel Suo progetto, perché a Lui sapevo che ne avrei dovuto rendere conto. Ma ognuno ha una propria esperienza e nel conto dei miei anni non vi era quello di dovere restituire due figli innanzi tempo.

 

 

 Se Dio, dunque, è creatore e Padre, come  proclama  la Chiesa, perché questo Padre ci ha fatto così, perché ha permesso il nostro strazio, perché ci ha separato dalle nostre creature?

 

 

La nostra mente non può attraversare il velo se non attraverso la virtù della speranza, virtù tipica dell’uomo in cammino, del pellegrino che non è ancora giunto alla visione.

 

 

 

Nella ventiquattresima Domenica del tempo ordinario, si legge una pagina del Vangelo che esalta la cultura del perdono. Il Vangelo narra di un signore che condona ad un debitore una cifra inverosimilmente esorbitante: diecimila talenti (qualcosa come 55 milioni di lire italiane oro!).  Il debitore ha anch’egli un credito verso un collega: cento denari, in pratica la paga di un operaio per circa tre mesi di lavoro.

 

 

Qual è il valore di questa esasperata opposizione numerica? La risposta è semplice se si esaminano i due volti: quello del padrone e quello del debitore. Nel primo si intravede la figura di Dio; solo Dio può contrarre debiti così sproporzionati e così ingenti perché, diversamente dagli uomini, Dio è molto più tollerante. Nel volto del debitore si intuiscono i nostri lineamenti. I nostri crediti sono microscopici rispetto a quelli che Dio potrebbe vantare verso di noi.

 

 

 

La condizione di debito e credito, vista da questa ottica, appare azzerare la scontata disposizione del Dio-Re, padrone misericordioso e creditore  e dell’uomo meschino e gretto nei confronti dei fratelli. 

 

 

 

«Ebbene sì, Dio Padre misericordioso, non vale forse la vita di mio Figlio molto di più di 55 milioni di lire italiane oro? E allora, mio Dio, Tu che ti sei fatto uomo simile a me, sappi che io ho bisogno di capire e poiché non posso farlo mi è necessario dirti che per sentirmi in pace, per placare il tumulto del mio sdegno e della mia rivolta, debbo chiederti PERDONO.

 

 

 

TI chiedo PERDONO,  Dio mio, Padre di misericordia perché so che Tu non hai voluto la morte di mio Figlio, ma l’hai permessa senza muovere un dito. Avresti potuto evitarla, ma non l’hai fatto. IO TI chiedo PERDONO proprio perché non Ti capisco.

 

 

 

TI chiedo PERDONO perché non so quale sia la ragione di questa perdita; non conosco i motivi della sua dipartita; non immagino la condizione della sua nuova esistenza. Io sono un creditore da cento denari, che ho sbagliato tutto e non ho saputo perdonare, ma io non ero Dio, non avevo conoscenza degli impegni forti della sofferenza, quelli che si pagano in oro.

 

 

 

TI chiedo PERDONO DIO E ORA POSSO ANCHE DIRTI GRAZIE perché con il dolore hai affinato la mia sensibilità, mi hai reso più umana e disponibile, mi hai fatto comprendere la relatività della mia esistenza e della vita degli uomini tutta.

 

 

TI RINGRAZIO per avermi dato la possibilità’ di farti questo dono, mio Dio e mio Re, un dono prezioso di oro fino, il più prezioso che io potessi farti.

 

 

 

Ed ora, Dio mio, mio Re, Padre tenero e di Misericordia, Dio Padre e Madre ad un tempo, dimmi, mio Signore, ora che sai che sono io che l’ho dato a Te, cosa ne fai Tu del mio dono, cosa vuoi da me e da mio figlio? Cosa ne fai Padre buono di tanti bambini, di tanti giovani, sterminati dalle guerre, mancati per terribili malattie, per droga, per circostanze impreviste ed improvvise, per incidenti sulle strade…?»

 

 

 

Sono troppi, sono tanti. Non chiedo ai governi la risposta. Trovo ridicola e meschina l’addebitare al caso, alla meccanizzazione, alla «volontà» di Dio, la dipartita di tante giovani esistenze. La grande verità del Corpo Mistico di Cristo ci apre orizzonti stupendi. Nulla dei nostri Cari va perduto e attraverso le nostre storie umane che si intersecano e si arricchiscono, in Cristo nessuno è solo a patire.

 

 

 

 

 

Ma anche Cristo, il derelitto, il Poverello, il Crocefisso non è solo. In una rinnovata Pentecoste, come il Dio della Creazione si è servito di Raffaele, di Michele gli splendidi arcangeli, come ha inviato lo Spirito Santo sugli Apostoli nel Cenacolo perché si preparassero a predicare la Buona Novella, così penso ad un Dio di Misericordia, circondato da uno stuolo di Anime partite innanzi tempo al nostro sguardo che si definiscono, Nuovi Angeli  che, insieme a noi, come Figli ricreati dall’amore, ci preparano un programma di riconciliazione nel passaggio del Millennio.

 

 

 

Non sono angioletti con le alucce, non figure eteree smaterializzate, ma splendide creature nella giovane esaltazione della loro bellezza. Essi ci chiamano, si fanno sentire, ci proteggono e  implorano per l’umanità derelitta il sentiero della pace per quella che sarà la dimensione della nostra vera e reale rinascita.

 

 

 

A questo punto non posso fare a meno di citare la denominazione che, per i nostri amati figlioli, ha creato lo stesso P.Zaccaria Bertoldo, il fraticello nostro assistente spirituale, venutoci a mancare un paio di anni fa e che nei primi tempi, come più volte si era scritto, venivano chiamati “Figli di Luce”. Io stessa sapevo di un’evoluzione di questi nuovi gruppi di ragazzi mancati per incidenti o, comunque in giovanissima età, al punto da farsi riconoscere sempre come “Ragazzi”. Vediamo come ce li ha definiti P.Zaccaria:

 

 

 Da ciò la denominazione da noi data special­mente ai giovani rapiti alle loro mamme,di "RAGAZZI DI LUCE" o meglio ancora, di "NUOVI ANGELI". "Essi sono, come dice stupendamente il prof. GOMERRO, nel dinamismo di Dio". (E un teologo che parla).

Ciò vuol dire che essi, i NUOVI ANGELI, cooperano e partecipano, o meglio, Dio li chiama a partecipare alla sua missione salvifica. Ora cos'è tutto questo (compreso il conforto che. recano alle mamme desolate) se non quella missione di aiuto a comprendere e salire ver­so Dio di cui s'è detto e di cui ci parlano i nostri amici di lassù? Il Card. Tonini, in una trasmissione TV, ha accolto questa idea; noi viviamo l'insegnamento della Chiesa nella realtà del­la Comunione dei Santi, dove sono inseriti anche i nostri cari Giovani, i nostri Nuovi Angeli di luce e conforto.

 

Concludendo, i nostri Figli, i Nuovi Angeli, si aspettano dalle Loro Mamme, le Mamme della Speranza, che ognuna di noi trovi la forza e il coraggio di  seguirli, ognuna come può, alla sua maniera. Abbiamo tutte la stessa dignità, ma siamo strutturate in modo radicalmente diverso, così come ciascuno ha un suo bene da fare e un suo male da evitare. Sappiamo che i nostri Figli ci tengono per mano, ma nessuna di noi è esonerata dall’impegno e dallo sforzo quotidiano. La vita sarà sempre fatta di ombre e luci, di scogli da superare più o meno facili, ma comune è la partecipazione e gratificante il cammino perché troveremo la gioia e il conforto di sentirci ancora utili.

 

 

 

L’alto traguardo è un rapporto serio con Dio, il Dio di tutti i popoli, di tutte le nazioni e di tutte le religioni. Guardiamoci dal pensare che il male dipenda dal Dna: i nostri Figli sono di ogni colore. Vincitori e vinti si abbracciano e si tengono per mano nella dimensione della Luce. Il credente sa che essere fratelli significa tornare alla fede con la semplicità dei fanciulli e che, se saremo pronti,  ci attende una nuova era di solidarietà e giustizia.

 

 

«Non più lacrime mamma. Coraggio papà, fatti coraggio!» Sì, Figlio mio, Figli nostri, Angeli di Dio, Ragazzi di Luce, siamo con voi, vicini a voi … !

 

 

In attesa di riunirci per l’eternità!

 

 

Edda Cattani

 

 

 

 

 

                                          

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Edda CattaniAngeli Custodi e Nuovi Angeli
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Nuovi Angeli : Giulia P.

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26 maggio:  compleanno celeste 

 

Ho pensato a te, come sempre, cara Giulia, piccola grande donna e a te dedico anche i versi qui sotto

che rispecchiano la tua verde età e la mia che non vuole e non può dimenticare.    

 

Se tu sapessi con quanto amore seguo i tuoi passi….. 
Se tu sapessi con quanto amore asciugo le tue lacrime…. 
Se tu sapessi con quanto amore ti prendo per mano affinchè tu non cada…..

Se tu sapessi con quanto amore ti guardo….
mentre annaspi nel caos della vita…..
E ogni istante ….minuto….ora della giornata …..
ti sono accanto….. In ogni tuo respiro prende vita il mio battito d'ali…. 
In ogni tuo sguardo prende vita il mio sorriso…..
Vorrei volare assieme a te….e forse un giorno lo faremo…. 
quando sarai consapevole della tua divinità…..
aprirai le ali….. e volerai felice ……capirai cosa sono…..
e quanto ti amo. Ora non volo ….ma cammino assieme a te….
a fianco a te. Io sono il tuo angelo…..quello della tua anima….
del tuo cuore quell'angelo che ogni mattina ti sveglia con un bacio….
e ogni notte, apre le sue ali per riscaldarti il cuore. 
Io sono il tuo angelo…..quello che mai ti abbandonerà…..
quell' angelo che aspetta solo un tuo …si….
per rivelarsi al tuo cuore

 

 

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Edda CattaniNuovi Angeli : Giulia P.
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Nuovi Angeli: Vera Lui

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Vera è una ragazza "speciale" che ha deciso di spiccare il volo in un'età in cui ogni genitore vede i propri obiettivi raggiunti…

La Mamma di Vera ne racconta la storia e i "segni" della sua presenza accanto a noi, nel libro "Volo libera!"

 

I proventi della vendita vanno a beneficio dei

"bambini dell'Angola" Mbanza Congo"

http://www.acsss.it/i-meninos-feticeiros/

(v.SOLIDARIETA' in questo sito)

"IO VOLO LIBERA"

Di Maria Pizzolitto Lui – Ediz. Segno

http://www.edizionisegno.it

ordina online

Via E. Fermi, 80/1 – Fraz. Feletto Umberto
33010 – Tavagnacco (UD)
Tel. 0432 575179 – Fax 0432 575589

 


 

Il racconto di una madre testimonia come da un evento tragico e dalla conseguente disperazione possa nascere qualcosa di buono: le durissime prove che possono capitare nella vita rafforzano l'animo e acquistano un senso nell'adesione alla volontà di Dio. "La fede è l'unica risposta alla quale ricorriamo quando risposte non ci sono più. E tuttavia anche la fede, messa faccia a faccia con la disperazione, ha bisogno di risorse straordinarie per aggredire con efficacia la tentazione di lasciarsi vivere in attesa di morire… Sarà Vera stessa a prendere per mano Maria e portarla sulla strada di una certezza meravigliosa e fondamentale: quella della Comunione dei Santi, in cui il velo tra aldiquà e aldilà si fa impalpabile, per consentire la condivisione di un comune cammino di avvicinamento al Padre".

 

 

 

Gli Angeli ci parlano: L'ultimo messaggio di Vera

 

 

Ecco mamma, è sempre con grande gioia che io rispondo al tuo richiamo, che, non solo ci fa recuperare il tempo perduto e ci fa ritrovare la voglia, la gioia, il coraggio di parlarci cuore a cuore, ma lenisce anche un po’ la tua sofferenza  e ti dà la necessaria certezza della mia immortalità.

Quello che è avvenuto, lo so, è terribile sotto il profilo umano, ed è anche qualcosa di non giustificabile contro cui,  tu stessa cozzi, per capire la motivazione.

Ebbene, io ti dico mamma, il mio percorso era giunto al capolinea. Era un percorso di pochi anni, ma molto intensi  e comunque, prima o poi avrei dovuto andar via.

Ricordi, credo, la mia fretta degli ultimi tempi. Il mio voler vivere, provare, assaporare tante cose, tutte contemporaneamente. Era così che io manifestavo quello che avvertivo a livello inconsapevole  e cioè che il mio tempo stava per scadere, che era giunto il momento di andar via.

Comprendo che oggi ti sembra assurdo, ma io sto bene così. Dove mi trovo ho trovato la pace, l’armonia, la mancanza di competizione, di fatica, di sofferenza, che ho sempre anelato quando ero in vita.

Ho trovato quell’ambiente di gioia, di comprensione, di condivisione, di reciprocità, che ho sempre immaginato fosse la situazione più bella da vivere.

Mamma adorata, io sono sempre con voi  e molti sono i segnali del mio passaggio nella vostra vita.

Imparate, vi prego, a riconoscerli di più!

Lampadine che tremolano senza fulminarsi, scricchiolii di mobili e di soffitto che non sono rumori di assestamento, spostamento di aria anche a finestre chiuse, l’audio della tv che si alza e si abbassa da sola, formicolii some sfioramenti sui capelli, sulle mani, sulla fronte, sul viso, che sono miei tentativi di carezze. Il letto che si incurva, come sotto il peso di un corpo.

Io ce la metto tutta, ma state attenti di più.

Mio fratello difficilmente parla di me, ma molto mi pensa e quanto è avvenuto gli ha scavato una traccia profonda. Non temere per lui, la sofferenza o ammazza o fortifica e lui si sta fortificando.

Digli, ti prego, che io seguo tutti i suoi passi e che so che talora il suo animo un pochino si adombra, ma che deve avere maggiore fiducia in se stesso e nelle sue belle capacità. La sua vita avrà talora un inizio un pochino problematico, ma poi la strada sarà più aperta, più agevole, più larga, più luminosa e lui riuscirà a percorrerla fino in fondo.

Di' al babbo che gli voglio un gran bene e che è necessario che tra di voi si crei una maggior condivisione e una unione più profonda. Il piccolo, grande terremoto che è avvenuto con la mia partenza, non deve lasciare macerie che non possano essere in qualche modo ricostruite, ricompattate.

Siete una famiglia,…siamo una famiglia, ed è importante che essa resti unita.

Capisco il tuo desiderio di comunicare quanto stai vivendo ed è bello che tu testimoni le tue certezze, la tua fede, il nostro esserci ritrovati. Tuttavia, credimi mamma, l’assenza grave, il dolore profondo è nella nostra casa, nel nostro nucleo famigliare. Gli altri capiscono, condividono, soffrono, ma poi hanno la loro vita, la loro casa, le loro situazioni da gestire. Quindi, credimi, non rimanere delusa se talvolta il tuo messaggio non giunge fino in fondo.   

Oggi voglio dirti che ho molto riflettuto sul nostro rapporto solido, affettuoso,profondo, ma che quando ero in vita ha anche conosciuto piccole frizioni, pause di silenzio, momenti di non comprensione. Normali, perché una madre e una figlia non sempre condividono la stessa visione delle cose e non sempre riescono ad aprirsi fino in fondo.

Ebbene, io ti dico, mamma cara, oggi abbiamo recuperato e ci tocchiamo l’anima l’un l’altra e che non c’e’ nulla che possa  più separarci. La separazione è solo apparente, ma io ti sono dentro, come quando mi attendevi nei nove mesi di gravidanza.

Abbi fiducia in te, so che ce la fai e che possiamo avere un nostro incontro. Impegnati di più, non dubitare, sappi che io ce la metto sempre tutta. Credimi, è bello ritrovarci,…anche se in una forma differente.

Io sono orgogliosa di te, di quanto sei cambiata e di come continui il tuo percorso evolutivo, nonostante le lacrime. Credimi, mamma, finché non ti sarai liberata totalmente dei tuoi sensi di colpa, del tuo senso di inadeguatezza,  difficilmente mi darai la possibilità di passare e di essere veramente il tuo canale, la tua forza, la tua energia.

Nessuno avrebbe potuto evitare quanto è avvenuto. Il mio tempo era scaduto, ero giunta al capolinea e comunque sarebbe successo. Del resto anch’io avevo le mie fragilità, le mie piccole grandi miserie, i miei limiti. Non idealizzarmi, te ne prego. Ho avuto anch’io la possibilità di evitare dei contatti,di evitare delle piccole, grandi curiosità e non l’ho fatto. Di questo oggi ho preso atto e mi sono liberata delle scorie, che comunque avevo accumulato.

Credimi, mamma, il percorso evolutivo tu lo stai facendo in terra ed io in cielo,  ma ci porterà entrambe nella stessa direzione.

Ti abbraccio, ti voglio bene. A presto, mamma.

Tua figlia.   

Bellaria, 16 aprile 2010

CONVEGNO DI CATTOLICA

SETTEMBRE 2009

Relazione della Mamma Sig.ra Maria Pizzolitto Lui

 

Sono  felice di essere qui. Sono grata a questa organizzazione , che mi ha dato l’opportunità di  poter  portare la mia piccola testimonianza derivante da una esperienza di dolore, ma anche di tanta speranza.

Ho  una figlia in cielo, come tanti di voi,… qui presenti. Una figlia “viva e attiva”.

Sono oltre cinque anni che nostra figlia Vera ha lasciato me, mio marito e suo fratello Stefano per raggiungere l’altra dimensione. Come ben può immaginare chi ci è passato, sono stati cinque anni di dolore, di preghiera , di ricerca, anche se mai di disperazione. Devo proprio dire che la preghiera è stata da subito il nostro pane quotidiano, la nostra grande medicina. Anzi, …ci siamo sentiti una preghiera in cammino, lungo un tunnel da percorrere. Questo tunnel ci ha portati sempre più a cercare Dio, a chiedergli aiuto.

 Gli  abbiamo chiesto di essere guidati nel nostro percorso, di incontrare le persone giuste, di fare le esperienze giuste, affinché potessimo rafforzarci e capire. Capire soprattutto il significato di questa nostra esperienza di dolore e di cosa voleva farci capire Lui.  Capire  quali  porte,  voleva che aprissimo,  con la nostra sofferenza.

Oggi, possiamo ringraziarLo,  per come ci ha condotti per mano. Abbiamo constatato la sua misericordia, il suo amore. Abbiamo retto, ci siamo rafforzati nella fede, siamo cresciuti. La mancanza fisica di Vera  si fa sentire , la nostalgia ed il rimpianto sono sempre più forti, ma altrettanto forte è la consapevolezza che la nostra ragazza è presente nella nostra vita, che è ancora  con noi, che vive la sua vita accanto alla nostra. Che ha il compito di portare  aiuto e conforto, mentre  continua la sua strada verso la Luce.

Tanti sono i segni che Vera  ci ha donato.. Tanti non visti e non percepiti, all’inizio. Poi, ne abbiamo avuti di forti, bellissimi e particolari, confermati  nei messaggi che abbiamo ricevuto da lei. Li approfondirò se ci sarà tempo)

Perché  anch’io  ho scritto un libro? Perché è stata Vera stessa a chiedermelo, un anno e mezzo dopo il suo trapasso, quando ho sentito il desiderio,… il bisogno di cercarla più profondamente. Ho chiesto a Dio di portarmi a lei, di farmela percepire. Non nascondo che ho avuto tante riserve, tanti timori  che la mia fede , il mio credo , mi imponevano. Dentro di me, avevo chiesto a Dio di non farmi percorrere strade sbagliate. Non volevo sbagliare.

Pochi giorni dopo il suo trapasso l’ho sognata. Mi appariva  come l’ultimo giorno che ci eravamo lasciate. Ci siamo abbracciate,  mi aveva detto che  stava bene. Questo sogno mi aveva tranquillizzata, ma è stato un  altro sogno , raccontatomi da una ragazza che era andata all’asilo con Vera , a generare in me una certa irrequietezza, un desiderio spasmodico di sapere qualcosa di lei. Quindi, tramite questa amica,  (che ha un rapporto particolare con il papà che è già nell’aldilà’, in quanto lo sogna in continuazione, ricevendo conforto e consigli da lui), mia figlia mi faceva  sapere che le ricerche riguardanti la sua vicenda, il suo trapasso,  non andavano  nella giusta direzione e di questo voleva che io fossi informata. Poi, dopo  che ci eravamo incontrate, questa amica l’aveva nuovamente sognata  più serena, vestita da sposa e Vera  la ringraziava per avermi parlato.

Questo  suo abbigliamento  aveva un significato particolare per me. Infatti qualche mese prima di lasciarci, Vera con amici,  aveva provato un vestito da sposa, definito da lei , bellissimo , tanto che se non fosse costato tanto l’avrebbe comprato (così si era espressa con me, dopo che mi aveva chiesto, dubbiosa,  se poteva portar male provare un vestito da sposa). Devo dire che non aveva progetti immediati di matrimonio, anche se aveva un legame. Mi resta il rammarico di non aver mai saputo come fosse quel vestito, ma questo sogno è stato per me un forte segno.

 Tramite un’altra mamma, sono entrata in un gruppo di genitori a Udine, dove colei che lo guida è un esempio per tutte le partecipanti,  per la fede e la forza che trasmette. Dopo la perdita del figlio, questa signora è diventata medium per incorporazione. Da lei ho avuto i primi messaggi. Altri messaggi ho ricevuto da mamme carismatiche nel corso di tre  anni, mentre nella mia ricerca conoscevo altri gruppi e andavo ai convegni.

Le modalità di ricezione di questi messaggi sono stata  diverse: scrittura ispirata, trance, locuzione interiore, visualizzazione, registrazione.

 Alcuni, sono arrivati senza che io li cercassi. La cosa che più mi ha convinto e colpito in questi messaggi di diverse provenienze, (quasi interamente riportati nel libro) è la linearità, la rispondenza con la realtà, l’evoluzione spirituale intravista, nonché lo stesso filo conduttore che li accumuna. Da notare che quasi mai, i genitori carismatici sapevano qualcosa del vissuto di nostra figlia.

 Ed è in uno di questi primi messaggi, arrivato all’improvviso, che  Vera mi chiedeva di scrivere il  libro. “ Fai un libro semplice”, mi aveva detto.”ma forte di esperienza”. “Racconta di me, di noi, dei nostri affetti più cari.  Sarà così che riscatterai  la mia vita. Sono stata segno e impegno per voi.  Sarò traccia per chi mi ha conosciuta, sarò traccia per chi mi leggerà. Togli lacrime ad altri  genitori e figli. Porta la speranza che ci si rivede.”

 E poi: “ Tu devi parlare di me dando fiducia ai giovani. Non è che sempre noi giovani sbagliamo. Se è successo qualcosa a me, era scritto nel disegno divino.” E ancora: “Questo tuo scrivere farà  bene a te prima che alle altre mamme.” ( E questo lo devo ammettere , è un modo che aiuta ad elaborare il lutto).

Il messaggio in cui mi invita a scrivere è il n.  cinque, riportato parzialmente in prima pagina. E’ stato traumatico, per me , questo messaggio. Non l’ho accolto subito. Non ne volevo sapere di “ mettere in piazza” la nostra vita, i nostri sentimenti, le nostre cose.   Già la stampa si era occupata per una settimana della vicenda che aveva strappato Vera, alla vita , in un modo, per noi inacettabile.

Lo so bene che non esiste un modo accettabile per perdere un figlio, ma alcune modalità sono forse più dolorose di altre,  perché alimentano tanti sensi di colpa e tanta rabbia.

Nostra figlia se n’è andata per overdose. Ma non era una tossica. Era una ragazza molto generosa, molto attenta ai bisogni degli altri,…una ragazza  normale,   come tanti altri ragazzi  che si sono trovati nel posto  sbagliato  e nel momento sbagliato, con amicizie, magari non tutte sane, in un “maledetto” rave party, dove noi non sapevamo che fosse. E  nonostante le indagini accurate, la sua dipartita  rimane avvolta nel mistero, comprese eventuali responsabilità di altri. La vicenda è successa all’estero, dove forse, non si è indagato piu’ di tanto e le ricerche intraprese in Italia non hanno dato alcun esito. Quanti ragazzi continuano a lasciarci così!

Ricordo  sempre con nostalgia l’ultima mattina trascorsa serenamente a parlare con lei, dei suoi sogni, dei suoi progetti, dei cambiamenti che voleva apportare alla sua vita. Se ne era andata al lavoro contenta e sorridente, dopo aver salutato il suo cane. Ed è per questo che abbiamo  vissuto con tanta incredulità, la modalità della sua morte. L’abbiamo sentita come una grande beffa. Speravo che  la mia ricerca mi avrebbe portato ad un chiarimento circa la modalità del  suo trapasso.  Abbiamo , infatti  , avuto da lei la conferma, che non  è stata totalmente cosciente e  consapevole dell’accaduto e  che ci sono state delle concause. Ma non siamo giunti alla verità degli eventi. Peraltro nei suoi messaggi , lei ci invita a perdonare, a non nutrire rancori, ad amare, incondizionatamente. Ci chiede di amare  e di aiutare chi è nel bisogno e nel dolore. Tanto amore trapela dalle sue parole,…  tanto amore ci invita a dare. Tanto ci parla della bellezza della sua nuova vita, dei suoi nuovi compiti  e dell’amore di Dio.

Ci chiede perdono per la sofferenza arrecata. Si scusa per le incomprensioni con noi, quando  era taciturna e scontrosa e non sapevamo  come capirla ed aiutarla.  Ci fa presente le sue sensazioni di allora,  la percezione  del poco tempo che  sentiva di avere davanti. Percepiva delle vibrazioni che le facevano intravvedere la nuova vita. “Amo la vita, ma la vita non ama me.” Così  pensava quando era ancora con noi. Ma  di queste sensazioni noi non avevamo avuto alcuna intuizione, pur vedendola a volte strana e pensierosa. Il nostro rammarico consiste  proprio  nel non averla saputa, forse,  aiutare nel modo giusto.

Ma lei  ci  viene incontro con questo altro pensiero.”Ricorda due parole, mamma:  una è destino. Niente avreste potuto fare per protrarre il mio tempo.  L’altra è amore. Ama chi ti è vicino e… lasciami libera di volare. Non pensarci, mamma! E’ stato un evento che ha dato il volo libero alle mie ali. Sono ali spiegate ,… mamma, e possono ancora posarsi alla tua destra, ma soprattutto possono permettermi di accovacciarmi vicino a mio padre, per dirgli che gli voglio bene.” Ci parla della comunione dei Santi, del suo percorso che si fa sempre più spirituale.  Ci fa presente di quanto noi possiamo aiutare loro e viceversa. Così si esprime: E un dare-avere. Capite che è così?” Ci guida, ci incoraggia,  ci sentiamo tenuti per mano anche se a volte ci rimprovera amorevolmente per il  nostro discontinuo proseguire.

 E ancora: “Ci sono i momenti di nostalgia, quando voi vi ritrovate, quando partecipate ad una festa, ad una Messa,..perché lì la festa e’ grande. Ma… non temere, io sono nella Luce. Guardate un po’ più in alto. Guardate il creato, guardate il cielo blu…ricordatevi che io volo libera, immersa in una serenità particolarmente intensa.”

Molto belle e commoventi sono anche le parole che ha nei confronti del fratello Stefano, dove lo esorta ad andare avanti sereno, promettendogli  il suo aiuto, il suo “riparo”. “Sarò il tuo ombrello cosmico” gli trasmette in un messaggio. “Esisto caro fratello, non sono polvere!” E ancora: “E vai, che sei grande, ora che hai superato il tempo  del dolore”.

Ci hanno fatto tanto bene questi messaggi , …  ci sembra di aver toccato con mano, sprazzi dell’altra vita. Devo dire, comunque, che non è stato facile accettare questi suoi  inviti al  cambiamento, soprattutto da parte mia.  La ribellione e la rabbia a volte rispuntano, ma so che l’aiuto di Dio e di tante brave persone non mancheranno.

Vera ci  ha invitato  ad allargare il cuore,  a non rimanere chiusi nel nostro dolore, a portare  aiuto e conforto, dal momento  che ,  anche noi facciamo parte di questo disegno che lei definisce : “perfetto.” Oggi, con mio marito lo sto constatando. Stiamo compiendo i primi passi nel sostenere,  accanto ad altre meravigliose persone,  un progetto missionario a cui andranno  anche i proventi  di questo libro.

Come ho detto, ho cominciato a scrivere dopo otto mesi dal  suo invito. Lo facevo man mano che crescevo nella mia consapevolezza, man mano che diminuiva la mia rabbia. Ho scritto la nostra storia, la sua storia, ho riportato i pensieri dei suoi amici e colleghi. Ho parlato del mio percorso,  della mia ricerca, soffermandomi  su come i gruppi dei genitori ed i convegni siano importanti per il conforto e la possibilità di conoscenza e di crescita  che sanno dare. Ho cercato di far capire a chi ancora non crede o non sa, come la medianità, quella vera, quella spirituale, possa venire incontro nella ricerca dei nostri cari.

 Come non credere a questa mia esperienza?  Vera, ne sono certa, come aveva promesso,  mi ha aiutata nella mia esposizione. L’ho sentita vicina , mentre ricordavo e scrivevo,  aiutata dalla sua musica.  Mi ha rincuorata, quando mi pareva di andare per le lunghe, affermando  in un messaggio, che il libro sarebbe stato stampato nel “modo e nel tempo migliore”. In un messaggio leggo: “Tu hai fatto la tua parte, grazie di aver aperto la porta, poi sarà Lui ad aprire il cuore di chi ancora dorme”.

Devo confessare che ho anche  tanto sperato di poterla sentire personalmente, ma Vera così si esprime:” mettiti in silenzio, parlami.  Sono dentro di te. Sentirai le mie risposte. Io ti parlo nel cuore.” Ed è così che la sento, così la sente anche mio marito.

Negli ultimi messaggi mi ringrazia, mi è riconoscente  per questo  mio lavoro e  sostiene che il libro sarebbe stato ben  accolto . A tale riguardo devo dire, con molta  umiltà,  che sto raccogliendo dei riscontri  positivi, anche se sono argomenti, questi,  come ben sappiamo , non accessibili a tutti.

Sono contenta di essere uscita allo scoperto con questa testimonianza. Era un atto dovuto, lo dovevo a mia figlia, soprattutto per cercare di dare la giusta immagine di lei. Ma spero, anche, di poter portare  un po’ di   speranza a chi continua ad essere nel dolore più fitto, perché non riesce ad andare oltre a ciò che vede , a ciò  che sente.

Ringrazio La Dr.ssa Cattani, la Dr.ssa Giovetti  e l’ organizzazione del convegno, per l’opportunita’ concessami.   Per altro , devo molto ai convegni di Cattolica , che mi hanno permesso di approfondire argomenti che riguardano tutto ciò che è ricerca dello spirito e dell’anima.

                                                                                                                       Maria Pizzolitto

 

Edda CattaniNuovi Angeli: Vera Lui
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Nuovi Angeli : Serena Torrero

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Mamma mia dolce mamma . Si sta delineando il disegno che per voi è stato scritto in cielo . E’ così deve essere . Voi che agite per noi per farci nostra voce . Voi che per noi dite quello che noi vogliamo si dica : che questo mondo c’è , che esistiamo ancora anche se non visibili ai vs. occhi mamme. Noi siamo un esercito di ragazzi . Voi sarete un esercito di nostre mamme che “lavorano “ per noi , per la nostra vita qui che è vita di tutti .

 

AIUTATE L'ASSOCIAZIONE L'ALBERO DI SERENA A DECOLLARE CON TUTTI I PROGETTI "CONTO CORRENTE POSTALE: 99197253 conto corrente Ufficio Postale TORINO 74 CAB 01000 – ABI 07601- IBAN IT51W0760101000000099197253 ASSOCIAZIONE L'ALBERO DI SERENA" PER SCRIVERE ALL'ASSOCIAZIONE: lalberodiserena@gmail.com SITO ASSOCIAZIONE: www.myspace.com/lalberodiserena SIAMO ANCHE SU FACEBOOK — SITO DIREZIONE ARTISTICA DELL'ASSOCIAZIONE L'ALBERO DI SERENA E DEL CONCERTO PER UN'AMICA "SERENA"http://www.lineatemporale.it/

Edda CattaniNuovi Angeli : Serena Torrero
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Nuovi Angeli : Valentina Giovagnini

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Aveva 28 anni. E' rimasta vittima di un incidente stradale
All'Ariston, al festival di Sanremo,  nel 2002 si era classificata seconda nella categoria giovani

…  sono in volo, sono libera, non ho confini intorno a me,sono un pensiero, sono musica…

 

 

L'amore non ha fine

……

Non mi senti non mi senti l'amore non ha fine
Orizzonti su orizzonti superando le rapide
Non mi senti non mi senti ti vengo a cercare
Sulla bocca del vento mi vedrai


http://www.valentinagiovagnini.it/

 

 

 

12 pezzi (più 2 ghost-tracks) compongono il disco che i familiari dell’artista hanno voluto fortemente vedere pubblicato, i ricavati delle vendite finanzieranno l’Associazione no profit intitolata alla sua memoria. A seguire trovate copertina, tracklist e un filmato in cui è possibile ascoltare qualche “assaggio” dell’opera.

 

http://www.piuvitaonlus.org/

 


Edda CattaniNuovi Angeli : Valentina Giovagnini
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Ragazzi di Luce

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I  nostri  Figli "Nuovi Angeli"

 

“RAGAZZI  DI  LUCE”

Sono troppi, sono tanti. Non chiedo ai governi la risposta. Trovo ridicola e meschina l’addebitare al caso, alla meccanizzazione, alla «volontà» di Dio, la dipartita di tante giovani esistenze. La grande verità del Corpo Mistico di Cristo ci apre orizzonti stupendi. Nulla dei nostri Cari va perduto e attraverso le nostre storie umane che si intersecano e si arricchiscono, in Cristo nessuno è solo a patire.

Così penso ad un Dio di Misericordia, circondato da uno stuolo di Anime partite innanzi tempo al nostro sguardo che si definiscono, Nuovi Angeli  che, insieme a noi, come Figli ricreati dall’amore, ci preparano un programma di riconciliazione nel passaggio di questo Millennio.

Non sono angioletti con le alucce, non figure eteree smaterializzate, ma splendide creature nella giovane esaltazione della loro bellezza. Essi ci chiamano, si fanno sentire, ci proteggono e  implorano per l’umanità derelitta il sentiero della pace per quella che sarà la dimensione della nostra vera e reale rinascita.

  Le testimonianze raccolte da Felice Masi:

http://www.ricercapsichica.it/sopravvivenza/ragazzidiluce.htm

 

Vincenzo Maizza: il pittore che sapeva della sua morte

Messaggi dal cielo : le piume di Marco

Le piume di Marco : seconda parte, altri fenomeni

 

 

    Edda CattaniRagazzi di Luce
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