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Gli occhiali delle lacrime

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Gli occhiali delle lacrime

 

 

 

Ci siamo trovati ancora una volta, con il Gruppo dei Genitori di Udine, condotti dalla Mamma di Vera,  a San Leopoldo a Padova, nella celletta di Padre Roberto per una giornata di meditazione, di ascolto e di preghiera. E’ diventato ormai un appuntamento atteso, anche se ritagliare qualche tempo mi riesce sempre più difficile, visti gli impegni del sabato dei miei due nipotini.

 

Ma questa volta c’era anche la coincidenza con la Festa di Pentecoste e si è potuto parlare di amore di Dio e “frutti” dello Spirito Santo…  San Paolo enumerò i nove "frutti" dell'azione dello Spirito Santo, in chi lo invoca e accoglie: « Il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo. »   (Galati 5,22)

 

Questi ultimi che vanno oltre i doni già assegnati dal Paraclito, sono il gioiello che Dio ci garantisce per vivere in piena consapevolezza la nostra vita di comunione cristiana.

 

Siamo entrati nella celletta a piedi scalzi con in mano ciascuno un sasso, simbolo dell’indurimento del nostro cuore, per pregare Dio di donarci un cuore nuovo … puro e generoso…

 

 

 

Padre Roberto ha voluto farci “assaporare” e “gustare” in tutta la bellezza l’infinitudine dell’amore di Dio che vuole ancor più di qualsivoglia immagine garantire a noi la Sua bontà e il perdono di ogni nostra mancanza o ingratitudine.

 

La manifestazione più evidente dello Spirito Santo è riportata nel racconto della Pentecoste (Atti degli Apostoli 2,1-11). Gli apostoli e Maria erano riuniti, quando lo Spirito Santo, come lingue di fuoco che si dividevano, si posò su ciascuno di loro. Gli apostoli poterono quindi predicare il vangelo in lingue che non conoscevano.

 

Padre Roberto ha voluto imporre le mani sul capo di ciascuno di noi affinché potessimo, anche tangibilmente, sentire quello che, nel suo senso primario significa "soffio", "aria", "vento", "respiro".

 

 

Poi, è intervenuto a nostro conforto con le parole di Papa Francesco nel commento al Vangelo proposto dalla liturgia del Martedì dell’Ottava di Pasqua che ci parla dell’incontro di Cristo risorto con Maria di Magdala.

 

 

 

 

 

La scena è quella raccontata dal Vangelo secondo Giovanni: la Maddalena piange presso il sepolcro perché il corpo del Maestro non c’è più. Maria di Magdala – osserva il Papa – è quella “donna peccatrice” che “ha unto i piedi di Gesù e li ha asciugati con i suoi capelli”, una “donna sfruttata e anche disprezzata da quelli che si credevano giusti”. Ma è la donna “della quale Gesù ha detto che ha amato molto e per questo i suoi tanti peccati le sono stati perdonati”. Tuttavia, questa donna – ha spiegato il Pontefice – ha dovuto “affrontare il fallimento di tutte le sue speranze”. Gesù, “il suo amore non c’è più. E piange. E’ il momento del buio nella sua anima: del fallimento”. Eppure, osserva il Papa – non dice: “Ho fallito su questa strada”: “semplicemente, piange”. “A volte, nella nostra vita – ha proseguito – gli occhiali per vedere Gesù sono le lacrime”. Adesso, la Maddalena annuncia questo messaggio: “Ho visto il Signore”. L’aveva visto durante la sua vita e ora ne dà testimonianza: “un esempio per il cammino della nostra vita”, afferma il Papa che aggiunge: “Tutti noi, nella nostra vita, abbiamo sentito la gioia, la tristezza, il dolore” ma “nei momenti più oscuri, abbiamo pianto? Abbiamo avuto quella bontà delle lacrime che preparano gli occhi per guardare, per vedere il Signore?”. Di fronte alla Maddalena che piange – ha detto ancora Papa Francesco – “possiamo anche noi domandare al Signore la grazia delle lacrime. E’ una bella grazia … Piangere per tutto: per il bene, per i nostri peccati, per le grazie, per la gioia, anche”. “Il pianto ci prepara a vedere Gesù". E il Signore – ha concluso il Papa – ci dia la grazia, a tutti noi, di poter dire con la nostra vita: "Ho visto il Signore", non perché mi è apparso, ma perché “l’ho visto dentro al cuore”. E questa è la testimonianza della nostra vita: “Vivo così perché ho visto il Signore”.

 

 

 

I Genitori di Udine hanno accompagnato e concluso la giornata con il canto di una “villotta” friulana dedicata alla Santa Vergine.

 

La villotta è una forma polifonica a tre o quattro voci su testo di vario metro, nata nel XV secolo e di origine friulana, c’è da fare una precisazione il friulano non si può dire che sia un dialetto perché con una legge del 1999 è diventato una delle lingue parlate in Italia, non si conosce però con precisione la sua origine.

 

Suspir da l'anime ( dialetto )

Testo di Antonio Chiaruttini

Melodia di Don Oreste Rosso

 

Suspir da l’anime dôlce Marie,

per me ligrie ca jù no jè

che vinci il gjubilo che o sin e o brami

cuant che ti clami Marute me!

Marute me, Marute me.

Marute o tenere paraule a dîle

Cusì zintile s’ingrope il cûr e di

dolcissime pâs mi s’inonde l’anime

monde d’afièt impûr.

Marute me, Marute me,

cuant che ti clami Marute me!

 

 

Traduzione

 

Sospiro dell’anima dolce Maria,

per me sei l’allegria che qua giù non c’è

e il giubilo che sento che bramo vince

quando ti chiamo Mammina mia,

Mammina mia.

Mammina mia è una parola tenera e gentile

quando si dice, che fa annodare il cuore

e una dolcissima pace m’inonda l’anima

mondandola d’impurità.

Mammina mia,

quando ti chiamo Mammina mia.

 

 

 

Grazie Padre Roberto! Grazie Maria!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                 

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