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La mia casa ha tante porte

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Le mura protette


 

E’ passato tempo da queste riflessioni, ma sento la mia casa e le sue mura ancor più protette e, proprio quando verrebbe da dubitare e tutto sembra non andare nella direzione che si vorrebbe, una voce impercettibile mi raggiunge e mi sussurra: “…sono qui, ci sono…nella casa dei nostri sogni, la nostra casa…!”

 

 

 

Ho sempre saputo che, prima o poi sarebbe capitato di ritrovarmi sola in questa casa grande, acquistata con tanti sacrifici e costruita pietra su pietra, per dar conforto alla nostra vecchiaia. Mentore ne era stato l’artefice: “Vedrai, ci sono pochi gradini fra un piano e l’altro, le stanze sono di ampio respiro, è ben posizionata, c’è un portico e un giardino… con alberi da frutto… un ritorno alle origini. E poi, facciamo i portoncini a vetri, così anche di notte possiamo vedere la luce esterna!”

Eppure qualcosa mi diceva che, anche per motivi anagrafici, non sarei stata la prima ad andarmene e pensavo a come avrei rinforzato porte e finestre, alle luci esterne sempre accese, a qualcuno che venisse ad aiutarmi o a convivere con me, ai rumori notturni improvvisi che sempre mi avevano spaventato… Poi è giunto il “vuoto”, l’inatteso imprevisto che in pochi giorni mi ha messo di fronte alla cruda realtà di una solitudine tangibile, impostami da circostanze a cui io stessa ho dovuto sottostare.

Diciamo che, con il mio carattere, anche durante la mia brillante vita lavorativa, ho avuto la sensazione di "sentirmi sola anche in mezzo ad una folla". Con chi mi  circondava dovevo dimenticare me stessa, spesso recitare una parte, cercando di essere quella che gli altri si aspettavano che io fossi. Il ruolo richiedeva di essere più forte, più brillante, più sicura di me di quanto io non sia realmente, e in questo modo non sempre ho potuto  sperimentare una vera intimità. Da qui nasceva la penosa sensazione di solitudine, l'impressione che nessuno potesse capirmi ed essermi vicino. Quelli che si dichiaravano amici in verità erano dei conoscenti, dei collaboratori… solo quando arrivavo a casa, qualcuno accendeva la lampada sotto il portico e mi veniva incontro chiedendomi: “Com’è andata, stella?” e una luce d’amore illuminava le mie giornate perché chi veramente mi comprendeva era pronto a capirmi e ad accogliermi in tutta la mia interezza.

Ma ora questa solitudine è più profonda e anche se fa parte del mio essere non rispecchia alcuna luce. Molte cose sono cambiate; sono spariti quelli che si dichiaravano amici e all’inizio mi è sembrato di essere piombata in un tunnel. Poi ho rivisitato tutta me stessa e in un lungo percorso di introspezione e accettazione del dolore, ho messo in conto anche queste mura. Ho guardato la casa dei nostri sogni con i suoi fiori incolti, le imposte chiuse, i frutti a terra, le erbacce sui gradini, le aiuole senza fiori… ho visto spuntare una tenera rosellina, quasi a ricordarmi quando ne raccoglievo tante ed ho pensato: “C’è ancora vita qui!” In casa poi le tende tirate e la poca aria non trasmettevano calore e i vicini mi guardavano con sospetto o, forse… tristezza.

Sono cominciate le scuole e Simone e Tommaso hanno cominciato a venire dalla nonna e necessariamente il portico si è riempito di giochi, di gridi, di canzoncine. Il ritorno a casa è sempre diverso e, se all’inizio era accompagnato da un filo di apprensione, una volta chiuse porte e finestre sento che un’aura impalpabile pervade l’ambiente e lo protegge spandendosi nel mio animo con tanta pace e serenità. Mi sembra che una schiera di angeli mi sostenga giorno e notte, riempia la mia solitudine e mi dia conforto in questi momenti così duri della mia esistenza. Queste mura che trasudano della fatica e dell’amore che abbiamo impiegato per costruirle ora mi danno protezione e sembrano parlarmi di giorni lontani in cui insieme si trascorrevano le feste e si aspettavano le nuove annate.

Le case rispecchiano la nostra vita, hanno il nostro profumo, vivono con noi e di noi, ci danno calore anche quando mancano visibilmente le persone… vivono delle voci degli invisibili: “Mamma, coraggio! La tua attenzione presso papà è stata breve. Coraggio, mamma, tieni il pane fresco nella dispensa come una volta!”  Questo mi dice Andrea e io so che quel “pane” è riferito all’amore, al conforto che ancora posso dare, nel tempo che mi è dato di essere e di vivere fra queste mura.

Avevo da tempo sperimentata la protezione degli ambienti, fin da piccola. Ricordo che quando fummo costretti a lasciare la nostra casa di città e trasferirci in campagna nel 1945, perché i bombardamenti  avevano resa insicura la nostra vita, era Natale e il mio papà volle lasciare costruito il piccolo presepe con il bambinello al centro a protezione del nostro nido. Quando un anno dopo, finita la guerra, facemmo ritorno con le nostre poche cose, sapevamo che tutto era andato distrutto, ma le nostre preghiere erano state ascoltate e trovammo la nostra casetta risparmiata dal disastro e pur fra le macerie che vi erano intorno nessuna statuina si era rovesciata. Quanto ringraziammo il Bambinello! ….era di nuovo Natale!

Vorrei ricordare un particolare eclatante e più recente. Quando mancò Andrea io vivevo momenti difficili nella gestione del mio ufficio e non tutte le persone mi erano amiche, al punto che ero costretta, quasi giornalmente, a scrivere dei rapporti informativi sul comportamento poco corretto di alcune di esse. Sapevo che, mancando adeguati strumenti di custodia, quando mi allontanavo, qualcuno andava a rovistare fra le mie carte per trarne informazioni. Un giorno, una di queste, addetta alle pulizie, fece per aprire la porta del mio ufficio, si sentì sollevare per le spalle, tirare indietro, mentre la porta sbatteva violentemente davanti a lei. Come ho fatto a saperlo? Quella persona stessa me lo raccontò in quanto fu costretta a ricredersi sul mio conto e pregò tanto chiedendo a mio figlio di permetterle di potere entrare nel mio ufficio per chiudere le imposte e fare le pulizie… ma ne passò del tempo…!

Ambienti e mura amiche, come tutte le cose che Dio ci ha dato gratuitamente, che noi tocchiamo, maneggiamo e ce ne serviamo, ma che mantengono una nostra impronta indelebile, il nostro profumo, qualcosa di noi. Amiamo gli oggetti dei nostri Cari c’è un po’ della loro anima e ce li sentiremo più vicini.                                                                          Edda Cattani

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